Beppe Prioli

 

"Persone dentro e volontari fuori"
Giornata nazionale di studi su volontariato penitenziario e informazione

Casa di Reclusione di Padova - 26 ottobre 2001

 

 

Fra Giuseppe Prioli

 

(Coordinatore del volontariato penitenziario in Veneto)

 

Quest’anno ho fatto un’esperienza in oltre venti istituti. La nostra associazione (io sono responsabile dell’associazione "La Fraternità" di Verona) è in contatto, per corrispondenza e sostegno, con oltre 150 istituti.

Io questo appello lo farei a Livio Ferrari, visto che non ci sono altri operatori del Ministero. Dato che qui rappresentiamo tantissimi volontari, di varie carceri, io direi di fare un appello al Ministero, come Conferenza Volontariato e Giustizia: io ho visto che, in alcuni istituti, non è possibile che la comunità esterna sia presente per via dell’orario. La maggior parte dei volontari che vogliono entrare sono giovani, o adulti, e trovano orari incompatibili con la loro attività lavorativa. Oppure c’è quel volontariato di una certa età, che va rispettato, ed è bene che entri.

La giornata del detenuto comincia alle ore 8.00 e potrebbe terminare alle ore 20.00, allora bisogna vedere, in questo arco della giornata, che ci sia una certa continuità di presenza, vedere come organizzare la presenza nostra all’interno durante tutta la giornata.

In molte carceri la presenza esterna è molto limitata e non è possibile portare fuori i problemi che ci sono all’interno. Se poi noi mettiamo l’orario d’ingresso dalle ore 13.00 alle ore 15.00, capite già che tipo di volontariato possa esserci, che va rispettato, ma questo non rende possibile il far entrare altre persone, quindi non è possibile creare, da queste due città, un’unica città, se non entriamo.

Non abbiamo parlato della famiglia dei detenuti. Io, da qualche anno, faccio esperienza ed incontri con i genitori, i volontari e i detenuti in permesso. Perché, a volte, ho visto una famiglia che è più detenuta del figlio detenuto: o perché viene isolata, o perché ci sono dei problemi.

Il volontariato deve aiutare la famiglia del detenuto, deve dargli dei punti di riferimento, in modo che non venga isolata dal territorio. Io ho fatto un’esperienza, quest’estate, a Monopoli, assieme a 300 giovani, che si sono ritrovati sulla spiaggia per portare il messaggio sul Vangelo. Giovani e laici, assieme ai francescani. Siamo entrati anche in carcere in 15: missionari, giovani, laici e francescani, e abbiamo fatto 4 giorni di vita con i detenuti.

Non è stata data la notizia mentre si parlava, in quel periodo, del G8 di Genova dalla mattina alla sera. Io, da buon francescano, mi sono incazzato con un giornalista, ma dico, è mai possibile che se noi entrassimo con i manganelli nelle spiagge a bastonare, tutti avrebbero parlato dell’accaduto. Se nel carcere di Turi, durante le missioni, fosse evaso un detenuto, tutti avrebbero parlato del fatto che durante le missioni è evaso un detenuto. Nessuno ha parlato di questo, se non un breve accenno. Io farei un appello, anche a voi, date notizia di ciò che funziona dentro in carcere e di quello che fa la comunità esterna per dentro e di quello che fanno dentro per il fuori.

 

 

 

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