In-Veneto: informazione tra il carcere e il territorio

Edizione n° 56, del 17 febbraio 2009

 

Notizie da Padova

Educazione alla legalità e Costituzione

Notizie da Venezia

Adolescenze difficili: Storie, Biografie, Autobiografie

Suor Gabriella: una suora "speciale" alla Giudecca

Notizie da Vicenza

Progetto Jonathan incontra i ragazzi

Notizie da Verona

Detenuti al lavoro! In un tascabile

Ambulatori Ulss: gli irregolari hanno fiducia

Storie di noi, di loro, di carcere

Appuntamenti

Verona: incontro sul tema "Povera giustizia"

Notizie da Padova

 

Educazione alla legalità e Costituzione

 

Il titolo dell’incontro con don luigi Merola, il prete di Forcella (Napoli) sotto scorta da qualche anno per aver avuto il coraggio di mettersi contro la camorra, dà subito l’idea di che cosa si è parlato con gli studenti di molte scuole di Padova e provincia - medie inferiori e superiori - mercoledì mattina all’auditorium Pollini, a Padova. C’erano il Prefetto di Padova, Michele Lepri Gallerani, il Questore della città, Luigi Savina, il dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale, Franco Venturella, Ferdinando Cerchiaro del Coordinamento regionale delle Consulte scolastiche.

Ora don Luigi, per motivi di sicurezza personale, non fa più il parroco ma ha un incarico al Ministero della Pubblica istruzione, chiamato dall’allora ministro Giuseppe Fioroni. Va a parlare di legalità nelle scuole e presta il suo servizio a titolo gratuito. Ha fondato un’associazione "A voce d’’e creature" con sede nella villa espropriata del boss Brancaccio di Poggioreale. L’associazione si prefigge di realizzare interventi di recupero scolastico e di contrasto della dispersione scolastica attraverso percorsi educativi e di formazione, di offrire servizi assistenziali, di aggregazione sociale e integrazione culturale, di agevolare la collocazione occupazionale attraverso la formazione di nuove figure professionali e il recupero di antichi mestieri. Dopo il benvenuto del presidente del coordinamento degli studenti Tommaso Andreetto, il coro dell’Accademia Musicale S. Benedetto di Montagnana ha cantato l’Inno e a quel punto c’è stato il colpo di scena: tutti gli studenti si sono alzati in piedi. Dopo sono iniziati gli interventi degli ospiti i quali, tutti, hanno posto l’accento sull’importanza della partecipazione. Il Prefetto ha parlato dell’importanza delle regole in una società civile, regole che l’uomo si è autoimposto per poter convivere, per poter essere libero, per consentire a ciascuno di essere libero. Ma ha parlato anche di doveri accennando all’articolo 4 comma 2 della Costituzione - Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società -. Diritto alla libertà ma anche dovere di contribuire al progresso della società, quindi partecipazione. In un momento in cui c’è un chiaro tentativo di svuotare la Costituzione questo accenno è stato importante.

Il Questore invece ha raccontato la sua storia professionale attraverso la quale ha parlato di droga e dell’aumento esponenziale della sua diffusione. Ha parlato di prevenzione, che dal 2000 non è più stata fatta, e quindi ha chiesto collaborazione, quindi anche qui partecipazione, agli studenti.

Franco Venturella ha richiamato don Milani e il suo credo: il compito della scuola è di far crescere cittadini sovrani, quindi partecipativi. "C’è un mondo che vi vuole imbambolati" dice, facendo riferimento ai 7 milioni che la sera precedente avevano guardato "Il Grande Fratello", chiarendo che "il sonno della ragione genera mostri".

