Paolo Padoin

 

Paolo Padoin

Prefetto di Padova

 

Voglio innanzitutto ringraziarvi per questa opportunità. Ho colto molto volentieri l’invito del Presidente Casarin, perché per me, a differenza di molti altri, è molto comodo, attraverso un corridoio sono arrivato direttamente in questa sala molto bella. Ma soprattutto perché il carcere e gli istituti di rieducazione io ho cominciato a frequentarli quasi da quando avevo i calzoni corti, perché mio padre era Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni e visitando allora la sezione di Volterra, la colonia penale alla Gorgona, e altri Istituti, mi sono reso conto che era particolarmente importante, di come fosse essenziale e di quanta passione e professionalità ci mettessero i magistrati e gli operatori degli Istituti di reclusione per il recupero di quelli che erano finiti in carcere, soprattutto per quanto riguarda i minori.

E poi non soltanto da funzionario, ma da Prefetto, nelle varie sedi in cui ho svolto le mie funzioni, e debbo dire che i vari governi mi hanno fatto girare abbastanza, perché sono stato in Toscana, Lazio, Piemonte, Molise e adesso in Veneto, ho sempre voluto fra le prime visite privilegiare quelle agli Istituti carcerari. E avendo una visione anche abbastanza ampia della situazione, debbo complimentarmi con tutto il complesso dell’organizzazione, perché dovunque ho trovato magistrati, direttori, operatori degli Istituti carcerari, agenti responsabili di Polizia Penitenziaria che interpretavano il loro ruolo non sotto l’aspetto che chiamiamo repressivo o reclusivo, ma sotto l’aspetto più evolutivo del recupero, cercando di vedere nelle persone che sono detenute l’uomo, una persona che deve essere recuperata e hanno sempre fatto grandi sforzi e iniziative anche di grande fantasia per arrivare a questo scopo.

Ma, come in tutti i settori della nostra vita civile, a questo scopo non si arriverebbe soltanto con una organizzazione ben collaudata, ma senza il contributo fondamentale delle associazioni di volontariato, le cooperative sociali che collaborano con le direzioni degli istituti e il contributo delle collettività locali, che fanno moltissimo per dare una mano a queste iniziative. Oltre alla eccellente attività della Provincia, ma su quello non dico niente perché lo diranno molto meglio di me i due assessori che mi stanno vicino, ho molto apprezzato l’impegno dei piccoli Comuni nella collaborazione per l’attività di recupero di coloro che sono stati condannati. L’impegno dei piccoli Comuni è essenziale perché è proprio nelle piccole comunità, nelle piccole collettività che viene offerta una possibilità fruttuosa di lavoro, di contatto umano, di reinserimento nella società. E io credo che questa sia la strada maestra per arrivare a una sempre migliore applicazione della nostra normativa.
Da osservatore attento, interno ed esterno, direi che a fronte di tutti i dibattiti, tutte le discussioni che si fanno su norme più rigorose, norme meno rigorose, inasprimento della normativa, perfezionamento della pena, io credo che dovremmo partire da un dato di fatto: dovremo tutti considerare quali sono le norme, quali sono le difficoltà per la corretta applicazione di queste norme e vedere, nell’esperienza di fatto, quali sono le strutture, quelle sì, più evidenti che derivano dall’applicazione delle norme. Cambiamenti fatti in corsa, senza tener conto di un’esperienza, forse seguono un’emozione dell’opinione pubblica, ma non sono perfettamente concludenti. Debbo dire però che non più tardi di stamattina, ma nei tanti colloqui che abbiamo avuto con l’assessore Arcoraci, il Presidente Casarin, l’assessore Martinello, con il colloquio che abbiamo avuto con tutti i sindaci dei Comuni della Provincia, con i rappresentanti di associazioni, delle organizzazioni sociali, economiche, hanno tutti quanti sottolineato quella che hanno definito la necessità di una maggiore certezza nell’applicazione della pena. E questo credo che sia ovviamente un problema. Che sia un problema da discutere all’interno di tutta la nostra organizzazione, non so se con modifiche radicali della legislazione, ma quello che è sicuro, forse, che, anche facendo un minimo di auto critica a livello di organizzazione generale, forse un’applicazione più precisa, se ce ne danno i mezzi, e più diretta della normativa attuale, eliminando qualche sbavatura, potrebbe essere la soluzione, non dico ideale, ma comunque più vicina per i problemi che, non nascondiamocelo, dalla nostra società sono sottolineati e nascono.

 

 

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