Associazione Reffratari

 

 Vestire una maschera per scoprire se stessi

La recitazione può aiutare i giovani detenuti a conoscere le proprie capacità e a investirle 

per un futuro diverso. L’associazione “I Refrattari” porta il teatro nel carcere minorile di Airola, 

in provincia di Benevento. Dando ai ragazzi un’occasione perché la loro creatività non soffochi 

dietro le sbarre

(Realizzata nel dicembre 2004)

 

A cura di Marino Occhipinti

 

Portare il teatro nei luoghi del disagio. Perché il teatro offre la possibilità di confrontarsi con le proprie emozioni e con quelle altrui, funzionando da autentico sfogo per frustrazioni e malesseri. Dal 1990, l’associazione “I Refrattari” coinvolge nella recitazione i giovani detenuti del penitenziario minorile di Airola, in provincia di Benevento. Il presidente, Nicolò Antimo, ci ha spiegato il significato che questa forma artistica assume in un luogo di pena per giovanissimi. E quanta libertà trasmetta l’interpretazione di tanti personaggi su un palcoscenico.

 

Quando e come nasce l’associazione teatrale “I Refrattari”?

L’associazione nasce giuridicamente nell’anno 1990, ma il nostro percorso di attori è lunghissimo. Abbiamo avuto esperienze formative con numerose compagnie teatrali, finché non abbiamo sentito l’esigenza di diffondere la nostra idea di ricerca teatrale tanto da spingerci ad associarci.

 

Quali sono gli scopi dell’associazione?

Innanzitutto, portare il teatro in luoghi dove regna il disagio, tra persone che hanno avuto poche possibilità di confrontarsi con i propri stati d’animo. Sul palcoscenico si può urlare il proprio disagio e vivere i mille colori della molteplicità attraverso i personaggi interpretati. Ma ci interessa anche educare alla conoscenza teatrale e promuovere una crescita culturale nei giovani, avvicinandoli all’arte magica della recitazione. In questo modo possono accrescere la propria conoscenza interiore, indispensabile per rafforzare le proprie capacità.

 

Quante persone fanno parte dell’associazione e con quali compiti?

Siamo in quattro, ma molti giovani partecipano ai laboratori teatrali che gestiamo nelle scuole medie inferiori delle province di Benevento e Caserta. Io mi occupo della regia e dell’organizzazione, Enza è attrice-consulente nonché la responsabile della progettazione di scene e costumi, mentre Luca e Angela sono attori-consulenti.

 

È la vostra prima esperienza in carcere, a diretto contatto con persone detenute?

Per me no: ho avuto un’esperienza, seppur breve, nel 1980 in un altro istituto minorile della provincia di Caserta, mentre per gli altri componenti sì, è la prima esperienza. Lo troviamo estremamente emozionante, una fucina di arricchimento interiore: ci piace capire il disagio dei giovani dell’istituto, per noi è un percorso ricco di spunti poetici, a volte crudi ma spesso penetranti.

 

Qual è la vostra impressione, le sensazioni che avete provato entrando in un carcere dove a scontare una pena sono ragazzi giovani?

Dopo l’imbarazzo iniziale, come ogni volta che iniziamo un nuovo percorso teatrale, la voglia di vivere una nuova esperienza ci ha dato la carica per superare le ansie e - confesso - anche le diffidenze e le paure che trasparivano nei nostri attori. Vedere dei giovani rinchiusi provoca un’immensa tristezza ma anche una carica a dare di più con passione viscerale, indispensabile per crescere e costruire correttamente la forma teatrale dello spettacolo che vogliamo realizzare.

 

Siete riusciti facilmente a coinvolgere i ragazzi o avete trovato difficoltà?

Lavoriamo mediamente con una decina di allievi, un numero che varia spesso perché, fortunatamente per loro, tornano presto in libertà. Comunque sì, la nostra capacità di socializzare è immediata. Lo facciamo con tutti i giovani che partecipano ai nostri laboratori, siamo un gruppo che riesce a trasmettere emozioni. Diventiamo loro compagni di viaggio, un po’ come facevano gli attori della commedia dell’arte, che erano un gruppo con una sola voce: quella del surreale ma spesso reale teatro della vita.

 

Riuscite a portare all’esterno gli spettacoli che preparate all’interno?

È la finalità principale, l’impegno del nostro progetto. Abbiamo partecipato a quattro rassegne teatrali in Campania, riscuotendo successo di pubblico e critica. Per i ragazzi è stata non solo un’opportunità di uscire, ma anche la gioia di potersi confrontare con una realtà diversa, dove il teatro fonda le sue radici, dove i palcoscenici vengono calcati da attori di fama nazionale. Ed è stato emozionante anche per noi che di teatro ne assorbiamo molto: vedere i nostri allievi colorare la scena, vederli soffrire di gioia e ansia è stato come per un pittore terminare un quadro. Il senso di libertà espresso con lo spettacolo ha rappresentato per noi la massima gioia-sofferenza che potessimo vivere, la disciplina dei giovani-attori è stata una forma di grande consapevolezza di ciò che il teatro insegna: l’arte di parlare agli altri e condividerne le emozioni. Abbiamo comunque in progetto altre uscite che certamente arricchiranno la nostra voglia di capire e tracciare il solco ormai curato e custodito da tutti noi e da loro, i giovani attori dell’istituto.

