Articolo di Annamaria Alborghetti

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Una proposta elaborata nel carcere

di Annamaria Alborghetti

 

Fuoriluogo, maggio 2002

 

Nell’ambito della giornata di studi su "Carcere: salviamo gli affetti" organizzata presso la casa di Reclusione di Padova, si è discusso in merito alla proposta di modifica dell’ordinamento penitenziario, già avanzata nella scorsa legislatura dal deputato Giuliano Pisapia, al fine di garantire le relazioni affettive e familiari dei detenuti. Si è ritenuto innanzitutto importante affermare il principio per cui l’affettività venga riconosciuta come "diritto". Un diritto inviolabile, riconducibile a quel più ampio diritto garantito dall’art. 2 della Costituzione di poter esprimere la propria personalità sotto ogni aspetto. Come tale, quindi, deve essere garantita anche ai soggetti detenuti la possibilità di instaurare e mantenere rapporti affettivi.

L’affettività, proprio per la sua ampia accezione, non può limiti ai rapporti familiari. Pertanto si è ritenuto di proporre una modifica dell’ art. 28 L. 354/75 aggiungendo alla rubrica "rapporti con la famiglia" le parole: "e diritto all’ affettività". Pari dignità è riconosciuta a un rapporto affettivo di qualsivoglia natura, così come ai rapporti familiari.

Si è quindi inteso usare la stessa espressione di cui al primo comma dell’art. 28 o.p. laddove si dice: "Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con la famiglia" aggiungendo un secondo comma che così recita: "Particolare cura è altresì dedicata a coltivare i rapporti affettivi. A tal fine i detenuti e gli internati hanno diritto a una visita al mese della durata minima di sei ore e massima di ventiquattro ore con le persone autorizzate ai colloqui. Le visite si svolgono in locali adibiti o realizzati a tale scopo senza controlli visivi e auditivi".

L’espressione "coltivare i rapporti affettivi" può apparire generica ma è sicuramente più aderente a quell’ampio concetto di "affettività" che si vuole garantire. In tal senso è apparso inopportuno distinguere un diritto alla sessualità da un diritto a incontri con il coniuge, con i figli o conviventi. Quel che si vuole tutelare e garantire è la sfera dell’intimità affettiva del soggetto che potrà esprimersi come egli crede. Proprio per tale ragione si è fatto genericamente riferimento ai soggetti, che già effettuano colloqui in carcere con il detenuto.

E indubbio che si porranno problemi per i detenuti sottoposti a sorveglianza speciale per i quali, allo stato attuale delle cose, saranno inevitabilmente previste delle limitazioni. Nessun limite appare invece giustificabile per i condannati per i reati previsti dall’art. 4 bis o.p.. Al più potranno essere previsti gli stessi limiti già imposti per i colloqui ex art. 37, 8° comma Dpr 230/2000.

Sempre al fine di garantire il diritto all’affettività si è proposta la modifica dell’art.30-ter o.p. (permessi premio) aggiungendo, alla fine, il seguente periodo: "Un ulteriore permesso della durata di dieci giorni per ogni semestre di carcerazione può essere concesso per coltivare specificatamente interessi affettivi". In tal modo si è voluto porre l’accento sulla particolare rilevanza che viene data all’ affettività rispetto agli altri motivi per cui può essere concesso il permesso premio (interessi culturali o di lavoro). Infine un’ulteriore proposta di modifica riguarda i permessi previsti dall’art. 30 o.p..

Il secondo comma dell’ art. 30 o.p. prevede: "Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravità". Dopo l’entrata in vigore dell’art. 30 ter o.p., introdotto dall’art. 9 L. 663/86, la Magistratura di Sorveglianza si è attestata in un’interpretazione estremamente rigida e restrittiva dell’ art. 30, limitando i suddetti eventi molto spesso alle sole ipotesi di parenti stretti in fin di vita. Si è pertanto proposto di sostituire il secondo comma dell’art. 30 con il seguente: "Analoghi permessi possono essere concessi per eventi familiari di particolare rilevanza". Eventi, quindi, che non necessariamente dovranno identificarsi con momenti luttuosi. In tal modo verrebbe data la possibilità anche a quei detenuti per i quali non sono ancora maturati i termini previsti dal quarto comma dell’art. 30 ter o.p. di vedere garantito il loro diritto a vivere in intimità con i propri familiari i momenti più significativi per la vita familiare.

 

 

 

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