Naturalmente anche il coordinatore regionale delle Consulte degli Studenti parla dell’importanza della partecipazione già dalla scuola, ma anche dell’importanza della prevenzione. Critica il voto in condotta che, dice, non educa, punisce. Dopo tutte queste premesse c’è finalmente l’intervento di don Merola. prete giovane e capace di comunicare con i ragazzi. Strappa qualche risata per il suo modo di ironizzare anche sulle cose serie, ma lascia il segno. La scuola è maestra di vita, non di nozioni, dice, e oggi si trova a sostituire la famiglia. Legge un brano di un libro, "Bulli per noia", da cui trae una conclusione: la normalità è vista come anormalità, quindi chi fa il proprio dovere è visto come un anormale! Il mondo è al rovescio - dice - e i giovani sono la nostra speranza di rimetterlo in piedi. E non mancano le critiche alla Chiesa (è Sua la colpa se i giovani se ne allontanano) e alla televisione cattiva maestra. La Chiesa - dice don Merola - dà la comunione ai boss della camorra ma la rifiuta ai divorziati. E poi sprona i ragazzi a una coscienza critica e, parlando dei "suoi" ragazzi di Forcella pone l’accento sul fatto che nessuno nasce delinquente, ma che in certi luoghi e in certe situazioni, specie dove l’ignoranza regna sovrana, lo si diventa per forza. Insomma, don Merola parlando, portando esperienze ed esempi, criticando ha cercato di trasmettere ai giovani presenti l’entusiasmo di partecipare alla vita civile, di partecipare ai tentativi di cambiamento, di partecipare al tentativo di migliorare la nostra società e il nostro paese.

 

Notizie da Venezia

 

Adolescenze Difficili: Storie Biografie Autobiografie

 

È il terzo anno che l’Associazione Lila e il Lions Club Mestre Castelvecchio, in collaborazione con le Opere Riunite Buon Pastore di Venezia e gli Assessorati alle Politiche Sociali della Provincia e del Comune di Venezia, e con il patrocinio della Regione Veneto e della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, organizzano una serie di incontri per gli operatori sociali impegnati con gli adolescenti. "Adolescenze Difficili" è il titolo dell’iniziativa che ha l’obiettivo di riflettere attraverso il confronto, per trovare nuovi linguaggi per relazionarsi con gli adolescenti di oggi. Il Granello di Senape partecipa a queste giornate di "studio" perché impegnato nel progetto "Il carcere entra a scuola, le scuole entrano in carcere" in cui il confronto, il dialogo, il rapporto con gli adolescenti sono il motore principale di tutte le iniziative. Con gli adolescenti bisogna saper comunicare con linguaggi che continuano a cambiare, ma che in fondo sono sempre gli stessi: cambiano i mezzi di comunicazione, ma non i bisogni profondi dei giovani. Giovedì 12 febbraio gli ospiti erano Mariapia Borgnini, artista e psicopedagogista ticinese che lavora con adolescenti stranieri nelle classi di pre-tirocinio d’integrazione applicando il metodo "fare storie", (soprattutto attraverso il "foto linguaggio") e Mario Vio, collaboratore scientifico della L.U.A. (Libera Università dell’Autobiografia) che si occupa di consulenza autobiografica nelle relazioni d’aiuto. Il film proiettato "Born into brothels" ("Nati nei bordelli"), documentario che ha vinto l’Oscar nel 2005, è la storia vera di un gruppo di ragazzini indiani nati e cresciuti nel quartiere "a luci rosse" di Calcutta, le cui madri, zie, nonne, bisnonne fanno le prostitute. La regista, Zana Brinski, fotografa newyorkese capitata a Calcutta per un reportage fotografico, decide di vivere nel quartiere a luci rosse della città indiana per riuscire a calarsi in modo totale nell’ambiente che vuole riprendere. Lì incontra, o per meglio dire si scontra, con i ragazzini e le ragazzine che vivono in questo squallore, e instaura con un piccolo gruppo di questi un rapporto in cui lei diviene l’"insegnante" di fotografia. I ragazzi si appassionano, si affezionano, raccontano la loro vita attraverso gli scatti (autobiografie), vogliono riscattarsi. Alcuni ci riescono - si iscrivono a scuola con tutte le difficoltà che ci sono in una società divisa in caste, dove chi cresce nei bordelli non è certo parte delle caste più alte - altri tornano alla vita a cui erano destinati, chi per volere dei congiunti, chi per incapacità a staccarsi dalla madre o dalla zia, che, per quanto persone che vivono una vita non dignitosissima, sono pur sempre gli affetti e i legami più forti. La regista, in un’intervista rilasciata dopo aver vinto l’Oscar, parla del rispetto che ci vuole quando si decide di fare "qualcosa di buono per qualcuno": il rispetto della volontà di colui che si vuol aiutare deve significare che colui che porta il suo aiuto non imponga ciò che egli crede sia meglio per l’altro.

