Interviste di "Ristretti"

 

Cosa fai nel tuo tempo semilibero?

 

A Firenze, il centro Attavante offre ai detenuti in permesso o in misura alternativa uno spazio di relazioni sociali. Dove si svolgono attività culturali e formative, ci si incontra con i propri familiari e si trascorrono le ore "critiche" che separano la giornata lavorativa dal rientro in carcere

 

(Realizzata nel mese di marzo 2004)

 

di Marino Occhipinti

 

Il loro problema, paradossalmente, è il tempo libero dal lavoro. Quello che per tutti gli altri è svago, relax, ore da dedicare a se stessi e ai propri affetti. Per i detenuti che fruiscono di misure alternative, invece (semilibertà, affidamento, detenzione domiciliare), o di brevi permessi dal carcere, le relazioni sociali rappresentano spesso un autentico scoglio. Ed è proprio nel tempo del non-lavoro che può giocarsi la riuscita o il fallimento di un progetto di reinserimento alternativo alla detenzione.

A Firenze, dove i detenuti "fuori" sono circa 350 sul territorio comunale e 600 nella provincia, l’assessorato alle Politiche del lavoro, immigrazione e Area carcere ha aperto una struttura per le persone semilibere che non hanno una casa e una famiglia: qui possono trascorrere le ore al termine della giornata di lavoro e prima del rientro serale in carcere. Del centro diurno Attavante abbiamo parlato con Marzia Monciatti, che ha promosso questa iniziativa quando era assessore alle Politiche del lavoro del Comune di Firenze. Cogliamo l’occasione per augurare buon lavoro al nuovo assessore, Lucia De Siervo, che intervisteremo al più presto per conoscere le future iniziative del suo Assessorato.

 

Sotto certi aspetti il centro diurno Attavante è probabilmente la prima struttura del genere in Italia: ce la fa conoscere meglio?

Il centro è un grande appartamento che può accogliere fino a venticinque persone. Appartiene al Comune di Firenze, che per la sua gestione ha stipulato una convenzione con l’Associazione volontariato penitenziario (Avp). Attavante, nelle intenzioni iniziali, fornisce sia servizi diretti a chi li chiede (cucina, lavanderia, punto studio), sia attività rivolte a persone in affidamento, in permesso, semiliberi ed ex-detenuti. Abbiamo notato che si riesce soprattutto a fare questa seconda cosa, cioè corsi strutturati per detenuti, piuttosto che gli interventi diretti, anche perché il centro è in zona periferica, più vicino al carcere di Sollicciano che al centro di Firenze o alle altre zone della città, dove in genere sta chi è in misura alternativa (la sezione semiliberi è in centro).

 

Quali sono gli obbiettivi che volete conseguire?

Il fallimento di molte misure alternative dipende dall’assenza di spazi di socializzazione.

Prendiamo il caso delle persone semilibere, le cui giornate si snodano esclusivamente tra il lavoro e il rientro serale in carcere. La solitudine, la povertà di relazioni, il ricorso all’alcol, diventano cose normali e, in questo modo, le persone non possono ricostruirsi un ruolo sociale. Con il centro Attavante vogliamo offrire un’accoglienza e un’occasione di relazioni alle persone in misura alternativa o che potrebbero fruirne, laddove soffrano di un grande svantaggio sociale. Così potranno rientrare in contatto con un ambiente sociale equilibrato, grazie a un reinserimento graduale assistito e il proseguimento del lavoro personale già avviato. Inoltre intendiamo dare sostegno psicologico alle famiglie dei detenuti, per ricucire rapporti logorati dal periodo di carcerazione, e offrire appoggio e sostegno agli studenti che intendono proseguire gli studi iniziati dietro le sbarre.

 

Quali servizi pratici fornisce il centro e quali attività si svolgono all’interno?

Cinque o sei persone usufruiscono dei servizi pratici: cucina, lavanderia, un posto dove studiare. Una psicologa cura attività settimanali di counselling per cinque persone, prevalentemente semiliberi, mentre una laureata in psicologia ha appena iniziato il tirocinio da noi. Si svolgono poi gli incontri fra i detenuti in permesso e senza appoggi abitativi a Firenze con i loro familiari, che sono facilitati dalla vicinanza col carcere. Inoltre ci sono i corsi: formazione per quindici volontari (tenuto dall’associazione Il Varco); informatica e lavoro d’ufficio per dieci persone detenute o in misura alternativa (su fondi europei messi a bando dalla Provincia e con progetto vinto dall’Agenzia formativa Infogroup, con la partnership di un pool di enti, tra cui Avp e Comune); fotografia (grazie all’associazione Scarcer-Arci). Al centro lavorano due persone in affidamento, con borsa-lavoro, e ci è stata infine concessa la possibilità di effettuare riunioni sistematiche di due associazioni che si occupano di carcere (Scarcer-Arci e Il Varco), mentre la sede viene utilizzata anche per le riunioni del Coordinamento regionale volontariato penitenziario. In prospettiva verranno realizzati un progetto con finanziamento del Centro servizi volontariato per attività sportive, di bioenergetica e di counselling psicologico. Inoltre verrà realizzato un corso di criminologia dalla onlus Ares che si occupa di carcere e un corso di auto-aiuto dell’associazione Aisme, impegnata sul fronte della salute mentale.

