L'opinione dei detenuti

 

Continua il Progetto "Carcere e Scuola si incontrano"

Ho sciupato la gioventù e il benessere della libertà...

A cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 26 febbraio 2007

 

Del confronto continuo che avviene in molte scuole di Padova con il mondo del carcere parliamo spesso, per la ricchezza di questo scambio e per l’importanza che ha per chi è detenuto e per chi invece sta dall’altra parte, nel mondo libero. In questi giorni c’è arrivata una lettera di un’insegnante della scuola media Levi Civita, che in poche righe ha spiegato tutto il senso del nostro lavoro, di questo paziente andare nelle scuole delle persone detenute per portare la loro testimonianza: "Dubito che le infinite parole, discussioni e letture dedicate da noi insegnanti per sensibilizzare i ragazzi sul problema della legalità, al fine di prevenire certi comportamenti a rischio, possano aver lasciato un segno così incisivo come quello lasciato da voi in poco più di un'ora di confronto. Grazie per averci detto quanto sia importante parlare, tirare fuori il proprio disagio, confrontarsi con gli altri per limitare la propria aggressività oltre che la propria sofferenza" (Vanna Michielotto).

Quello che segue è uno scambio di riflessioni tra detenuti e studenti, dove si vede che i ragazzi non hanno paura di ascoltare gli adulti, se hanno la percezione che la loro testimonianza sia sincera e coraggiosa.

 

Quando il male prende il sopravvento

 

Cari ragazzi, innanzitutto voglio ringraziarvi per la simpatia e la comprensione che avete mostrato nei nostri confronti. Vi assicuro che per noi è importante. Le vostre lettere sono bellissime, commoventi e a volte anche divertenti. Sorrido sempre quando leggo le vostre descrizioni di come vi aspettavate che sarebbe stato il nostro aspetto: brutti, cattivi, torvi, tatuati e vestiti a righe, incatenati e sorvegliati a vista da agenti. Quasi mi spiace di aver deluso queste aspettative molto più "emozionanti" del nostro banale aspetto.

Voglio però rispondere non a una domanda, ma a due cose che sono state scritte da Luca e Gloria, che ci hanno definiti persone "meravigliose" (Luca) e "bravissime" (Gloria). Be’, non voglio sminuire il vostro slancio di simpatia, ma mi sembrano delle definizioni un po’ esagerate se riferite a noi. Non siamo meravigliosi o bravissimi. Siamo solo delle persone, con il nostro bene e il nostro male. Anzi siamo persone in cui il male e i difetti, almeno una volta nella vita, hanno preso il sopravvento sui nostri pregi e sul bene che abbiamo in noi e per questo, giustamente, veniamo puniti. Non siamo in carcere per una marachella, abbiamo compiuto reati molto gravi. Le persone meravigliose e bravissime non perdono il controllo dei propri impulsi e delle proprie azioni e non imboccano mai "strade facili" per risolvere i problemi della vita. Lavorano sodo, fanno sacrifici, non si lasciano andare a impulsi violenti, rinunciano a tante cose che gli piacerebbe fare per mandare a scuola i figli e garantirgli un futuro. Non li conosco personalmente, ma sono sicuro che i vostri genitori sono persone bravissime e meravigliose. Anche se ne sono lusingato, mi sembra quasi fare un torto nei loro confronti, sentirmi definire così. Comprendo la "controreazione" che può avvenire, e che spesso avviene, quando si teme di trovarsi di fronte un mostro orrendo e invece si incontra una persona apparentemente normale. È molto facile che i pregiudizi negativi, per il sollievo, si trasformino in pregiudizi positivi. Però sempre di pregiudizi si tratta. Vi assicuro che il fatto che ci abbiate riconosciuto come persone, non meravigliose o bravissime, ma semplicemente come persone, e non come "galeotti" o "reati che camminano", è per noi più che sufficiente.

