Dentro & Fuori

 

Ragazzi curiosi di sapere tutto e di più

 

Così si definiscono i giovanissimi (13-14 anni) che nella loro scuola hanno incontrato alcuni detenuti della redazione di Ristretti. E qui ci raccontano le loro impressioni, che cosa hanno capito del carcere, come hanno modificato certi pregiudizi

 

Del progetto "Prevenzione alla criminalità e alla tossicodipendenza", che ha coinvolto i ragazzi di terza media della Scuola Media statale di Limena con i loro insegnanti, l’Assessorato alla Cultura, gli operatori della Casa di Reclusione di Padova e la redazione di Ristretti Orizzonti, abbiamo parlato nell’ultimo numero di Ristretti, riportando le impressioni dei tre detenuti, che si sono dovuti confrontare con giovanissimi e agguerriti interlocutori. Questa volta a raccontare le loro impressioni sono i ragazzi. 

"Noi tutti avevamo un’idea del carcere completamente diversa"

 

Paura, speranza e dolore: emozioni diverse, difficili da sentire tutte insieme ma che qualsiasi carcerato da quel fatale giorno è abituato a provare. Questa, una delle tante cose che lunedì 4 marzo ho capito, quando abbiamo disputato l’incontro con tre carcerati: Faisel, Francesco e Nicola. A trasmettermi questo pensiero fu Faisel, un ragazzo tunisino.

Ci raccontarono della vita in carcere, dell’assistenza e delle attività che ci si possono svolgere.

Noi tutti avevamo un’idea del carcere completamente diversa ma ci siamo dovuti ricredere, ora che sapevamo di un carcere migliore eravamo più sollevati ma anche più tristi, credevamo in un carcere violento ma libero ed ora ce n’era stato proposto uno senza liti ma controllato, dove non si poteva neanche uscire se non nelle ore permesse. All’inizio fu Francesco, un uomo del nord, che fra i tre aveva scontato più anni di tutti a raccontarci la sua storia.

Era giovane, quando andò a dare una mano in "bottega" del padre, qualche tempo dopo suo papà iniziò ad ubriacarsi, sicché Francesco si trovò nelle sue giovani spalle il peso di una famiglia e di un lavoro cui non era mai stato educato.

Si trovò coinvolto in un giro quasi illegale dove lui era il più giovane ed inesperto, dove i commercianti erano disposti a "fregare" il loro migliore amico per pochi spiccioli in più.

Dopo qualche tempo si mise a pensare come la gente con cui aveva a che fare; così che un giorno per un sì o un no Francesco impugnò la sua pistola, mirò e sparò. Sentì un tonfo, l’uomo cui aveva sparato era caduto a terra senza vita.

 

L’attenzione passò a Nicola un uomo proveniente dal sud, deciso di venire al nord per cercare di rifarsi una nuova vita, così venne a Torino. Ben presto, come si può capire, senza conoscere il luogo si affidò alle prime persone che lo aiutarono e che gli offrirono di entrare nella loro "banda", così che si trovò in una compagnia formata da gente disonesta.

All’inizio partirono con piccoli furti, ma poi vedendo che filava tutto liscio, s’illusero di poter fare di più. Decisero di rapinare banche, ma quest’attività durò ben poco, furono subito arrestati e condannati alla galera.

 

Finito il racconto di Nicola fu il turno dell’ultimo carcerato, Faisel un clandestino tunisino. Ci raccontò che era venuto in Italia non perché in Tunisia non avesse da mangiare, poiché il padre era un macellaio, ma perché si parlava dell’Italia come un paese dove non manca mai niente; per questo Faisel decise di venire qua, per curiosità.

Così un giorno Faisel s’imbarcò senza conoscere nessuno in Italia e per giorni e giorni restò in mare in un peschereccio, senza nessun controllo igienico e senza misure di sicurezza.