 

Avete coinvolto perfino colossi come la Cassa di Risparmio e l’Ikea. Come ci siete riusciti e quali aiuti vi hanno fornito?

La Fondazione Cassa di Risparmio è da tempo in contatto con l’Avp, della quale ha già finanziato altri progetti. Si tratta di presentare progetti credibili e soprattutto di instaurare un rapporto di fiducia. L’Ikea l’ho coinvolto direttamente io come assessore: mi sono presentata chiedendo un aiuto e l’ho ottenuto. Sono stati molto gentili, probabilmente ha giocato anche il fatto che l’Ikea ha uno stile attento alla solidarietà, anche perché c’è da dire che è un’impresa appena sbarcata a Firenze e quindi sta cominciando ora a intessere i suoi rapporti con la città.

 

Una domanda più ad ampio raggio: state applicando – e come – la legge 328 e i Piani di zona, che dovrebbero essere gli strumenti legislativi e operativi più interessanti in tema di carcere?

Nel 2001 è stato realizzato un progetto sul carcere che è nato proprio all’interno del Piano di zona: un centro di accoglienza esterno, per detenuti in affidamento e in permesso. Lo stesso Attavante nasce da un finanziamento regionale dedicato al carcere. Abbiamo anche fatto incontri di programmazione tra la zona e gli uffici penitenziari. Il problema però è il seguente, almeno qui in Toscana: il Piano di zona è un atto generale, dove cioè confluisce l’intera programmazione sociale di un’area, con tutte le sue urgenze e le sue priorità. E di solito queste urgenze riguardano altri settori, piuttosto che il carcere: anziani, bambini, minorenni, disabili, il problema della casa, gli immigrati…

 

Vuole dire che nell’agenda degli amministratori il carcere non è considerato una priorità?

È difficile strappare attenzione e soprattutto risorse concrete per i detenuti, dato che tutte le questioni sociali vengono messe nello stesso paniere. Direi che ciò che era destinato al carcere viene risucchiato da altre priorità. Abbiamo proposto che la Regione, a livello di Piano regionale sociale – e quindi andando oltre il Piano di zona –, predisponga linee di finanziamento per progetti esplicitamente destinati al carcere. Oppure, in alternativa, abbiamo chiesto alla Regione di inserire negli schemi programmatori dei Piani di zona delle riserve (anche piccole!), su cui si possa progettare per il carcere. Da notare che, nella programmazione, le zone che hanno carceri si attivano, al contrario delle altre, perché prevale la comoda via di considerarsi esentati dal problema se il problema non sta sul proprio territorio. Ma in realtà ogni zona socio-sanitaria ha dei detenuti o delle persone in misura alternativa sul proprio territorio, anche se si finge che non esistano.

 

L’A.V.P. (Associazione di volontariato penitenziario) nasce nel 1984 per l’assegnazione di fondi ministeriali destinati ai detenuti indigenti (Opera Carlo Naldi). È un’associazione che da oltre dieci anni opera nelle carceri di Firenze e Prato e nell’Ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino. Ha sede presso il Tribunale di sorveglianza di Firenze e ha ottenuto in locazione dal Comune di Firenze, dal giugno 2001 e quindi in convenzione, lo spazio di via Attavante 2, destinato alle attività del Centro ricreativo e sociale.

 

La legge nr. 328 dell’ottobre 2000, più comunemente conosciuta come "legge quadro sull’assistenza", si limita a definire la cornice dei possibili interventi di assistenza ed a stanziare le risorse, rimettendo poi alle regioni il compito di emanare la normativa di dettaglio.

 

Il Centro Attavante è una iniziativa sperimentale, che ha naturalmente suscitato consensi, ma anche qualche polemica. Due in particolare le questioni che destano più perplessità: il fatto che la presenza nel centro viene disposta come parte integrante del trattamento e quindi vi è un obbligo per i detenuti in misura alternativa di frequentarlo; l’accesso alla struttura, che è riservato a detenuti ed ex detenuti e non aperto a tutti, come alcuni vorrebbero. La discussione è naturalmente aperta, speriamo di ricevere altri contributi che aiutino a migliorare i servizi offerti e ad estendere l’esperienza ad altre città.

 

 

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