Proposta di legge sull'affettività

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Camera dei deputati - n° 3020

Proposta di legge d’iniziativa dei deputati

Boato, Ruggeri, Biondi, Folena, Pecorella, Gironda Veraldi, Montecchi, Mazzoni, Mascia, Maura Cossutta, Buemi, Cento, Moroni, Mazzuca, Detomas, Pittelli, Ruzzante, Cola, Bressa, Lucchese, Russo Spena, Pistone, Ceremigna, Cima, Nicolosi, Damiani, Vitali, Bonito, Trantino, Fanfani, Deiana, Villetti, Zanella, Milioto, Tarditi, Siniscalchi, Fragalà, Molinari, Bulgarelli, Saponara, Carbonella, Perlini, Soda, Boccia, Di Serio D'Antona, Carra, Bolognesi, Santino Adamo Loddo, Amici, Camo, Carboni, Bimbi, Cazzaro, Colasio, Frigato, Chiaromonte, Rocchi, Giacco, Grignaffini, Grillini, Pinotti, Sasso, Trupia, Zanotti

 

Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di "affettività in carcere" 

 

Presentata il 12 luglio 2002

 

Onorevoli colleghi! – "Vogliamo tenere assieme cose che possono apparire impossibili, ma non devono esserlo, cioè un carcere vivibile in cui la pena non abbia nulla di afflittivo oltre la perdita della libertà". Sono parole dell’allora direttore generale del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Alessandro Margara, pronunciate l’11 marzo del 1999 i durante l’audizione alla II Commissione della Camera dei deputati in ordine al nuovo regolamento di attuazione dell’ordinamento penitenziario. Il diritto all’affettività in carcere, disse Margara in quella sede, è, e forse era ritenuto, un tema impossibile. Non lo è più, almeno nel confronto sociale e culturale. Non dovrebbe esserlo, è la ragione della presente proposta di legge, nell’ordinamento penitenziario e nel suo regolamento di esecuzione, di cui, rispettivamente, alla legge 26 luglio 1975, n° 354, "legge Gozzini" e al regolamento di cui al decreto del presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n° 230.

La presente proposta di legge costituisce l’esito positivo di un lavoro, di analisi e studio, di confronto fra le associazioni impegnate in ordine alle problematiche del carcere, un lavoro politico e parlamentare svolto nella XIII legislatura, dei Governi di centro-sinistra fra il 1996 e le ultime elezioni politiche e, in fine, del gruppo tecnico coordinato appunto da un magistrato quale il dottor Alessandro Margara, fra i padri della "legge Gozzini", che come direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria e come magistrato di sorveglianza, ha attribuito e, per così dire, restituito al mondo penitenziario piena legittimità fra i temi di uno Stato di diritto.

Alla definizione ed alla valutazione della presente proposta di legge, da ultimo nella giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti" che si è tenuta presso la casa di reclusione di Padova il 10 maggio 2002, a cura della rivista "Ristretti Orizzonti", hanno preso parte operatori penitenziari, avvocati, detenuti, operatori sociali, esperti in materia come Sergio Segio e Sergio Cusani e parlamentari di diverse forze politiche.

Un appello della rivista e della Conferenza nazionale volontariato giustizia sui temi del sistema penitenziario, per un impegno di ordine legislativo e politico, è stato sottoscritto da oltre cinquanta parlamentari appartenenti ad ogni schieramento politico. Così come altri appelli ed altre iniziative attuati in questi anni, da associazioni come Antigone o come il Gruppo Abele, da riviste come "Fuoriluogo", da organizzazioni internazionali nelle i sedi istituzionali dell’Unione europea nelle realtà più aperte a esperienze e a progetti di mutamento o, dove, al contrario, più difficili, arretrate e complesse erano e sono le condizioni in cui operano e vivono tutti i soggetti che appartengono al sistema penitenziario.

Nella XIII legislatura il tema dell’affettività in carcere, con la proposta del nuovo regolamento di esecuzione penitenziario elaborata sotto la responsabilità dell’allora sottosegretario alla giustizia, Franco Corleone e del direttore del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria Alessandro Margara, da argomento teorico divenne materia di governo. Il progetto di riforma del regolamento di esecuzione penitenziario, con i nuovi articoli e la sua innovativa impostazione di pensiero e di prospettiva, elaborati in riferimento anche, alle misure relative al trattamento penitenziario previste all’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, venne riformulato dopo il parere del Consiglio di Stato, n° 61 del 2000, con lo stralcio delle misure più innovative in materia di affettività nel testo definitivo approvato dal Consiglio dei ministri nel giugno del 2000 ed attualmente vigente.

Le obiezioni del Consiglio di Stato erano state elaborate sotto due profili. Da una parte, il "forte divario fra il modello trattamentale teorico" prefigurato nel nuovo regolamento penitenziario e l’inadeguatezza del "carcere reale". Dall’altra parte, di ordine non solo procedurale, rinviando l’introduzione di norme a favore del diritto all’affettività a scelte legislative e non al regolamento di esecuzione della legge 26 luglio 1975, n: 354: "nel silenzio della legge", si disse, il diritto all’affettività non è scelta che possa essere legittimamente effettuata in sede "regolamentare attuativa o esecutiva".

