Rassegna stampa 6 marzo

 

Giustizia: Antigone; già 1.200 ricorsi contro il sovraffollamento

 

Ansa, 6 marzo 2010

 

L’Associazione Antigone, che si batte per i diritti nelle carceri, ed ha già ricevuto 1.200 richieste per la presentazione di ricorsi alla Corte europea sui diritti umani contro il sovraffollamento negli istituti di pena ha deciso di inoltrare i ricorsi anche alla magistratura di sorveglianza. Dopo la decisione del Tribunale di sorveglianza di Cuneo che, accogliendo il reclamo di due detenuti reclusi in una cella di 9,35 metri, ha invitato l’amministrazione a trasferire i detenuti ad un istituto meno affollato "ci attrezzeremo - dichiara il difensore civico di Antigone Stefano Anastasia - per trasmettere i nostri ricorsi anche alla magistratura di sorveglianza". "Oggi l’intero sistema - aggiunge Anastasia - non è in condizioni di reggere il sovraffollamento. Ci batteremo nelle sedi legali perché siano rispettati i diritti umani".

Nei 1.200 ricorsi che Antigone è pronta ad inoltrare i detenuti chiedono un risarcimento economico per le condizioni di vita in cui sono stati costretti a vivere. "La Corte europea per i diritti dell’uomo - ricorda Anastasia - aveva condannato l’Italia lo scorso luglio a pagare mille euro a favore del detenuto bosniaco Suleimanovic, il quale per alcuni mesi aveva vissuto in una cella in meno di tre metri quadri".

"Gli standard minimi delle celle - ricorda Anastasia - sono indicati dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura: ogni detenuto deve avere a disposizione almeno 4 metri quadri se vive in una cella multipla, 7 metri quadri se è in una cella singola".

Giustizia: Sappe; 67mila detenuti, uno su 4 tossicodipendente

 

Apcom, 6 marzo 2010

 

Dei circa 67mila detenuti oggi presenti nelle 206 carceri italiane uno su 3 è straniero, uno su 4 è tossicodipendente e considerevole è anche la percentuale di detenuti con malattie mentali. "Tutto questo - denuncia Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, va ad aggravare le già pesanti condizioni lavorative delle donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico di ben 5mila unità".

Il dato importante da considerare è che i detenuti affetti da tossicodipendenza o malattie mentali, come ogni altro malato limitato nella propria libertà, scontano una doppia pena: quella imposta dalle sbarre del carcere e quella di dover affrontare la dipendenza dalle droghe o il disagio psichico "in una condizione di disagio, spesso senza cure adeguate e senza il sostegno della famiglia o di una persona amica. Forse è il caso di ripensare il carcere proprio prevedendo un circuito penitenziario differenziato per questi tre tipi di detenuti", propone il Sappe che ha organizzato a Roma per lunedì 8 marzo un convegno sul tema"Immigrazione e Tossicodipendenza. Pena, Carcere e Territorio - Riorganizzazione della Polizia Penitenziaria".

Nonostante l`Italia sia un Paese il cui ordinamento è caratterizzato da una legislazione all`avanguardia per quanto riguarda la possibilità che i tossicodipendenti possano scontare la pena all`esterno, oggi essi sono circa il 25% del totale della popolazione detenuta. "E` infatti previsto - spiega Capece - che i condannati a pene fino a sei anni di reclusione, quattro anni per coloro che si sono resi responsabili di reati particolarmente gravi, possano essere ammessi a scontare la pena all`esterno, presso strutture pubbliche o private, dopo aver superato positivamente o intrapreso un programma di recupero sociale. Nonostante ciò queste persone continuano a rimanere in carcere".

Giustizia: Dap condannato risarcire morte detenuto Rebibbia

 

Adnkronos, 6 marzo 2010

 

Dopo Milano e Bologna, anche il Tribunale civile di Roma ha condannato il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a risarcire i familiari di un detenuto morto nel carcere romano di Rebibbia il 13 ottobre scorso. Marco Zodiaco, era morto mentre era in attesa di giudizio, per un’insufficienza cardiorespiratoria determinata da assunzione di sostanze stupefacenti. Lo rende noto il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), che ricostruisce la vicenda che ha portato il Dap a dover risarcire circa 350mila euro.

