Cine-tele-visione...

 

Due inviati "molto speciali"

Da Ristretti Orizzonti e dal TG 2 Palazzi

alla Mostra del Cinema di Venezia, per raccontare

soprattutto gli umori e le passioni del pubblico

 

La Mostra è passata da un pezzo, ma le impressioni di due inviati così diversi e spaesati come i nostri vale la pena di raccontarle, magari per ricordare a chi sta già pensando alla Mostra dell’anno prossimo tutto quello che potrebbe funzionare un po’ diversamente, se davvero si volesse dare più peso a quella marea di ragazzi e ragazze, che al Lido ci arriva davvero per amore del cinema.

Se poi dovessimo, da esperti di tutto quello che riguarda il disagio, l’emarginazione, la difficoltà di farsi accettare nel mondo, consigliare qualche film, ricordiamo: Le chiavi di casa di Gianni Amelio, perché entra con delicatezza nel rapporto difficile tra un padre e un figlio handicappato, e per noi che ci occupiamo così spesso delle famiglie "aggrovigliate" di chi sta in carcere è bello il racconto di come si può ricostruire un legame spezzato; La terra dell’abbondanza di Wim Wenders, perché si svolge nei luoghi dell’emarginazione più estrema, i senza dimora di Los Angeles, e per noi, che dei senza dimora stiamo occupandoci sempre più assiduamente, è una finestra aperta su un mondo da scandagliare più a fondo; Saimir, di Francesco Munzi, ,perché ci racconta la storia di un padre e un giovanissimo figlio albanesi in Italia, alla ricerca di una impossibile "vita normale" in certe nostre periferie grigie e violente, e noi sappiamo, per la nostra esperienza, che sono purtroppo tutti e due destinati al carcere; Piccoli ladri, di Marziyeh Meshkini, perché ha per protagonisti, nelle galere dell’Afghanistan, due bambini che di sé dicono "Non siamo visitatori, siamo prigionieri di notte", prigionieri costretti a uscire di giorno e tornare in carcere di notte perché la loro madre è lì, per una accusa di adulterio, e loro non hanno altro modo per sopravvivere; The Terminal, di Steven Spielberg, perché al cinema vogliamo qualche volta divertirci, e in fondo poi il protagonista del film è anche lui uno "inaccettabile" per la società. "Tecnicamente lei non esiste", gli dicono. Ecco, quelle di cui parliamo noi nel nostro giornale sono persone che in un certo senso si vorrebbe che non esistessero, né tecnicamente né materialmente.

 

Che ci facciamo qui? Alla fine decidiamo di infilarci tra le persone normali, quelle che alla Mostra del cinema ci sono venute per passione

 

di Andrea Andriotto

Da sessantun anni, per 10 giorni l’anno, a Venezia si respira cinema, cinema, cinema, e ancora cinema. Di giorno, di notte, a colazione, a pranzo, a cena, e non solo… Da sei anni, a Venezia, alcuni rappresentanti della redazione di Ristretti Orizzonti e del TG2 Palazzi hanno la possibilità di fare gli "inviati" alla Mostra internazionale d’arte cinematografica. Quest’anno è toccato a me e a Stefano, che, muniti di un accredito press, di una telecamera e di tanta curiosità, il 31 agosto scorso siamo usciti dal carcere con destinazione Venezia.

Arriviamo al Lido nel primo pomeriggio e iniziamo ad ambientarci tra i fasti del Casinò e dell’Excelsior. E ci imbattiamo subito in un gruppo di ragazzine scatenate munite di macchine fotografiche, videocamere, e tutte con un piccolo taccuino e una penna a portata di mano. Sembrerebbero giornaliste in erba, si sanno muovere e sanno dove andare. Ci avviciniamo con la speranza di avere qualche dritta, ma dopo poche parole ci rendiamo conto che si tratta di un gruppo di cosiddette "fans". Ma fans di chi? In giro non c’è ancora nessuno.

