Vita - 24 maggio

 

Piacenza, con la scrittura il carcere conquista la città

 

La funzione terapeutica della scrittura in carcere è un dato di fatto riconosciuto da tempo: scrivere "fa bene alla salute", anche in una situazione pesante e densa di sofferenza come quella della detenzione. Ma scrivere può servire anche a costruire un rapporto più forte tra il "dentro" e il "fuori", e questo è successo a Piacenza, con un concorso di scrittura indetto tra i detenuti del carcere Le Novate, che ha coinvolto, in qualità di giurati, gli studenti di alcune scuole superiori cittadine. Sono stati infatti i ragazzi dell’istituto Martora, dei licei Melchiorre Gioia e Respighi e del liceo pedagogico Colombini, coordinati dai rispettivi insegnanti, a operare la prima selezione, individuando 8 racconti, tra i quali la giuria ufficiale ha scelto poi i vincitori. E sono stati i ragazzi, tanti ragazzi delle scuole, a farsi carico di leggere resti e poesie di detenuti e di accompagnare con la musica la premiazione del concorso.

I racconti hanno quasi tutti spunti autobiografici, e questo la dice lunga sulla voglia delle persone "ristrette" di raccontarsi, ma anche di trovare ascolto, di parlare a quelli che stanno fuori e di dare dignità alla propria vita attraverso la parola, come se il bisogno più forte e sentito fosse quello di riprendere una comunicazione interrotta con il "resto del mondo".

Compagno, il racconto di Mirko che ha vinto il primo premio del concorso, perché ha ritmo, forza narrativa e originalità, è «la storia di Vincenzo, il classico "zanza", così dicono a Milano: tante truffe da poche lire e una sola da raccontare».

Secondo classificato è stato Enrico, con il racconto È un lusso, durissimo diario di un tossicodipendente che non ha nessuna pietà di se stesso; terza, Lidia, con Voglio raccontare il mio passato, un titolo che evoca il fatto che in carcere è soprattutto il passato che fa male, e narrarlo è un po’ liberarsene. Il premio speciale alla memoria di Stefania Manfroni, giovane operatrice sociale piacentina prematuramente scomparsa, è andato al racconto di un detenuto straniero, Hucic, dal titolo il testimone.

Nessuno dei vincitori era presente, purtroppo, ma vincere un concorso di scrittura in carcere non è come vincere un festival o un Oscar: insomma, non si può prendere il telefono in mano e far arrivare in fretta quelli che devono ritirare i premi. Erano presenti però, con le loro testimonianze, tre detenuti: Tony, detenuto siciliano delle Novate; Jilani, un giovane tunisino alla sua prima uscita dopo 3 anni di carcere, e Svetlana, arrivata a Piacenza dal carcere della Giudecca di Venezia. Un suggerimento per l’anno prossimo, se il concorso si rifarà, porrebbe essere di prevedere due momenti: uno, del carcere che "va in città", come è stata questa premiazione, e poi, il secondo, della città che va in carcere, a premiare i vincitori che non possono uscire.

 

Ornella Favero

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