Michele gagliardo

 

Michele Gagliardo

 

La passione avvicina le nostre emozioni, avvicina le parti della nostra vita, le rende compresenti, sperimenta bili tutte attorno ad un evento, ad un vissuto. Nei fatti, l’approccio di fondo del d.p.r. n° 309/90 ha rischiato di separare il lavoro di molti adulti ed educatori, frammentandolo, allontanando molti soggetti, semplificando attraverso la divisione degli interventi, dei soggetti, delle cose.

Avviamo formalmente i lavori di questa sessione dedicata al tema del rapporto tra giovani e prevenzione, con una particolare attenzione alla prevenzione cosiddetta "primaria". Permettetemi due riflessioni preliminari prima di lasciare la parola a chi, cortesemente, ha accettato di accompagnarci in questa riflessione.

In primo luogo non può essere dimenticato l’elemento di fondo che ha caratterizzato e, in parte continua a caratterizzare, l’agire preventivo di questi anni. Faccio riferimento all’assunto di fondo contenuto nel d.p.r. n° 309/90 che definisce il divieto totale dell’uso personale di sostanze stupefacenti o psicotrope. Non è esclusivamente un’affermazione formale, ma un orientamento determinante rispetto nel definire la cultura attraverso cui caratterizzare ogni modalità di lavoro circa la questione delle dipendenze; cultura che, penso, ha influenzato ed influenzi ancora oggi anche l’approccio di interventi di prevenzione.

In particolare emergono subito alcune considerazioni che mi sembrano interessanti per avviare la nostra riflessione. Vietare l’uso personale in modo così forte, in modo così determinato, mi sembra sia espressione di una logica culturale basata sulle grandi certezze: noi sappiamo molto bene, e lo sappiamo dagli incontri quotidiani, come non sia possibile escludere dalla nostra vita e dal nostro operare, tutto ciò che è relazione con il disorientamento, l’incertezza e la provvisorietà. Proprio rispetto a questo dato si so stanzia una prima distanza da molte delle nostre esperienze. Questa certezza così fortemente esibita a fronte di una vita quotidiana che è fatta anche di altro, di incertezza, provvisorietà e disorientamento, rischia di sottrarre l’attenzione da una riflessione puntuale attorno a quello che è il senso e il significato di alcuni comportamenti, di alcuni aspetti fondanti la vita ed il processo di crescita di ogni individuo, di ciò che succede nelle storie delle persone. Questa lucida razionalità - "è vietato l’uso" - promuove una cultura della separazione, della frammentazione, ponendosi quale unica possibilità, alternativa a quella che è l’esperienza della passione: passione intesa come sofferenza; passione intesa come esperienza della connessione, del tenere insieme. La passione avvicina le nostre emozioni, avvicina le parti della nostra vita, le rende compresenti, sperimentabili tutte attorno ad un evento, ad un vissuto.

Nei fatti, l’approccio di fondo del d.p.r. n. 309/90 ha rischiato di separare il lavoro di molti adulti ed educatori, frammentandolo, allontanando molti soggetti, semplificando attraverso la divisione degli interventi, dei soggetti, delle cose.

Oltre a quanto appena espresso si può ancora rilevare una forte esposizione e preoccupazione circa un ipotizzato, possibile, rischio futuro, che oggi non si può ancora incontrare, ma che ci preoccupa. Questa grande esposizione su fatti e tempi oggi non presenti, non facenti parte dell’esperienza delle persone che si incontrano, ha rischiato e rischia di depotenziare la necessaria attenzione all’oggi, a quanto sta accadendo, al suo significato, a quello che è percepito come oggetto di interesse per le parti e a quanto tutte queste cose possano contribuire alla progettazione e immaginazione di un futuro possibile e desiderabile. Si sono penalizzate, spesso, riflessione e pratica attenta attorno alla grande sfida dell’educare oggi. Nulla può essere lasciato da parte: prevenzione ed educazione sono entrambe questioni fondamentali, si tratta quindi di studiarne connessioni e le particolarità per reinvestire in ciascuna di esse.

Altra osservazione sempre legata al primo assunto è rappresentata dalla quasi totale scomparsa delle differenze, dalla pratica dell’omologare tutto e tutti, appiattendo storie e comportamenti. Sembra non ci siano più soggetti diversi, modalità, forme diverse, culture diverse e tale situazione non può far altro che generare semplificazioni e confusione.

Infine porrei l’attenzione attorno ad uno tra gli elementi che riteniamo fondamentali per una seria riflessione circa il rapporto tra giovani e prevenzione: "Ciò che una comunità oggi tenta di combattere, gli oggetti ed i problemi attorno ai quali si impegna e lotta, spesso sono parte costitutiva della comunità stessa".

Invito a riflettere chi si occupa di nuove forme di consumo, di queste nuove culture di consumo, sul come ci sia impegno serio e determinato orientato all’opposizione all’uso e abuso di tali droghe, ma come questo impegno si sviluppi in un contesto culturale fortemente caratterizzato da culture orientate al consumo e all’offerta di vie illusorie di costruzione di benessere. Ciò che noi combattiamo, spesso è costitutivo del nostro contesto. Allora è fondamentale cercare di stare dentro queste logiche, che non sono assolutamente ne semplici ne semplificabili. Con queste brevi e sparse riflessioni passiamo all’incontro con altre elaborazioni: diamo spazio, dentro questo nostro percorso, a chi ha lavorato e studiato al fine di tentare di ridare forma e complessità alle strategie della prevenzione.

 

 

 

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