Osservazioni sulla Legge Meduri

 

Osservazioni sulla legge "Meduri"

 

Documento sottoscritto da: Chiara Ghetti, Laura Borsani, Marina Altavilla, Maria Paola Schiaffelli, Emilia Turiano, Patrizia Garofalo, Salvatore Nasca, Luisa Cappa, Anna Maria De Gruttola, Roberto Grippo, Elena Paradiso, Antonietta Pedrinazzi, Paola Tarsitano, Emilio Molinari, Angela Spinazzola, Domenico Paonessa, Rita Crobu, Rosaria Furlotti, Caterina Caldarola, Luisa Gandini, Pina Carbone, Antonio Nastasio, Vincenzo Petralla, Marinella Riccioli, Maria Bove (Operatori del Centro Servizio Sociale Adulti)

 

A seguito delle prese di posizione sul disegno di legge Meduri sulla dirigenza penitenziaria, ormai numerose ed alcune a nostro avviso allarmistiche, riteniamo doveroso fornire anche il nostro parere, quali funzionari di servizio sociale dell’Amministrazione Penitenziaria.

Non esiste, a nostro avviso, il pericolo che i Centri di Servizio Sociale (C.S.S.A.) vengano stravolti in quanto adesso organizzabili per regolamento. In realtà già adesso è previsto il rinvio al "regolamento", che finora si è inteso si trattasse del Regolamento d’esecuzione, ma anch’esso dice poco, e giustamente, sugli aspetti organizzativi. La riforma della Pubblica Amministrazione ha infatti da tempo sancito che le leggi e i d.p.r. fissino solo principi di carattere generale, e che gli aspetti organizzativi degli uffici siano precisati con regolamenti. Ed è bene che i C.S.S.A. non facciano eccezione, tanto più che oggi sono uffici complessi, con molteplici settori di intervento, che utilizzano metodologie specifiche, alcune anche nuove e non fissabili in una legge (es. lavoro per progetti, di rete, ecc.). La stessa previsione è da collegare anche all’abrogazione dell’obbligo di istituire i C.S.S.A. nelle sedi degli uffici di sorveglianza. Il nuovo art. 72 rende così possibile sia istituire i Centri non più, finalmente, secondo le circoscrizioni giudiziarie ma secondo l’articolazione territoriale degli Enti Locali e dei servizi, sia definire l’organizzazione in modo più aderente all’evoluzione delle politiche e delle metodologie di intervento sociali e penitenziarie, ed a vantaggio quindi di una minore rigidità e di una più strutturale integrazione nel territorio.

È stata poi contestata la previsione che gli uffici propongano all’autorità giudiziaria un programma di trattamento per i soggetti che chiedono una misura alternativa e poi ne controllino l’esecuzione. È questa, in realtà, l’ufficializzazione di una metodologia corretta e già largamente applicata, in quanto da anni si è sostenuta l’importanza che per ogni soggetto, dopo l’indagine e prima dell’avvio della misura alternativa, venga predisposta un’ipotesi di intervento individualizzato.

Relativamente alle funzioni di controllo ed aiuto, esse non vengono toccate, come da qualcuno temuto, in quanto sono previste in altri articoli dell’ordinamento penitenziario, e il d.d.l. precisa che gli uffici "svolgono ogni altra attività prevista dalla legge e dal regolamento". Semmai può dirsi che, introducendo la novità del "programma di trattamento", sembra si voglia sottolineare la sua centralità rispetto alle attuali prescrizioni, spesso standardizzate e di carattere restrittivo. L’esplicito richiamo al controllo del programma di trattamento è inoltre un utile contributo per il superamento dell’annosa questione della compatibilità tra aiuto e controllo, in quanto delimita chiaramente cosa debba essere controllato.

? Non è poi vero che scomparirebbero gli interventi dei C.S.S.A. negli istituti di pena e quelli per il reinserimento dei sottoposti a "misure di sicurezza non detentive" perché anche questi interventi sono assicurati dall’esplicito rinvio alla legge. L’art. 72 attuale, inoltre, richiama solo alcune e non tutte le competenze dei C.S.S.A., mentre le modifiche proposte aiutano a semplificare, in quanto precisano quanto non indicato altrove e rinviano per tutto il resto alla normativa in vigore. Per quanto attiene, inoltre, agli interventi per i detenuti, essi rientrano comunque nell’opera di "consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario", esplicitamente precisata nell’articolo stesso.

Un punto delicato è infine quello del cambio del nome dei C.S.S.A., ma anche qui la scelta appare condivisibile per più motivi. Prima di tutto perché il nome di tutti gli uffici e servizi (per es. Ser.T., ecc.) richiama, seppure non compiutamente, la funzione principale (e non la figura professionale che vi lavora), ed è un bene che ciò sia anche per i Centri. È, poi, naturale che i C.S.S.A., uffici statali periferici, abbiano un nome che richiami quello dei livelli superiori, gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna dei Provveditorati Regionali e la Direzione Generale Esecuzione Penale Esterna del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. L’attuale nome è, inoltre, eccessivamente generico, tanto che, nonostante 30 anni di esistenza, gli operatori dei C.S.S.A. devono molto spesso dilungarsi in spiegazioni prima che gli altri capiscano dove si lavori e cosa si faccia. Centro Servizio Sociale Adulti, infatti, non dice nulla che possa far pensare ad un ufficio della Giustizia o alle misure alternative, mentre più frequentemente viene scambiato per un centro sociale, per un luogo di generica assistenza, per qualcosa di indefinito per gli anziani o addirittura per soli adulti. Infine c’è da dire che la volontà di modificare il nome dei Centri non è collocabile politicamente, visto, tra l’altro, che è stato l’ex Ministro della Giustizia Fassino a istituire la Direzione Generale Esecuzione Penale Esterna ed a impegnarsi per primo per un analogo mutamento del nome dei C.S.S.A..

Siamo pertanto certi che non ci sia da temere da questo disegno di legge, in quanto non contiene nulla che possa riportare indietro la cultura della pena, o che possa trasformare in negativo i Centri, che, al contrario, potrebbero semmai aver riconosciuta meglio la loro specificità, proseguendo un cammino già avviato nella stessa direzione nel corso della legislatura precedente.

È per tali motivi che, a coloro che in quest’occasione hanno manifestato i loro timori, rivolgiamo sia un ringraziamento per la sensibilità dimostrata, sia l’invito a concentrare insieme l’attenzione su altri disegni di legge che minacciano, quelli sì, di svuotare di senso i C.S.S.A. e l’esecuzione penale esterna, tentando di assolutizzare, alcuni le funzioni di controllo (assegnandole a soggetti esterni ai Centri), ed altri la funzione rieducativa, quando invece oggi è più che mai necessario rilanciare, insieme al ruolo dei C.S.S.A., il valore delle misure alternative, che è dato proprio dalla positiva integrazione tra funzione retributiva e funzione rieducativa (e, oggi sempre più spesso, anche riparativa).

 

Indirizzi mail:

salvatore.nasca@giustizia.it

luisa.cappa@giustizia.it

 

 

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