Editoriale

 

Gli affetti minacciati dal carcere

 

È troppo chiedere al volontariato di occuparsene in modo più organizzato?

 

Tornare sul tema degli affetti, farne un nostro obiettivo centrale, diventare monomaniacali nel ricordare quanto conti per un detenuto mantenere saldi i suoi legami familiari: è questo che vogliamo fare, e lo vogliamo fare a partire da una analisi, anche dura, di quello che è il ruolo del volontariato su questa questione. Parliamone, allora, apriamo una discussione, litighiamo se necessario, ma cerchiamo di vedere davvero come si può procedere su questo terreno, affinché la Giornata di Studi nella Casa di Reclusione di Padova Carcere: Salviamo gli affetti non resti un fatto isolato, uno stanco appello ad occuparsi di più e meglio delle famiglie di chi sta "dentro".

 

Un appello al volontariato: meno carcere, più territorio

 

In Francia opera da anni la Federazione Relais Enfants Parents, una rete di associazioni, diffusa su tutto il territorio nazionale, che si occupa dei figli dei detenuti e sostiene le famiglie nel loro difficile percorso accanto alle persone incarcerate. Da quello che il suo direttore, Alain Bouregba, ci ha raccontato a Padova, risulta chiaro che si tratta di volontariato anche lì: volontari con alta professionalità nel campo della pedagogia e della psicologia, che guidano i volontari "comuni" nella difficile impresa di occuparsi dei figli dei detenuti. Figli molto spesso abbandonati a se stessi, a una società che li segna a dito, affidati alle cure del genitore che non è in carcere o di altri parenti, senz’altro attenti e sensibili, ma già oberati dai problemi economici e sociali causati dall’avere un familiare detenuto.

C’è attenzione per tutto questo in Italia? Ce n’è, certo che ce n’è, quanti volontari si fanno carico di telefonare alle famiglie, di cercare un figlio che non si fa vivo, di comunicare con delicatezza una notizia importante da fuori!

Ma non basta, e bisogna dirselo con chiarezza: in Italia, il volontariato penitenziario è troppo spesso "aggrappato" al carcere, "ristretto" dentro quanto i ristretti. E se esce, lo fa molte volte in modo individuale e poco organizzato, contando più sulla sua generosità e disponibilità che su enti locali e istituzioni, che bisognerebbe invece coinvolgere, mobilitare, sensibilizzare sui problemi del "dopo carcere". Certo, ci sono anche realtà strutturate che operano con efficacia per sostenere le famiglie e i figli dei detenuti, e a Padova erano presenti con la loro testimonianza, ma sono ancora troppo poche.

Cerchiamo di allargare allora la loro esperienza, mettiamo insieme le energie e le risorse per essere più presenti sul territorio e per "portar fuori" il carcere dall’isolamento in cui oggi più che mai si trova.

 

La redazione

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