Nella sua versione originaria, lo schema del regolamento come ebbe modo di affermare il dottor Margara appunto nell’audizione, cui abbiamo già fatto riferimento, alla Camera dei deputati dell’11 marzo 1999, all’articolo 58, considerava il tema dell’affettività "nell’ambito dei rapporti con la famiglia, uno degli elementi del trattamento previsto dall’articolo 28 della legge penitenziaria. Nel quadro di tali rapporti - spiegava Margara - è prevista la possibilità che essi siano mantenuti in forma diversa dal colloquio: una di esse è la visita, vale adire un colloquio in ambiente senza separazioni, con possibilità di spostamento, come oggi avviene in molte aree verdi presenti in numerosi istituti italiani. Un altro aspetto è rappresentato da una sorta di permesso interno, rilasciato dal direttore, che consente di fruire di incontri con i propri familiari in ambienti separati dai colloqui". L’espressione concepita nel progetto di nuovo regolamento, sottolineava Margara, cioè quella di "unità abitative" era ed è presente nelle normative di altri Paesi e, aggiungeva Margara, "nelle stesse indicazioni contenute nelle regole internazionali".

Quel parere del Consiglio di Stato non incise, e non avrebbe potuto, sul riconoscimento del diritto all’affettività come parte di una politica per i diritti nel carcere e per il sistema penitenziario, che nella XIII legislatura ebbe una sostanziale seppure non esaustiva svolta riformatrice con l’approvazione delle leggi sulle detenute madri e sul lavoro dei detenuti. Il punto di svolta di quel progetto di nuovo regolamento e, sostanzialmente, del nuovo regolamento, era che il carcere non è una dimensione estranea, esterna, alla società, alle sue istituzioni. Ne è parte, seppure, e a lungo, il sistema penitenziario sia stato ritenuto una "discarica sociale", per usare un’espressione radicale ma efficace, chiamato a non riconoscere diritti e prospettive ma a recludere, appunto, e spesso, molti dei problemi che il sistema sociale o la politica non ritenevano propri.

"Il no del Consiglio di Stato - osserva, a questo proposito Corleone, nel suo libro dedicato agli anni di governo, alla giustizia, La Giustizia come metafora - non al merito della proposta ma alla possibilità di utilizzare lo strumento regolamentare, ha impedito l’avvio sperimentale, che sarebbe stato di grande utilità, di esperienze analoghe a quelle strutturalmente concepite nei Paesi europei in cui il carcere non è interpretato come luogo deputato all’annullamento dei diritti e delle emozioni, della sessualità e dell’affettività. Il diritto all’affettività è stato banalmente unificato, per una delle stupide semplificazioni d’uso corrente, con il diritto alla sessualità: è una scelta, che il nuovo regolamento riconosceva come tale, ma non è necessariamente un obbligo alla sessualità".

Il diritto all’affettività, come già affermato, da anni è diventato tema effettivo in altri Paesi europei, in primo luogo in Olanda, e patrimonio comune con la risoluzione sulle condizioni carcerarie approvata dall’Unione europea il 17 dicembre 1998. Una risoluzione in cui si affermava esplicitamente, in primo luogo nel caso di coniugi entrambi detenuti, con la previsione di sezioni miste ma in generale per tutti i detenuti, ritenendo essenziali i rapporti affettivi, che "venga preso in considerazione l’ambiente familiare dei condannati favorendo soprattutto la detenzione in un luogo vicino al domicilio della famiglia e promuovendo l’organizzazione di visite familiari e intime in appositi locali".

Il tentativo di reinserire il diritto all’affettività, dopo il parere del Consiglio di Stato negativo sotto i profili che abbiamo ricordato, nella discussione, alla fine della XIII legislatura, delle modifiche alla legge Simeone - Saraceni, non ebbe esito positivo, al pari, nella medesima legislatura, di altre due proposte di legge, l’una dell’onorevole Pisapia, l’altra dell’onorevole Folena, di modifica delle norme regolamentari in materia di colloqui e di permessi.

La presente proposta di legge intende, dunque, riproporre, giacché chi vi ha lavorato è fra coloro che lo hanno promosso e sostenuto, un dibattito di pensiero, di diritto, politico che dal 1986 ad oggi, nella XIII legislatura dal nuovo regolamento di esecuzione penitenziario agli indirizzi di governo e parlamentari che acquisirono piena legittimità, ha ottenuto difficili ma significativi progressi nella condizione carceraria, proponendo ora una riforma della legge sull’ordinamento penitenziario quale condizione essenziale al recupero di quelle norme regolamentari che erano previste nel progetto originario di riforma del regolamento di esecuzione penitenziario.

