Attenti al libro

 

Certi bambini killer a 11 anni

Quando sono i modelli sociali a creare la devianza

 

di Graziano Scialpi

 

Diego De Silva

Certi bambini

Einaudi, Torino 2001

Euro 10,33

 

"E lui che si sentiva quasi male ad alzarsi stamattina…Più ancora del lavoro, lo spaventava il tempo libero davanti". Inizia così la lunga giornata di Rosario, un normale bambino di undici anni. Un normale bambino che si muove, cresce e impara nella normalità della periferia degradata e disgregata di una grande città del meridione. In questo caso è Napoli, ma potrebbe essere Palermo o Reggio Calabria o Bari. Una normalità fatta di vuoto: vuoto di valori, vuoto di prospettive, assenza di punti di riferimento, di modelli e di esempi. Così il "lavoro" che deve fare Rosario, quel lavoro che rappresenta un’alternativa all’orribile vuoto del tempo libero-inutile, è assassinare un uomo. È il suo primo omicidio. Ha già sparato a una persona una volta. Ma non voleva veramente uccidere. Era solo la sua personale reazione al dolore e al senso di impotenza di fronte alla morte di una persona cara. L’unico tipo di reazione appresa nel suo ambiente. Ma questa volta è diverso. Questa volta sa come si deve fare. Questa volta qualcuno gli ha insegnato, qualcuno che rispetta e ammira, una figura di riferimento e un modello.

Quello che Diego De Silva descrive attraverso gli occhi di un bambino è un mondo parallelo, dove vigono regole diverse. Un mondo che ci sta spesso accanto, ma dal quale ci teniamo alla larga. Un mondo nel quale o si è vittime o sopraffattori. Un mondo nel quale le istituzioni vengono identificate con i "falchi", i poliziotti che per divertirsi spengono le sigarette sulle mani dei ragazzini. Vedendolo dal di dentro non stupisce che i bambini vi crescano adattandosi alle sue leggi, ambendo a diventare i sopraffattori e non le vittime. Perché, prima che assassino, Rosario è un bambino normale. Un bambino intelligente che vuole crescere e imparare. È un bambino che accudisce quotidianamente la nonna invalida, unico adulto della sua famiglia, e che "muore dietro" a dei dinosauri giocattolo. Un bambino che si vergogna dello squallore e della povertà materiale e spirituale del suo ambiente. Un bambino che ammira quell’uomo dall’aria sicura, ben vestito, che ritorna dal lavoro con la sua cartella di pelle. Da grande vorrebbe diventare come lui. Che gli manca? Ma si capisce che quell’uomo "regolare" è lontano da Rosario più di quanto lo sia un astronauta per il figlio di una famiglia bene. Per diventare come quell’uomo non c’è nessuno che gli insegni. De Silva ci conduce a esplorare questo mondo di marginalità attraverso gli occhi di Rosario. Da questa prospettiva risulta evidente come la semplice risposta penale e repressiva sia del tutto inadeguata ai sempre più frequenti episodi di delinquenza minorile e infantile. Il libro ci costringe a guardare cosa c’è dietro gli atti di devianza. Dopo aver sbirciato in questa parte della nostra società, ci si può rendere conto che l’atto criminale non rappresenta altro che la punta di un iceberg. Un iceberg fatto di mancanza di lavoro, di famiglie disgregate, di istituzioni assenti e di ghettizzazione. Accanirsi con la repressione sulla punta che emerge solo quando i mass media le dedicano le loro attenzioni sensazionalistiche è perfettamente inutile. È sotto che bisognerebbe agire, perché migliaia di bambini come Rosario preferirebbero senza dubbio dedicarsi al gioco, invece che all’omicidio su commissione, se solo si offrisse loro l’alternativa.

 

 

 

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