Vita - 3 gennaio 2003

 

La galera, ovvero la vita come replay. Sempre le stesse cose

 

Si chiama Replay ed è un "giornale ristretto in attesa di evasione", realizzato dai detenuti del carcere sant’Agostino di Savona, nell’ambito dei corsi della scuola media S. Pertini. Ora pare che l’attesa sia finita, visto che il primo numero è uscito finalmente e 10 possiamo leggere richiedendolo all’indirizzo e mail: brandale@tiscali.it. Perché Replay? Il titolo, scrivono i redattOri, è tratto da uno scritto di Ben Abdel Majid Fartas: "La vita qua in galera è come schiacciare il tasto del telecomando su "Replay": che vuoi dire vivere sempre la stessa cosa e vedere la stessa gente". Quello che segue è uno degli articoli pubblicati sul giornale, un pezzo a più voci sul tema degli affitti, che tocca un po’ tutti gli aspetti del problema, anche quello del legame affettivo che tanti detenuti hanno con gli animali di casa, che spesso soffrono per la separazione non meno degli uomini. Vale la pena ricordare, su questa questione, che nel 1986; a Milano, il presidente della Corte d’appello autorizzò un "colloquio" tra un detenuto e il proprio cane nel cortile dell’aula bunker dove si celebrava il processo d’appello a Prima Linea. Quel detenuto era Sergio Segio, il cane un pastore tedesco di nome Igor.

 

Ornella Favero

 

Le relazioni affettive dentro il carcere sono limitate alla sfera del sentimento ed escludono i rapporti fisici. I colloqui sono limitati a sei ore mensili, oltre a una telefonata alla settimana. Le relazioni epistolari non hanno limiti. I colloqui si svolgono all’interno di una saletta divisa da un muro sormontato da un vetro.

Mario: "Io, mia figlia, me la prendo in braccio per fargli sentire che ha un padre". Sopra il vetro passano anche baci, mezzi abbracci, strette di mano e... tante lacrime. Adriano: "Mogli, madri e figli vivono la stessa condanna avendo come unica colpa l’amore".

Massimiliano: "Vale una sola regola, amore e rispetto". A volte, per non coinvolgere i bambini, si racconta del parente in ospedale o partito per un viaggio. Pino: "A mio nipote piccolo avevo detto che facevo il muratore qui dentro ma, uscendo dal colloquio, mi ha chiesto: "Zio perché sei sempre in prigione?".

I rapporti epistolari sono i più frequenti: lettere, cartoline, foto e telegrammi. Solo le buste sono aperte dagli agenti davanti all’interessato per controllare che non contengano nulla oltre la carta. Massimiliano: "Quando leggo una lettera, per cinque minuti ho la testa fuori". Disegni, foto e cartoline si attaccano poi al muro della propria cella e c’è chi accumula nel tempo intere collezioni. Anche l’affetto per il proprio cane può aiutare; Mario: "Mia madre non può portare i miei indumenti a casa perché il mio cane sente l’odore e impazzisce". Un argomento a parte è quello della la spiritualità che sopraggiunge attraverso una preghiera o semplicemente pensando: "Il mio corpo è rinchiuso. Il mio spirito mai".

 

 

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