Osservatorio Parlamentare

 

Interrogazioni e interpellanze al Ministro della Giustizia

 

Cima, Zanella, Lucidi, Folena, Russo Spena e Grillini - Seduta del 14 luglio 2005

 

Premesso che:

la popolazione detenuta femminile in Italia oscilla da sempre tra il 4 per cento; e il 5 per cento del totale, non superando mai questa soglia;

le donne detenute in Italia si trovano allocate in sette istituti femminili (Trani, Pozzuoli, Rebibbia, Perugia, Empoli, Genova, Venezia) e in 62 sezioni all’interno di carceri maschili;

circa 70 bambini al di sotto dei tre anni di età si trovano in carcere con le loro madri, tanto in prigioni interamente femminili quanto in sezioni ospitate all’interno di prigioni maschili;

le donne detenute devono in media scontare pene di lunghezza molto inferiore a quelle degli uomini, la maggior parte non superando i cinque anni;

l’ordinamento penitenziario prevede una serie di strutture specifiche per le carceri e per le sezioni femminili, come ad esempio gli asili nido là dove l’istituto o la sezione ospiti gestanti o madri con bambini;

l’associazione Antigone ha reso noti, attraverso una pubblicazione e alcuni seminari, i risultati di una ricerca transnazionale cui l’associazione stessa ha preso parte sul reinserimento socio-lavorativo delle donne ex-detenute, dalla quale emergono i seguenti punti:

nonostante l’esiguo numero di donne detenute in Italia e negli altri paesi europei, la maggior parte dei problemi che esse si trovano ad affrontare durante la detenzione e al momento del loro reingresso in società è diretta conseguenza del sovraffollamento di cui soffrono i sistemi penitenziari europei, sovraffollamento determinato in massima parte dalle presenze maschili e tuttavia subìto anche dalle donne medesime a causa della gestione amministrativa unitaria di prigioni e sezioni maschili e femminili;

le donne detenute ed ex detenute presentano problematiche peculiari legate alla loro condizione di genere - prime fra tutte, ma non unicamente, quelle sanitarie e quelle legate alla maternità - per far fronte alle quali si rivelano inadeguati gli strumenti utilizzati per gli uomini;

la frammentazione della popolazione detenuta femminile, ospitata spesso in piccole sezioni all’interno di prigioni maschili (in molte delle quali si trovano non più di due o tre detenute), determina una tendenza a trascurare tali sezioni, destinando alla detenzione maschile la quasi totalità delle risorse economiche e umane. Tale problema non si risolve eliminando le sezioni femminili all’interno degli istituti maschili e contenendo l’intera popolazione detenuta femminile nelle poche prigioni interamente destinate a essa, in quanto così facendo si costringerebbe la maggior parte delle donne a scontare la pena lontano dal luogo di residenza del proprio nucleo famigliare -:

se il Governo non ritenga necessario istituire un apposito ufficio del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria che si occupi specificamente del trattamento delle donne detenute.

 

Buemi - Seduta del 14 luglio 2005

 

Premesso che:

presso la Casa di reclusione San Michele di Alessandria si registrano da tempo gravissime disfunzioni che hanno portato al crearsi un clima di grave tensione e di forte disagio soprattutto del locale Personale di Polizia Penitenziaria;

numerose sono state infatti le vertenze instauratesi a seguito delle decisioni assunte dalla locale Direzione carceraria in materia di impiego del Personale di Polizia Penitenziaria e di gestione dei vari servizi dell’istituto, il tutto, in palese violazione delle più elementari regole che presiedono al Rapporto tra le Parti in termini sindacali nonché dei principi stabiliti dall’Accordo Nazionale Quadro del 24 marzo 2004;

tale situazione ha più volte reso indispensabile il diretto intervento del Provveditore Regionale, quale Responsabile degli istituti della circoscrizione e garante dell’applicazione degli Accordi Sindacali in tale ambito;

in data 19 gennaio 2005, presso gli uffici del Provveditorato, si è svolto un incontro tra le Parti all’esito del quale la Direzione dell’istituto ha provveduto a presentare una denuncia per diffamazione ai sensi dell’articolo 595 c.p., nei confronti dei Rappresentanti Sindacali di ben 3 sigle sindacali, tra cui l’Osapp per alcuni accadimenti verificatisi nel corso delle fasi concitate della trattativa con la Direzione stessa;

ne è derivato un clima di grave tensione accompagnato da un sostanziale "inasprimento" disciplinare (soprattutto nei confronti di iscritti e rappresentanti dell’Osapp) che, di fatto, si traduce nell’impossibilità di esercitare legittimamente gli strumenti riconosciuti dalla vigente normativa sindacale;

alla situazione così come descritta, si aggiunge l’increscioso problema legato al fatto che predisposizione del piano ferie per l’estate 2005 del locale personale di Polizia Penitenziaria è avvenuta con notevole ritardo (rispetto a quanto previsto da una specifica norma contrattuale, in vigore da almeno 9 anni, secondo la quale la fruizione del congedo estivo deve avvenire tra giugno e settembre), senza un preventivo confronto con le organizzazioni sindacali e solo previo invito formale e per iscritto del Provveditore Regionale;

a preoccupare l’organismo sindacale qui menzionato vi sono anche le presumibili e gravi irregolarità rilevate nella gestione del Nucleo Traduzioni e Piantonamenti della Casa di Reclusione San Michele di Alessandria, riscontrabili sia al livello organizzativo che amministrativo -:

se si ritenga opportuno intervenire per accertare la reale consistenza e veridicità dei fatti esposti ai fini di un ormai improcrastinabile ristabilimento, presso la citata struttura carceraria, di quel clima di serena e fattiva collaborazione che risulta funzionale ad una corretta gestione del carcere stesso;

come, nello specifico, si intenda procedere nel senso dell’individuazione di eventuali responsabilità a carico della Direzione carceraria per i fatti denunciati, al fine di garantire legittimità e trasparenza nella gestione dell’intera struttura.

 

 

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