Alessandro Margara

 

Giornata di studi "Carcere: non lavorare stanca"

9 maggio 2003 - Casa di Reclusione di Padova

 

 

Alessandro Margara, Presidente della Fondazione Michelacci, ex Direttore del D.A.P.

 

Nel mio intervento toccherò due o tre punti essenziali, di carattere generale, ai quali faccio seguire una serie di considerazioni sul dopo – carcere, sui problemi che il dopo – carcere presenta, dal punto di vista soprattutto giuridico: le difficoltà che dal punto di vista giuridico si frappongono al reinserimento delle persone che si vorrebbe realizzare.

Sui punti generali, un primo interrogativo, che consegno al convegno, è quale senso abbiano le attuali tabelle statistiche sul numero dei detenuti lavoranti. Questa è una cosa che probabilmente nasce da una mia ignoranza, perché ho temuto sempre che il numero di lavoratori che vengono dati in un certo ambito sia in realtà il numero dei rapporti che si creano in quell’anno e che non durano necessariamente un anno, anzi secondo la tradizione sapete bene che il lavoro "domestico" in carcere si distribuisce in periodi molto brevi, in certe carceri addirittura di 15 giorni, in altre di un mese, in altre di 3 mesi. I rapporti che ne nascono sono quindi molto numerosi, ma noi dobbiamo considerare che il posto coperto da una persona che lavora è uno solo per tutti questi casi. Quindi, ecco, capire come si fa la rilevazione del dato e come si arriva a quelle percentuali sarebbe di grande interesse. Se i miei sospetti fossero giusti, noi non avremmo una percentuale di occupati del 24% ma una percentuale di occupati di poco più del 10%, o di poco meno del 10% e il discorso, per certe carceri, sembra anche realistico.

La seconda osservazione riguarda le tabelle retributive. Salvo io sia stato scavalcato da quello che succede, sono rimaste quelle di molti anni fa, e le tabelle retributive per il lavoro interno, che devono essere definite ai sensi dell’articolo 22 O.P., attraverso una particolare Commissione, dovrebbero senz’altro essere riviste.

Nella esperienza che posso portare, a Sollicciano vennero collocati al lavoro all’esterno, per lavori presso stabili esterni dell’amministrazione, dei detenuti e, praticamente, quello che ricevevano era veramente irrisorio: oramai le tabelle sono consumate dagli anni che sono passati dall’ultima revisione.

Il terzo dato riguarda la Smuraglia. Finalmente sono arrivato a capire ieri, dopo avere preso una cantonata, quanti sono i rapporti di lavoro su base annua che si possono realizzare con il finanziamento della legge Smuraglia, che è di nove miliardi annui, dei quali cinque coprono gli oneri retributivi e quattro il bonus fiscale previsto. I rapporti di lavoro coperti da questi finanziamenti sono 333, distribuiti in tutta Italia. Non sono tanti, effettivamente. Se veramente la cosa funzionasse (e questo interrogativo dipende da cosa succederà nei prossimi mesi) bisogna tenere conto che l’incidenza della legge Smuraglia dovrebbe essere, in termini numerici, molto maggiore di adesso, perché 333 rapporti di lavoro lasciano praticamente la situazione come sta.

Un altro tema che sempre per il lavoro interno è molto importante è risolvere la questione della gestione dei servizi da parte di cooperative sociali. Come si realizzano questi rapporti è ancora una cosa da definire e che sarà molto importante definire, perché se potessimo avere la sostituzione delle imprese appaltatrici esterne, che hanno sempre lasciato un po’ a desiderare, con cooperative sociali, la speranza è che non continui la tradizione precedente…

Bisogna però spiegare come effettivamente la cosa si avvia, come si può fare a trattativa privata un rapporto di questo genere, in che termini si deve procedere, per la base finanziaria e per la base economica del rapporto. A questo punto, le cose generali mi pare di averle indicate tutte. Ho visto che il Ministero ha mandato agli Istituti di pena una copia di convenzione, che mi sembra ben fatta e tale da poter essere gestita bene. Si prevede che il comodato alla ditta sia gratuito tanto per i locali che per l’attrezzatura; la ditta paga le spese. Una cosa su cui forse si deve richiamare l’attenzione è la capacità gestionale e allo stesso tempo di controllo che l’organizzazione imprenditoriale realizza nell’Istituto, per cui la gestione e il controllo conseguente alla gestione, come in qualsiasi realtà aziendale, è dell’azienda. Questo dovrebbe anche alleggerire i compiti di controllo, che attualmente sono abbastanza vivaci e impegnativi per il personale penitenziario.

Vengo a un discorso, fatto molti anni fa, ma qui non ci si sbaglia mai, perché le cose cambiano così lentamente, che è ancora valido. Il discorso è quello che, mentre la pena detentiva ha avuto una evoluzione normativa, anche sul piano teorico, basata sulle sentenze della Corte costituzionale, sulla elaborazione della Corte costituzionale, non si è verificato lo stesso per tutti quei corollari vari che stanno intorno alla pena e che sono rimasti più o meno quelli di un tempo. Riguardano tutta una serie di cose, per esempio l’esecuzione delle pene detentive, le pene accessorie, le misure di sicurezza, gli effetti penali della condanna, sulle quali la persona che esce e che conclude magari in misura alternativa la sua pena si trova a dover lottare, ricominciando daccapo in tante cose.

Vi lascerò poi un documento, che è accompagnato anche da un articolato, per la modifica di alcuni articoli di legge che potrebbe portare alla eliminazione di certi inconvenienti. Mi soffermo sulle cose essenziali di questo documento.