La fotografia per raccontare la propria storia, l’autobiografia come sostegno alle situazione di disagio, parlare di se stessi per "guarire", per prevenire i propri futuri errori, quelli che portano verso l’autodistruzione. Anche così si può fare prevenzione.

 

"Porto in me il germe di ogni crimine": una suora "speciale" alla Giudecca

 

Una suora che lavora in carcere da tempo immemorabile.

Una suora che si mette "nei panni di" e che non giudica.

Una forza della natura che se ne inventa ogni giorno una.

E l’ultima che ha pensato è di fare una specie di formazione, senza ricevere fondi pubblici, - visto anche dove spesso vanno a finire, ossia in progetti completamente staccati dalla realtà - per avvicinare un gruppo di ragazze al mondo del carcere.

Suor Gabriella, o, come la chiamano tutti, suor GiBi, da anni porta gruppi di giovani donne volontarie in carcere. Ma, mentre prima questi gruppi andavano alcuni giorni all’anno, di solito nel periodo a cavallo di Ferragosto, e una o due volte ulteriori nel corso di un anno, ora questo appuntamento è diventato mensile. Ragazze provenienti da tutto il nord Italia hanno iniziato questa esperienza la scorsa estate e ogni mese tornano a Venezia ospiti delle suore di San Giuseppe o dei frati cappuccini del Redentore, per poter andare in carcere e coltivare l’amicizia con le detenute. Amicizia con il fine di creare una relazione profonda, anche se in un ambiente come il carcere ciò risulta molto difficile per tutta una serie di pregiudizi. Suor GiBi la chiama "formazione alla carità" e ha parlato di una sorta di "adozione a distanza". Questo perché ogni giovane coltiva una relazione personale con una o due detenute, con un rapporto epistolare che le tiene in contatto lungo tutto il periodo in cui una donna è detenuta. In qualche caso l’amicizia è continuata anche dopo la scarcerazione.

Lo scorso fine settimana il tema della formazione è stato "Porto in me il germe di ogni crimine", perché Suor Gabriella crede nel bisogno di relazioni paritarie con chi è detenuto, e non nel volontariato dove il volontario è colui che fa solo del bene a chi fa solo del male. E per questo si rivolge alle ragazze giovani, quasi tutte universitarie, che sanno mettersi sullo stesso piano e non fanno nessun tipo di moralismo. Suor Gabriella lavora in Giudecca da ormai vent’anni - quasi un ergastolo! - ed è sempre stata molto attiva nel creare momenti dove le detenute potessero rapportarsi con l’esterno e dove le persone da fuori potessero avvicinarsi a questo mondo in modo "differente".

 

Notizie da Vicenza

 

Progetto Jonathan incontra i ragazzi

 

Il parroco della parrocchia di S. Lazzaro a Vicenza, don Matteo Menini, che qualche esperienza di carcere ce l’ha perché a volte sostituisce don Agostino Zenere, cappellano della Casa Circondariale della città, ha invitato gli operatori di Progetto Jonathan a parlare ai ragazzi della parrocchia.

Ci scrive Davide, uno dei volontari dell’associazione: "è successo un piccolo miracolo..." miracolo perché all’incontro con i ragazzi di terza media sono andati in 5: due operatori e tre delle persone che accolgono nella loro comunità, che ci hanno messo la faccia. Il Progetto Jonathan, infatti, ha una casa di accoglienza per persone con percorso penale, o già finito o in corso. Continua Davide "leggendo quello che una catechista ha scritto dopo l’incontro mi è venuta in mente una frase di Alessandro Baricco: "Accadono cose che sono come domande: passa un minuto, passano anni e poi la vita risponde". Giovanna, la catechista, ha mandato queste osservazioni che riportiamo fedelmente.

