Vita - 4 ottobre

 

Le piccole proibizioni che ti fanno dannare
Se ti vietano pure i libri...

 

 

In questi giorni, nelle carceri c’è un grande fermento, iniziato con uno sciopero dei detenuti che è soprattutto un faticoso tentativo di far sentire all’esterno che il carcere esiste e che chi ci vive sta sempre peggio. Anche perché, a fianco dei grandi problemi come il sovraffollamento, che in questo momento forse solo un’amnistia potrebbe in parte risolvere, ci sono i piccoli problemi, le vessazioni, le proibizioni a volte incomprensibili che rendono la vita dentro, intollerabile. La lettera che segue segnala proprio questo stato di cose.

 

 

Ornella Favero

 

 

Non ci sono molti modi di trascorrere il tempo in galera. Un modo è quello di imbottirsi di psicofarmaci o di vino (meglio ancora una mistura dei due) e starsene rintronati sulla branda. Un altro modo, ancora più diffuso, è quello di rimbambirsi per venti ore al giorno di fronte al televisore e, considerando le carriolate di immondizia propinate dal piccolo schermo, viene da dubitare che questa pratica sia veramente più salutare della prima.

Un terzo modo, non popolare come i primi, è quello di leggere. Di solito la lettura è un’attività che viene incoraggiata in carcere. Nelle case circondariali di Trieste e Tolmezzo, dove ho trascorso cinque anni prima di approdare a Padova, non c’era limite né al tipo né al numero di libri e riviste che si potevano ricevere con il pacco settimanale. Al carcere di Tolmezzo, una volta alla settimana, veniva anche una dipendente della biblioteca comunale con una borsata di libri appena usciti che potevamo prendere in prestito. Dopo il mio arresto ho trascorso 11 mesi in isolamento e l’unica cosa che mi ha permesso di superare indenne quel periodo è stata la lettura. Leggevo per 15 ore al giorno e arrivavo a consumare quattro - cinque libri alla settimana.

Ovviamente i libri costano ed è un "vizio" che non mi potrei permettere se non esistessero le biblioteche pubbliche. Tutto ciò è terminato con il trasferimento nella Casa di Reclusione di Padova. Qui, in virtù di un regolamento interno, il numero di volumi che si possono ricevere ogni settimana è limitato a tre e, cosa ben più grave, è ancora vietato avere libri con la copertina rigida, nonostante esista una circolare ministeriale che dice l’esatto contrario. Può sembrare paradossale, eppure in cella possiamo tenere le bottiglie di vetro e le scatolette di latta, ma non i libri con la copertina rigida.

Va da sé che questo bizzarro divieto comprende il 90% dei volumi che vengono pubblicati. Certo è sempre possibile fare strappare la pericolosissima copertina rigida, però io, come molti altri, continuo a non potermi permettere di comprarli e strappare la copertina di testi delle biblioteche pubbliche, oltre che un atto esecrabile di per sé, è anche un reato.

 

 

Graziano Scialpi

Precedente Home Su