All’interno del carcere, come rilevato dal giudice del Tribunale civile, sarebbe stata introdotta della droga in dosi sufficienti per almeno due persone, il che deporrebbe per un’evidente carenza nei controlli da parte dei dipendenti dell’Amministrazione penitenziaria in servizio presso il carcere di Rebibbia. Sempre in base alla sentenza, spiega il Sappe, la mancanza di controlli avrebbe integrato una chiara violazione di quelle disposizioni dell’ordinamento penitenziario che pongono a carico dell’Amministrazione l’obbligo di garantire il diritto di ogni detenuto all’integrità fisica.

Il giudice ha stabilito che la responsabilità dell’Amministrazione consiste nel non aver impedito che il detenuto potesse avere la disponibilità di sostanza stupefacente: un danno morale, subito dai famigliari, quantificabile in 75.900 euro ciascuno in favore dei genitori, 42.900 ciascuno in favore delle due sorelle del detenuto morto e 49.500 dell’altro fratello minore. Su queste somme dovranno essere calcolati gli interessi, per un totale complessivo di circa 350.000 euro.

"Si sta ormai affermando un indirizzo giurisprudenziale di merito che sconcerta tutti gli addetti ai lavori, soprattutto se si pensa che, laddove dovesse essere riscontrata la colpa grave, la Corte dei Conti potrebbe agire in rivalsa nei confronti del personale di polizia penitenziaria - afferma in una nota Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe. Ciò sarebbe davvero assurdo, ma non improbabile, in considerazione delle gravi difficoltà in cui opera il personale stesso".

Il sindacato si augura dunque che la Corte di Cassazione, quando sarà chiamata a giudicare, "affermi principi opposti a quelli finora affermati dai giudici di merito e che, soprattutto, l’Amministrazione penitenziaria cominci a preoccuparsi di stipulare delle assicurazioni per il personale di polizia penitenziaria".

Giustizia: perfino l’Angola punta su reinserimento dei detenuti

di Mario Nicotra

 

www.polpen.it, 6 marzo 2010

 

Periodicamente vengono rilasciate interviste, sondaggi, agenzie e quant’altro riguardante lo status delle carceri dei paesi meno sviluppati. Polpen ha posato lo sguardo su alcuni accadimenti dei penitenziari esteri, nel caso particolare sui penitenziari dell’Angola: "La costruzione di nuovi penitenziari - ha detto Zau Bamoquina, viceministro competente - la formazione accurata delle risorse umane, il miglioramento dei servizi e l’adozione di politiche di formazione e reinserimento dei prigionieri sono le priorità del ministero per il 2010".

Così il ministero degli interni dell’Angola si propone di agire con il mandato per il corrente anno, metodo che potrebbe funzionare anche in Italia, diversamente da quanto avviene invece attuando un sistema che propende verso carceri sempre più "meccanizzate" e che prevedono un minor personale per un maggior numero di detenuti.

Zau si rivolge ancora la popolo dell’Angola con un appello nel proprio discorso: "all’unione degli sforzi di tutta la società per sostenere il reinserimento sociale dei detenuti e ha ricordato che questa è la condizione necessaria per scongiurare recidive. Per queste ragioni i detenuti saranno impiegati in attività sociali, come elemento centrale del reinserimento e con vantaggi indubbi per le persone e per la società".

Lettera: i volontari del carcere di Bollate scrivono alla stampa

 

Ristretti Orizzonti, 6 marzo 2010

 

Non un carcere a luci rosse, ma una Casa di Reclusione che ha un progetto di reinserimento dei detenuti, come prevede la Costituzione.

A margine della vicenda della detenuta in stato di gravidanza i volontari che quotidianamente lavorano a Bollate dicono: "Scandalismo inutile e dannoso, riflettiamo invece su come tutelare l’affettività in carcere, come accade in altri paesi e su come sostenere esperienze detentive come Bollate".

