Seconda parte

 

Giornata di Studi su 
Carcere e Immigrazione

Casa di Reclusione di Padova - 16 febbraio 2001

Il minorenne clandestino o irregolare

11. Il respingimento e l’espulsione

     Il minore straniero che, da solo o con i familiari, tenta l'ingresso in Italia o entra in Italia senza i requisiti richiesti, viene respinto alla frontiera, se possibile, o inserito nei centri di permanenza temporanea e accoglienza previsti dalla legge qualora vi sia da accertare la sua età o identità.

     I presupposti per la espulsione del minore non sono diversi da quelli per gli stranieri adulti, così come sono uguali i tipi di provvedimento, le procedure giurisdizionali di controllo e le modalità esecutive. È tuttavia previsto un divieto di espulsione e respingimento (esclusi i casi di espulsione disposta dal Ministero dell'interno per ordine pubblico o sicurezza dello Stato) degli stranieri minori di anni 18. Analogo divieto vi è per le donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio. Qualora il minore straniero debba essere espulso, il provvedimento viene però sottratto all’autorità amministrativa: secondo l’art. 31 comma 4 T.u.d.i.s. infatti il provvedimento è adottato, su richiesta del questore, dal tribunale per i minorenni.

Nel caso in cui i genitori di un minore siano oggetto di provvedimento di espulsione viene fatto salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi; infatti è indubbio il diritto del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia e, secondo l'art. 9 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, “gli Stati vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che... si ritenga questa separazione necessaria nell'interesse del fanciullo”[24].

12. Il “rimpatrio assistito”

La disciplina della permanenza ed espulsione è ora complicata dalle competenze attribuite recentemente al  Comitato per i minori stranieri.

Già si è detto della originaria competenza del Comitato riguardante i c.d. “minori accolti”; successivamente, con una disposizione che ha creato incertezze applicative e conflitti di competenza, nonché pesantemente sospetta di illegittimità costituzionale[25], al Comitato è stata attribuita anche la competenza a provvedere al cosiddetto “rimpatrio assistito” del minore straniero non accompagnato presente nel territorio dello stato. La legge, abbastanza oscuramente, dice che il Comitato dispone il rimpatrio ai fini, non meglio precisati, di tutela dei diritti del minore straniero solo (previo eventuale nulla osta dell'autorità giudiziaria nel caso in cui risulti instaurato a carico del minore un procedimento giurisdizionale e salvo che esistano inderogabili esigenze processuali[26]).

Il rimpatrio assistito è definito dalla legge come l’insieme delle “misure adottate allo scopo di garantire al minore interessato l’assistenza necessaria fino al ricongiungimento coi propri familiari o al riaffidamento alle autorità responsabili del paese d’origine”. Scorrendo le norme si capisce ben presto però che si tratta di una distorsione lessicale (modalità molto usata nelle recenti legislazioni, per cui il carcere dell’arrestato minorenne è un “centro di prima accoglienza”, il luogo di detenzione amministrativa degli stranieri clandestini è un “centro di accoglienza temporanea” etc.) e che la disciplina introdotta, contrariamente a quanto affermato, non trova principalmente ragione nel garantire l’assistenza al minore, ma al contrario è strumentale a dare inizio, consentire ed eseguire l’allontanamento del minore dall’Italia.

Così viene previsto l’obbligo per i pubblici ufficiali e per gli incaricati di pubblico servizio di dare immediata notizia al Comitato per i minori stranieri della presenza sul territorio dello stato di un minore straniero non accompagnato; così si dispone l’utilizzo da parte del Comitato dell’autorità di pubblica sicurezza per accertare l’identità del minore; così si esclude, salvi casi eccezionali, l’intervento di tutela da parte dell’autorità giudiziaria…

In questa ottica, non si vede in cosa si differenzi il rimpatrio dall’espulsione, se non nell’eleganza formale dell’espressione[27]. Infatti già era previsto che in caso di espulsione del minore, lo stato si impegnasse a garantire la consegna del minore stesso ai suoi familiari o ad autorità competenti del paese in cui il minore stesso era inviato: nulla di diverso prevede il regolamento, nel momento in cui non subordina il rimpatrio al preventivo accertamento e ritrovamento della famiglia del minore e al suo affidamento alla medesima, ma si limita a prevedere che vengano effettuate “ricerche” dei familiari e permette poi tranquillamente che qualunque sia l’esito delle ricerche il minore possa essere “riaffidato”, se non alla famiglia, alle autorità responsabili (il termine “riaffidato” farebbe presupporre che le autorità responsabili dei paesi d’origine abbiano avuto in affidamento il ragazzo, ma questo invece non è richiesto né praticamente mai si è verificato).

