Raffaele Zanon

 

Université Européenne Jean Monnet – Bruxelles

Sede di Padova, Istituto ETAI - Scuola di Specializzazione in Criminologia

 

Seminario nazionale "Carcere e salute"

Padova, 17 maggio 2003

 

Raffaele Zanon, Assessore regione Veneto alla Sicurezza e ai Flussi Migratori

 

Bisogna sfuggire a certi condizionamenti dell’immaginario collettivo, quando si parla di quella parte terminale e importante del "sistema giustizia" che non sempre trova le dovute attenzioni da parte delle istituzioni. Lo dico perché, in virtù dell’esperienza che ho fatto, come assessore alle Politiche sociali, sia di quella che sto facendo, come assessore alla Sicurezza e all’Immigrazione, io credo che sia importante affrontare con gli operatori, con chi opera sul campo, questi argomenti.

Perché sicuramente c’è uno sforzo, da parte degli enti locali e anche delle istituzioni coinvolte, ma credo che molto si possa ancora fare per dare al carcere quel ruolo che gli è dato dalla normativa, cioè essere quel luogo di recupero e di riabilitazione per il reinserimento della persona. Su questo fronte credo che molto resta ancora da fare. E sappiamo bene che, lavorando in un ambiente protetto, spesso non è possibile realizzare i progetti che si vorrebbero, non solo di natura assistenziale e formativa, ma anche progetti che dovrebbero garantire quella vivibilità che è tra i diritti fondamentali di ogni persona.

Io registro delle carenze anche perché, come assessorato, stiamo compiendo un monitoraggio sulla popolazione straniera presente, ahimè, in percentuali non secondarie nel nostro sistema penitenziario e mi rendo conto che, anche qui, si vogliono curare tutti i malati con la stessa medicina… per collegarmi al tema della salute che discutete qui oggi.

Io credo invece, vista l’eterogeneità della popolazione detenuta, di un raccordo con quello che sta avvenendo sul territorio, anche per rispettare la persona in tutte quelle che sono le sue abitudini, le sue radici.

Noi, come regione, abbiamo iniziato ad attrezzarci su questi problemi, con una rete di informazione che mette in relazione soggetti del pubblico e del privato e si occupa in particolare delle dinamiche legate ai flussi migratori. È una rete che sta prendendo corpo e che permetterà di interfacciare anche gli operatori del sistema giudiziario e del sistema penitenziario.

Negli uffici che si occupano della giustizia, oltre che nel carcere, io credo ci possano essere dei progetti innovativi, perché ci sono degli aspetti, derivanti da anni di mediazione culturale, che ora vanno considerati. Ne parlavamo proprio l’altro giorno, in un incontro con le associazioni etniche degli immigrati al quale era presente anche la Presidente del Tribunale dei Minori, nel quale ci siamo resi conto che nella discussione su temi come la condizione della donna e dei minori partivamo da presupposti diversi, che danno vita poi a delle incomprensioni che rischiano di tradursi in ulteriore emarginazione.

Quindi la possibilità di creare degli osservatori comuni per la lettura di alcune situazioni legate ai fenomeni migratori credo sia importante, sicuramente anche basando il lavoro amministrativo su parametri scientifici, perché si possano dare strumenti di valutazione quanto più pertinenti per affrontare con praticità i problemi di ogni giorno.

Un rete in gestazione, abbiamo chiesto l’adesione di tutte le realtà del mondo associativo attive sul territorio, perché riteniamo che anche su questo fronte vada fatto uno sforzo, sul versante dell’informazione e su quello della formazione. Qui io do un segnale: c’è la possibilità di aprire dei percorsi che consentano di valorizzare e di mettere in rete l’esperienza di molti operatori del sistema giudiziario e di quello penitenziario.

Oltre a questo, partiranno alcune iniziative di ricerca, legate all’attività dell’osservatorio regionale, anche per lo studio di possibili percorsi di reinserimento dei cittadini stranieri che, una volta terminata la pena, devono immediatamente trovare una forma di integrazione nella realtà esterna.

Secondo me anche qui c’è la possibilità di sperimentare dei progetti innovativi, c’è la possibilità, in particolare in questo territorio veneto, di creare delle comunità basate sul lavoro, legate al mondo della cooperazione, che in qualche modo possano garantire al cittadino straniero o, comunque, al cittadino uscito dai percorsi penitenziari, di inserirsi, di trovare delle pronte soluzioni per un valido inserimento.

