La storia di "Ristretti"

 

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Associazione "Granello di Senape Padova". Via Citolo da Perugia, 35 - 35138 Padova. Tel. 049.654233

 

          

 

Ristretti Orizzonti

 

Rivista dalla Casa di Reclusione di Padova e dall’Istituto Penale Femminile della Giudecca.

Registrazione al Tribunale di Venezia dell’11 gennaio 1999.

È un bimestrale (più un numero speciale all’anno: nel 2007 lo speciale è stato dedicato alla Giornata di studi "Persone, non reati che camminano", nel 2006 all'informazione, nel 2005 ad un progetto di prevenzione alla devianza che si è sviluppato in alcune scuole superiori padovane, nel 2004 al tema delle misure alternative alla detenzione, nel 2003 al tema del lavoro in carcere, nel 2002 al tema degli affetti, nel 2001 alle donne detenute, nel 2000 agli stranieri detenuti).

 

Il bilancio di 25 anni di attività

 

 

Abbiamo realizzato 180 numeri, da giugno 1998 fino a febbraio 2024.

La rivista viene spedita a rappresentanti delle istituzioni, dei partiti politici, degli enti locali e delle associazioni del privato sociale e agli abbonati, tra i quali ci sono molte biblioteche civiche, scolastiche, operatori sociali, avvocati...

 

Abbiamo organizzato corsi di scrittura giornalistica e incontrato scrittori e giornalisti, che ci hanno dato suggerimenti importanti sul modo di lavorare: Enrico Deaglio, direttore del settimanale "Diario", Vittorio Pierobon, presidente dell’Associazione dei Giornalisti del Veneto, Pino Corrias, inviato del quotidiano La Stampa, Gianni Barbacetto, inviato di Diario, Antonio Franchini, editor della Mondadori, Oreste Pivetta, Andrea Carraro, Eraldo Affinati, Edoardo Albinati, Carlo Lucarelli, Pino Cacucci, Davide Pinardi e altri ancora. Nel 2002 i nostri redattori hanno seguito un corso del Fondo sociale europeo per diventare operatori di pagine web.

 

I nostri inviati sono stati presenti, grazie ai permessi premio, a numerose manifestazioni sociali e culturali: dal Festival del Cinema di Venezia, alle Fiere del Libro di Bologna e Torino, alla festa di Legambiente, a Civitas, a Expo-Scuola.

 

Nel carcere della Giudecca (Ve) si è costituita, nell’estate del 1999, una seconda redazione, che ha affiancato quella di Padova.

 

A partire dal n° 4/1999 anche l’elaborazione grafica del giornale è realizzata all’interno dell’Istituto Due Palazzi di Padova. I detenuti vengono formati "sul campo" all’uso di programmi di impaginazione e grafica.

 

Dal settembre 2001 è attivo il sito "ristretti.it", realizzato interamente dai detenuti, che attualmente conta oltre settemila pagine ed è il più completo e articolato sito sul carcere in Europa.

 

Abbiamo partecipato all’organizzazione del Primo Convegno "Carcere e Informazione", che si è svolto a Firenze il 3 e 4 Dicembre 1999, e del Secondo Convegno dei giornali del carcere, che si è svolto il 16 e 17 novembre 2001 a Firenze, e facciamo parte del Coordinamento Nazionale dei giornali del carcere.

 

Abbiamo organizzato, nella Casa di Reclusione di Padova, una Giornata Nazionale di studi su Carcere e immigrazione (200 ospiti, associazioni, avvocati, magistrati, mediatori culturali etc.), un Convegno sul volontariato penitenziario e l’informazione (300 ospiti, rappresentanti di associazioni di volontariato da tutta Italia), una Giornata di studi sul diritto all'affettività per le persone detenute ed il sostegno alle loro famiglie (300 ospiti, tra operatori sociali e penitenziari, magistrati, parlamentari), un Convegno sul lavoro in carcere (400 ospiti tra operatori sociali e penitenziari, cooperative sociali, magistrati, parlamentari), una Giornata di studi sulle misure alternative alla detenzione (con 500 partecipanti), una Giornata di studi sul disagio mentale in carcere e dopo la detenzione (hanno partecipato 600 persone, tra le quali numerosi operatori sanitari degli Ospedali psichiatrici giudiziari), una Giornata di studi sull'informazione (500 ospiti), e infine, nel maggio 2007, una Giornata di studi dal titolo "Persone, non reati che camminano", alla quale hanno partecipato 500 persone.