Dal punto di vista pratico, le modalità operative del rimpatrio assistito sono le seguenti.

La presenza di un minore straniero “solo” viene segnalata al Comitato sia quando si tratta di un minore che entra o tenta di entrare clandestinamente nel territorio dello stato (e qui si pone il problema dell’applicabilità ai minori delle disposizioni relative al trattenimento nei centri di permanenza temporanea), sia quando si tratta di un minore da tempo presente, sia pur in modo irregolare.

L’accertamento dello status di minore non accompagnato è effettuato dal Comitato per i minori stranieri e avviene sulla base delle informazioni fornite dai pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che danno la notizia, sia degli esiti delle indagini dell’autorità di pubblica sicurezza in ordine all’identità del minore, anche attraverso la collaborazione delle rappresentanze diplomatico – consolari del paese di origine.

Una volta che il minore straniero è censito come “non accompagnato”, il Comitato svolge compiti di impulso e di ricerca per individuare i familiari dei minori. Qualunque siano le informazioni acquisite (e in ipotesi, anche nessuna), senza che sia previsto un tempo per queste ricerche (e in ipotesi, anche senza attendere nessun tempo, se si prevede che le ricerche sarebbero vane o se appare opportuno provvedere immediatamente), il Comitato per i minori stranieri può adottare il provvedimento di rimpatrio assistito.

In concreto, le modalità del rimpatrio non sono specificate, per cui il rimpatrio può avvenire in Italia come nel paese d’origine come in un paese terzo, consegnando il minore alla famiglia o a non meglio specificate “autorità responsabili”, presumibilmente di un altro paese o di un’organizzazione internazionale. Non è indicato da quale organismo o ente il rimpatrio sia effettuato: il sistema disegnato lascia intuire che il Comitato, che non ha suoi organi a ciò deputati, delegherà l’esecuzione del rimpatrio alla polizia, curandosi però di ricevere “apposita attestazione” dell’avvenuto riaffidamento.

In definitiva, tutta l’attività relativa al rimpatrio è gestita da un’autorità amministrativa e senza precise regole da rispettare, ma con amplia discrezionalità sui tempi e i modi dell’azione. Si può dunque concludere che il rimpatrio assistito altro non è che una “forma” dell’espulsione: più precisamente, è la forma di espulsione, operativamente diversa ma con medesimi presupposti e finalità di quella dell’adulto, che il Governo ha introdotto per il minore straniero, nonostante il formale divieto della legge.

Ancora, non si può non vedere come anche questa normativa si inserisca, per le differenze di trattamento che introduce fra i minorenni italiani e quelli stranieri, nell’ambito di quel “ordinamento separato, svincolato dai principi fondamentali dell’ordinamento generale”, che si va creando come diritto speciale degli stranieri[28]. Concentrando il complesso dell’attività di accertamento dello status di minore non accompagnato, il procedimento deliberativo e l’esecuzione del provvedimento di rimpatrio assistito nell’ambito amministrativo, si raggiunge l’obiettivo da un lato di aggirare le garanzie procedurali che sono proprie degli organi giudiziari minorili competenti, dall’altro di subordinare di fatto l’interesse del minore, in quanto straniero, ad altri interessi “di stato”.

In altre parole, “la normativa in esame dal punto di vista sostanziale subordina (nonostante le formali dichiarazioni di volerlo tutelare) l’interesse e il diritto del minore in quanto tale - a non essere espulso e a ricevere cure sanitarie, insegnamento scolastico e quanto necessario per la sua crescita - all’esigenza di tutela dell’ordine pubblico rispetto allo straniero clandestino o irregolare, tutela che si ottiene mediante l’allontanamento rapido del minore dal territorio dello Stato”[29].

13. Il diritto allo studio

     In questo campo, in cui le precedenti normative erano state criticate per la genericità e la ristrettezza dei diritti, la nuova legge n. 40/1998 (si veda in particolare l'art. 36) ha consolidato e allargato alcune posizioni che comunque, in via amministrativa o di prassi, si erano formate in favore dei minorenni stranieri[30]. Le norme sull'istruzione prevedono innanzitutto l'estensione dell'obbligo scolastico ai minorenni stranieri comunque presenti nel territorio nazionale: ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all'istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica. Le istituzioni sono impegnate altresì ad attivare corsi per l'apprendimento della lingua italiana.

