Vita - 25 aprile 2003

 

Perdono, parola che non conoscevo. Impariamo a dirla

 

“Siamo gli allievi dell'Istituto alberghiero Borsellino della sezione staccata presso il carcere Pagliarelli di Palermo”: si presentano così, senza tanti fronzoli, i detenuti che hanno dato vita al primo giornale on line che arriva da un carcere della Sicilia ed è ospitato nel sito www.lafragola.it. Perdono è il titolo di uno dei primi articoli pubblicati: una testimonianza coraggiosa, nella quale un uomo detenuto, scoprendo improvvisamente il valore della parola perdono, si assume ogni responsabilità per il dolore causato agli altri e si rivolge alle figlie, alla moglie, alla famiglia intera, per chiedere scusa per tutto quello che loro hanno dovuto pagare a causa della sua carcerazione.

 

Ornella Favero

 

Sono un detenuto del carcere di Pagliarelli e frequento l'Istituto alberghiero qui in carcere. Avrei preferito fare una presentazione diversa della mia persona, ma questa è la realtà e certo per me non è un vanto dichiarare di essere un recluso, ma gli eventi non si possono cambiare.

Nella realtà carceraria in cui vivo, in questi giorni sta succedendo qualche cosa di singolare, ci viene offerta la possibilità di discutere in classe con i nostri professori di svariati argomenti e di metterli per iscritto e inserirli in una rubrica su un sito internet (. . .).

Personalmente ritengo questa iniziativa una manna caduta dal cielo, poter scrivere è stata sempre la mia passione anche se non so scrivere correttamente, ma cerco di impegnarmi al massimo. Scrivere da dietro le sbarre per me assume un forte significato morale, significa poter evadere per un attimo da questa realtà che è il carcere.

Scrivere mi fa guardare al futuro con serenità. In queste sere sto leggendo un articolo di uno scrittore, Doris Donnelly; che ha per titolo “Il perdono”. Questo testo mi sta facendo riflettere tantissimo perché è una cosa che prima non avevo mai pensato. Io sconoscevo la parola "perdono", che quasi mai è stata pronunciata dalla mia bocca.

Mi piacerebbe che questa parola venisse usata molto più spesso, a cominciare dai potenti della Terra sino ai più umili. Io personalmente voglio chiedere perdono alla mia famiglia, a mia madre, ai miei fratelli, a mia moglie e soprattutto alle mie due figlie. Perdono per non essere a casa con loro, per non averle viste nascere.

Non le sto vedendo crescere e invece avrei voluto esserci, sentire il piacere di essere papà, sentire i primi pianti, i primi sorrisi, pulire le prime pappine rovesciate addosso, essere presente al primo giorno all'asilo, alle coccole, al primo compleanno.

Perdonatemi, chiedo perdono a mia moglie per non essere stato con lei nei momenti difficili, chiedo perdono a mia madre che non vedo invecchiare con serenità, chiedo perdono a mio padre che è morto chiedendo di me mentre io non ero accanto a lui, ero in una cella in prigione.

 

 

Alfredo Candela, Carcere Pagliarelli di Palermo

 

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