"L’ incontro di oggi pomeriggio si è rivelato assolutamente proficuo ed interessante.

Tutti i nostri ragazzi sono stati attenti e curiosi, non hanno dimostrato timidezza o timore nel rivolgere loro domande. E gli stessi ospiti si sono dimostrati disponibili al dialogo, pazienti, hanno saputo adattare le parole ed i racconti all’età e alla maturità dei ragazzi.

La cosa che più mi ha colpito e verso cui ho concentrato la mia attenzione è stato il loro sguardo, i loro occhi, la loro posizione china, le mani quasi giunte.

Occhi segnati in cui era possibile leggere tanti sentimenti: tristezza, amarezza, talvolta sfiducia, trapelata in alcuni messaggi che hanno lanciato. Ma anche voglia e volontà di ricominciare, di riconoscere nel pentimento l’errore e quindi di farsi portatori di "riflessione".

Superare i pregiudizi della gente rimane tuttavia il limite più grosso.

Da una riflessione scambiata con la collega di catechismo, siamo giunte alla stessa considerazione: tutti avremmo timore o forse ancora più paura, sapendo che il nostro vicino di casa ha avuto problemi con la giustizia. Nutriremmo un solo sentimento: paura e rabbia, ancora di più se si trattasse di gente straniera. Le notizie di cui ogni giorno i giornali e la televisione ci propongono evidenziano e diffondono questi sentimenti.

Ma il contatto, la conoscenza seppure minima di questa gente, oggi ha portato tutti ad un approccio diverso verso quello che abbiamo considerato diverso fino a ieri.

Essersi seduti accanto, in un unico cerchio, averli ascoltati, aver riflettuto sulle loro parole, pause e sospiri, ha fatto scattare in noi un momento di riflessione positiva e propositiva verso chi è stato meno fortunato di noi. E soprattutto verso loro.

Fare catechismo in questo modo, imparare ad ascoltare dalle lezioni di vita, credo sia la maniera giusta, stimolante e decisamente più interessante per l’approccio al domani.

Tutti dovremmo almeno una volta porci con un "senso" e un cuore diverso.

Questa sarebbe apertura e riflessione alla e sulla vita, alle ingiustizie così come alle disgrazie, ai destini, ma soprattutto lasciare spazio ai sogni."

 

Notizie da Verona

 

Detenuti al lavoro! In un tascabile

 

"Lavoro!". Una parola sola per raccogliere, in un libretto di circa quaranta pagine, le riflessioni, esperienze e speranze di alcuni detenuti di Montorio, sullo scottante tema del lavoro. Si tratta del quinto tascabile prodotto all’interno del carcere di Verona, su impulso dell’associazione La Fraternità, durante il corso di Comunicazione e Grafica destinato ai detenuti. Tematiche precedenti: la libertà, il tempo e i passatempi, nascite e matrimoni nel mondo e le favole narrate da chi è recluso. Con quest’ultima opera, l’obiettivo è quello di sensibilizzare chi sta fuori sull’importanza di lavorare all’interno del carcere e trovare un’occupazione una volta usciti. Nel libretto tra l’altro emergono le frustrazioni e umiliazioni subite dai detenuti nel tentativo di inserirsi nel mondo del lavoro. Il tascabile lo si può trovare nella sede dell’associazione La Fraternità in via Provolo, 27. Per maggiori informazioni: www.lafraternita.it

 

Ambulatori Ulss di Verona: gli irregolari hanno fiducia

 

"Da almeno 3 anni tutte le Ulss regionali hanno ambulatori riservati agli immigrati irregolari, cui offrono prestazioni base non specialistiche. Si tratta di convenzioni locali con le aziende sanitarie, per dare assistenza anche a chi non è in regola". Flavio Magarini, presidente del Tribunale per i diritti del malato di Verona, a seguito dell’emendamento della Lega approvato in Senato per dare ai medici il diritto di denunciare gli utenti irregolari, ci tiene a ricordare che "in Italia la medicina d’urgenza è garantita a tutti. Il medico deve curare, assistere ma non ha né la competenza né la volontà di fare denunce". E conclude: "Gli ambulatori al momento lavorano a pieno ritmo e mi auguro che prevarrà il buon senso".