     Prima dell’emanazione delle dettagliate norme contenute nel Regolamento di attuazione[31], la partecipazione alla vita scolastica dei minori irregolari era disciplinata da una circolare del Ministero della pubblica istruzione, secondo la quale i capi di istituto del le scuole disponevano la iscrizione con riserva dei minorenni stranieri, in attesa della regolarizzazione della loro posizione[32].

Su tale prassi è venuta a sovrapporsi l’art. 45 del Regolamento di attuazione, per il quale ancora i ragazzi privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva; tuttavia vengono invertite le conseguenze degli accertamenti, in quanto l’iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei titoli conclusivi dei corsi di studio delle scuole di ogni ordine e grado e, in mancanza di accertamenti negativi sull’identità dichiarata dall’alunno, il titolo viene rilasciato all’interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione.

     Nel caso in cui i genitori del minore irregolare che frequenta la scuola venissero espulsi, con l'espulsione verrebbe ad essere compromesso il diritto allo studio riconosciuto al bambino: pertanto, in questa ottica, opportunamente è invalsa presso alcune questure la prassi di sospendere fino al termine dell'anno scolastico l'esecuzione del provvedimento di espulsione.

È questo comunque uno dei casi in cui potrebbe intervenire il tribunale per i minorenni ai sensi dell'art. 31, comma 3, T.u.d.i.s., autorizzando il rilascio di un permesso di soggiorno su richiesta.[33]

14. Il diritto alla salute

     Agli stranieri irregolari sono in ogni caso assicurate le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali per malattia e infortunio. Sono poi garantiti la tutela sociale della gravidanza e della maternità, la tutela della salute del minore, le vaccinazioni secondo la normativa vigente[34], gli interventi di profilassi internazionale, la profilassi, la diagnosi e la cura delle malattie infettive[35].

     È importante ricordare che l'accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero irregolare non può comportare alcun tipo di segnalazione all'autorità, salvo i casi in cui vi sia obbligo di referto.

Il Regolamento di attuazione del T.u.d.i.s. ha poi dettagliatamente disciplinato la prescrizione e la registrazione delle prestazioni sanitarie nei confronti degli stranieri irregolari[36].

15. Gli interventi di sostegno e assistenza sociale

     Per quanto riguarda gli irregolari, già si è accennato che l'art. 35 T.u.d.i.s. garantisce esplicitamente “la tutela della salute del minore, in esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176[37], per la quale tra l'altro “ogni fanciullo il quale è temporaneamente o definitivamente privato del suo ambiente familiare oppure che non può essere lasciato in tale ambiente nel suo proprio interesse, ha diritto ad una protezione e ad aiuti speciali dello Stato” (art. 20). Pertanto deve ritenersi che, considerando la salute del minore nella sua accezione più larga, e tenuto conto di quanto già detto in ordine alla ampia applicabilità delle misure di protezione in favore del fanciullo straniero anche irregolare presente in Italia, possano essere posti in essere gran parte degli interventi di assistenza e di sostegno previsti per i minore italiani o per gli stranieri regolari.

     Si può dunque dire che l'intervento dei servizi sociali in favore dei minorenni stranieri anche irregolari di fatto si svolge nello stesso quadro normativo, e quindi con gli stessi limiti e le stesse facoltà, dell'intervento in favore dei minori italiani, e se ne differenzia ovviamente per le caratteristiche peculiari di questo tipo di utenza[38].

16. L’accoglienza e l’inserimento del minore clandestino

Le nuove leggi sopra ricordate hanno profondamente innovato il ruolo dell’Autorità giudiziaria minorile: la previsione di ampie possibilità di deroga nel senso più favorevole al minore rispetto all’adulto consegna sia al Tribunale per i minorenni che al giudice tutelare nuovi strumenti di intervento finalizzati all’inserimento del minore nella società, per i quali ai giudici è attribuita una grande discrezionalità.

A - L’autorizzazione al soggiorno di un familiare del minore

Innanzitutto viene in risalto la previsione dell’art. 31 T.u.d.i.s., già ricordata, secondo la quale il tribunale per i minorenni può, per gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico del minore e alle sue condizioni di salute, autorizzare il rilascio del visto di ingresso e del permesso di soggiorno a favore di un familiare del minore per un periodo determinato, anche in deroga alle disposizioni della legge.

Vi è aperta discussione sull’applicazione pratica di questo istituto, sia con riguardo alla individuazione dei “gravi motivi” che costituiscono il presupposto di fatto della norma[39], sia con riguardo ai limiti di applicabilità: sostanzialmente, si contrappongono coloro che ritengono che questa disposizione di favore sia utilizzabile solo quando il minore straniero è in condizione di permanenza regolare, sostenendo che diversamente si creerebbe nel sistema una breccia così ampia da scardinarlo; a coloro che ritengono applicabile la norma anche in favore dei minori irregolari, considerando prevalente su ogni altra considerazione il criterio interpretativo dell’interesse del minore[40].