Una giovane donna detenuta a Bollate è rimasta incinta. La notizia è di dominio pubblico perché il Sappe, sindacato di polizia penitenziaria, ha inviato comunicati alla stampa e chiesto di accertare le "responsabilità". Noi volontari del carcere di Bollate osserviamo:

1) Non può essere certo motivo di responsabilità il consentire - da parte degli operatori in divisa e non - a tutti i detenuti, uomini e donne, di frequentare la scuola, di accedere al lavoro e di partecipare alle attività comuni, che non possono essere riservare solo ai detenuti dei reparti maschili. In questa, come in molte altre circostanze, il Progetto Bollate dimostra di essere ovviamente più esposto a rischi, ma gli incidenti di percorso non possono essere strumentalizzati per indebolirlo o ridimensionarlo.

2) Non ha senso lo scandalo di chi ha parlato di "carcere a luci rosse". Piuttosto ci si dovrebbe scandalizzare per i 70 suicidi che si sono verificati lo scorso anno nei penitenziari italiani, o per le denunce di violenze anche sessuali.

3) Episodi come questi dovrebbero essere occasione di riflessione sulla necessità di affrontare nelle carceri italiane il tema della possibilità per i detenuti di mantenere o instaurare legami affettivi e sessuali, adottando le necessarie misure organizzative, come accade in altri paesi europei. In Italia i tentativi di introduzione di norme che regolamentino questa materia sono rimasti lettera morta, malgrado la proposta di legge presentata il 12 luglio 2002 (n. 3020: "Modifica della legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di affettività in carcere").

4) Ci auguriamo che non si prenda spunto da questo episodio per bloccare il Progetto Bollate, che rappresenta una delle poche coraggiose ed efficaci esperienze nel quadro delle strategie carcerarie italiane.

 

Associazione Mario Cuminetti

Sesta Opera San Fedele

Associazione Gli Amici di Zaccheo Lombardia

Viviana Brinkmann Presidente

Tutti i Soci Membri volontari esterni ed interni

Editore Salute inGrata

Tutti i componenti delle Redazioni e Sportelli Salute

Associazione "Carte Bollate"

Susanna Ripamonti

Assunta Sarlo

Silvia Palombi

Federica Neef

Cooperativa Abc di catering

Silvia Polleri

Cooperativa Alice

Luisa della Morte

Cooperativa Estia teatro e falegnameria

Michelina Capato

Associazione Salto Oltre Il Muro - ippoterapia

Claudio Villa

Centro Coscienza

Cesare Faggetti

Uberto Sapienza

Paola Siviera Fagetti

Laboratorio di poesia

Maddalena Capalbi

Cascina Bollate

Susanna Magistretti

Cooperativa Articolo 3

Paola Villani

Laura Formigoni

 

Valerio Onida - Presidente emerito della Corte Costituzionale

Don Fabio Fossati - Cappellano

Angelo Aparo - coordinatore Gruppo Trasgressione

Adolfo Pugliese - psicologo

Savino D’amico - gruppo lettura

Marlene Lombardo - stampa

Nazzareno Prenna - ins ed fisica e mr squadra di calcio

Livorno: oltre 20 morti in dieci anni, nel carcere delle Sughere

di Lara Loreti

 

Il Tirreno, 6 marzo 2010

 

Oltre venti morti in dieci anni alle Sughere, con una media di due decessi l’anno. Suicidi, morti sospette, incidenti, anche un giovane che ha perso la vita dopo esser stato pestato dai compagni. Casi diversi tra loro, indagini in corso, situazioni che a distanza di anni ancora non trovano risposte certe, come il caso di Marcello Lonzi.

E poi una raffica di ulteriori problemi che turbano la serenità del carcere. Nove persone in 16 metri quadri, con letti a castello da tre piani. Detenuti costretti a dormire su un materasso per mancanza di letti, in tre in stanze pensate e costruite per una sola persona. Reclusi esasperati dalle pessime condizioni della struttura che diventano aggressivi e cercano il conflitto come forma di sfogo. La vita all’interno delle Sughere è sempre più dura. Lo è per chi vi lavora, lo è per chi deve scontare una pena.

