Donne - Dentro

 

Condanne al “rallentatore”

Storia di una figlia che vorrebbe finalmente vivere con la madre, e di una madre alla quale la Giustizia presenta sempre il conto spietatamente, ma con anni e anni di ritardo che diventano una tortura lenta e sadica

 

a cura della Redazione della Giudecca

 

I tempi della Giustizia: è questo il vero disastro nel nostro paese, un disastro che salta agli occhi violentemente  quando si entra in carcere e si sente raccontare le storie di tante persone che forse la legge l’hanno violata davvero, ma che non meritano di vedere la loro vita trascinarsi per anni e anni nell’incertezza. La storia di Anna Maria, detta “Napoli”, è esemplare perché questa macchina della giustizia che esplode nella vita delle persone come una bomba “a orologeria” ha colpito lei, ma anche e ancora di più la sua famiglia. Di lei avevamo già parlato tempo fa, quando Anna Maria stava scontando una pena per un reato vecchio di molti anni, ora la sua nuova testimonianza la pubblichiamo insieme alla lettera che la giovanissima figlia ha scritto al Presidente della Repubblica, nella speranza che per sua madre, se non ci sarà una pena giusta e in tempi decenti, ci sia almeno un po’ di clemenza. Il racconto di Anna Maria, per le amiche “Napoli”, comincia così:

 

“Lavoravo tranquillamente in un maglificio, stavo ricostruendomi faticosamente una vita dopo anni di difficoltà, quando per un reato del 1991 sono venuti ad arrestarmi. E quello che da allora mi è capitato dimostra che, se anche cambi vita, ti stanno addosso e ti fanno pagare tutto, solo che lo fanno dopo anni e anni, e sinceramente ora non ce la faccio più a reggere questa situazione, non ho più né la forza, né l’età, né le energie per continuare a sperare in un futuro, che sembra non cominciare mai, perché il passato ti perseguita senza pietà.

Ma quanto fa schifo la giustizia italiana! Dopo l’arresto e la galera, avevo finalmente ottenuto la semilibertà, stavo con il mio compagno, ero anche riuscita a riprendermi mia figlia, che era salita su da Napoli per venire a vivere definitivamente con me. Avevamo cominciato a fare una vita da famiglia vera, ed ecco che mi hanno mandato definitivi altri due reati del ’93. Prima danno la possibilità ad una persona di uscire,  poi per sbagli e ritardi loro se la vanno a riprendere. A questo punto avrei preferito non essere mai uscita dal carcere, almeno mia figlia non avrebbe perso un altro anno scolastico per colpa mia, a causa delle assenze che ha fatto dopo tutto quello che mi è successo, e non avrebbe sofferto in modo assurdo per aver creduto di poter stare finalmente con sua madre ed essersi di colpo ritrovata sola. Ora, mi trovo a dover scontare una ulteriore condanna, quando ero certa di aver pagato totalmente il mio debito, e mi vedo cadere tutti i sogni ed i progetti, per colpa di una sentenza di cui nemmeno ero a conoscenza”.

 

Quella che segue è la lettera che la figlia di Anna Maria ha deciso di scrivere al Presidente della Repubblica. è stata una iniziativa sua, nessuno le ha suggerito nulla, e infatti se la lettera fosse stata ideata da un adulto, a questa ragazza chiunque avrebbe consigliato di avanzare una richiesta di grazia per la madre. Ma la figlia di Anna Maria è una persone seria e matura, e le cose le ha capite bene: quello che chiede è infatti, più che un atto di clemenza, un atto di giustizia, una giustizia che abbia dei tempi “accettabili” e non perda valore costringendo le persone per anni e anni a una attesa sfiancante di quelle condanne definitive, che poi arrivano inesorabili a rovinare vite già piene di difficoltà.

 

Carissimo Presidente della Repubblica,

sono una ragazza di 14 anni, ti vorrei raccontare la mia storia, come una nipote la racconta al proprio nonno: nonno, ho una famiglia fatta da mamma papà e fratelli, o meglio avrei ancora una famiglia. Il mio vero padre non l’ho mai conosciuto, mia madre la stavo per conoscere, anni fa vedevo spesso un uomo che veniva a casa, mamma quando vedeva questo uomo aveva sempre il terrore, quest’uomo di cui mamma aveva paura è lo stesso uomo che poi le ha rovinato la vita e a causa sua la mamma ha fatto  anni di carcere ingiustamente.

Mentre lei stava in carcere sette anni fa ha conosciuto un uomo meraviglioso, il compagno che l’ha aiutata in questi anni di carcere, a me e mio fratello di undici anni ci ha dato il suo cognome, anche la famiglia del compagno di mia madre è fantastica, subito ci hanno voluto bene, a me, mia madre e mio fratello. Adesso mamma è ancora in carcere, deve scontare altri cinque anni non espiati,  per colpa di un uomo che le ha fatto del male abbiamo dovuto cambiare città, prima eravamo a Napoli adesso siamo a Treviso. Ora nonno non ti chiedo la grazia, chiedo solo giustizia, che una donna innocente non debba stare in carcere. Confido in te nonno, in una tua risposta.

 

 

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