Giuseppe Bortone

 

Le droghe domani, tra controriforme e volontà punitive

 

Milano, 27 giugno 2003

 

 

Giuseppe Bortone (Responsabile Settore Tossicodipendenze nella CGIL Nazionale)

 

Io mi occupo di tossicodipendenza, negli ultimi anni sono stato responsabile di questo settore e appunto nella CGIL nazionale liberale, sembra che mi competa, in primo luogo all’interno del difficile compito di far partire uno sforzo di raccordo tra il dibattito di stamattina e quello di oggi pomeriggio, io privilegerei il piano che guarda al documento interno, al quale, come voi avete visto sui giornali di oggi, si sta saldando un cartello che vede unite in questo momento concordemente e culturalmente forze diverse, fra cui quasi tutte quelle che sono qui presenti. Mi viene in mente la conferenza del 2000 fatta a Genova, del cartello critico verso l’informazione che era stata data, ma che anche sosteneva dei tratti di innovazione diffusi nella pratica degli operatori, che anche se solo in parte raccolti nell’impostazione della conferenza. Oggi, i punti essenziali del documento, probabilmente li conoscete, anche le analisi, il titolo dal sociale al penale già è un programma. Possiamo richiamare il fatto che mesi fa Guglielmo Epifani fece un’intervista a "Fuoriluogo", lo stesso giornale che in pratica ha lanciato per primo il documento, della serie di direttive di cui stiamo parlando, grossomodo il titolo di Epifani era quello "Stato sociale non penale", e se voi analizzate l’intervista effettivamente l’asse culturale e politico dell’analisi che lui dette è proprio questo. Vorrei sottolineare una cosa, "stato sociale non penale, non abbiamo un’ipotesi e il sindacato partecipare a tale ipotesi, ci sono motivi culturali e politici profondi per questo e non riguardano solo il sindacato. Neanche un’ipotesi anticostituzionale, e non solo perché il documento è stato costruito in modo abbastanza cauto ed equilibrato, in modo da raccogliere un ampio arco di forze, ma per un altro motivo che vorrei sottolineare collegandomi alla discussione di stamattina, diceva Giuseppe Vanacore nell’intervento di apertura, con un richiamo molto ufficiale a Totò Cuffaro, il principe De Curtis, la famosa poesia "a livella" dove sono seppelliti accanto un principe e un netturbino, è un intervento molto efficace e potrebbe essere speso nelle assemblee in fabbrica in cui ci diceva Morena Piccinini che è difficile far passare questi contenuti e ci parlava Franco Vanzati delle difficoltà di farli passare in una vertenza che deve poi avere il consenso dei lavoratori. In questo momento la livella significa che per alcuni il diritto è tutta una cosa, per altri è tutta un'altra è come una forbice "pallosa" che viene illustrata inflazionata dal livello mediatico attraverso il quale si presenta questa impostazione. In modo più sistematico Morena Piccinini nelle sue conclusioni metteva accanto due serie che dobbiamo pensare, prima seria rogatoria, falso in bilancio, condono e cioè un’area che si allarga dell’illegalità, un termine poco preciso dal punto di vista giuridico ma efficace dal punto di vista psicologico, un’area dell’impunità che è valorizzata, allargata, pecuniata, mediatizzata, difesa contratti; diceva un esponente di una forza culturale cattolica qualche anno fa in un dibattito di Antigone, contratti di una sorta di particolare garantismo di classe, ormai le forze politiche della maggioranza non parlano più di garantismo.

Sono sempre colpito quando vedo che i dibattiti dei nostri compagni di Antigone vi partecipi l’avv. Pecorella e lo fa perché giustamente loro lo invitano, perché in effetti lì un elemento culturale di garantismo in qualche modo resta, per essere tradotto nella distorsione del dibattito di cui stiamo parlando, un garantismo di classe, delle grandi forze politiche che non sono l’avv. Pecorella ma semplicemente l’hanno eletto, diciamo diventa semplice dilatazione dell’impunità. Sull’altra colonna, e qui è più facile mettere in fila gli esempi, la Bossi-Fini, i progetti dell’edizione della 180 e diciamo delle ipotesi fini sulle droghe non ci stiamo discutendo, per rientrare in questi giorni, ma probabilmente corretta, riaggiustata, si farà nel breve periodo. Giustamente stamattina si riprendeva il lodo Schifani-Berlusconi e dall’altra parte il definitivo affossamento di ogni ipotesi di indulto, e qui credo debba esserci una lettera in qualche modo collegata,e qui credo debba esserci una lettera in qualche modo collegata e penso che anche in questo contesto dobbiamo collocare il documento "dal penale al sociale" che anche la CGIL ha sostenuto e sottoscritto fin dall’inizio. Un contesto di eruzione del diritto su due versanti, il penalismo per alcuni, spendibili sul piano psicologico di massa; dice giustamente spesso Franco Baronio, che il drogato, da questo punto di vista si aggancia su due lati all’immigrato per certi versi e al matto, costituendo un triangolo fatale e molto spendibile sul piano propagandistico, iperpenalismo per alcuni, impunità dissociante crescente per altri.

Credo che la nostra risposta possa essere a questo punto, anti istituzionale e deregolativa, è una proposta, è una risposta di nuova legalità, rispettosa dei diritti e del diritto. Credo che questo sia la sua forza, come quella del documento e della nostra iniziativa generale attorno a queste tematiche. Questa prima parte più sindacale, merita una seconda parte; non so se è in sala Amedeo Corridori, responsabile del Ser.T di Faenza. Questa carta dei diritti è stata prodotta dalla forza pubblica CGIL quasi due anni fa e pone con molta efficacia il problema del rapporto fra diritti degli utenti dei servizi per le dipendenze e i diritti per gli operatori, facile da dirsi, noi sindacalisti e gli operatori in genere sanno di quanto sia complicato questo nodo e di quanto anche questo stesso strumento sia stato sfruttato fino ad un certo punto; questa stretta politica in questi ultimi giorni, ne parlavamo con delle compagne operatrice del Ser.T, per certi versi è più attuale ore di quando è stato elaborato quasi due anni fa; questa è una provocazione, nel senso anche di chiederci del perché non riusciamo a realizzarlo.

