L'opinione dei detenuti

 

Un volontariato che contribuisce a rendere più sicura la società

a cura della Redazione di Ristretti Orizzonti

 

Mattino di Padova, rubrica "Lettere dal carcere", 14 dicembre 2009

 

Il volontariato in carcere è visto spesso con sospetto, accusato di "buonismo", considerato troppo generoso con i "cattivi". Forse invece bisognerebbe riflettere sul fatto che, contribuendo a rendere un po’ più umane le carceri, i volontari contribuiscono anche a rendere più sicura la società. Perché che cosa succederebbe se facessimo oggi un triste esperimento, e cioè svuotassimo le galere di tutte le attività fatte da associazioni di volontariato, dai colloqui alle persone che non hanno le famiglie vicine, alla fornitura dei prodotti per l’igiene e il vestiario, dalla gestione delle biblioteche a corsi e altre attività culturali e formative? resterebbe quasi il deserto, un deserto sovraffollato e degradato, da cui uscirebbero, a fine pena, persone più pericolose di quando sono entrate.

 

Il silenzioso popolo dei volontari delle carceri

 

Mi chiamo Filippo, sono tossicodipendente e attualmente sono detenuto nella Casa di Reclusione di Padova. Vorrei fare una breve riflessione sull’importanza che hanno avuto e stanno avendo per me delle persone di cui si parla molto poco, anche perché non viene data loro molta voce: i silenziosi ed instancabili operatori volontari. Sono persone che liberamente ogni giorno entrano nelle patrie galere per offrire il loro sopporto ai detenuti, indipendentemente dall’appartenenza religiosa o dalla nazionalità. Credo che alcuni abbiano alle spalle un percorso individuale, per diversi motivi, più o meno triste (per esempio ricordo Gianpasquale, che iniziò ad entrare in carcere e ad occuparsi di tossicodipendenti dopo un mortale incidente in motocicletta avuto da suo figlio). Per me sono stati l’unico contatto "civile" con il mondo libero e credo che le loro motivazioni si possano racchiudere nelle parole "umanità e compassione". Mi hanno ascoltato nei momenti più duri, in cui mi sentivo abbandonato da tutti, hanno chiamato i miei famigliari (quando li avevo!), o l’avvocato d’ufficio, quando ne avevo bisogno. Nelle molte carcerazioni, legate indissolubilmente ai miei trascorsi di tossicodipendente all’ultimo stadio, quando venivo arrestato e portato in carcere solo con i vestiti che indossavo, mi hanno aiutato ad avere biancheria di ricambio, qualche capo pesante per l’inverno o anche solo una saponetta per l’igiene personale. Questo principalmente nei primi tempi di detenzione, ma l’aiuto che mi hanno dato non si ferma solo a questo. Da quello che sono riuscito a capire, anche parecchie attività che si svolgono in galera, alle quali ho potuto partecipare (corsi, gruppi di mediazione e/o supporto, istruzione), sono realizzate grazie a gruppi di volontari. Per anni mi sono chiesto, e talvolta ho chiesto loro, cosa li spinge ad entrare in quello che è considerato il posto più brutto che ci possa essere della società civile, per giunta senza essere pagati o ricevendo solo qualche saltuario rimborso spese e con il rischio concreto di essere additati come personaggi strani, "fuori moda", che vanno a perdere il loro tempo con i "criminali". Penso si rendano conto di sopperire in modo incisivo alle attuali gravi mancanze dello stato nei confronti della disastrosa e inumana situazione delle carceri e questo a "costo zero", svolgendo talvolta anche il ruolo di importante cuscinetto ammortizzatore tra l’autorità costituita e l’attuale popolazione detenuta, crogiuolo di razze e nazionalità diverse, di persone sempre più spesso disperate e tossicodipendenti come me. Dopo molti anni di carcere mi sono convinto che se ad un tratto, come per magia, scomparissero o semplicemente si "stancassero", nelle carceri, visti anche i recenti nuovi tagli, sarebbe il preludio al caos e ad una detenzione solo repressiva.

 

Filippo F.