Ambulatori come quello gestito dal dottor Maurizio Gomma, responsabile dei servizi per le dipendenze della Ulss20, secondo cui "il segreto professionale serve proprio a far sì che tutte le persone si rivolgano alle strutture per le cure. Questo è ancora più importante per le malattie contagiose come la tubercolosi, una malattia quasi scomparsa che oggi torna non solo, ma anche, per gli stranieri che portano questa patologia. A Verona al momento si registrano solo due casi, entrambi circoscritti al carcere, ma se gli stranieri sanno di poter essere segnalati, tenderanno a non venire più nelle nostre strutture, mettendo a rischio la salute di tutti". Gomma si interroga inoltre sul problema di fondo di chi segnalare alle autorità. "Noi che lavoriamo anche in carcere, sappiamo che molte persone vi entrano con varie identità. Come e con quale utilità il medico dovrebbe segnalare chi dà documenti o nominativi falsi?".

Lo sportello Ulss per le dipendenze segue due tipi di utenza: chi è affetto da dipendenze e chi da malattie infettive. Nel primo caso il numero degli stranieri in trattamento riguarda meno del 10 per cento delle persone. Il numero cresce all’interno della struttura penitenziaria dove, su 300 persone con problemi di dipendenze, circa la metà sono stranieri irregolari. Con le malattie infettive cresce il numero degli irregolari interessati ma è molto più difficile stabilire in che numero, visto che l’utente resta nell’anonimato. Sono irregolari e prostitute soprattutto quanti si rivolgono alla struttura per uno screening, mentre il loro numero diminuisce tra chi è affetto da malattie infettive. Su 600 persone affette da Hiv seguite dalla Ulss, gli irregolari sono circa 50.

Ci sono poi le donne straniere, le cui gravidanze o problematiche di salute sessuale non si fermano certo di fronte alla mancanza di documenti in regola. A Verona sono circa 600 le donne che ogni anno si rivolgono all’ambulatorio spazio donna straniera della Ulss20, spesso non per la prima volta. La dottoressa Mara Fasoli, assistente sociale e referente per l’ambulatorio, spiega: "Tuteliamo la maternità e la salute sessuale di donne straniere non in regola. Nonostante un lieve calo di utenza nel periodo dei provvedimenti contro la clandestinità, in generale il numero delle donne che si rivolge a noi è costante. Ormai ci conoscono e si è costruito un rapporto di fiducia. La necessità è tale da far superare loro alcuni timori. La paura ce l’hanno piuttosto a camminare per strada o a prendere l’autobus. Questa proposta di legge è di difficile gestione. I medici hanno la responsabilità di offrire assistenza e di tutelare la salute di tutti".

Il primario del Pronto Soccorso di Borgo Trento Giampaolo Rocca preferisce non dare ancora "né giudizi né anticipazioni su un emendamento che è passato al Senato ma non ancora alla Camera".

Anche il dottor Sandro Caffi, direttore generale dell’azienda Ospedaliera di Verona, non affretta dichiarazioni, pur rammentando che: "l’azienda ospedaliera ricovera attraverso il Pronto Soccorso per questioni di urgenza. Il compito dell’azienda è di ricoverare i soggetti che arrivano e chiedono il ricovero".