 

Graziano Scialpi

 

Lettera a un detenuto: Deve essere doloroso svelare i propri segreti

 

Caro Nicola, all’inizio pensavamo di ferirvi o in qualche modo di danneggiarvi facendo domande che ripercorrevano il vostro passato, forse sfortunato, forse sbagliato. Quando la discussione si è un po’ vivacizzata siamo passati alle domande più dure, quelle che ti lacerano il cuore e svuotano i tuoi segreti. Voi, però, non avete battuto ciglio e quando tu hai parlato di tuo padre che si è messo a piangere per la prima volta ho pensato che non ce l’avresti fatta ad andare avanti. Dove hai trovato tanta forza di volontà? Forse pensi che parlare agli altri del proprio passato possa alleggerire il cuore? Per questo ti stimo. Perché noi ragazzi spesso ci teniamo dentro anche le cose più sciocche. Deve essere, comunque, doloroso svelare i propri segreti più nascosti, quelli più complicati e difficili da svelare, che richiedono coraggio e lacrime da trattenere. (Nicola, III media)

 

Cosa significa vedere tuo padre piangere

 

Ciao Nicola sono anch’io Nicola… mi chiedi se penso che parlare del proprio passato possa alleggerire il cuore. Ti riferisci a quando ho parlato di come mio padre aveva vissuto il mio arresto. Vedere il proprio padre, che rappresenta per un figlio un punto forte di riferimento, piangere è qualcosa che ti resta dentro a vita, se sei tu il responsabile di quelle lacrime. Non avevo mai guardato le cose sotto quell’aspetto, ma penso proprio che parlarne possa alleggerirmi un po’ il cuore, e poi penso che lui sarebbe stato contento che lo facessi, e chissà forse in questo caso sarebbe un po’ orgoglioso di me per il fatto che finalmente so assumermi le mie responsabilità e non ho vergogna o titubanza a parlarne, perché ormai fanno sì parte di me, ma del mio passato.

Quando entrai in prigione avevo 19 anni ed all’improvviso ho dovuto crescere in fretta perché mi veniva presentato il conto per il comportamento che avevo avuto per anni. A livello personale il carcere è stato come un grande lutto, avevo sì sbagliato ma è naturale che a quell’età hai voglia di vivere e stare in carcere mi pesava tantissimo, non volevo vedere nessuno, ero diventato piuttosto aggressivo, il carcere dapprima mi aveva spaventato, poi indurito. Questo avviene perché ti crei una corazza per affrontare la durezza della galera, ma per fortuna ho sempre coltivato dentro di me l’interesse per la pittura, la lettura, la musica. E piano piano ho rivalutato anche lo studio: quando sono entrato in carcere avevo la licenza elementare e sono uscito che ero iscritto all’Università.

 

Nicola Sansonna

 

Ho sciupato la gioventù e il benessere della libertà

 

Non ho parole per esprime la felicità che ho provato nel leggere quello che mi scrive da una scuola Massimiliano: "In parte la tua storia di bullo la posso paragonare un po’ a me, anche io sono quasi per gli altri ‘un modello da imitare’, perché, per farmi credere superiore, assumo a volte un atteggiamento di indifferenza, del più forte. Pure i miei genitori mi dicono che sono uno che è molto indifferente a tutto e a tutti. Ma dopo aver sentito te, voglio cambiare. Niente più atteggiamenti di questo tipo, non è questo il modo di comportarsi". Vuol dire che ha ascoltato attentamente la mia testimonianza e ha capito come vanno a finire certi atteggiamenti.

L’obiettivo che ci siamo posti tutti noi, che conosciamo il carcere, è semplice: non vorremmo vedere altri entrarci, e c’è un detto tra detenuti che fa più o meno così: "Neanche il mio più acerrimo nemico vorrei mai vedere in carcere". E se non ero convinto di questo pensiero vi assicuro che non riuscivo a dire "io sono uno che ha ucciso" davanti a tante facce che non ho mai visto prima.

Questo confronto con voi studenti ha fatto riflettere anche noi detenuti e ci ha insegnato che si possono raggiungere grandi risultati con la comunicazione, con il confronto diretto con la verità senza dover nascondersi per quello che abbiamo commesso. E leggendo le vostre lettere ho capito che imparare a conoscermi per quello che sono stato e quello che sono adesso può aiutarvi anche a cambiare modo di pensare.

Massimiliano, io invidio il momento della gioventù che stai vivendo, io ho sciupato la mia gioventù e tutto il benessere che comporta la libertà, e alle volte odio l’incoscienza che avevo da giovane e il fatto che mi sentivo sicuro del mio comportamento e non accettavo consigli da nessuno. Però se me lo permetti un consiglio a te, e anche ai tuoi compagni, ve lo voglio dare: ricordate che sono gli altri, i famigliari, gli amici, coloro che vi vogliono bene che si accorgono dei vostri cambiamenti e atteggiamenti negativi, e se mai vi faranno una critica, ascoltate e rifletteteci.

 

Altin Demiri

 

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