Quest’ultima opinione è senz’altro preferibile, non solo perché la prevalenza del superiore interesse del fanciullo è un criterio interpretativo interno alla legge indicato dalla legge stessa (l’art. 28 T.u.d.i.s. afferma esplicitamente che esso va considerato con “priorità”), ma anche sulla base di un più ampio bilanciamento di interessi costituzionalmente riconosciuti. Infatti non può non ritenersi che il legislatore ritenga  prevalenti   sulle   norme  in   tema  di   ingresso o di espulsione,  i   principi costituzionali di  tutela  dei  minori e  di  tutela  dell'integrita' familiare; questi ultimi “in  quanto riferiti  alla persona umana, possono trovare  applicazione indipendentemente dalle condizioni in base alle quali  lo straniero  e'  presente  nello Stato, perche' la Repubblica riconosce i  diritti  della  famiglia e garantisce l'unita' familiare agevolando la formazione della famiglia, principio che vale anche per lo  straniero  in  quanto  nella sfera  dei  diritti  fondamentali il cittadino e lo straniero godono di parita' di trattamento”[41].

B) – L’espulsione del minore

In secondo luogo, va ricordata la competenza ad adottare, su richiesta del questore, l’espulsione del minore. Spetta ai giudici minorile decidere se applicare questa norma in modo residuale o se applicarla, facendo prevalere una valutazione formale dell’interesse del minore, a tutti i ragazzi stranieri  irregolarmente presenti in Italia, magari affidati di fatto ad un familiare anch’esso irregolare. In tali casi, infatti, si potrebbe sempre dire che, non risultando l’inidoneità della famiglia d’origine, è comunque interesse del minore essere espulso e risffidato ai familiari, piuttosto che rimanere in Italia privo di assistenza e di familiari di riferimento, cioè formalmente in situazione di abbandono morale e materiale.

Va detto invece che se non viene fatta un’indagine seria, sentendo anche il minore, sulle sue condizioni personali, sulla presenza in Italia di altre persone a lui legate, sulla sua situazione familiare (ad esempio, il minore potrebbe essere fuggito perché maltrattato: lo si rimanda comunque in famiglia?), sulle sue prospettive nel paese di origine e in quello ospitante[42], la norma che sottrae l’espulsione del minore alll’autorità amministrativa, riservandola al Tribunale per i minorenni, verrebbe ad essere svuotata di concreta utilità[43]

 C) – Il ruolo del giudice tutelare

Un terzo ambito d’intervento è quello proprio del giudice tutelare, figura che con il progressivo miglioramento delle condizioni sociali dei minorenni italiani era andato svuotandosi di compiti effettivi, riducendosi a competenze di tipo burocratico: di fronte alla presenza e ai bisogni di un grande numero di ragazzi stranieri irregolari, si deve formalisticamente dichiarare l’estraneità del giudice rispetto a questi casi, o si deve dare un’interpretazione aperta delle norme, rivitalizzandone l’operato?

La questione, che è stata oggetto di numerose pronunce della giurisprudenza, va affrontata evidenziando come la fattispecie del minore straniero che si trovi in Italia da solo costituisca una delle precise ipotesi (la stabile lontananza dei genitori) in cui deve essere aperta una tutela; e come la nomina di un tutore garantisce al minore di avere assistenza e di vedere rappresentato il proprio interesse nel corso delle procedure amministrative che porteranno o al suo rimpatrio o all’accoglienza nel nostro paese: per dirla con le parole della Corte d’Appello di Torino, “per dare al minore una voce in scelte che non possono essere prese solo sulla sua testa e che così profondamente segneranno tutta la sua vita”[44].  

[24] Una applicazione di tali principi si trova nei provvedimenti giudiziari commentati da L. Del Conte, “L'espulsione del minore straniero", in Minorigiustizia, 1998, 4. p. 134.

[25] Sulla dubbia costituzionalità del D. L.vo. n. 113/99, si veda P. Bonetti, Anomalie costituzionali delle deleghe legislstive e dei decreti legislstivi previsti dalla legge sull’immigrazione straniera, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 3/99, pp. 74/1983.

[26] Art. 33 comma 2 bis D. L.vo 25.7.1988 n. 286, così come modificato dall'art. 5 del D. L.vo n. 113 del 13.4.1999.