 

Abbiamo una collaborazione con il quartiere in cui si trova il carcere, che prevede, tra l’altro, che impaginazione, editing e grafica del notiziario del quartiere siano realizzati nella nostra redazione.

 

Abbiamo realizzato la "Guida per i detenuti", tradotta in sette lingue, che è stata distribuita in tutte le carceri del Veneto.

 

Ristretti Orizzonti fa parte del Centro di Documentazione Due Palazzi, insieme al Gruppo Rassegna Stampa, all’Ufficio Stampa – Centro Studi, al Tg 2Palazzi e al laboratorio di Legatoria.

 

Nel dicembre 2001 ci è stata affidata dal settimanale "Vita" la gestione della rubrica "Lettere dal carcere".

 

Nel 2002 abbiamo dato vita al Coordinamento Nord Est dei giornali dal carcere, che, oltre a Ristretti Orizzonti, raduna le redazioni di Prospettiva Esse di Rovigo, Pensiero Libero di Treviso, Microcosmo di Verona, I Cancelli di Vicenza, Sosta Forzata di Piacenza, Oltre il Muro di Rovereto e La Voce Nel Silenzio di Udine.

 

Nel 2003 l’Associazione “Il Granello di senape”, editrice di Ristretti Orizzonti, ha vinto il premio nazionale della solidarietà 2003 - Luciano Tavazza, con premiazione avvenuta al Quirinale il 24 novembre 2003, alla presenza del presidente Ciampi, “… per la forte determinazione a rendere anche il carcere un "nodo della rete sociale" e per la capacità di intervenire in modo innovativo in situazioni di emarginazione e grave disagio, ponendosi il duplice obiettivo della tutela dei diritti e del reinserimento lavorativo delle persone detenute e sostenendole nella ricostruzione di una vita dignitosa (…) come dimostrano le attività del Centro di Documentazione Due Palazzi e la rivista "Ristretti Orizzonti", condotti dalle stesse persone detenute”.

 

Nel 2004 abbiamo dato il via ad una serie di pubblicazioni sul carcere: il primo libro, “Donne in sospeso”, è stato presentato alla stampa nel mese di marzo, mentre nel mese di ottobre è stato presentato il secondo, “L’amore a tempo di galera”.

 

Nel 2004 abbiamo aperto la redazione esterna di Ristretti Orizzonti, con sede a Padova, in via Citolo da Perugia n° 37, nella quale lavorano quattro persone in misura alternativa.

 

A settembre del 2004 abbiamo sviluppato, in collaborazione con numerose scuole della provincia padovana, un progetto di prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza rivolto agli studenti delle scuole superiori. Un progetto che ha finito per fare piazza pulita anche di pregiudizi e stereotipi degli adulti sui giovani: questo ci pare lo straordinario risultato di un paziente lavoro di mesi, che ha portato, tra l’altro, detenuti in permesso nelle scuole superiori di Padova, a farsi “interrogare” dagli studenti. E poi, in tre diverse giornate, in carcere sono entrati 300 studenti, che in un confronto serrato e vorremmo dire anche “spietato”, si sono buttati dentro a questa iniziativa con passione, curiosità, “senza peli sulla lingua”, e ne è nato uno scambio che nemmeno noi ci aspettavamo così ricco.

 

Nel giugno del 2005 è stato presentato, con la prefazione di Sergio Staino, “Non aprite quel barattolo”, la raccolta delle vignette di Ristretti Orizzonti accompagnata dall’inedita storia di Dado, il protagonista delle vignette.

 

Nel mese di ottobre 2005 è nuovamente iniziato, in numerose scuole superiori e anche in alcune medie, con modalità arricchite rispetto all’anno scorso, il progetto di prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza rivolto agli studenti.

