Comunicato stampa con le conclusioni

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Salvare gli affetti dei detenuti dai disastri del carcere 
significa anche contribuire a costruire una società più sicura!

 

Se si pensa che il 30 % dei figli di detenuti finisce a sua volta in carcere, e che il 70 % di chi esce dal carcere rischia di diventare recidivo, allora dovrebbe essere evidente a tutti che lavorare per salvare i legami familiari dei detenuti dalla distruzione provocata dal carcere significa anche rendere un po’ più sicura la società: perché è evidente che un detenuto, che esca a fine pena e non sia solo e abbandonato a se stesso, e un figlio seguito e sostenuto nonostante la pesante esperienza della carcerazione di un genitore, costituiscono un pericolo inferiore per il mondo esterno.

Di questo si è parlato nella Giornata di Studi Carcere: Salviamo gli affetti, promossa dal Centro di Documentazione Due Palazzi, dalla Casa di Reclusione di Padova, dalla Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e dal Coordinamento dei Giornali dalle carceri del Nordest, che ha portato dentro al carcere padovano più di 300 persone dal "mondo fuori", parlamentari, operatori penitenziari, avvocati, magistrati, operatori sociali, famigliari di detenuti, detenuti in permesso da altre carceri.

Si è parlato dell’esperienza della Svizzera, dove in carcere sono consentiti colloqui intimi, colloqui gastronomici dove si pranza insieme ai parenti, colloqui Pollicino con i figli; del Brasile, dove, nonostante le carceri siano disastrate, si garantisce ai detenuti la possibilità di incontrare i loro famigliari in condizioni di intimità; della Francia, dove da anni opera la Federazione dei Relais Enfants Parents, una rete di associazioni, diffusa su tutto il territorio nazionale, che si occupa dei figli dei detenuti e sostiene le famiglie nel loro difficile percorso accanto alle persone incarcerate.

In Italia invece le esperienze di sostegno organizzato ai familiari dei detenuti si contano sulle dita di una mano, ed erano tutte presenti a Padova, a testimoniare il loro lavoro: Bambini senza sbarre, a San Vittore, Telefono azzurro, a Roma e Monza in particolare, La Fraternità a Verona, Progetto Tonino a Secondigliano, finanziato dal Comune di Napoli attraverso la Legge per l’infanzia 285/97.

Tra gli interventi anche quello della madre di un detenuto, che ha descritto l’isolamento e il senso di vergogna attraverso i quali lei e suo marito sono passati, e poi ancora di Stefania Chiusoli, che nel libro "Quasi tutto ancora da vivere" ha narrato la sua storia di donna innamorata di un ergastolano, che lo ha seguito per più di vent’anni attraverso le carceri di mezza Italia; di Sergio Segio e Sergio Cusani, che la loro esperienza del carcere non l’hanno cancellata e sono attivi più che mai per cambiare qualcosa nelle condizioni di detenzione.

 

Queste le conclusioni della Giornata di Studi

 

Richiamare l’attenzione delle istituzioni sulla necessità di attivare forme efficaci di sostegno alle famiglie dei detenuti (sportelli informativi, gruppi di autoaiuto, centri di ascolto).

 

Avviare una campagna di sensibilizzazione per far capire al mondo che sta fuori che un detenuto, che riesce a mantenere e rafforzare i suoi legami familiari, costituisce un po’ di sicurezza in più per la società.

 

Promuovere una iniziativa parlamentare forte per presentare la Proposta di Legge sull’affettività elaborata a Padova.

 

 

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