Tutti episodi però che fanno riflettere: nella casa circondariale di via delle Macchie c’è un problema. Un problema che trae origine dal passato, ma che non è ancora stato risolto. Tanti i casi che, con regolarità, hanno fatto parlare della struttura detentiva cittadina a livello nazionale. In questi anni si sono susseguite visite dei provveditori del Dipartimento amministrazione penitenziaria e di esponenti politici.

Ma soprattutto si sono levate più volte le proteste della direzione e degli agenti della polizia penitenziaria, che non si sono mai stancati di chiedere più personale e di migliorare la struttura. La morte di Habib. L’ultimo decesso tra le mura della casa circondariale c’è stato mercoledì pomeriggio quando Habib Snoussi, tunisino di 30 anni, detenuto nel reparto transito, è stato trovato morto in cella, con la bomboletta del gas aperta accanto.

L’ipotesi più accreditata per la Procura è che il giovane abbia sniffato il gas dal fornellino in dotazione alle celle per riscaldare il caffè. Il sovraffollamento. Ha ormai raggiunto livelli di saturazione totale. I detenuti sono circa 430 a fronte dei 260-270 posti e gli agenti della polizia penitenziaria sono sempre meno: 200 sulla carta, 130 di fatto. L’eccessivo numero di ospiti fa sì che si creino situazioni di intolleranza e difficoltà enormi nella custodia.

E nei mesi scorsi non sono mancati episodi limite che fanno riflettere: la popolazione delle Sughere la scorsa estate ha raggiunto picchi di 470 persone, il che vuol dire quasi il doppio della regolare capienza. Un numero che ha costretto la gestione del carcere a utilizzare tutti i posti letto fino all’ultima branda tanto che per una notte un detenuto è stato costretto a dormire su un materasso per terra.

E non è tutto: oltre alle celle singole-doppie adattate a triple (che sono sugli 8-10 metri quadri), nel carcere ci sono delle mini camerate, grandi il doppio delle altre, in cui di solito vengono messi tre letti a castello, dove possono dormire sei persone. Solo che, nei momenti di emergenza - quando la popolazione del carcere lievita a dismisura - si è arrivati a trovare un escamotage per inserire altri tre letti: creare così dei castelli a tre piani. Con tutti i disagi che ne conseguono. Infatti è successo più di una volta che i detenuti siano caduti dal terzo piano procurandosi traumi e lesioni come lussazioni alla spalla e così via.

I detenuti diventano aggressivi. Vivere in queste condizioni non è facile e succede spesso che il nervosismo e la violenza prendano il sopravvento. Gli agenti hanno eliminato ogni oggetto potenzialmente contundente come lamette e cose metalliche, ma i detenuti riescono comunque a trovare arnesi potenzialmente pericolosi: in più occasioni sono stati sorpresi con pettini, aste degli occhiali e pietre limati ad hoc e rese appuntiti.

La protesta sindacale. Le sigle sindacali da sempre chiedono che più personale. La Uil sottolinea le crescenti difficoltà, specialmente in questo periodo in cui alle Sughere ci sono due cantieri per lavori di ampliamento: previsti 80 nuovi posti e la ristrutturazione della sala colloqui.

 

Oggi l’autopsia sul corpo di Habib

 

La Procura ha aperto un fascicolo sulla morte di Habib Snoussi. Il pubblico ministero Luca Masini, che sta seguendo il caso del decesso nella cella avvenuto mercoledì pomeriggio, ha richiesto l’autopsia sul corpo del trentenne tunisino. Scopo dell’inchiesta, svolta dagli agenti della sezione di polizia della Procura, è accertare le cause della morte e individuare eventuali responsabilità. A questo scopo mercoledì sera sono stati sequestrati la bomboletta e il fornello e sono stati ascoltati agenti penitenziari e detenuti.

Livorno: in carcere una vita disumana, c’è chi sceglie la morte

di Arianna Terreni (Consigliera Comunale Pd)

 

Il Tirreno, 6 marzo 2010

 

Non avevo idea le stanze fossero così piccole. Che i silenzi spaccati da colpi di tosse e grida di artificiale follia fossero così penetranti. Silenzio e rumore in un contrasto che entra dentro, gela il sangue e fa riflettere. "questa è la parte dedicata alle donne... facciamo un passo alla volta, l’impatto diretto con la parte degli uomini è troppo forte. Immaginate 420 uomini ammassati in una struttura omologata per ospitarne circa la metà".

