Notiziario speciale Salviamo la Gozzini

 

Pdl: e ora via i benefici ai carcerati

di Concetto Vecchio

 

La Repubblica, 15 giugno 2008

 

Ecco il Ddl che cancella la Gozzini. Petizioni e proteste tra i detenuti. Contrarie anche alcune vittime dei reati: "Sarebbe solo un danno per la società".

Legge Gozzini verso l’addio. Il Presidente della Commissione Giustizia al Senato, Filippo Berselli (An), ha presentato nei giorni scorsi un disegno di legge che ridimensiona sensibilmente i benefici di legge e gli sconti di pena per i detenuti. Sei articoli per cambiare tutto: semilibertà dopo avere scontato due terzi della condanna e non la metà; affidamento ai servizi sociali solo se la pena non supera un anno e non più tre; cancellazione della liberazione anticipata, che riduce le condanne di 45 giorni ogni sei mesi nei casi di buona condotta; concessione dei domiciliari se rimangono da scontare due anni e non quattro; niente più semilibertà agli ergastolani e permessi concessi dopo vent’anni di detenzione e non dieci. E infine, uscita dalla prigione a 75 anni, invece che a 70, "considerato il lieto allungarsi della vita umana".

In alcune Case di Reclusione è partita una raccolta di firme per contestare le modifiche. La Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia (8 mila operatori carcerari) annuncia una mobilitazione che punta a coinvolgere Sindacati e Polizia Penitenziaria.

Anche le vittime dei reati non nascondono le loro perplessità. Manlio Milani, Presidente dell’Associazione di Piazza della Loggia: "Così si riducono gli spazi di speranza e quindi le possibilità di recupero. Firmerò anch’io". "Lo spirito della Gozzini è ancora valido, non sempre il carcere è il luogo del ravvedimento", ragiona Olga D’Antona, parlamentare del Pd. "Sono per rivedere la norma che consente i patteggiamenti per i reati da ergastolo, e non nego che in passato ci siano state liberazioni anticipate che hanno suscitato giustamente allarme nell’opinione pubblica e tuttavia bisogna valutare caso per caso".

"Io so cos’è la prigionia", premette Giuseppe Soffiantini. "Chi è in carcere va trattato con umanità. Ai detenuti dico: "Sarete liberi quando avrete imparato a non fare agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi". Silvia Giralucci, figlia del militante missino Graziano, la prima vittima delle Br nel 1974: "Rivedere in senso restrittivo i benefici sarebbe un danno per la società. I percorsi di reinserimento graduale non sono un regalo, ma un modo per fair sì che i delinquenti escano idealmente migliori di quando ci sono entrati. È nell’interesse di tutti, anche di chi come me è stato vittima di reati gravi, restituire individui che sono in grado di iniziare una vita diversa". Di converso Roberto Della Rocca, vice dell’Associazione vittime del terrorismo, sostiene che la norma "ha concesso troppe scappatoie".

I pro Gozzini citano una ricerca del Ministero della Giustizia: il 19% di chi ha usufruito di pene alternative è tornato a delinquere nei sette anni successivi; percentuale che sale al 70% per chi ha trascorso in galera tutta la condanna "Questo disegno di legge - rintuzza Berselli - mira a recuperare certezza ed effettività della pena. I giudici irrogano quasi sempre al minimo, la pena effettiva da scontare di rado supera i tre anni e quindi ben pochi condannati finiscono in carcere". E cita il caso del terrorista Cristoforo Piancone, che aveva rapinato il Monte dei Paschi di Siena lo scorso mese di novembre, mentre si trovava in semilibertà.

Arriva la legge che cancella la Gozzini

di Paolo Persichetti

 

Liberazione, 15 giugno 2008

 

Presentato in Commissione Giustizia al senato il Ddl sull’abolizione dei benefici penitenziari.

"Vogliamo la certezza della pena. Aboliremo la Gozzini". Prima di salire sullo scranno più alto della Camera Gianfranco Fini l’aveva ribadito più volte. Ora che la destra ha in mano le briglie del governo e in Parlamento è scomparsa ogni opposizione, il disegno restauratore sembra inarrestabile e si avvia a dare sostanza alla nuova costituzione materiale del Paese prima di portare l’attacco a quella legale. Dopo le leggi speciali per la Campania, il pacchetto sicurezza che prevede la moltiplicazione e la trasformazione dei Cpt in carceri-lager, l’aggravante penale per gli immigrati irregolari, gli sgomberi, le schedature, le retate contro i nomadi e l’esercito nelle strade, il giro di vite securitario colpisce anche le carceri.