[27] In tal senso si esprime anche G. Turri, I bambini stranieri non accompagnati, cit., p. 21, che conclude affermando che “l’unica differenza fra espulsione e rimpatrio del minore è che alla prima soltanto consegue il divieto di rientro per cinque anni”.

[28] A. Caputo, La detenzione amministrativa e la Costituzione: interrogativi sul diritto speciale degli stranieri, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 1/2000, p.51.

[29] L. Miazzi, Il rimpatrio assistito del minore straniero:ancora un caso di diritto speciale?, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 2/2000, pp. 34-49

[30] Per uno studio di tali posizioni, in parte superate dalla legge n. 40/1998, cfr. M. Letizia Tomaselli, “Minori extracomunitari e diritto allo studio”, in Gli stranieri, 1994, 1. p. 22.

[31] Artt. 45-49 D.p.r. n. 394/1999.

[32]Circolare Ministero pubblica istruzione 12 gennaio 1994, n. 5, avente come oggetto “Iscrizione nelle scuole e negli istituti di ogni ordine e grado di minorenni stranieri privi del permesso di soggiorno”. L’iscrizione con riserva non era subordinata alla esibizione di permesso di soggiorno in corso di validità, che poteva essere prodotto successivamente. La mancata successiva produzione del permesso di soggiorno però non pregiudicava l'iscrizione e la frequenza; in sostanza per il minore straniero irregolare questa situazione comportava la difficoltà ad ottenere certificazioni di frequenza e di profitto, agevolazioni ed interventi di assistenza.

[33]    La richiesta di soggiorno dovrebbe, adattando le procedure create dalla Circolare sopra citata, essere proposta nell’interesse del minore da chi presiede l'istituto, se il bambino vi è ospitato o, nei casi di normale frequenza, dall'esercente la potestà genitoriale o dal tutore. In mancanza di questa richiesta ci si dovrebbe rivolgere al giudice tutelare affinché nomini un tutore che rappresenti il minore in tale procedimento.

[34] Con Circolare del Ministero della sanità del maggio 1993, relativa alle vaccinazioni obbligatorie contro le malattie infettive, si era stabilito che i minori stranieri potessero avvalersi di autocertificazioni ai sensi dell'art. 18 legge n. 241/1990; ora però l’art. 2 del reg. att. ha escluso tale possibilità, creando una situazione di grave incertezza sia fra i medici che per i genitori, relativamente all’omissione o, al contrario, alla dannosa ripetizione, di vaccinazioni obbligatorie.

[35] Il Ministero della sanità, con circolare n. 8 ‑ 400.2 del 23 marzo1993, ha attivato una serie di procedure relative ad alcune vaccinazioni "tenuto conto del peso sociale che la massa di immigrati rappresenta oggi nel contesto urbano".

[36] Art. 43 D.p.r. n. 394/1999.

[37] Questa Convenzione è il quadro di riferimento della normativa interna relativamente alla protezione del minore.

[38] Per una interessante riflessione su questo intervento, sulla base dei dati reali a Venezia, vedi N. Martini, “Bambini e ragazzi d'altrove”, in Polis, n. 38, maggio 1998, p. 8.

[39] Vedi Tribunale per i minorenni Venezia, 28.9.1998, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 1/1999, pp. 180-182.

[40] Per una esauriente esposizione delle due tesi, si vedano Tribunale per i minorenni Bologna 8.3.2000, ric. Nabila Hamdan, che accoglie la tesi più favorevole al minore, e il parere contrario espresso dalla Procura della repubblica di quel Tribunale. Entrambi i provvedimenti, assieme ad altri sullo stesso tema, sono riportati e commentati su Diritto, immigrazione e cittadinanza, nel numero 4/2000.

[41] Pretura Perugia, 30 ottobre 1998, in Rass. giur. Umbra, 1999, p. 440.

[42] Straordinarie in questo senso le testimonianze raccolte da Monia Giovannetti, Minori stranieri in movimento: percorsi e pratiche tra integrazione e devianza, di prossima pubblicazione

[43] Si vedano in argomento Tribunale per i minorenni Roma, decreto 13.10.1998, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 1/99, pp.182-185; e Tribunale per i minorenni Caltanissetta, decreto 4.8.1998, idem, n. 1/2000, p. 152.

[44] Corte D’appello Di Torino, decreto del 10.12.1999 (estensore Pazè), in  Diritto, immigrazione e cittadinanza, n. 1/2000, pp. 153/158. La pronuncia traccia con autorevolezza il quadro dei presupposti per l’intervento dell’autorità giudiziaria minorile richiamandola (ed è quasi un’esortazione morale) alla funzione di protezione del minore che dev’esserle propria.

 

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