In primis perché questa regione fortunatamente ha la possibilità di occupare, di dare spazi e modi anche sul fronte progettuale, quindi di facilitare l’inserimento anche di queste persone. E poi, anche perché, secondo me, tramite questa iniziativa si può contrastare quel circolo vizioso che spesso riporta molti di questi giovani nei giri, ahimè, ancora bene organizzati, della malavita, che continua ad essere aggressiva, ad essere comunque fonte di attrazione per molti stranieri che si trovano in condizioni di emarginazione.

Quindi anche su questo obiettivo si tratta di realizzare dei progetti – pilota specifici e, ovviamente, non si può pensare che le iniziative possano essere realizzate con una visione parziale. Proprio per questo abbiamo un rapporto con il Ministero del Lavoro e su questo stiamo pensando di realizzare un’esperienza al sud e un’esperienza qui al nord, che potrebbe permettere sia attività di monitoraggio e di ricerca, quindi una costante valutazione delle attività svolte, sia quelle formative all’interno del carcere, sia su quelle produttive all’esterno, che possono servire al reinserimento degli stranieri.

Per quanto riguarda il tema della salute, noi abbiamo un piano per affrontare i problemi relativi alla presenza degli stranieri sul nostro territorio e, anche su questo, si è percepita l’esigenza, da parte dei responsabili sanitari, di mettere in rete quelle esperienze piccole e grandi che possono servire da riferimento come modelli di intervento. Devo dire che dopo l’approvazione del nuovo Protocollo di Intesa tra regione Veneto e Ministero della Giustizia, anche sulla base delle maggiori competenze date alla regione in materia di sanità, c’è la possibilità di realizzare qualcosa di sostanzialmente innovativo. Un’integrazione maggiore deve essere alla base di tutte queste nuove attività, in particolare sul problema delle tossicodipendenze: ad esempio, noi sappiamo che esistono dei circuiti detentivi a custodia attenuata e le esperienze al riguardo fatte nella regione Veneto credo comincino a dare i loro frutti. Credo sia giunto il momento perché l’intero sistema penitenziario della regione possa dotarsi degli strumenti, per affrontare il problema delle dipendenze all’interno delle carceri.

Anche su questo fronte bisognerebbe aprire un dibattito e un confronto, perché le normative attualmente in vigore impediscono di svolgere l’attività di recupero secondo i parametri ormai sperimentati e riconosciuti da comunità scientifiche.

Io credo si potrebbe fare qualcosa di innovativo ad esempio utilizzando delle strutture che iniziano a non avere più senso, come il carcere minorile e quant’altro, per andare a individuare delle esperienze di custodia attenuata dove il recupero passi attraverso forme di lavoro, di occupazione, di formazione che, come abbiamo visto attraverso i nostri monitoraggi, non sono attive come dovrebbero essere.

Io pongo questi temi all’attenzione, non solo perché ho ben presente quali sono i problemi che attraversano il polo carcerario, ma perché credo che attraverso la collaborazione che stiamo costruendo si arriverà a delle proposte, a individuare quei progetti che potrebbero avere un senso maggiore, anche per quanto riguarda la ricerca, che diventa indispensabile non solo per migliorare la qualità delle iniziative ma per far entrare nelle istituzioni una cultura che ancora fa fatica a farsi strada.

Quando parliamo di questioni sociali, siamo abituati ormai a ragionare in termini di politiche dei servizi, ma io sono convinto che esistono anche degli aspetti culturali che devono essere messi in campo. Aspetti culturali che passano sicuramente attraverso una cultura comune, che può maturare con la formazione degli operatori, e passano attraverso una cultura che riusciamo a trasferire all’esterno e completa il lavoro che ciascuno fa all’interno delle istituzioni.

Questa secondo me è la cosa più complessa ma che può dare quei segnali di novità che credo debbano e possano venire dalla regione Veneto, perché in questa regione ci sono sicuramente le condizioni per operare nell’ambito dell’innovazione ma, come state facendo voi, anche nell’ambito dell’analisi, perché credo vi sia la possibilità di trovare dei terreni comuni che permettano di stabilire, al di là delle questioni politiche, che vi sono degli interventi che debbono essere fatti e ve ne sono altri che cominciano a rappresentare qualcosa di obsoleto per un sistema penitenziario e ci auguriamo che anche il Ministero della Giustizia ci dia una mano per rimediare alle mille crepe di questo sistema. La mia disponibilità è totale e mi auguro che anche da questo seminario possano uscire delle proposte, perché possano essere raccolte e trasformate in qualcosa di concreto.

 

 

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