Nelle celle un tavolo, una piccola porta con un bagno, dei poster vecchi alle mura. Il sovraffollamento disumano. Le condizioni di vita calpestano la dignità umana come fosse un panno sporco. Intanto, diminuiscono i fondi per la manutenzione ordinaria, aumentano i detenuti diminuiscono gli spazi a disposizione di ogni essere umano... aumentano le difficoltà del personale di custodia e del personale educativo. Non credevo che il contrasto tra l’umano ed il disumano di quelle mura fosse così spietato. Così spietato da indurre un’ennesima persona a preferire il buio alla luce. Il niente alla vita.

Verona: 956 detenuti quattro per cella, gli agenti dicono basta

 

L’Arena di Verona, 6 marzo 2010

 

Presa di posizione del sindacato della polizia penitenziaria. "In Veneto i detenuti dovrebbero essere 1.915, invece sono 3.261. Il nostro lavoro è triplicato e non ci è garantita neppure la casa".

Il carcere scoppia con 956 detenuti stipati in quattro per cella; 633 sono stranieri. C’è carenza di personale: i poliziotti penitenziari in servizio sono 274 di questi 33 con incarichi di distacco, al posto di 307. Al surplus di lavoro gli agenti sono costretti a sommare anche il fatto che se vanno in pensione vengono sfrattati di casa.

Le abitazioni che occupano a Fondo Frugose sono infatti di proprietà del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti che prevede sì l’assegnazione di un alloggio ai dipendenti dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità, ma in una clausola del contratto di affitto chiede anche la dismissione dell’appartamento qualora il dipendente smetta di lavorare, venga trasferito o peggio muoia: in quest’ultimo caso moglie e figli se ne devono comunque andare.

A denunciare la situazione è il sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe che ieri mattina nel corso di una conferenza stampa tenuta fuori dai cancelli della casa circondariale di Montorio in quanto la stampa, seppure invitata, non ha avuto accesso alla struttura, ha elencato i disagi e le preoccupazioni di quanti vivono la realtà carceraria. L’entrata ad una delle sale di solito dedicate agli incontri è stata negata anche al rappresentante del comune, l’assessore Paolo Tosato, giunto in rappresentanza del sindaco Flavio Tosi, invitato a prendere conoscenza degli sfratti fatti ai poliziotti penitenziari andati in pensione e che risiedono per l’appunto a Fondo Frugose.

Giovan Battista Durante, segretario generale del Sappe, non nasconde di essere preoccupato per la situazione delle carceri venete e per il personale in servizio: il Veneto secondo i dati forniti dal segretario risulta tra le regioni con maggiori problemi di sovraffollamento e carenza di personale. E la casa circondariale non è esente da questo stato di cose, anzi. "Nelle carceri venete dovrebbero essere detenuti 1915 persone, invece sono 3.261. Il sovraffollamento è quindi del 170 per cento", ha detto Durante. A lui hanno fatto eco i segretari Giovanni Vona (regionale) e Gerardo Notarfrancesco (provinciale) aggiungendo la percentuale di carenza di personale, sempre a livello regionale che è del 76 per cento. A livello locale si parla invece del 66,21 per cento di assenza di agenti e di un sovraffollamento pari al 162 per cento.

"Il nostro lavoro è triplicato, non possiamo farci carico di tutto e non possiamo nemmeno andare avanti in questo modo", affermano. Ma al lavoro triplicato per una paga che è sempre la stessa, un agente di primo pelo arriva a prendere 1300 euro al mese, si aggiunge la mancanza di sicurezza di una casa. Sono passati i tempi da quando ai difensori della Patria e a quanti combattono la criminalità veniva data una casa con un giusto affitto, basato sulla busta paga. Oggi invece per un alloggio di Stato il canone si basa sul reddito famigliare e gli affitti superano anche i 500 euro. Ma quel che fa stare male gli ex poliziotti penitenziari è che a Fondo Frugose ci sono arrivati nel 2005 e mai si sarebbero immaginati che la clausola sarebbe stata applicata, tanto più che prima alloggiavano in case del Comune o della Regione e ora non possono più tornare indietro. Durante ha portato da Roma una proposta di legge dei senatori Berselli e Barbolini che permetterebbe ai pensionati di mantenere l’alloggio e nel caso di decesso l’assegnazione passerebbe al coniuge o agli aventi diritto. Aspettando l’approvazione gli ex agenti di custodia si sono messi nelle mani di un avvocato.