Le pene pecuniarie. Per le pene pecuniarie io distinguo, in questa analisi che faccio, i casi in cui vi sia stata ammissione ad una misura alternativa ed i casi in cui non vi sia stata ammissione a misura alternativa. Per i primi casi, per lungo tempo si è considerato che la pena pecuniaria si estinguesse con l’esito positivo della prova in affidamento e in liberazione condizionale. Poi è subentrata una giurisprudenza della Cassazione contraria: qui il problema sarebbe di riprendere l’impostazione precedente e di rispondere diversamente alla soluzione che la Cassazione dava.

Per coloro che non hanno fruito di misure alternative bisogna pensare a una soluzione diversa, che potrebbe essere rappresentata da una serie di interventi possibili, come quello di poter chiedere subito la conversione della pena pecuniaria non pagabile.

Voi sapete che il caso classico, in questa materia, è quello dei condannati per reati attinenti agli stupefacenti. C’è stato, nella legge del ‘90, questo fondamento, che chi vende gli stupefacenti fa un sacco di soldi, allora le pene pecuniarie sono nell’ordine delle decine di milioni, di varie decine di milioni, e la conseguenza è che nessuno pagherà mai. Queste pene pecuniarie non vengono mai pagate, vengono sempre convertite in libertà controllata. Questo accade quando la sanzione viene messa in esecuzione e questo capita anche dopo molto tempo dalla fine della pena. Ecco allora il senso di prevedere che si possa chiedere subito la conversione e che, soprattutto, invece di fruire della libertà controllata si possa fruire del lavoro sostitutivo, come è previsto dalla legge attuale, oppure di un’altra misura, per esempio di una misura alternativa, per eseguire la stessa pena pecuniaria. Paradossalmente c’è da dire che se uno viola le prescrizioni della libertà controllata e si converte quindi la libertà controllata in pena, per quella pena può chiedere l’affidamento in prova: quindi il discorso sarebbe di anticipare il momento dell’ammissione alla misura alternativa prima di avere delle trasgressioni, sennò uno dovrebbe essere indotto a trasgredire per potere poi avere le misure alternative.

Per le pene accessorie, anche qui il discorso dovrebbe essere profondamente rivisto. Le pene accessorie sono varie, ma quelle che interessano in questa materia sono l’interdizione dai pubblici uffici, l’interdizione legale, il divieto di espatrio e il ritiro della patente. Sono queste quattro sanzioni, di cui probabilmente si tratterebbe di rivedere la normativa, ma tenendo conto anche di alcuni dati interpretativi che esistono. Io, nella mia esperienza, ricordo molti Comuni che prendevano detenuti a lavorare: ecco, secondo molti Comuni questo non è possibile, non è possibile quando vi sia l’interdizione legale dai pubblici uffici. Ora, una lettura attenta del Codice penale dimostra che l’interdizione legale dai pubblici uffici non si riferisce alle attività puramente materiali. Le attività che i Comuni davano erano materiali, non erano certo lo svolgimento di funzioni o di servizi pubblici. Ecco, siccome c’è questa interpretazione restrittiva, bisognerebbe rivedere la normativa su queste misure, quanto meno cosa si può fare, in linea ultima la possibilità per un organo giudiziario di sospenderne l’efficacia e di procedere in prova per vedere se le cose funzionano o non funzionano.

Questo, per esempio, si fa regolarmente con la Prefettura di Firenze per il rilascio delle patenti di guida: in base a dati di condotta incoraggianti da parte dell’interessato e del bisogno della patente di guida, si fa un provvedimento che consente alla Prefettura il rilascio. Si tratterebbe di rendere normativa la cosa.

Il discorso vale anche per le misure di sicurezza che, nei vari progetti esistenti, non è che abbiano un grande incoraggiamento all’esistenza. Si prevede la soppressione, in linea generale, di tutte le misure di sicurezza, tranne l’Ospedale psichiatrico giudiziario. Tutte le altre sono "condannate", perché è il sistema del doppio binario che è controverso e che oggi non ha più sostenitori o, almeno, non ne aveva, ora vedremo cosa succede…

Se la prospettiva è la loro soppressione, comunque le misure di sicurezza hanno degli effetti fortemente negativi dal punto di vista dell’inserimento lavorativo. Uno degli effetti, per esempio per la libertà vigilata, è la revoca della patente di guida. Anche qui, togliere queste conseguenze, che sono impertinenti rispetto alla finalità della misura, soprattutto tenendo conto che la patente oggi è uno strumento ordinario di lavoro, renderebbe tutto più semplice.

Infine ci sono gli effetti penali della condanna: il più rilevante, ma non l’unico, è sempre il non rilascio della patente di guida per chi ha certi precedenti. Anche qui dovremmo pensare a una soluzione che consenta quanto meno di provare l’utilizzazione della patente e di sospendere o revocare la patente solo se non si corrisponde correttamente alla concessione.

Vi ho sinteticamente detto alcune cose, su questa base alcune delle soluzioni sono già comprese nell’articolato che ho fatto, altre possono essere riepilogate e ricompresse in un ulteriore articolato. Effettivamente si toccherebbe un punto molto delicato, questa fase conclusiva della pena detentiva è una fase deludente per la persona, perché proprio nel momento nel quale finisce la pena e sembra che le cose siano andate bene, ci si ritrova in questa corsa ad ostacoli, ostacoli che è la stessa legge a creare.

 

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