Cooperativa Sinnos

 

Sinnos: una cooperativa, nata a Rebibbia

che è diventata una piccola, originale casa editrice

 

(Realizzata nel mese di maggio 2000)

 

A cura di Ornella Favero e Paola Soligon

 

Entrare alla Sinnos mette di buon umore. Abituati a parlare di "lavoro per i detenuti" con qualche tristezza, ci si trova invece subito in un ambiente vivace, pieno di libri e computer, con persone gentili che hanno voglia di parlare della loro esperienza, e non con "operatori" reticenti e quella scarsa disponibilità nella quale ti imbatti a volte, quando vai a chiedere a una cooperativa che finanziamenti ha avuto e quanti posti di lavoro ha creato.

Antonio, Della e Lisa rispondono invece tranquillamente a tutto, la loro è una attività bella da raccontare, e si capisce anche da quello che la Sinnos Editrice "produce": per vedere la vivacità e l’originalità che ci sono dentro le loro iniziative, basta prendere in mano uno dei loro Mappamondi, una collana di libri bilingui scritti da autori immigrati, con alla fine le "pagine gialle", una mappa di punti di riferimento, luoghi di incontro, associazioni, scuole ed altre notizie sulle comunità di provenienza dell’autore. Belle edizioni, che mostrano quanta fantasia e quanto coraggio sono necessari per farsi spazio in mezzo ai grandi colossi dell’editoria.

 

Come e quando è nata la cooperativa Sinnos, come avete iniziato?

Antonio: La cooperativa è nata all’interno della Casa di Reclusione di Rebibbia nel 1990, in seguito a un corso di formazione professionale promosso dal C.I.D.S.I., un’associazione che si occupava e si occupa tuttora dei detenuti stranieri.

Della: Io ero presidente del primo C.I.D.S.I. e sono molto felice che ora sia rinato e lo sia in carcere, ad opera di detenuti stranieri che mi sembra abbiano molta voglia di lavorare. Lavorare in carcere non è facile e, ad un certo punto, questa doppia attività, della Sinnos e del C.I.D.S.I., non poteva essere portata avanti contemporaneamente dalla cooperativa.

Antonio: Il corso di formazione professionale era un corso d’impaginazione editoriale finanziato dalla Regione Lazio e le persone che lo hanno frequentato, assieme a dei volontari, hanno dato vita alla cooperativa per favorire il reinserimento dei detenuti, in particolare di quelli stranieri, ma anche di italiani come me, che all’epoca lavoravo per il C.I.D.S.I. e poi sono passato alla Sinnos. Nel ‘90 siamo riusciti, con l’aiuto di alcuni volontari, ad iniziare il lavoro all’interno del carcere di Rebibbia e, fin da subito, abbiamo cercato di non farci assistere dalle istituzioni, ma invece di prendere commesse dai privati e di essere presenti sul mercato del lavoro nel campo dell’editoria, dell’archiviazione dati, di tutto quello che era possibile fare con il computer.

Un po’ alla volta siamo riusciti a rafforzarci, ad aprire una sede e a portare il lavoro all’esterno, uscendo in misura alternativa.

 

L’ufficio esterno, ve lo siete pagato voi?

Lisa: Abbiamo iniziato utilizzando una stanza nella casa del presidente della cooperativa, poi ci siamo trasferiti in un locale di venticinque metri quadri compreso il bagno, mentre questa sede è di proprietà di un socio della cooperativa, al quale paghiamo l’affitto con gli utili delle lavorazioni.

 

Quante persone lavorano attualmente per la cooperativa, sia in carcere che fuori?

Antonio: Nella cooperativa, attualmente, siamo in tre detenuti: due semiliberi ed una donna ammessa al lavoro esterno (art. 21 O.P.). Siamo soci svantaggiati e questo consente alla cooperativa di avere delle agevolazioni, come riduzione dei contributi. Per ora siamo tutti italiani ma, probabilmente, dovrebbe presto arrivare anche uno straniero, con una convenzione che abbiamo fatto con il Comune.

Della: Questo straniero già lavora per la cooperativa, ma dobbiamo ancora superare i problemi legati al fatto che non ha il permesso di soggiorno.

Antonio: In passato con noi hanno lavorato quattro stranieri, poi, chi per un motivo chi per l’altro, se ne sono andati: qualcuno per tornare in patria, qualcun altro per prendere altre strade.

Della: La donna ammessa al lavoro esterno, Cecilia Massara, è responsabile dello Sportello che abbiamo aperto nella 5ª Circoscrizione grazie ad una convenzione con il Comune, che ci ha messo a disposizione un ufficio e copre parte dei costi degli stipendi con un contributo alla cooperativa.

 

Oltre alla casa editrice, quali altre attività svolge la cooperativa?

Della: Facciamo service editoriale ad altre case editrici e un lavoro nel settore della multimedialità: grazie ad una piccola cooperativa, nata da un progetto Sinnos, oggi siamo in grado di realizzare Siti Internet, Cd Rom, pagine Web. Infine c’è un settore che si occupa di progettazione e di formazione professionale.

Lisa: Stiamo anche facendo un corso, finanziato con i fondi per la cooperazione, dopo aver vinto un concorso nel ‘98: lo frequentano dieci stranieri, cinque ragazze libere e cinque detenuti del carcere di Rebibbia. Il corso comprende diverse materie, dall’editoria informatica, alla mediazione culturale, alla legislazione riguardante gli stranieri, alla imprenditorialità.