Pisa: Garante dei detenuti confermato ora ha anche un ufficio

 

Il Tirreno, 6 marzo 2010

 

Finalmente il garante per i diritti delle persone private della libertà personale avrà una sede, un suo ufficio a Palazzo Gambacorti. Per il momento si tratta di uno spazio che dovrà dividere con il difensore civico. Ma l’ottica è quella di avere presto una collocazione autonoma in seno all’amministrazione comunale.

Intanto in questi giorni il sindaco ha rinnovato la nomina del garante, formalmente vuota da sei mesi, informalmente ricoperta dall’avvocato Andrea Callaioli, in questo senso al suo secondo incarico dopo il primo, conferitogli dall’ex sindaco Paolo Fontanelli proprio tre anni fa, nella primavera del 2007.

E sarà come sempre il sovraffollamento, unito alla consueta barriera del linguaggio e della mancata comprensione delle problematiche giuridiche, la questione principale che il garante si troverà ad affrontare per difendere i diritti dei reclusi. Il conferimento della nomina è stato oggetto di un incontro, che si è svolto ieri a Palazzo Gambacorti, fra la stampa, il sindaco, Marco Filippeschi, la presidente della Società della salute, Maria Paola Ciccone, e Andrea Callaioli. Callaioli è stato riconfermato su una rosa di otto pretendenti, giovani avvocati, soprattutto colleghe, che hanno comunque confermato la propria disponibilità a collaborare a gruppi di lavoro sulle problematiche aperte in carcere.

Filippeschi ha sottolineato i problemi esistenti anche in un carcere che presenta, come quello di Pisa, punti di eccellenza nel suo centro clinico, uno fra i pochi in Italia, nel personale, nella direzione, negli operatori, tutti attenti con sensibilità alle esigenze dei detenuti. Punti di eccellenza a fronte di una struttura inadeguata, come molte carceri italiane, vecchia (ha ottant’anni), inserita nel progetto di rinnovamento e nei finanziamenti prospettati da ministero e governo ma mai reso noto nei particolari.

Dunque Pisa ha finalmente e nuovamente il suo garante, un ufficio, al 4º piano del palazzo, e una sede operativa, per incontri con le famiglie ed altre esigenze, che sarà in largo Petrarca 5. Il problema principale dunque resta il sovraffollamento, di fronte ad una struttura vecchia che ha posto per 225 persone, ha una soglia di tollerabilità fissata in 359 posti, ma di fatto ospita la bellezza di 441 detenuti, insomma il doppio del previsto, il 50% dei quali stranieri. Su 441, 42 sono donne anche se i posti nel reparto femminile sono solo 18.

Una situazione fotocopia di quella nazionale: sono 66.288 i reclusi su 44.055 posti disponibili. Maria Paola Ciccone ha sottolineato i progetti portati avanti in carcere dalla Sds, una lavanderia gestita da 10 detenuti in semilibertà che verrà presto aperta a Ospedaletto presso una struttura agricola gestita dalla Coop Don Bosco, l’iniziativa Oltre il muro, i corsi di pittura, musica e informatica e le attività di ginnastica, calcio, calcetto e arbitraggio.

Bologna: Sappe; all’Ipm un detenuto cerca di strozzare agente

 

Dire, 6 marzo 2010

 

Un agente penitenziario in servizio al carcere minorile del Pratello di Bologna è stato aggredito, ieri pomeriggio, da un detenuto che avrebbe tentato di strozzarlo. Lo riferisce il sindacato del Sappe in una nota, spiegando la dinamica dei fatti e scagliandosi contro "l’ennesimo episodio che vede l’istituto del Pratello nell’occhio del ciclone, a causa, probabilmente, della mancanza di una guida autorevole e adeguata", afferma il segretario dell’Emilia-Romagna, Giovanni Battista Durante.