Di certo non ha dubbi il direttore della Caritas di Verona, Don Giuliano Ceschi, che afferma: "Se passasse la legge continueremmo a non segnalare nessuno. Chi si rivolge a noi riceve e continuerà a ricevere cure mediche. Non parliamo di disagio abitativo o altro, ma di un ambito molto circoscritto, quello della sanità, in cui il medico ha un codice deontologico che deve rispettare". Dello stesso parere anche Giulietta Luciani, responsabile del Cesaim, il centro salute per immigrati che, prima dell’apertura di ambulatori Ulss riservati, era la realtà di riferimento per la salute degli immigrati irregolari. Conclude la Luciani: "Facciano pure quello che vogliono, noi andiamo avanti per la nostra strada".

 

Storie di noi, di loro, di carcere

 

"Testa dura e costanza". Secondo Roberto Sandrini, presidente dell’associazione La Fraternità, sono questi gli ingredienti fondamentali di una formula che funziona da quarant’anni. Quei "40 anni tra i lupi" che danno il titolo all’ultimo libro pubblicato dall’associazione, presentato di recente nel teatro della parrocchia dei Santi Apostoli a Verona. Nel libro i volontari raccontano scelte, motivazioni ed esperienze nel mondo della giustizia e aprono a nuovi punti interrogativi.

Primo tra tutti: perché questa scelta di volontariato?

Silvana ha iniziato per "un vuoto, un interrogativo da colmare dopo la pensione". Rachele - la socia più giovane e attuale responsabile del Centro d’ascolto dell’associazione che sogna di diventare un giorno la direttrice di un carcere - sente che "un fuoco c’è, ma non riesco ad identificarne la motivazione". E poi c’è Lina che, dopo altre esperienze di volontariato, ha deciso di rivolgere il suo desiderio di fare "verso gli ultimi, quelli meno seguiti". Ai detenuti Lina ormai da 12 anni cerca di regalare qualche momento di tranquillità, con il suo costante impegno nella corrispondenza, "fondamentale momento in cui ci si racconta". Maurizio descrive la sua spinta come una "dipendenza dal voler darsi agli altri. Non un ragionare teorico, ma un sentire forte". "L’esperienza insegna e gli errori anche - continua - e serve impegno, non solo pulsione che spinge. Sete di confronto e anche sete di cultura".

Quello di Fra Beppe, l’anima dell’associazione, è invece "un dono: di non avere un reato che mi spaventi". Il fondatore della Fraternità non si stanca di ripetere, riferendosi ai suoi "detenuti lupi", che "dopo una vittima non bisogna farne un’altra" e, soprattutto, che "dietro ogni fascicolo c’è una persona, non un caso senza volto".

E il volto della Fraternità, qual è? Spiega ancora il presidente: "Il fatto di aver sede in un convento dimostra chiaramente la nostra impronta cattolica, ma la nostra associazione da sempre opera in maniera aconfessionale e apartitica. L’unico principio su cui siamo tutti d’accordo è credere nella persona. Compiere 40 anni non vuol dire invecchiare, ma mantenersi giovani. A ogni riunione del lunedì sera l’associazione si aggiorna costantemente per affrontare i cambiamenti. Linfa nuova continua a scorrere, necessaria per andare avanti".

 

Appuntamenti

 

Verona: incontro sul tema "Povera giustizia"

 

Cinema Aurora in via Gerolamo Fracastoro, 17 - Borgo Venezia. Mercoledì 18 febbraio, alle 20.45 incontro sul tema: Povera giustizia! E meno male che il volontariato... Presentazione del libro "40 anni tra i lupi" in cui i volontari della Fraternità raccontano quello che vedono e che fanno nell’intricato mondo della giustizia.

Direttore: Ornella Favero

Redazione: Chiara Bazzanella, Francesca Carbone, Livio Ferrari, Vera Mantengoli, Paola Marchetti, Maurizio Mazzi, Francesco Morelli, Riccardo Munari, Franco Pavan, Paolo Pasimeni, Jaouhar Redouane, Daniele Zanella.

Iniziativa realizzata nell'ambito del Progetto "Il Carcere dentro le Città", realizzato grazie al contributo del "Comitato di Gestione del Fondo speciale per il Volontariato del Veneto"

 

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