 

Al termine del corso, rilasciate un attestato, per quanto riguarda la mediazione culturale?

Della: Rilasciamo un attestato, ma soprattutto ci stiamo muovendo per cercare di impiegare queste dieci persone, ad esempio promuovendo altri Sportelli. Come ha detto Antonio, noi difficilmente ci appoggiamo agli enti: solo dove abbiamo progetti forti, come questo dello Sportello, lo abbiamo fatto. Lo Sportello è un progetto significativo, importante anche per il Comune, che addirittura ora ci chiama per chiederci come affrontare alcuni problemi, specialmente quelli riguardanti i detenuti stranieri. Adesso ci piacerebbe allargare questa esperienza a più circoscrizioni e, quindi, dare lavoro agli stranieri che stanno frequentando il corso. In tutti i nostri progetti, ad ogni modo, cerchiamo di inserire la figura del mediatore culturale. Inoltre, manderemo delle lettere di presentazione agli enti pubblici, dicendo: "Abbiamo formato queste persone, sono preparate sulla legislazione relativa all’immigrazione, impiegatele dove ne avete bisogno". Alla fine del corso verrà prodotto un vademecum in cinque lingue: spiegherà molte cose, dal modo di avere la carta d’identità, fino ai problemi legati alla detenzione ed alla maniera migliore per affrontarli. Speriamo che, con la diffusione di questi vademecum, il Comune si renda conto che c’è bisogno anche di qualcuno che li sappia usare. Lo Sportello, che abbiamo aperto nella 5ª Circoscrizione, consente che gli stranieri non facciano più le solite file, anche per le più banali pratiche, come ottenere la carta d’identità, che per loro sono però molto complicate.

 

E come funziona, invece, la casa editrice?

Della: Il gruppo che si è costituito ha voluto essere subito propositivo e, quindi, è nata la collana "Mappamondi", perché dal carcere uscisse un messaggio positivo di educazione interculturale, rivolta ai ragazzi. Non abbiamo voluto pubblicare le solite storie di lamentele ed emarginazione, ma racconti di ragazzi immigrati. La casa editrice lavora come qualsiasi piccola realtà simile: riceviamo i materiali, a volte siamo noi a cercare gli autori, con i quali abbiamo i normali contratti sui diritti d’autore. Siamo distribuiti in tutta Italia: certo, nelle librerie siamo soffocati dalla grande distribuzione ed è difficile trovarci, ma questo è un problema di tutte le piccole case editrici, non solo nostro. Nella collana Nomos uscirà presto un volume che spiega ai bambini la legge sull’immigrazione. Siamo convinti che i bambini siano buoni mediatori culturali: il bambino straniero insegna l’italiano ai suoi genitori, il bambino italiano insegna la tolleranza ai suoi. Abbiamo anche collane per gli adulti, consulenze e ricerche, come quella sui detenuti stranieri fatta nel 1994, che ora abbiamo intenzione di aggiornare.

 

Per quanto riguarda lo Sportello in carcere, a che punto è la vostra attività?

Antonio: Il vecchio C.I.D.S.I. funzionava come uno sportello di consulenza legale, i detenuti che lo costituivano scrivevano e ricevevano corrispondenza da tutta Italia, poi questo servizio si è perso. Adesso, sembra che la nuova associazione voglia riattivarlo; io ho il permesso di entrare al Penale come volontario, con l’art. 17, ed ogni tanto incontro questi ragazzi, che mi mostrano le lettere che ricevono dai detenuti stranieri. Per ora le loro attività sono a livello molto "artigianale", ma stanno cercando di strutturarsi meglio, di avere contatti all’esterno con persone che possano occuparsi della consulenza legale e possano dare così un sostegno maggiore alle loro iniziative, perché attualmente sono seguiti soltanto da una volontaria dell’associazione "Opera".

 

Il corso di formazione che state tenendo, si svolge all’interno o all’esterno del carcere?

Della: Per i detenuti, il corso si svolge in carcere, perché sono tutti stranieri e credo che nessuno di loro sia ancora uscito in permesso. Se avessimo scelto chi poteva uscire e frequentare il corso all’esterno, ci saremmo allontanati dagli stranieri. Inoltre non sono previsti compensi per i corsisti e, se li avessimo fatti uscire, non avremmo nemmeno potuto pagarli.

 

Oltre alla formazione, avete delle attività lavorative avviate, all’interno del carcere?

Antonio: Un detenuto svolge compiti di fotocomposizione, utilizzando il computer, e stiamo cercando di creare un gruppo di lavoro all’interno di Rebibbia.

 

Quando facevate l’impaginazione in carcere, quante persone vi erano occupate?

Antonio: Eravamo in quattro, io e tre stranieri, poi siamo usciti, quasi contemporaneamente, e nel carcere non era rimasto più nessuno in grado di proseguire il lavoro.

Lisa: Adesso che siamo riusciti a fare il corso e stiamo formando altre persone, intendiamo riprendere, un po’ alla volta, l’attività all’interno del carcere di Rebibbia.  

 

L’intervista si chiude con un regalo di buoni libri Sinnos, da portare in redazione a Padova: una bella conclusione, se si pensa che sono libri creati da un’iniziativa nata dentro un carcere.

 

 

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