Serafino Privitera

 

Giornata di studi "Carcere: salviamo gli affetti"

L’affettività e le relazioni famigliari nella vita delle persone detenute

(La giornata di studi si è tenuta il 10 maggio 2002 nella Casa di Reclusione di Padova)

Serafino Privitera (Responsabile della formazione nel carcere di Lugano)

 

Io avevo preparato una relazione di circa una quindicina di minuti, ma credo sarà impossibile leggerla tutta, quindi ne farò un breve riassunto. In Svizzera non abbiamo un ordinamento penitenziario federale, in quanto ogni cantone ha il dovere e ha la facoltà di fare eseguire le pene. Quindi in Svizzera abbiamo 26 procedure penali, a differenza dell’Italia, dove abbiamo un codice penale e una procedura penale.

Anche se poi le procedure, di per sé, non si differenziano una dall’altra, in quanto devono attenersi ai principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, come anche i regolamenti penitenziari devono attenersi alle regole internazionali europee. Questa raccomandazione è stata incorporata in tutte le legislazioni europee, compresa quella Svizzera.

Il Ticino, in particolare, ha dato fin dagli anni ottanta la possibilità ai detenuti di usufruire di questi "congedi interni": il detenuto lascia il penitenziario, cioè la cinta di alta sicurezza, e viene accompagnato all’esterno, dove è situata una piccola casetta, una tipica casetta Svizzera, in mezzo al verde, circondata dal bosco.

All’interno troviamo un camino, una piccola sala da pranzo e una camera da letto. Però non era pensata, negli anni ottanta, per incontri affettivi "sessuali". Era pensata anche come luogo d’incontro con i propri cari, cioè pensando ai bambini, ai famigliari più stretti. Questa possibilità venne offerta a tutti i detenuti che, periodicamente ogni due mesi, possono ottenere un congedo interno.

Poi c’è la possibilità dei colloqui gastronomici, che consiste di consumare assieme ai propri famigliari un pasto in comune, oppure i colloqui Pollicino (che riprende un po’ questo concetto di piccolo), durante i quali i detenuti possono incontrare i propri bambini all’interno del carcere. Quindi offriamo una vasta gamma di possibilità ai detenuti perché, da sempre, abbiamo creduto che l’affetto è alla base della risocializzazione. Credo che non ci sono altri argomenti che possono garantire la risocializzazione senza l’affetto.

Io non voglio riaffrontare sul problema storico dell’affettività, andremmo un po’ oltre ai tempi accordati precedentemente. Ci sarebbe da fare un discorso storico - culturale sull’influsso che ha avuto anche il cristianesimo sui rapporti sessuali all’interno del carcere (quanto li ha avuti anche all’esterno), però direi di limitarmi a questo per il momento.

 

Giovanni Anversa

 

Io direi di cominciare a ragionare sul tema del sostegno alle famiglie e ai figli dei detenuti, sulle strutture di aiuto alla rete famigliare. Sentiamo l’Associazione "Bambini Senza Sbarre", di Milano.

 

 

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