L’altro esempio è il grande manifesto con il coordinamento nazionale di comunità d’accoglienza è anch’esso molto efficace, che ha elaborato e diffuso in occasione, non solo di una sua verifica di come è data una svolta governativa e soprattutto l’approccio governativo, ma in occasione anche di una serie di iniziative pratiche di mobilitazione e di controllo all’approccio del governo, si sono sviluppati in Italia, io ho partecipato a uno di questi svolto a Roma e che, per fortuna, ho visto tra l’altro la convergenza di molte figure di operatori.

Il coordinamento nazionale e tutti i suoi collaboratori sono a modello e se fosse esteso in dieci/venti posti risponderebbe a una delle tante provocazioni che si sono fatte da soli, l’ultima a Roma 15 giorni fa, quando io ho detto ad un amico della LILA che era stato molto efficace e importante la cosa che aveva fatto; cioè il tentativo di formare una vertenza con la regione Lombardia, che stava portando alla regionalizzazione dei servizi e mi pare che proprio Danilo mi disse che sì era positivo ma non si era ancora fatta la delibera, aggiungendo poi che invece il governo l’hanno fatto le regioni, con un’entità diversa da noi, non di movimento, non di lotta che ha approfittato di una contraddizione tecnica. Sono tutte provocazioni non belle, abbiamo il documento, il cartello, il coordinamento nazionale, dei contenuti stringenti che condividiamo tutti.

Il coordinamento nazionale comitato d’accoglienza che non ha firmato, ha però preso un’iniziativa molto significane ed efficace comune piattaforma che per molti aspetti è molto simile a quella che è nell’appello che ha dato vita a questo famoso cartello. Io sottolineando una serie di elementi positivi di movimento, di prospettive per i prossimi mesi, una serie di domande di preoccupazioni che consono insieme politiche, ma anche di organizzazione di sintesi fra varie forze e culture, che non sempre camminano insieme, anche quelle che sono rappresentate qui in questa sala.

Vorrei tornare sull’iniziativa costruita, al fine di far partire una vertenza che qui la CGIL Lombardia e altre forze hanno organizzato a Marzo, come riagguantiamo quel terreno, come si salva, visto che anche per i nostri problemi organizzativi interni non era poi propriamente coordinato a tutte le iniziative della CGIL, io non ho partecipato, però la considero molto incisiva , come riordiniamo questi vari livelli. Penso e spero si chiami Danilo Lilla, ho visto lo spiano della sua introduzione, che precisava un fatto importantissimo in questa regione, ma anche come esempio nazionale, qui la rete dei Ser.T aveva 1200 operatori, qualche anno fa, ora ridotta a circa 800. Un elemento di presa immediata come può essere spendibile sul piano politico sindacale immediato, che però è difficile spenderlo, generalizzare quel modello difficile negarlo e questo è un punto veramente delicato per tutti, alla difesa politica generale dei diritti e delle soggettività.

Come mettiamo insieme quel livello esistenziale tipicamente sindacale che è il nostro, al fatto che adesso stiamo a difendere anche quando diciamo depenalizzazione integrale, gli auto coltivatori della camera, che relazione ci può essere. Un paio d’anni fa quando cominciò lo scontro duro con il governo dicemmo alla fine di una relazione, in una delle nostre iniziative a Roma, che se non ora, quando può partire, adesso proprio per la caratteristica che ha l’iniziativa di governo un movimento che potrebbe andare dai primari dei Ser.T. ai ragazzi dei centri sociali.

Questa cosa sta diventando vera, ma fino a che punto riusciamo a farlo con tempestività, come mai poi in genere dove noi ci colleghiamo ai primari dei Ser.T, perché è più difficile collegarsi ai ragazzi dei centri sociali. Per finire, come si diceva a Roma settimane fa, il governo non lo ferma questo tipo di movimento e d’iniziativa, ferma un’iniziativa a sfondo tecnico, giuridico delle regioni. Ho considerato un momento molto alto dell’iniziativa politica contro l’approccio governativo che è quello che corrisponde poi come sigla alla rete chiamata "La libertà terapeutica" che non è solo una sigla, ho partecipato a momenti di mobilitazione e discussione di dibattito in cui c’erano, forse, centinaia, a volte, di operatori del pubblico e del privato abbastanza vicini ad un approccio tutto sommato più radicale di questo documento sul quale ci siamo unificati in questi ultimi giorni, già il titolo "La libertà terapeutica" è molto indicativo, perché quel tipo di iniziative di aggregazione così particolare, così nuova nel nostro paese, non si è mai vista una cosa del genere neanche a Genova. Non è durata, può riprendere ora, che fine hanno fatto quelle centinaia di operatori e chiedo anche a me stesso: "quanti di quegli operatori erano iscritti alla CGIL" e al di là del fatto materiale di aver in tasca una tessera, quale collegamento nella mente degli operatori ci può essere fra il livello sindacale organizzativo della tessera, del contratto in cui sono impegnati nella funzione pubblica e quell’altro livello la libertà terapeutica, mi chiedo ancora quanti avevano la tessera. E quale relazione siamo in grado di costruire noi fra i vari livelli e sono in grado di costruire loro all’interno della loro soggettività.

 

 

Precedente Home Su Successiva