Dopo un po’ capiamo che quelle ragazze sono in attesa di vedere un loro idolo. Ma non si capisce chi sia, forse non lo sanno nemmeno loro. Penso siano in attesa di uno qualsiasi, il primo che capita; l’importante è che sia conosciuto o apparso almeno una volta in televisione. Parlando con alcune di loro mi rendo conto che non sanno nemmeno che questa è la Mostra internazionale d’arte cinematografica, ma pensano di essere alla mostra dei Vip.

Ma non è quello che interessa a noi. Così, decidiamo di infilarci tra le "persone normali", quelle che alla Mostra del cinema ci sono venute per passione, e di viverci la Mostra in mezzo alla gente come noi, quelli che a pranzo e a cena mangiano panini, quelli che hanno pagato 300 euro per dormire dieci giorni in un camerone di ex collegio, quelli che si fanno un’ora di traghetto ogni giorno per raggiungere il Lido, quelli che…

Valeria, studentessa, diciannove anni, di Bari: "A Venezia si paga veramente tutto, anche l’aria che si respira. I bagni pubblici sono pressoché inesistenti, e quei pochi che ci sono, oltre ad essere affollatissimi, costano più di un caffè. Chi è fornito di uno straccio di accredito può andare nei famosi bagni dell’Excelsior o in quelli un po’ meno sfarzosi e anche meno curati del Casinò, ma anche là c’è sempre la fila. Non è possibile che durante una manifestazione del genere manchino proprio i bagni".

Donatella, trent’anni, di Bergamo, è la sua seconda volta alla Mostra del cinema: "Al Lido è molto difficile trovare un alloggio. Per non parlare dei prezzi di ristoranti e pizzerie, che tra l’altro offrono delle pietanze che di certo non valgono nemmeno la metà del prezzo che si è costretti a pagare. Secondo me la direzione della Mostra dovrebbe farsi carico di organizzare anche dei luoghi dove si possa alloggiare. Per i VIP c’è l’Excelsior, ma per le persone normali nemmeno un campeggio?".

 

La Mostra del cinema di Venezia è un evento da non perdere, ma prima di partire ricordatevi di munirvi, oltre che di una discreta somma di denaro, anche di tanta pazienza. Perché pure la visione dei film è un’incognita: molte delle persone che hanno pagato anche 40 euro per un accredito, dopo un’ora e mezza di fila sotto il sole cocente si sentono dire che la sala è ormai piena… E se ci sono due eventi che ti interessano, stai sicuro che si sovrappongono e a volte finisce che non vedi né l’uno né l’altro:

Elisa, trentacinque anni di Roma, arrivata al Lido solo per fare un favore ad un’amica: "Io vorrei integrare alle proiezioni dei film le conferenze stampa più interessanti, mi piacerebbe anche riuscire ad assistere a qualche passerella. Ma non è facile, perché gli eventi si accavallano sempre. Quando c’è un film che mi interessa, alla stessa ora c’è pure una conferenza stampa…".

Riccardo, quarant’anni, di Milano: "Ieri sono riuscito a guardarmi sette film in una sola giornata, è stata un’impresa. Il primo che ho visto è iniziato alle otto e sono uscito dall’ultima proiezione che erano quasi le quattro del mattino. Non ho pranzato e ho passato tutto il giorno tra code e poltroncine delle varie sale. Le più comode sono quelle della Sala Grande, dove, guardando un film arabo ho dormito per più di un’ora. Non è la prima volta che vengo al Lido, ma quest’anno ci sono venuto solo per vedere i film. Quei quaranta euro che ho speso per l’accredito li voglio sfruttare tutti".

Elisabetta, trent’anni, toscana, che non ha fatto le ferie al mare con gli amici per essere qui: "Io sono arrabbiata perché i film più richiesti, le primissime visioni, quelli che di solito vedono registi e attori in sala, vengono proiettati una o due volte al massimo… ed esclusivamente per il pubblico che paga il biglietto singolo o per chi è munito dei pass più prestigiosi e questo non è giusto, perché noi non riusciamo a vederli".