 

Il ruolo del volontariato e lo stato di abbandono al sud

 

Analizzando la situazione di alcuni istituti penitenziari al sud, penso si possa sostenere che la presenza del volontariato, indispensabile per la realizzazione del reinserimento sociale delle persone detenute, per la promozione di interventi da parte delle autorità locali e per lo sviluppo di una sensibilità civica verso le diverse forme di disagio, è purtroppo molto scarsa e poco organizzata.

Invece secondo me, che ora sto in un carcere del nord e il volontariato l’ho "sperimentato" direttamente, è determinante il suo ruolo, spesso i volontari sono costretti a sopperire alle tante carenze dell’amministrazione, svolgendo funzioni non proprie, pur di soddisfare i bisogni dei detenuti. La sua presenza fondamentale sul territorio crea occasioni che possono garantire un cambiamento interiore nelle persone che stanno scontando una pena e aiutarle a rientrare nella società. Ma soprattutto è fondamentale quello che i volontari fanno per rendere meno dura la condizione di profonda solitudine dei detenuti, facendosi carico dei loro problemi, sia legali che personali, in nome di un sentimento di solidarietà che spinge a percepire il disagio altrui come espressione del disagio della propria realtà sociale. In fondo, è importante la loro idea che lottando contro questo disagio si lavora per una migliore qualità della vita di tutti.

Per questo credo che sarebbe particolarmente utile che anche negli istituti di pena del sud si diffondesse di più l’attività dei volontari, lì ce ne sarebbe davvero bisogno perché il territorio è più disgregato e le persone in carcere spesso si sentono abbandonate, non avendo un sostegno né interno né esterno, e non riescono a trovare risposte significative ai numerosi problemi che inevitabilmente si riversano su chi vive nelle condizioni di grande precarietà delle carceri, oggi sovraffollate in modo insopportabile.

 

Franco D.

 

I volontari, un esempio di umanità

 

È dicembre, si sta avvicinando Capodanno e io come sempre cerco di mandare un piccolo pensiero alle persone che mi sono state o che mi sono ancora vicine: alla mia famiglia, ai miei amici, all’avvocato e alle due signore volontarie che ho conosciuto in carcere e che per me sono due persone speciali.

"Tanti auguri e spero che l’Anno Nuovo Le porterà un sorriso sul viso". Più o meno questo è il contenuto delle cartoline che ho mandato loro negli ultimi anni. La prima, la signora Silvana, mi ha aiutato moltissimo con i suoi insegnamenti della lingua italiana e le chiacchierate sulla storia, condividiamo infatti la passione per l’egittologia. All’inizio della mia carcerazione e successivamente, quando mi sentivo depresso e preoccupato per la mia situazione famigliare e giudiziaria, lei trovava sempre il modo di portare un po’ di ottimismo nel mio piccolo mondo.

La seconda, Tecla, è una grandissima persona che mi ha dato una mano nel momento di difficoltà che stavo vivendo e mi ha inserito nella sua redazione, dove ho avuto la possibilità di esprimermi e di sentirmi un pochino più libero, per quanto questo sia possibile in un carcere. Anche dopo il mio trasferimento in un altro istituto, ha insistito a raccomandarmi ai volontari che conosceva come persona seria e competente. Insomma ha fatto il possibile per darmi l’opportunità che io continui a fare qualcosa di utile per non sprecare questo tempo.

Scrivere queste cartoline è un modo per dire loro, tra le righe, che quello che stanno facendo è molto importante e per far loro capire che ci sono persone che veramente apprezzano la loro presenza e il loro impegno. Mi piacerebbe un giorno, quando sarò di nuovo libero, incontrarle e aiutarle, se ci sarà qualcosa che potrò fare per loro.

Ho visto personalmente cosa facevano per aiutare i detenuti, senza pregiudizi e senza chiedere niente in cambio: a qualcuno mettevano 10 o 20 € sul conto, ad altri davano vestiti e generi di prima necessità, per alcuni sono anche andate in cerca di un lavoro, fuori e dentro il carcere. A me quelle due signore hanno dato amicizia, la fiducia che non poteva essere tradita e un riconoscimento umano che manca tra queste mura. Sono spesso riuscite a mettermi un piccolo sorriso di ottimismo sul viso e per questo le considero più coraggiose e forti di molti uomini. Oggi è molto facile essere egoisti e menefreghisti, mentre quello che è difficile è essere umani con il prossimo.

 

Jovica Labus

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