In Senato è stato depositato il disegno di legge 623, riguardante le "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione". Primo firmatario Filippo Berselli, Presidente della Commissione Giustizia del Senato con un profilo sicuritario di prim’ordine: già deputato missino poi senatore di An e oggi esponente del Pdl.

La proposta di legge prevede la soppressione della liberazione anticipata, cioè lo sconto di pena di 45 giorni per ogni semestre concesso in caso di buona condotta e partecipazione positiva del detenuto al percorso rieducativo. Intenzione che difficilmente troverà l’avvallo della stessa Polizia Penitenziaria.

Chi lavora quotidianamente nei penitenziari sa bene che questo è uno degli istituti che ha maggiormente contribuito a "pacificare" le prigioni, disinnescando rivolte, proteste e confronti violenti. Tra l’altro la riduzione della pena per buona condotta vede l’Italia in posizione di fanalino di coda rispetto agli altri paesi europei dove questa misura può arrivare, con modalità diverse, fino alla metà della pena e non ad appena un quarto come previsto dal testo di legge attualmente in vigore, approvato dal Parlamento nel 1986.

Le misure messe in cantiere colpiscono duramente gli ergastolani, che vedono raddoppiati i tempi per ottenere i permessi: dagli attuali dieci anni di pena espiata ad un minimo di venti, "sul presupposto che dopo venti anni i rischi per la collettività siano ridotti a zero o quasi". Per loro viene anche completamente abolita la possibilità di accedere alla semilibertà, oggi prevista dopo venti anni di reclusione.

Per i detenuti con pene temporanee, invece, l’entrata in semilibertà (lavoro esterno diurno e pernottamento in cella) passa dall’attuale metà a due terzi della pena per i reati meno gravi e dai due terzi ai tre quarti per le categorie ritenute più pericolose. L’affidamento in prova ai servizi sociali non coprirà più gli ultimi tre anni di condanna ma soltanto l’ultimo, e chi è in libertà dovrà obbligatoriamente essere reincarcerato se vorrà ottenere il beneficio. Il che vuol dire che ne resterà automaticamente escluso visti i tempi di lavoro prolungati che contraddistinguono i Tribunali di Sorveglianza.

È poi prevista una riduzione della metà della detenzione domiciliare speciale che passerà dagli attuali quattro anni a due, mentre, "in considerazione del lieto allungarsi della vita umana" questo beneficio non potrà più essere concesso agli ultra settantenni ma sarà riservato unicamente agli ultra settantacinquenni… se riusciranno a sopravvivere in cella.

Dopo aver messo fuori Cesare Previti i suoi amici sono tornati a considerare il carcere per le persone anziane un fatto umanamente ammissibile. Le modifiche del codice di procedura riguardano invece l’impossibilità di concordare la pena (art. 444) senza un previo accordo e adeguato risarcimento con la parte offesa. Mentre l’istituto della sospensione della pena (art. 666) viene ridotto da tre ad un anno, per renderlo compatibile con la contemporanea modifica dell’affidamento in prova ai servizi sociali.

Questa è la sostanza delle modifiche previste. Le intenzioni dei promotori sono evidenti: vanificare il contenuto dell’articolo 27 della costituzione che stabilisce il carattere rieducativo della pena. Non si tratta di una riforma mirante a restringere il ricorso ai benefici ma di una brutale abolizione di un istituto legislativo, va detto, già largamente disatteso.

Dalla sua prima stesura, infatti, la legge Gozzini (non esente da rilievi per il suo impianto premialistico e la sua "etica redentrice") ha subito nel tempo continue e ripetute limitazioni. In particolare con l’introduzione di norme (come l’art. 4-bis) che ne hanno drasticamente ridotto o vietato l’applicazione a fasce sempre più estese di reati.

Già oggi, contrariamente a quanto viene detto dai promotori della sua abolizione, l’accesso ai benefici avviene con notevole difficoltà ed è pressoché irraggiungibile per i reati più gravi. Alcune di questi, come le infrazioni di natura mafiosa, di terrorismo o rapimento a scopo d’estorsione, possono beneficiare di permessi e semilibertà soltanto in caso di collaborazione con la giustizia, altrimenti restano esclusi.