 

Nel 2005 abbiamo costituito la Federazione Nazionale dell'Informazione dal carcere e sul carcere, che rappresenta un passaggio fondamentale per riavvicinare il “mondo penitenziario” (e quanti lo popolano e lo frequentano: detenuti, agenti, personale amministrativo, volontariato, etc.) alla “società esterna”. 

 

Il 24 novembre 2005 a Bologna, nella sede e con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna, si è tenuta una Giornata di formazione per chi fa informazione dal carcere, ma anche di confronto tra chi ha voglia di notizie davvero “altre” sulle condizioni della detenzione oggi.

 

Dal 2002 - il lavoro prosegue tuttora - curiamo un dossier, "Morire di carcere", che raccoglie le storie (alcune di poche righe, altre di una pagina) dei detenuti morti nelle carceri italiane per suicidio, per malattia, per overdose, per “cause non accertate”.

 

Abbiamo realizzato numerosi cd rom: La “Guida per i detenuti”, realizzata in sette lingue e distribuita in tutte le carceri del Veneto; Cinque anni di "cronache dell'interno", la raccolta degli articoli di Adriano Sofri, scritti nel carcere di Pisa e pubblicati su "Il Foglio", "Panorama", "La Repubblica", "l'Unità", "Il Tirreno"; I numeri di Ristretti Orizzonti, nel formato originale (fotografie delle singole pagine); Il lavoro in carcere e il reinserimento lavorativo dei detenuti, contenente anche gli Atti della giornata di studi "Carcere, non lavorare stanca"; 520 racconti autobiografici attraverso i quali conoscere vari volti del disagio sociale; Gli atti ed altri materiali della Giornata di Studi sui rapporti affettivi delle persone detenute si è svolta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova. Dalla Giornata è uscita una proposta di legge, ora presentata in Parlamento.

 

Dal gennaio 2006 curiamo la rubrica "Lettere dal carcere" sul quotidiano "Il mattino di Padova", nella quale vengono pubblicate le testimonianze delle persone detenute, dei loro familiari, degli operatori volontari, ma anche delle persone libere che ci scrivono.

 

A settembre del 2005 abbiamo nuovamente sviluppato, in collaborazione con numerose scuole della provincia padovana, un progetto di prevenzione alla devianza e alla tossicodipendenza rivolto agli studenti delle scuole superiori e medie inferiori. Un progetto che ha portato detenuti in permesso nelle scuole e poi, in diverse giornate, in carcere sono entrati 500 studenti...

 

Nel settembre del 2006 abbiamo pubblicato l'ennesimo libro di Ristretti Orizzonti, "I buoni dentro. I cattivi fuori - Il carcere entra a scuola. Le scuole entrano in carcere", che contiene i testi degli studenti, quello che immaginavano e quello che invece hanno visto, e poi il racconto di come gli adulti, i genitori e gli amici hanno reagito a un progetto così poco normale... Infine le testimonianze dei detenuti e tanto altro ancora...

 

Anche nell'anno scolastico 2006-2007 abbiamo ripetuto il progetto di prevenzione alla devianza rivolto agli studenti. 90 sono stati gli incontri nelle scuole, e una ventina quelli in carcere, in occasione dei quali sono entrati un migliaio di studenti.

 

Nel 2007 abbiamo pubblicato altri due libri, frutto del progetto con le scuole: "Se sbagli ti cancello" (in questo libro i ragazzi di terza media si mostrano capaci di riflessioni molto "mature" sui temi della giustizia) e "La pena raccontata ai ragazzi", un libro che contiene tantissime testimonianze di studenti delle medie superiori, insegnanti e detenuti...

 

Nel 2007, a Roma alla Sala stampa della Camera dei Deputati e alla presenza di numerose personalità (onorevoli, sottosegratario all'Istruzione, magistrati e assessori, volontari, studenti e insegnanti), è stato presentato il progetto con le scuole.

 

Nel gennaio del 2007, nella nostra redazione interna alla Casa di Reclusione, abbiamo avuto un toccante incontro con Olga D'Antona, moglie del giuslavorista ucciso dalle Brigate Rosse, e nel mese di febbraio abbiamo incontrato il magistrato-scrittore Gianrico Carofiglio.