L’aggressione sarebbe avvenuta intorno alle 17 perché il detenuto, dice il Sappe, pretendeva di entrare in una stanza dove non poteva: l’agente sarebbe stato preso per il collo e aiutato da tre colleghi intervenuti in sua difesa. Scrive Durante: "Il detenuto pretendeva di entrare per forza in una stanza detentiva in cui non poteva entrare. L’agente, dopo avergli spiegato quali erano le regole comportamentali da osservare, è stato afferrato per il collo dal detenuto che ha tentato di strozzarlo".

L’agente, prosegue Durante nel racconto, ha tentato di liberarsi e ne è "nata una colluttazione"; poi "sono intervenuti altri tre agenti" che "a fatica sono riusciti a riportare l’ordine". L’agente aggredito, portato in ospedale, ha ricevuto una prognosi di cinque giorni; il detenuto invece è stato denunciato all’autorità giudiziaria e portato in Tribunale, questa mattina, per il processo per direttissima. Il sindacato, alla luce dell’accaduto, polemizza sulla mancanza di una guida al Pratello e sul turnover di comandanti dell’ultimo periodo (tre in un anno), che è "destabilizzante per la sicurezza dell’istituto e del personale che ci lavora".

Ecco la trafila dei cambi al vertice per come la ricostruisce il Sappe: "In un anno sono già stati avvicendati tre comandanti di reparto. Per volere del direttore del Centro e dei vertici del Dipartimento è stato rimosso il comandante storico del Pratello, l’ispettore Giuseppe Scocca".

Quest’ultimo, sarebbe stato "avvicendato prima con un ispettore proveniente da Torino e poi, di recente, con un altro proveniente dalla Campania, entrambi in missione, con gravi costi per l’erario". Per Durante, questo turnover è "destabilizzante" per la struttura e "a ciò si deve aggiungere - afferma - il fatto che lo stesso istituto è ancora un cantiere aperto, a seguito di lavori di ristrutturazione che da anni non vedono mai la luce".

Il Sappe conclude quindi la nota chiedendo un cambio al vertice: "Riteniamo che i responsabili di questa fallimentare gestione abbiano fatto il loro tempo. È opportuno che il Capo del Dipartimento giustizia minorile intervenga in maniera energica, rivedendo gli incarichi dirigenziali".

Latina: Udc; il carcere costruito nel 1932 è obsoleto e fatiscente

 

Il Tempo, 6 marzo 2010

 

Il capogruppo regionale dell’Udc Aldo Forte, su invito dell’associazione di volontariato Themis che si occupa delle problematiche del mondo penitenziario, si è recato in visita alla casa circondariale di Latina.

"Ho accettato volentieri l’invito a visitare il carcere di Latina, per rendermi conto da vicino di quella che è la realtà carceraria in tutte le sue sfaccettature - ha spiegato Forte. Nella mia visita ho potuto constatare la grande professionalità con cui le figure presenti all’interno dell’Istituto svolgono la loro attività. A partire dalla direttrice e dal comandante della polizia penitenziaria, agli agenti, a tutti gli altri operatori ho potuto constatare con quanto impegno e serietà si cerca di mandare avanti nel migliore dei modi il carcere, nonostante una serie oggettiva di difficoltà".

Forte, che nella visita era accompagnato dagli avvocati dell’associazione Themis, Pasquale Cardillo Cupo e Guglielmo Raso, ha sottolineato come la struttura, che risale al 1932, risulti obsoleta e in molte sue parti fatiscente. "Senza dubbio occorrono interventi di manutenzione e ristrutturazione - ha affermato il capogruppo dell’Udc. C’è poi un problema di sovraffollamento tanto è vero che nella sezione maschile ci sono solo i detenuti in attesa di giudizio perché quelli già condannati vengono mandati altrove.