Per l’omicidio o il traffico internazionale di stupefacenti, già dagli anni 90 l’accesso ai permessi è possibile solo dopo aver scontato metà della pena e dai due terzi per la semilibertà. Inoltre, una volta raggiunti i termini minimi di legge per depositare la domanda, non vi è alcun automatismo, ma inizia un lungo e complicato percorso di osservazione penitenziaria, contrassegnato da sistematici rinvii e rigetti che rendono l’approdo ai benefici un vero percorso da "combattente".

I criteri richiesti per l’accesso sono poi estremamente selettivi e richiedono oltre ai requisiti di tipo soggettivo, documentati dall’osservazione penitenziaria interna al carcere, anche requisiti oggettivi come un lavoro, una residenza. Elementi che escludono di fatto gli stranieri, che rappresentano ormai oltre un terzo dei reclusi. Insomma l’ossessione sicuritaria che denuncia a tamburo battente il permissivismo carcerario, grazie al sostegno del suo potente apparato mediatico, non dice la verità. Fomenta piuttosto una ideologia di bassa lega che solletica gli istinti più torbidi dell’animo umano.

Alla fine del 2007 il numero dei permessi concessi (dati del Dap) ammontava appena a 7.749, con una percentuale di non rientri o infrazioni largamente inferiore all’1%. Non essendo disaggregato il dato indicato non ci consente di conoscere il numero reale dei detenuti "permessanti". Ma si può facilmente convenire che poiché ogni permesso deve distanziarsi di almeno quarantacinque giorni dal precedente, i magistrati di sorveglianza possono erogare per ogni detenuto non più di 8 permessi l’anno. In questo modo il numero di quanto ottengono il beneficio si aggira approssimativamente attorno ai mille l’anno, su una popolazione carceraria con titolo di pena definitivo di circa 20 mila persone sulle 51 mila incarcerate al febbraio 2008. Il totale nazionale dei semiliberi è ancora più derisorio: solo 727 alla fine del 2007.

Non sorprende allora se alcuni mesi fa lo stesso direttore del Dap, Ettore Ferrara, sulla base di una relazione che attirava l’attenzione sul bilancio positivo ricavato dai risultati offerti dall’applicazione dei benefici carcerari, soprattutto in termini di riduzione della propensione alla recidiva, sottolineava il comportamento eccessivamente restrittivo dei Tribunali di Sorveglianza invitandoli ad avere un atteggiamento più coraggioso nella concessione delle misure alternative.

La necessità di recuperare "certezza ed effettività della pena", l’esigenza di arrestare il "ridimensionamento del carattere custodiale del carcere" è dunque un mito nefasto agitato dai fautori della società disciplinare. Quando la cultura illuminista introdusse tra le sue rivendicazioni la "pena certa", l’obbiettivo era quello di stabilire regole che definissero con esattezza le sue modalità, in un’epoca in cui la pena era semplicemente un tempo d’attesa senza misura che precedeva il supplizio. Il concetto di "certezza" non era disgiunto da quello di "mitezza e proporzionalità". Con l’abolizione dei benefici penitenziari, la pena torna ad essere quel supplizio purgativo con cui la società si illude di espellere il male da se stessa.

Pdl e modifiche alla Gozzini: il danno e la beffa

di Rita Guma (Presidente Osservatorio sulla Legalità e sui Diritti Onlus)

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 15 giugno 2008

 

Il presidente della Commissione giustizia del senato, Filippo Berselli (Pdl), ha presentato il progetto di legge S.623 "Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione".

Se il testo rimarrà quello pervenutoci, le modifiche tendono a ridurre le possibilità di misure alternative e sconti di pena enunciando la lodevole intenzione di assicurare la certezza ed effettività della pena.

Ma il progetto di legge nasconde aspetti da evidenziare:

fra le misure proposte, c’è la revisione dell’età minima per la detenzione domiciliare, da portarsi da 70 a 75 anni. In pratica la legge c.d. ex Cirielli voluta dal centrodestra solo nel novembre 2005 ha inserito nella legge Gozzini la norma dei domiciliari per gli ultra settantenni e meno di tre anni dopo il collega di partito Berselli si accorge che la vita si è allungata (questa la motivazione addotta) e vuole elevare il limite a 75. Nel frattempo, da notare, dell’agevolazione si è avvalso Cesare Previti. Insomma, più ad personam di così!

nella relazione del pdl, Berselli lamenta testualmente che "...i giudici irrogano le pene detentive quasi sempre nel minimo e le attenuanti generiche non si negano quasi mai, considerate le ulteriori diminuenti del rito abbreviato o del patteggiamento (senza contare gli effetti perversi del recente indulto)...". Ma va rilevato che l’indulto lo ha voluto e votato pure Forza Italia e durante il precedente governo Berlusconi è stato introdotto il patteggiamento allargato!