 

Ritenete che in un carcere minorile il teatro possa aiutare i giovani detenuti a comprendere che il ruolo che hanno scelto o che si sono ritrovati a impersonare nella vita è appunto solo un ruolo e che è possibile cambiarlo?

Certamente il teatro aiuta a capire di più se stessi, a tracciare una linea diversa, a vivere le emozioni represse. E tutto questo si amplifica per chi è recluso, che rischia di vedere la propria creatività annebbiata dalla reclusione, dal tempo sempre uguale. Noi siamo portatori di creatività e attraverso essa diamo loro la possibilità di capire il vero e il falso, il giusto e lo sbagliato, spingendoli a credere di più nelle proprie capacità, a crescere attraverso i personaggi che si interpretano. Perché l’essenziale è essere protagonisti della vita in modo corretto e piacevole, senza maschere. Cosa avete imparato da questa esperienza? Pensate di continuarla? Abbiamo imparato molto. A vincere i pregiudizi, a carpire dalla loro sofferenza la poesia del vivere, la voglia di gridare la propria rabbia. Speriamo in futuro di poter rivivere questa esperienza che certamente ci ha arricchito e insegnato nuove sensazioni dal profumo indelebile.

 

Come è la collaborazione con gli operatori del carcere?

Buona, ci confrontiamo spesso e c’è, da parte di tutti, massima disponibilità ad aiutarci a risolvere i problemi burocratici. È buono anche il rapporto con gli agenti penitenziari, ottima la collaborazione con la direttrice Mariangela Cirigliano e con tutti gli educatori.

 

Come è la vivibilità all’interno dell’istituto? E la comunità esterna partecipa in qualche modo alla vita del carcere minorile?

All’interno dell’istituto, oltre a noi, vi sono parecchi corsi di formazione professionale gestiti dalla Regione Campania e varie attività sportive. Inoltre c’è un laboratorio-musicale e altre iniziative ricreative come la produzione di un giornalino mensile. La comunità locale vive il rapporto con l’istituto attraverso le molteplici iniziative che vengono rappresentate nel teatro interno alla struttura, che diviene dunque momento di incontro con i giovani reclusi.

 

 

«Non avrei mai pensato che, grazie al teatro, sarei stato fiero di me»

 

Alessandro

Il teatro mi piace perché imparo a recitare, mi dà emozioni. Quando sono sul palco penso solo a fare bene la mia parte, a fare bella figura, a emozionare il pubblico. E questo mi fa pensare che il teatro può cambiare una persona, fisicamente e mentalmente, nel modo di parlare, ascoltare e dialogare. Io ero un ragazzo chiuso, ma sapevo parlare bene l’italiano. Penso che fare teatro sia una cosa divertente e soprattutto ho scoperto che recitare è una passione che mi piacerebbe coltivare anche in un futuro migliore, se ne avrò la possibilità. Nonostante le difficoltà che si presentano quando sono davanti al pubblico, il loro applauso prevale sulle mie paure e dentro di me cresce la voglia di fare sempre di più.

 

Nunzio

È stata una bella esperienza, anche se io all’inizio avevo molta paura di tutta quella gente che mi guardava. Mi tremavano le gambe, ma poi ho incominciato ad avere più sicurezza in me. Il teatro mi ha dato la possibilità di uscire fuori a fare gli spettacoli ed è stato molto bello vedere tanta gente applaudirci.

 

Lello

Per me il teatro è un gruppo di amici, è una passione che ho scoperto e che spero di poter continuare a vivere. Il teatro mi ha aiutato a sconfiggere la timidezza e ad aprirmi, perché mi dà sempre emozioni diverse. È un’adrenalina che sale fino a farmi scoppiare il cuore. Mi ha fatto crescere interiormente. Mi ha permesso di conoscere persone nuove, confrontandomi con realtà diverse. È uno stimolo, un percorso che apre nuovi orizzonti. Mi dà serenità. Mi ha fatto scoprire che posso essere una persona migliore. Il teatro ha cambiato il mio modo di vedere le cose, di esprimermi e di socializzare. La mia voglia di cambiare con il teatro è diventata una certezza, la certezza di una vita ricca di cose belle.

 

Gianni

Il teatro mi emoziona, mi dà coraggio, mi fa socializzare e mi piace perché sono ore che trascorro in compagnia dei miei amici. All’inizio avevo un po’ di paura di recitare sul palco davanti al pubblico. Mi sentivo imbarazzato perché mi intimoriva ciò che potevano pensare di me, ma sapevo che dovevo dare il meglio e una volta iniziato a recitare l’ho fatto tutto d’un fiato, estraniandomi finché non ho finito. L’applauso finale mi ha dato la carica per continuare questa bella esperienza, che mi ha fatto ricredere sulle mie capacità perché non avrei mai immaginato che un giorno sarei salito su un palco e sarei stato fiero di me!

 

Salvatore

Il teatro per me è una cosa importante perché non ho mai avuto il coraggio di salire su di un palco. È stata un’esperienza bellissima che mi sta dando tante cose. Ho avuto la possibilità di capire quanto è bella la sensazione di vedere il pubblico che mi applaude; mi fa stare bene sentire il calore della gente.

 

Antonio

Io sono molto chiuso, però con il teatro sono riuscito ad aprirmi con gli altri. È stato molto formativo e bello poter salire sul palcoscenico e recitare, è un’esperienza che porterò dentro di me per sempre.

 

 

Precedente Home Su Successiva