 

Anche nel 2007, all'interno della Casa di Reclusione, abbiamo organizzato alcuni corsi di formazione: di computer di base, per operatori di pagine web, e di scrittura creativa.

 

Il 10 dicembre 2007 abbiamo organizzato, nella nostra redazione interna alla Casa di Reclusione, un incontro tra gli aderenti alla Federezione dell'Informazione dal carcere e sul carcere, al quale hanno partecipato numerosi coordinatori delle riviste prodotte in carcere.

 

Nel 2007 abbiamo dato avvio, sempre all'interno della Casa di Reclusione di Padova, a uno sportello di Orientamento giuridico e di segretariato sociale, al quale si sono già rivolte numerose persone detenute. 

 

 

 

Le origini di “Ristretti Orizzonti”

 

L’idea di un giornale che “raccontasse” il carcere è nata nel 1997 nell’ambito di un’attività di rassegna stampa: ci rendemmo conto che le notizie che i maggiori giornali diffondono sul carcere spesso non hanno un reale riscontro con quella che è effettivamente la vita in carcere. Certamente, di tanto in tanto, qualcuno più attento fa qualche sforzo per centrare veramente il problema, senza ricorrere troppo ai luoghi comuni, ma notizie che potessero essere utili sia per chi è detenuto sia per chi in carcere lavora, sono veramente poche. Volevamo svolgere anche un servizio d’informazione interna, che informasse i detenuti sugli avvenimenti e le opportunità che si verificano nell’Istituto.

Ma i problemi del carcere non si risolvono né si esauriscono al suo interno, il coinvolgimento di chi sta fuori è essenziale, e l’importanza di far conoscere all’esterno la nostra vita fu presto chiara: capimmo che per farlo dovevamo usare un linguaggio semplice e diretto, comprensibile da tutti, perché anche quella linguistica può essere una barriera che contribuisce a mantenere il carcere nell’isolamento sociale e culturale.

Abbiamo voluto, quindi, proporre una informazione che unisse l’utilità del notiziario alla capacità di approfondimento di una rivista settoriale e illustrasse i temi più scottanti attraverso vicende vissute raccontate dagli stessi protagonisti.

La scelta dei temi e del modo per trattarli è maturata gradualmente: ogni qual volta ci accorgiamo che in un particolare settore l’informazione manca, oppure è insufficiente, ci mettiamo in moto, cominciamo a chiedere notizie, a documentarci, a raccogliere testimonianze, a rompere le scatole a destra e sinistra, finché non riusciamo a capire come stanno realmente le cose.

Le “questioni” più scottanti, con le quali i detenuti devono misurarsi ogni giorno, sono la tutela della salute, la formazione e l’inserimento lavorativo, l’accesso all’istruzione, il rapporto con gli operatori istituzionali e con l’esterno, in prospettiva dell’uscita dal carcere

Una volta individuati i problemi, che caratterizzano ciascuna situazione, si tratta di proporre per essi delle soluzioni credibili e ciò è possibile soltanto quando le informazioni possono circolare, quando le diverse idee ed esperienze hanno modo di confrontarsi.

Per questo abbiamo cercato, in giro per l’Italia, le situazioni nelle quali i progetti di recupero e di reinserimento sociale funzionano meglio: iniziative promosse dall’Unione Europea, dalle istituzioni nazionali e dagli enti locali, ma anche dal volontariato, dalle associazioni e dalle cooperative sociali.

Entrando nel merito dei vari progetti e attività ci siamo resi conto di quanto fosse necessario conoscere a fondo anche le norme che regolano i rapporti giuridici e amministrativi tra i cittadini, le istituzioni e gli altri soggetti sociali, quindi ci siamo interessati delle leggi che ci riguardano più direttamente, seguendone il cammino parlamentare ed esaminandone le successive modifiche, fino alla definitiva approvazione.

Con l’aiuto di avvocati e giuristi abbiamo vagliato la Simeone – Saraceni, il Testo Unico sulla Immigrazione, il nuovo Regolamento Carcerario, la legge Smuraglia, che prevede agevolazioni contributive per chi assuma detenuti ed ex detenuti.