Dopo molti giorni il peschereccio fu portato a riva dalla guardia costiera, e Faisel poté scendere; sbarcarono in Sicilia, gli fu dato da mangiare e poi furono lasciati liberi. Faisel dopo esser arrivato in terra ferma prese il treno e venne a Padova. Lì trovò altri tunisini ed entrò nella loro vita. Come tutti anche loro per vivere erano stati costretti a fare attività illegali, così Faisel iniziò il contrabbando di droga. Il suo sogno di quando uscirà è quello di fare il cuoco di piatti tipici del suo paese.

 

Andrea 

"I film americani danno un’idea del carcere completamente sbagliata e irrealistica"

 

Penso non sia facile essere un criminale anche se diventarlo è molto semplice. Molta gente penserà e giudicherà sicuramente male qualsiasi detenuto. Non deve essere bello per loro che vengono accusati ogni minuto. Vengono giudicati senza nemmeno sapere il reato che hanno commesso e cosa li ha spinti a farlo.

È ingiusto! Sentendo la testimonianza fatta da 3 carcerati si può benissimo capire cosa hanno passato in quel periodo orribile. Deve essere stato molto difficile e doloroso ascoltare le numerose critiche che hanno ricevuto. La cosa che colpisce di più di loro, detenuti, è che nonostante le varie accuse e la tristezza e il rancore che provano, sono delle comunissime persone sempre con il sorriso pronto in bocca.

I vari film americani danno un’idea del carcere completamente sbagliata e irrealistica. Infatti tra compagni di cella non ci si odia a morte e non si uccide anzi si collabora e ci si aiuta a vicenda.

Un passato difficile e faticoso può essere fatale e può portare, appunto, a compiere dei reati. Le numerose caratteristiche che possono portare a compiere atti così stupidi possono essere la povertà, una difficile infanzia, la perdita di qualche caro, le cattiverie ricevute e molte altre.

In conclusione non bisogna giudicare senza prima conoscere il reato o la persona che lo ha commesso e cosa l’ha provocato.

 

Monica 

"La civiltà di uno Stato sta anche nell’aiutare i carcerati a ritornare alla vita normale"

 

(…) Un problema, non certo di poca importanza, è la difficoltà dei carcerati nel vivere serenamente la loro sessualità, visto che gli uomini e le donne sono separati e non riescono a continuare i rapporti che avevano nella vita "libera", si è diffusa così l’omosessualità.

Questo problema, secondo noi, non si potrà mai risolvere, visto che le donne e gli uomini devono stare separati per ovvi motivi. Un’altra difficoltà dei ristretti è il sovraffollamento che può provocare mancanza di igiene e della privacy (…).

La varietà di persone che unisce il carcere può essere fonte di problemi, infatti ci sono persone che si alzano alle due di notte, persone che devono stare un mese accanto ad alcuni che devono fare 20 anni; c’è chi parla ininterrottamente 24 ore su 24 e altri che si alzano presto alla mattina per andare a lavorare… e qualcuno ne esce pazzo. Eravamo quasi certi che esistesse questo problema, perché negli ultimi anni sono molto aumentati i clandestini, gli spacciatori di droga e i reclusi per altri reati. Pensiamo che si dovrebbe separare i carcerati a seconda della lunghezza della pena, e ingrandire gli edifici o creare nuove strutture. (…) Infine vi vogliamo aprire gli occhi su un altro problema: il suicidio nei carceri. Non è ultimo perché pensiamo sia meno importante degli altri, ma perché vogliamo concludere in modo significativo.(…) Speriamo che questi problemi vengano risolti perché la civiltà di uno Stato sta anche nell’aiutare i carcerati a ritornare alla vita normale.

 

Elena, Jacopo, Pierluigi, Francesca 

Abbiamo capito quanto sia duro per una famiglia accettare che un proprio parente venga "messo dentro"

 

"La libertà ha un prezzo, un prezzo che non ho mai saputo sfruttare fin dall’inizio". Parole pronunciate con tristezza che ci hanno fatto riflettere sull’importanza della vita e su quanto sia facile sbagliare.

