Gianni Cavina

 

Gianni Cavina ci spiega come sta un attore

nei panni di un detenuto

 

(Realizzata nel mese di novembre 1998)

 

A cura di Fabio Barone

 

Gianni Cavina, noto anche per aver interpretato, in una serie televisiva, il ruolo del commissario Sarti Antonio, nel film Onorevoli detenuti passa invece dall’altra parte, nei panni di un detenuto. Lo abbiamo intervistato per sentire come si è trovato, a stare "dentro".

 

Cosa ti ha comportato calarti nel personaggio di un detenuto?

In un ambito emotivo, poco, perché viviamo tutti i giorni una pseudo-libertà, parlare oggi, soprattutto in questo paese, di libertà dell’individuo è pura utopia.

 

Come hai affrontato questo ruolo?

Sicuramente con grande impegno ed emozione. Già durante le riprese all’interno di Regina Coeli si poteva constatare la vita bestiale cui vengono spesso sottoposti i detenuti, sin dall’imposizione del convivere in sei o otto in una cella. Non ho notato grosse differenze fra finzione e realtà, infatti è sintomatico che la punizione di un povero Cristo sia la stessa di uno potente.

 

Il film sembra si regga su due coppie di personaggi, magistrato-avvocato, onorevole-Sirenetta (il detenuto interpretato da Cavina, così soprannominato per via di un tatuaggio). Secondo te come si correlano tra loro?

Non ho ancora visto il film, credo che per dare una risposta dovrei vederlo in sala; mi sento di dire che per quanto riguarda il rapporto magistrato-avvocato, sono entrambi sintonizzati su una drasticità che li accomuna.

 

La figura del cappellano, secondo te, costituisce un elemento neutro rispetto al contesto?

Un cappellano non è mai una figura neutra. Uno che ti entra nell’anima non può esserlo.

 

Qual è la tesi o messaggio del film? Vuole essere garantista?

Se per garantismo si intende ricerca e narrazione dei drammi umani, sicuramente sì! Dovremmo anche ammettere che esiste una follia del diritto, quella cavillosità delirante di certi magistrati.

 

La storia dell’onorevole che mal sopporta il carcere potrebbe suscitare irritazione tra i comuni detenuti?

Assolutamente sì.

 

E a giusta ragione?

Non potrebbe essere altrimenti, lo dimostra il fatto che un noto personaggio televisivo arrestato di recente aveva difficoltà persino a uscire dalla cella, per non cadere vittima della rabbia covata dagli altri detenuti.

 

E’ la prima volta che lavori con il regista Giancarlo Planta, come è stato il rapporto professionale con lui?

E’ la prima volta, spero non sia l’ultima. Lui è un regista che mi ha convinto per il suo rigore e l’onestà della denuncia. Sicuramente, se gli verranno messi a disposizione copioni forti, potrà dare molto.

 

 

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