Ma, nel carcere, si incontrano anche situazioni di disagio specifiche, oltre ai problemi che interessano tutta la popolazione detenuta: gli immigrati, le donne, i giovani, i tossicodipendenti, hanno esigenze e sperimentano realtà diverse tra loro, seppure accomunate dallo stato di detenzione.

A tutti loro, il giornale dedica uno spazio particolare, con rubriche di storie raccontate in prima persona e con altre a carattere più strettamente informativo, che consentono di far conoscere i diritti e le iniziative rivolte specialmente a queste persone.

Oltre ai temi più strettamente carcerari, gli argomenti ai quali diamo maggior rilievo sono quelli dell’emarginazione: dalla tossicodipendenza, alla devianza giovanile, all’immigrazione, visti con la prospettiva di chi, dopo aver sperimentato simili situazioni, ha voglia di trovare un proprio ruolo di convivenza e integrazione sociale.

I nostri interlocutori privilegiati sono gli enti locali e le istituzioni, da cui prendono avvio le iniziative più valide sul fronte della integrazione sociale, del lavoro e in generale della qualità della vita dei cittadini, anche se si tratta di cittadini detenuti; un occhio di riguardo lo abbiamo anche per gli operatori del volontariato, il cui impegno va spesso a colmare le lacune dell’attività delle pubbliche amministrazioni.

Ma enti locali e volontari sono pur sempre “addetti ai lavori” e noi invece abbiamo voluto anche andare oltre, e arrivare a tutte quelle persone che sul carcere hanno poche conoscenze reali e molti pregiudizi.

Fin dall’inizio ci siamo resi conto che i toni lamentosi non facevano per noi e abbiamo preferito usare quelli ironici: da questa scelta è nato anche il titolo del giornale: niente nomi altisonanti, ma una parola un po’ assurda come “Ristretti”, che nel linguaggio burocratico - carcerario significa detenuti, a cui poi abbiamo aggiunto “Orizzonti”, perché con il giornale intendevamo contribuire ad aprire gli orizzonti troppo ristretti della detenzione.

Ci stiamo mettendo tutto il nostro impegno, per allargare questi orizzonti, nella certezza che il rapporto con il mondo esterno è determinante anche mentre scontiamo la pena, perché quando essa finisca possiamo trovare un posto nella società.

Il giornale diventa uno strumento con il quale portare fuori dal carcere un po’ di noi stessi, ma anche per farci uscire davvero, come è successo ai redattori che hanno ottenuto dei permessi per partecipare a manifestazioni culturali, feste e convegni, in veste di inviati “speciali”, come accade anche oggi.

 

Le battaglie per migliorare il nostro lavoro

 

La prima difficoltà che abbiamo dovuto superare è stata la necessità di correggere i nostri “vizi” riguardo alla scrittura, perché eravamo abituati ad usare un linguaggio infarcito di termini giuridici, di frasi ad effetto e citazioni letterarie, tutto per dimostrare quanto eravamo colti e come sapevamo emergere dalla mediocrità e dallo squallore del carcere.

Questo tipo di scrittura, ridondante ed ispirata, siamo riusciti a metterla da parte utilizzando lo strumento della discussione, trasferendo al giornale la lingua parlata negli incontri - scontri che avvengono in redazione.

Ogni settimana, dedichiamo due o tre pomeriggi al confronto sui diversi temi all’ordine del giorno e le riunioni diventano spesso incandescenti, perché molte volte le posizioni sono contrapposte e non è detto che si raggiunga un accordo, sul momento. Però, quando torniamo in cella, ognuno ha i suoi appunti e, rivedendoli, magari ci riflette sopra, così il giorno dopo si ritrova con idee in po’ diverse, anche senza volerlo.