Abbiamo inoltre capito quanto sia duro per una famiglia (perlopiù di un lontano paese), riuscire ad accettare che un proprio parente venga "messo dentro" per un qualsiasi crimine a loro nascosto.

L’incontro che abbiamo avuto con i carcerati è stato molto interessante perché uno di loro ha provato a raccontarci le grandi emozioni che si provano, stando in mezzo a dei ragazzi curiosi di sapere tutto e di più, dicendoci che è molto più facile confidarsi con i propri coetanei che con i famigliari. Un altro, invece, ha detto che è più facile uscire dal carcere peggiorati (incapaci di affrontare la realtà di ogni giorno) che migliorati. (…)

 

Angelica e Alice 

"Ti auguro di usare gli ultimi anni che ti rimangono da scontare in modo istruttivo"

 

Caro Francesco, da quando ho ascoltato la tua storia non faccio altro che pensare a quanto facile sia farsi "fregare" dalla società di oggi, bastano una debole volontà e una scarsa capacità di giudicare per essere intrappolati e non capire più i veri valori della vita.

Oggi, per molti contano i soldi e la fama e per raggiungere questi scopi si è disposti anche a uccidere. Presumo che per te sia doloroso ricordare quello che hai fatto; ascoltando le opinioni dei miei compagni ho sentito che loro pensano che non ti interessi: questo perché, raccontando la tua storia, hai mantenuto un atteggiamento molto serio e contenuto, senza lasciare trasparire alcun tipo di sentimento. Al tuo posto avrei fatto la stessa cosa. Penso che il tuo comportamento sia servito a mascherare quello che provavi, troppo doloroso per essere capito.

La prima cosa che ho pensato vedendoti e ascoltandoti è stata: "Ma cosa può avere fatto di male una persona così?". Mi hanno stupito le tue capacità di esporre e il tuo linguaggio sempre appropriato, che non rispecchia l’idea dell’uomo rozzo e ignorante che mi ero fatta dei carcerati, grazie anche ai numerosissimi film visti sull’argomento.

Non so se tutto questo che ci hai detto sui giusti principi e il giusto modo di comportarsi lo pensi veramente, se sia solo uno "stupido" discorso preparato come scusa per uscire un giorno in più, comunque mi hai fatto pensare che tu sia veramente pentito e migliorato.

Ti saluto e ti auguro di usare gli ultimi anni che ti rimangono da scontare, in modo istruttivo, nella speranza che non sprecherai di nuovo la tua vita quando uscirai dal carcere.

 

Elsa 

"Non bisogna giudicare una persona in base al suo errore"

 

Caro Francesco, (…) Siamo stati molto stupiti del tuo desiderio, della tua voglia evidente di trasmettere qualcosa della tua esperienza ai ragazzi che ti ascoltavano, incantati, tutti pronti a giudicarti, a contraddirti solo per il semplice fatto che tu "stai dentro".

Non dimenticheremo mai lo sguardo con cui ci guardavi, pieno di voglia di vivere, di allegria ma nello stesso tempo pieno di rimorsi e dolore.

Questa esperienza ci ha fatto vivere, ci ha fatto riflettere, in molti campi ci ha fatto capire che tutti sbagliano e non bisogna giudicare una persona in base al suo errore.

Appena all’incontro hai iniziato a parlare, abbiamo subito cambiato il nostro pregiudizio su tutti i carcerati, e quando abbiamo capito che quello che pensavamo era sbagliato abbiamo ripensato a una nostra compagna che ci raccontava di quando il papà fotografo, giornalista andava in carcere a fotografare i detenuti e lei gli chiedeva se non avesse un minimo di timore. Il padre le rispondeva che voi siete persone come tutte le altre. Noi quando abbiamo sentito questo piccolo racconto non sapevamo se credere al papà della nostra compagna o ai numerosi film. Abbiamo capito che ci sbagliavamo, soltanto da poche settimane. In conclusione ti vogliamo dire solo una cosa: Grazie!

 

Tiso

 

 

 

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