 

E dopo sei giorni passati a fare a spallate per entrare in sala per vedere un film; a mangiare panini che costano come un pranzo completo al ristorante; a dormire in un dormitorio con altre 30 persone, o in una stanza di una casa privata messa a disposizione a te e ad altre 5 persone; o, come noi, in uno spogliatoio di un bocciodromo; dopo aver fatto chilometri e chilometri a piedi per spostarti da una sala all’altra; dopo esserti arrostito sotto il sole nell’attesa di entrare in una sala destinata a non ospitarti; dopo esserti allenato a trattenertela per intere giornate, perché ti sembrava una perdita di tempo fare la fila anche per un bagno… saluti il Lido, Venezia e la Mostra internazionale d’arte cinematografica e come ogni buon autolesionista che si rispetti ti riprometti che il prossimo anno tornerai, ma certamente più organizzato, e sperando di essere anche più fortunato, perché la Mostra del Cinema di Venezia è una, e non si può mancare.

 

Come ci presentiamo? Lo diciamo subito che siamo detenuti?

 

di Stefano Bentivogli

"Ciao, vorremmo farti qualche domanda sulla Mostra del Cinema di Venezia, puoi dedicarci cinque minuti del tuo tempo?". Così io e Andrea per 6 giorni abbiamo abbordato i partecipanti alla 61° Mostra Internazionale del Cinema, eravamo lì in permesso premio e dovevamo realizzare un servizio per il TG 2 Palazzi. La scelta era quella di sentire le opinioni della gente "normale", quella che ogni anno va al Lido di Venezia racimolando gli ultimi soldi e gli ultimi giorni di ferie. Ci era stato consigliato di scegliere, per ottenere un miglior risultato, soggetti video-genici e la tentazione di intervistare solo belle donne era fortissima. Inizialmente eravamo un po’ in difficoltà: Come ci presentiamo? Lo diciamo subito che siamo detenuti? Forse è meglio evitare per non condizionare l’intervistato? Alla fine abbiamo scelto di presentarci con nome e stato giuridico solo se ce lo avessero chiesto. Non avevamo però fatto bene i nostri conti, io mi ero portato la telecamera piccola e di certo non avevamo l’aria di una troupe inviata al Festival da un chicchessia dell’informazione televisiva ufficiale. Il risultato è stato che tutti hanno preteso di sapere subito chi eravamo, cosa facevamo e che fine avrebbero fatto i filmati.

Detto e fatto, mi ero preparato una bella filastrocca, dove raccontavo in modo rassicurante l’origine del nostro permesso premio, sperando sotto sotto che si potesse procedere all’intervista senza eccessive deviazioni. Il risultato è stato sorprendente perché, una volta spiegato chi eravamo e cosa stavamo facendo, il 99% dei contattati è stato disponibile alle interviste e solo in un caso ci è stato chiesto, con molta delicatezza, quali reati avevamo commesso per finire in galera. Certo abbiamo contattato gente giovane e dinamica che non si lascia condizionare troppo dai luoghi comuni sul carcere e su chi ci vive dentro, ma non abbiamo mai avuto la sensazione di essere tenuti a distanza. Piuttosto mi è sembrato, in alcuni casi, che alcuni pensassero ad uno scherzo, quasi non credevano alla possibilità di essere intervistati proprio da due detenuti. La bolgia di cinefili nella quale ci muovevamo ci ha concesso anche un incontro ravvicinato con una "celebrità", Victoria de "Le Iene". Mi aspettavo un’intervista piena di ironia e provocazioni ed invece ci ha risposto per venti minuti mantenendo una serietà inaspettata.

Non mi sono mai dimenticato in sei giorni cosa ero a fare lì e che presto sarei rientrato in gabbia, ma è stato un permesso premio particolare dove ci è stato lasciato uno spazio notevole di autonomia. Il momento più bruciante? Ci hanno rubato le macchine fotografiche, il che ci ha catapultato dall’altra parte della barricata, da criminali a vittime, e lo shock non è stato leggero, per non parlare poi delle risate dei nostri compagni quando siamo dovuti rientrare.

 

 

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