In questo modo abbiamo potuto affrontare argomenti che prima ci sembravano intoccabili e la battaglia contro l’autocensura è stata la seconda combattuta, in ordine di tempo, dopo quella per la qualità della scrittura: abbiamo parlato dell’uso delle droghe e degli psicofarmaci all’interno del carcere, delle evasioni dai permessi e della recidiva; nei prossimi numeri tratteremo del “codice d’onore” rispettato dai detenuti, tra omertà e malinteso senso di fratellanza e delle sezioni riservate ai “protetti”, dove sono isolate quelle persone che hanno commesso reati “infamanti”, come le violenze sessuali, oppure che hanno collaborato con la giustizia: persone che, se lasciate tra gli altri detenuti, rischiano di essere aggredite, picchiate, o addirittura uccise, come è successo recentemente nel carcere di Brescia.

A questo punto, una nuova dura lotta ci aspetta, quella per promuovere, dentro il carcere, una cultura del lavoro, partendo proprio dalla nostra redazione: la consuetudine, infatti, vuole che nel carcere ognuno si impegni solo il minimo indispensabile per conservarsi il posto e anche la redazione non è stata immune da certi comportamenti, e ha affrontato al suo interno discussioni feroci per ribadire che chi occupa un posto in redazione più per passare il tempo  che per lavorare, toglie ingiustamente ad altri  la possibilità di impegnarsi nell’attività di redattori del giornale. Attualmente comunque le mansioni di ognuno sono più definite, e cominciano a funzionare anche delle forme di verifica del lavoro fatto.

Allo stesso tempo, ci proponiamo di stare costantemente “alle costole” degli operatori istituzionali, chiedendo un impegno professionale all’altezza dei compiti affidati loro dalla legge penitenziaria.

Sul versante più strettamente giornalistico dobbiamo migliorare ancora, e vogliamo farlo: pensiamo di  dedicare una maggiore attenzione alle notizie di attualità, magari con alcune pagine di informazione “in breve” e di stabilire un maggior numero di contatti e di collaborazioni, sia in Italia che all’estero, anche per confrontarci con le condizioni di detenzione e conoscere le opportunità di recupero sociale presenti negli altri paesi.

 

A scuola di giornalismo

 

Dopo aver definito la fisionomia che intendevamo dare al giornale ed i lettori che volevamo avere, si è trattato di imparare a fare i giornalisti, impresa non da poco, considerando che nessuno di noi aveva esperienza al riguardo, ma molti di noi erano già convinti di saper scrivere e di dover semplicemente “riempire” il giornale con quelle montagne di scrittura che si producono giornalmente in carcere e che costituiscono una sorta di autoaffermazione, di fronte all’annullamento della personalità che opera la detenzione.

Invece il giornalismo è tutt’altra cosa e per rendercene conto abbiamo dovuto organizzare una serie di incontri con scrittori e professionisti della carta stampata: non si è trattato di vere e proprie lezioni, ma da ognuno dei nostri ospiti abbiamo ricevuto suggerimenti e spunti che ci hanno trasformato, da dilettanti quali eravamo, in “quasi” professionisti.

Tra i giornalisti, Enrico Deaglio, direttore della rivista Diario, ci ha spiegato come svolgere un’inchiesta e come “ripulire del superfluo” un articolo usando concretezza e concisione; Vittorio Pierobon, caporedattore de Il Gazzettino di Venezia, ci ha svelato i “trucchi del mestiere” descrivendoci il lavoro in una redazione; Pino Corrias, giornalista del quotidiano La Stampa, ci ha dato alcuni suggerimenti, attraverso la sua esperienza di inviato nelle carceri americane, su come fare un’inchiesta.

Gianni Barbaccetto, inviato del settimanale Diario ed autore di interessanti inchieste sulla mafia, ha raccontato i retroscena del lavoro in un periodico, stretto tra la concorrenza rappresentata dai quotidiani e quella della televisione, dove il giornalismo deve caratterizzarsi con l’approfondimento dell’informazione e la ricerca di notizie interessanti anche in situazioni apparentemente ordinarie.

Anche dagli scrittori abbiamo ricevuto insegnamenti importanti, a cominciare dall’incontro con Oreste Pivetta, autore, con il senegalese Pap Khouma, del libro “Io, venditore di elefanti”, nel quale lo scrittore ci ha suggerito di occuparci dei problemi dei detenuti stranieri non con discorsi ideologici sul razzismo, ma piuttosto facendo raccontare a loro stessi le loro vicende vissute.