All’articolo 1 si modifica l’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, che, attualmente, riguarda i rapporti con la famiglia ("Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o stabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie"). Al proposito, riteniamo debba essere considerata anche l’affettività in senso più ampio, pertanto, alla rubrica dell’articolo, "Rapporti con la famiglia", abbiamo proposto di aggiungere "e diritto all’affettività" o Si propone, inoltre, di introdurre un nuovo comma, che recita:

" Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tale fine i detenuti e gli internati hanno diritto a una visita al mese della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore con le persone autorizzate ai colloquio Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi e auditivi "o In questo modo si lascia un ampio spazio alla definizione della natura di quelli che possono essere i" rapporti affettivi "; con un familiare, un convivente, o anche di amicizia. Questa visita potrebbe avvenire con qualsiasi persona che già effettua i colloqui ordinari; l’assenza dei controlli visivi e I auditivi serve a garantire l’assoluta riservatezza dell’incontro.

All’articolo 2 ed all’articolo 3 della presente proposta di legge altre due norme, anch’esse volte a garantire il diritto all’affettività, incidono sulla parte che riguarda la concessione dei permessi. All’articolo 2 si interviene sull’articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354, che prevede i cosiddetti "permessi di necessità", attualmente concessi solo in caso di morte o di malattie gravissime dei familiari; proponiamo di sostituire il secondo comma "Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi di particolare gravità", con il seguente: "Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza ", quindi eliminando sia il presupposto della "eccezionalità" sia quello della "gravità", sempre interpretato come attinente ad eventi luttuosi o comunque inerenti 10 stato di salute dei familiari del detenuto.

Con la modifica introdotta intendiamo far riconoscere che anche gli eventi non traumatici hanno una "particolare rilevanza" nella vita di una famiglia, quindi rappresentano un fondato motivo perché la persona detenuta vi sia partecipe.

All’articolo 3 si modica l’articolo 30 - ter della legge 26 luglio 1975, n° 354, che riguarda i permessi premio; proponiamo sia previsto un ulteriore periodo di permesso, oltre ai quarantacinque giorni (al massimo) oggi concessi per "coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro".

Alla fine dell’articolo proponiamo di introdurre un nuovo comma recante: "Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del comma 8, il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre ai permessi di cui al comma 1, un ulteriore permesso della durata di dieci giorni per ogni semestre di carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi".

Anche in questo caso gli "interessi affettivi" sono da considerare in senso ampio, quindi il permesso non deve necessariamente essere trascorso con i famigliari, con un coniuge o un convivente, ma può essere trascorso con qualsiasi persona con la quale vi sia un legame affettivo.

All’articolo 4 della presente proposta di legge, per quanto riguarda i detenuti che non possono avere colloqui regolari - ad esempio perché i loro familiari o amici abitano lontano dal luogo di detenzione si prevede la possibilità di sostituire i colloqui non effettuati con telefonate di quindici minuti. Di conseguenza, si propone che il quinto comma dell’articolo 18 della legge n° 354 del 1975, ("Può essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalità e le cautele previste dal regolamento"), sia sostituito dal seguente: "Per ciascun colloquio ordinario non effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico del destinatario".

Le telefonate non dovrebbero, quindi, essere limitate ai soli familiari ma riguardare tutte le persone con le quali vi sia un rapporto affettivo anche fuori della previsione dei "casi particolari".

Onorevoli colleghi, con la presente proposta di legge si intende ottenere che sia garantito il diritto ad un’affettività intesa in senso ampio: dalla sessualità, all’amicizia, al rapporto familiare. Un diritto all’affettività che sia, in primo luogo, diritto ad avere incontri, in condizioni di intimità, con le persone con le quali si intrattiene un rapporto di affetto.

In una recente occasione pubblica, il Presidente del Consiglio dei ministri ha dichiarato che la detenzione carceraria consiste nella privazione della libertà, ma non deve comportare anche la privazione della dignità delle persone. Condividiamo l'affermazione di questo elementare, ma fondamentale principio, che deve ispirare lo Stato di diritto in rapporto alle persone detenute. Ed anche per questo motivo ci auguriamo che il Parlamento voglia tempestivamente esaminare questa proposta di legge, finalizzata a garantire la dignità nella prioritaria sfera affettiva delle persone che si trovano detenute in carcere. 

Proposta di Legge

 

Articolo 1

 

1. All’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

"Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tale fine i detenuti e gli internati hanno diritto ad una visita al mese della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore con le persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo, senza controlli visivi e auditivi".

 

2. Alla rubrica dell’articolo 28 della legge 26 luglio 1975, n° 354, sono aggiunte in fine le seguenti parole: 

 

"e diritto all’affettività".

 

 

Articolo 2

 

1. Il secondo comma dell’articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n° 354, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

 

"Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza".

 

 

Articolo 3

 

1. All’articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n° 354, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

 

"8-bis. Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del comma 8, il magistrato di sorveglianza può concedere, oltre ai permessi di cui al comma 1, un ulteriore permesso della durata di dieci giorni per ogni semestre di carcerazione per coltivare specificatamente interessi affettivi".

 

 

Articolo 4

 

1. Il quinto comma dell’articolo 18 della legge 26 luglio 1975, n° 354, è sostituito dal seguente:

 

"Per ciascun colloquio ordinario non effettuato è concesso ai detenuti e agli internati un colloquio telefonico aggiuntivo, con le persone autorizzate, della durata di quindici minuti. La telefonata può essere effettuata con costo a carico del destinatario".

 

 

 

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