Insomma, il danno e la beffa, ovviamente sempre nel segno di una giustizia forte con i deboli e debole con i forti ammantata con demagogiche finalità.

Il "pacchetto sicurezza" si abbatte sulla legge Gozzini

 

Il Velino, 15 giugno 2008

 

Uno dei provvedimenti del "pacchetto sicurezza" che ha assunto la forma del disegno di legge, è una sostanziale ridefinizione della cosiddetta legge Gozzini (la n. 663 del 10 ottobre 1986), una normativa sull’ordinamento penitenziario ma soprattutto "sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà" che introdusse nella legge organica sulla detenzione (la n. 354 del 1975) una serie di premi per chi, condannato a pene sotto una certa soglia, dava concreti segnali di volontà di redenzione. Si tratta di misure di reinserimento e clemenza che vanno dal permesso premio, all’affidamento in prova al servizio sociale, alla detenzione domiciliare, fino alla semilibertà in prova e alla liberazione anticipata.

Un complesso di norme che subì però, qualche anno dopo il varo, ulteriori ammorbidimenti. Il più sostanzioso dei quali è stato sicuramente la cosiddetta legge Simeone-Saraceni (la n. 165 del 1998) varata durante il primo governo-Prodi. Quella che in pratica introdusse la possibilità di far accedere il reo a una pena alternativa al carcere prima ancora di aver cominciato a scontare la condanna dietro le sbarre. Ed è proprio su quest’ultimo punto che potrebbe concentrarsi uno degli interventi di correzione dell’imminente pacchetto sicurezza.

Nello specifico la primitiva "Gozzini" ammetteva all’affidamento ai servizi sociali chi, condannato a non più di tre anni di detenzione, mostrava "attraverso un mese di osservazione sulla sua personalità in carcere" risultati tali da far ritenere che la misura di clemenza "contribuisca alla rieducazione e assicuri la prevenzione del pericolo che commetta altri reati". Una concessione che secondo quella normativa poteva estendersi anche al reo che, tornato in libertà prima della condanna definitiva ma dopo un periodo di custodia cautelare, avesse mostrato le stesse attitudini alla redenzione.

La Simeone-Saraceni invece va oltre e in pratica crea la possibilità di premiare con l’affidamento anche chi non ha provato la galera né prima e né dopo la sentenza di colpevolezza. Là si prevede infatti la sospensione dell’esecuzione (per condanne fino a tre anni) in modo da consentire al reo di presentare entro trenta giorni istanza di affidamento in prova, di detenzione domiciliare (pur se solo in certi casi particolari) o di semilibertà (anche se qui solo per condanne fino a sei mesi).

In questo contesto l’unica norma che ha solo parzialmente operato in seguito una stretta a questi benefici detentivi è forse la vituperata ex Cirielli. Lì infatti accanto alle tanto contestate disposizioni sulla riduzione dei tempi di prescrizione dei processi, si fissano inasprimenti per i recidivi anche in materia di semilibertà. Visto che per essi la misura diventa accessibile solo dopo aver scontato i due terzi della pena (tre quarti per i condannati per associazione mafiosa). Più in generale la legge Gozzini subirà un riassestamento sistematico sulle soglie penali sotto le quali può scattare ciascuna misura alternativa.

Visto e considerato che riguardano al momento anche reati di cosiddetta microcriminalità, ma spesso di forte allarme sociale. Va ricordato infatti che oggi essa applica il permesso premio anche a chi è stato condannato di nuovo durante l’espiazione della prima pena, purché abbia scontato due anni di carcere dopo la commissione del nuovo reato. Che sempre la stessa normativa concede l’affidamento ai servizi sociali in luogo del carcere sempre per condanne fino a tre anni.

Che infine oggi la semilibertà può essere concessa non solo sempre e comunque a chi deve scontare fino a sei mesi di detenzione ma a tutti gli altri detenuti che abbiano scontato metà della condanna. Unica eccezione per gli ergastolani: in quel caso infatti per poter uscire durante il giorno bisogna aver fatto almeno 20 anni di prigione.

 

 

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