Editoriale

 

Le tristi guerre dei numeri

 

Indulto e recidiva: chissà per quanto ancora dovremo portarci dietro questa triste idea, per cui ogni reato commesso dopo il primo agosto 2006 ha a che fare con l’indulto. Ma è triste anche dover “raddrizzare” le cose sostenendo che il 3 o il 5 o il 7 per cento di rientri è poco, pochissimo rispetto a tutte le statistiche sulla recidiva. Che uno possa tornare a commettere reati a distanza di quindici giorni o un mese da quando ha ritrovato la libertà fa venire da piangere, e non diciamoci che la molla principale è il bisogno, perché non è sempre così. Allora bisogna avere il coraggio di parlare chiaro, di andare a vedere le storie delle persone, di “smontare” i numeri per capirne qualcosa di più, di chi ce la fa e chi no, invece che usare l’indulto come causa di tutti i mali.

Invece, a pensare all’informazione che circola di questi tempi sul carcere, verrebbe da dire “È tutto da rifare”: da rifare, soprattutto, il lavoro paziente di sensibilizzazione sul territorio sui temi del carcere e del reinserimento delle persone detenute, spazzato via da una informazione davvero terrificante, con sondaggi del tipo “Siete favorevoli o contrari alla concessione dell’indulto al mostro di Foligno?”.

Sono indicative le opinioni, espresse sull’indulto dai ragazzi delle scuole superiori di Padova, che abbiamo interrogato prima di iniziare, come ogni anno, un percorso di reciproca conoscenza tra scuole e carcere:

penso che non sia giusto, perché molte persone carcerate che hanno beneficiato dell’indulto sono uscite senza aver scontato tutta la pena e, appena uscite, hanno commesso altri reati.

non sono molto d’accordo con l’indulto, poiché credo che i detenuti, nella maggior parte dei casi, compiono reati talmente pesanti da non meritare di poter uscire dalla prigione prima di avere scontato tutta la pena.

credo che l’indulto sia una legge terribile e sbagliatissima perché chi si trova in carcere deve rimanerci finché non ha scontato tutta la sua pena. Un signore del mio paese è stato in carcere due volte per spaccio di droga e ora ha ricevuto l’indulto, ma come ha ripetuto il suo sbaglio una volta può farlo benissimo di nuovo.

Il timore è che una informazione così misera, piena di luoghi comuni, incapace di raccontare almeno un po’ di verità sull’indulto finisca per pesare enormemente sul futuro delle persone detenute: e non a caso si è tornati a proporre di rimettere mano alla Gozzini, invece che rimboccarsi le maniche e lavorare perché chi è uscito dal carcere se ne stia definitivamente fuori, e chi è nei termini possa accedere alle misure alternative, che poi, e lo dicono tutte le ricerche sulla recidiva, è l’unica strada per avere davvero delle concrete possibilità di farcela. Il dato parla chiaro: una ricerca condotta, dal 1998 al 2005, dall’Osservatorio delle misure alternative presso la Direzione Generale dell’esecuzione penale esterna dice che la recidiva tra gli affidati in prova ai servizi sociali è di circa il 19 per cento, per gli scarcerati a fine pena è del 68,45 per cento. Ma perché questi dati non vengono sventolati ogni giorno sotto il naso di tutti come si fa con quelli del dopo indulto?

La cosa più triste, alla fine, è proprio pensare che da mesi si continua a parlare solo ed esclusivamente dei numeri di quanti sono usciti con l’indulto: questa informazione appiattita, tutta uguale, incapace di dire qualcosa che vada contro il conformismo generale ha cancellato, spazzato via le persone, le ha ridotte a una massa indistinta di “migliaia di delinquenti”. I volti e i nomi sono comparsi sulle cronache cittadine solo se appartenevano “all’omicida già fuori con l’indulto”, al “mostro di…”, per il resto solo numeri e percentuali. Chissà come si sentono, a leggere certi titoli sui giornali, tutti quei figli che hanno riabbracciato, grazie all’indulto, i padri o le madri che prima incontravano nella sala colloqui del carcere! Perché forse nessuno se ne è accorto, ma dal carcere sono uscite delle persone, con figli, mogli, vite da difendere con le unghie e con i denti dal “massacro” dell’informazione.

 

 

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