Autori come Andrea Carraro ed Eraldo Affinati ci hanno introdotto a temi più strettamente legati alla qualità della scrittura e Gianfranco Bettin ci ha introdotto alle tecniche del romanzo-verità, che lui ha usato ne “L’erede” e “Petrolkimico”, di cui è autore.

Pino Cacucci, autore di romanzi come “Puerto Escondido” e “In ogni caso nessun rimorso”, ci ha parlato dell’importanza della scrittura come mezzo di autoanalisi e del particolare valore che assume per chi è detenuto (anche lui è stato in carcere, per alcuni mesi, a San Vittore): permette di sfogarsi, ma anche di alimentare le relazioni con chi sta fuori, di riempire le giornate e dire al mondo che siamo ancora vivi.

Quello con Antonio Franchini, editor alla Mondadori, è stato un incontro particolare: il suo lavoro consiste nel scegliere i libri che saranno pubblicati dalla casa editrice milanese, e molti di noi accarezzano segrete ambizioni letterarie. Però Franchini non ha alimentato le nostre illusioni: il mercato della editoria è estremamente selettivo, l’offerta da parte degli autori enorme ed i lettori relativamente pochi, quindi  solo gli scritti veramente validi riescono ad ottenere la pubblicazione.

Il giallista Carlo Lucarelli, poi, è anche diventato nostro collaboratore e ci manda, per la pubblicazione su Ristretti Orizzonti, racconti accompagnati da consigli di scrittura, racconti suoi e di altri scrittori, suoi amici.

Edoardo Albinati, insegnante nel carcere romano di Rebibbia, ha presentato in redazione il suo libro-diario “Maggio selvaggio”, che descrive con estrema obiettività il mondo carcerario, con le sue ipocrisie e brutture, ma anche con l’interesse umano e sociale che vi si può scoprire, in una visione lontana da ogni conformismo.

Oltre a questi incontri, abbiamo seguito un corso vero e proprio di scrittura, tenuto dal Prof. Stefano Brugnolo, autore di un Ricettario di Scrittura Creativa: con lui abbiamo appreso le varie tecniche per realizzare un racconto, un articolo, un’intervista, ed abbiamo migliorato la nostra conoscenza della lingua italiana, degli stili, della struttura del discorso, delle tecniche di comunicazione.

Dopo una prima serie di lezioni, svolte tra il ‘98 e il ‘99, intendiamo ora riprendere il corso in maniera più strutturata e proseguire anche con gli incontri con scrittori e giornalisti: il prossimo incontro previsto è a dicembre, con lo scrittore (è stato anche insegnante a San Vittore) Davide Pinardi, autore tra l’altro della raccolta di racconti Il ritorno di Vasco e altri racconti dal carcere.

 

L’organizzazione interna e il finanziamento

 

La redazione si è costituita per autoaggregazione intorno ad un nucleo “storico”: oggi lavorano alla realizzazione del giornale venti redattori, oltre alla coordinatrice ed a vari collaboratori esterni, mentre nella Casa di Reclusione Femminile della Giudecca è nata nel 1999 una seconda redazione, che ha affiancato quella di Padova.

Le donne detenute ci inviano molto materiale interessante e danno modo, a noi prima che ai lettori, di conoscere la realtà della detenzione al femminile.

Nel gruppo ognuno ha propri compiti specifici e, poi, una parte del lavoro è svolta in comune, ad esempio la battitura dei testi, l’effettuazione delle inchieste, delle interviste e delle ricerche dei materiali di documentazione.

Alcuni redattori hanno scelto di dedicarsi ad attività meno appariscenti, ma ugualmente fondamentali per il funzionamento del giornale: dall’archivista - segretario, all’addetto alla grafica, a quello che si occupa della corrispondenza e delle spedizioni.

Abbiamo costituito un archivio nel quale sono raccolti e catalogati materiali di diversa provenienza, dai testi dei disegni di legge, alle rassegne stampa, ai progetti di inserimento sociale, alle pubblicazioni realizzate in altre carceri italiane e altro ancora: la gestione dell'archivio richiede un notevole impegno, del resto largamente compensato dalla possibilità di fare riferimento alla documentazione contenuta per ogni esigenza di consultazione, informazione, studio e ripasso, che si verifica regolarmente quando dobbiamo preparare un incontro con gli operatori sociali, o un dibattito in redazione.

