Vita - 18 gennaio

 

Quattro telefonate al mese, un piccolo diritto, ma inevaso

 

I piccoli problemi in carcere diventano spesso grandi problemi e grandi sofferenze: lo spiega bene questa testimonianza di un detenuto, che parla di come cresce fa tensione quando non si riesce a telefonare a casa. E non dimentichiamoci che, se già hanno difficoltà gli italiani con le telefonate dal carcere, gli stranieri aspettano anche un anno e più prima di riuscire a fare il primo colloquio telefonico con i familiari.

Ornella Favero

 

Quattro sono i colloqui telefonici che possiamo fare ogni mese, ma proprio quelle telefonate, che dovrebbero rappresentare per alcuni minuti il piacere di comunicare con i propri cari, si trasformano troppe volte in un momento di frustrazione, di nervosismo, di rabbia... "Siete in tanti, non si riesce a farvi telefonare tutti!", ti dicono. È vero, siamo in troppi in carcere, dovremmo essere molti di meno. Succede poi me con il nuovo Regolamento penitenziario, entrato in vigore nel settembre 2000, il legislatore ha introdotto alcune sostanziali modifiche, una delle quali riguarda la durata massima di ciascuna conversazione telefonica, me ora è dieci minuti (prima erano sei): un’ottima cosa, se non fosse che le linee sono rimaste le stesse e che per motivi di tempo non si riesce quindi sempre a fare tutte le telefonate consentite.

Più volte abbiamo fatto presente questo problema, sono successi anche fatti deprecabili, come quando qualcuno, preso da rabbia per non aver potuto telefonare a casa pur avendone diritto, ha frantumato il box telefonico della sezione. Ci sono detenuti che, incalzati dalla stanchezza e dalla frustrazione, arrivano alla perdita del controllo sino a esplodere, e finiscono per fare danni, ma anche per rovinarsi, spesso per cose da niente, dopo avere per anni avuto un compattamento corretto e rispettoso. E così, fioccano quei rapporti disciplinari che sono sempre pronti a scattare, e ogni rapporto può costare al detenuto la perdita di 45 giorni di liberazione anticipata: come dire che un momento di rabbia lo puoi pagare con 45 giorni di galera in più! Si dovrebbe assolutamente trovare una soluzione, per un detenuto saltare una telefonata significa perdere una boccata di ossigeno; per i suoi cari, vuoi dire sentir crescere la tensione. Noi siamo soliti avvisare le nostre famiglie del colloquio in ogni modo possibile, giorni prima, proprio per non incorrere nel rischio di non trovare nessuno in casa, ed è poi desolante quando ci si sente dire: "Abbiamo provato, ma non risponde nessuno…", o "Lei non ha potuto telefonare perché senza fondi!". Quello che chiediamo è semplice: che vengano messe altre linee telefoniche. Per noi e per le nostre famiglie è una "normalità" pesante da sopportare, in una situazione nella quale già sono pochissime le possibilità di incontro e di momenti di intimità.

 

Enrico Flachi

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