Un altro contributo fondamentale al funzionamento della redazione arriva dalla corrispondenza, che per noi significa fare del "giornalismo per corrispondenza", visto che le nostre possibilità di movimento sono… piuttosto limitate.

Attraverso le lettere raccogliamo critiche e suggerimenti dei lettori, interventi sui temi da trattare e testimonianze di esperienze vissute; a nostra volta, chiediamo informazioni e invitiamo i corrispondenti ad un coinvolgimento maggiore sui temi che ci stanno a cuore.

In questo modo siamo venuti a conoscenza di iniziative importanti come gli sportelli informativi aperti nelle carceri di Bologna e Roma Rebibbia, come l'ufficio per il lavoro dei detenuti, aperto a Firenze con il patrocinio dei sindacati, come di altre cooperative che promuovono l'inserimento lavorativo di detenuti ed ex detenuti.

Gli stranieri sono rappresentati da cinque albanesi, un tunisino, un rumeno, un nigeriano, un turco: tutti loro hanno ovviamente dovuto misurarsi con la barriera costituita dalla poca conoscenza dell'italiano, ma un po’ alla volta si sono bene inseriti, portando in redazione un importante elemento di multiculturalità e, attualmente, stiamo seriamente pensando di sfruttare la loro conoscenza di lingue diverse per avviare un servizio di traduzione, sia per i documenti della amministrazione carceraria, sia per le comunicazioni degli enti pubblici, che devono essere compresi dagli immigrati.

 

Un prima commissione è già stata eseguita: la traduzione in arabo di un questionario, formulato dal Ser.T. e rivolto ai detenuti della Casa di Reclusione di Padova, dove sono molto numerose le persone di madre lingua araba.

I compiti più strettamente giornalistici, che gli stranieri svolgono in redazione, vanno dalla raccolta, presso i connazionali, di storie che illustrino le motivazioni ed i problemi incontrati nella loro esperienza di emigranti, all'analisi delle attività svolte dalle istituzioni e dalle associazioni del privato sociale a favore degli immigrati.

Ristretti Orizzonti, scritto ed elaborato graficamente all’interno del carcere, è stampato da una tipografia esterna ed infine le copie destinate alla spedizione tornano nell’Istituto per essere imbustate.

Redattori e collaboratori svolgono le loro attività a puro titolo di volontariato, poiché fino ad oggi siamo riusciti solamente a coprire i costi di stampa e spedizione ed anche questo minimo risultato ha richiesto un notevole impegno da parte di tutti.

Parte delle risorse economiche provengono dagli abbonamenti e dalle vendite dirette al pubblico, effettuate in occasione di feste e manifestazioni culturali alle quali partecipiamo, come la Festa del Volontariato Carcerario che si tiene ogni Settembre sull'isola di San Servolo, a Venezia. La fantasia, poi, almeno inizialmente, ci ha aiutato a finanziarci anche sfruttando alcune “professionalità non giornalistiche” presenti in redazione: soprattutto l’organizzazione di cene spagnole preparate dal nostro cuoco di Barcellona, con uscite in permesso premio.

Infine, prestiamo la massima attenzione a tutti i bandi emessi dagli enti locali, in tema di reinserimento sociale delle persone socialmente svantaggiate, e proponiamo dei nostri progetti, tra i quali l'apertura di una Vetrina della Solidarietà, a Padova, per la vendita dei prodotti artistici e artigianali realizzati in carcere, e di una Agenzia per il lavoro dei detenuti, ex detenuti e tossicodipendenti.

Già abbiamo ricevuto alcuni contributi dagli enti locali, con i quali siamo impegnati in progetti di informazione e promozione culturale: attualmente stiamo lavorando all’organizzazione di un Ufficio Stampa all’interno del carcere, mentre dal 2004 abbiamo aperto una sede esterna, sita a Padova in via Citolo da Perugia n° 35, nella quale lavorano anche 4 detenuti della redazione di Ristretti Orizzonti.

 

 

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