Inoltre - ha proseguito l’esponente dell’Udc - parlando con gli operatori ho avuto modo di appurare quanto sia importante l’esperienza della figura del Garante regionale dei detenuti". Forte si è impegnato a farsi portavoce presso le autorità competenti delle problematiche della struttura penitenziaria "nell’interesse dei detenuti e di chi, con compiti e responsabilità diverse, vi presta servizio".

Pozzuoli (Na): lunedì, il ministro Carfagna visiterà le detenute

 

Dire, 6 marzo 2010

 

Il ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, in occasione dell’8 Marzo, interverrà alle ore 11alla cerimonia "Per le donne di domani", organizzata al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Nel pomeriggio, invece, alle 16, il ministro si recherà alla casa circondariale femminile di Pozzuoli. Il carcere di Pozzuoli, è una struttura di detenzione esclusivamente femminile e buona parte del personale impiegato, agenti di Polizia Penitenziaria, sono donne.

Forlì: lunedì Assessori Provincia in visita alle donne in carcere

 

Dire, 6 marzo 2010

 

Per la festa della donna gli assessori provinciali di Forlì-Cesena vanno in prigione. E portano via le borse. Lunedì mattina una delegazione della Provincia di Forlì-Cesena, con il vice presidente e assessore al Welfare e Sviluppo Economico, Guglielmo Russo, l’assessore alle Pari Opportunità, Bruna Baravelli, e la consigliera provinciale di Parità, Eva Carbonari, si recheranno in visita alla sezione femminile della Casa circondariale di Forlì di via della Rocca. I tre rappresentanti provinciali, in occasione della festa della donna, porteranno alle donne detenute e al personale di custodia in servizio presso la Casa circondariale forlivese il saluto dell’amministrazione di Piazza Morgagni. Gli assessori si riforniranno anche delle borse realizzate dalle donne detenute nel laboratorio del carcere, che saranno utilizzate per fini istituzionali.

Immigrazione: "Passpartù", puntata di stasera dedicata ai Cie

di Marzia Coronati

 

Amisnet, 6 marzo 2010

 

"Passpartù" (Rai Tre), puntata di stasera dedicata ai Cie. Ospiti: Ibrahim e Mamadou, Gabriele Del Grande, Simone Ragno, Claudio Novaro. In redazione: Elise Melot e Andrea Cocco.

La notte tra il 28 febbraio e il primo marzo, mentre in tutta Italia ci si preparava allo sciopero dei migranti, il centro di identificazione ed espulsione di Roma, il Cie di Ponte Galeria si preparava a un importante cambio di gestione. La struttura, da sempre gestita dalla Croce Rossa Italiana, da pochi giorni è passata infatti nelle mani della cooperativa Auxilium. Questa puntata di Passpartù è dedicata a quelle persone che avrebbero voluto partecipare allo sciopero ma non hanno potuto, perché rinchiuse nei centri di identificazione ed espulsione presenti su tutto il territorio italiano, dodici strutture per una capienza totale di 1806 posti. Entreremo in queste carceri, raccontandovi la vita di chi ci si trova dentro. Parleremo anche di una vicenda torinese: il caso dei sei ragazzi appartenenti al movimento antirazzista piemontese, incarcerati per avere protestato davanti al Cie di Torino. In chiusura Ritmi, l’angolo musicale a cura di Elise Melot.

Con una capienza di oltre 350 posti, il Cie di Ponte Galeria si aggiudica il primato di centro di identificazione ed espulsione più grande d’Italia. La struttura, da sempre gestita dalla Croce Rossa Italiana, da pochi giorni è passata nelle mani della cooperativa Auxilium, che fa capo ai fratelli Chiorazzo. Ai Chiorazzo è affidata anche la gestione del Centro di accoglienza richiedenti asilo di Policoro, in Puglia, e ora hanno vinto l’appalto per la gestione del Cie di Ponte Galeria. Una vittoria che per qualcuno era scontata, nonostante i due fratelli siano dal 2008 sotto inchiesta: l’accusa è quella di avere messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata a reati come turbativa d’asta e corruzione.

Il giorno in cui è avvenuto il passaggio di consegne, l’emittente romana Radio Onda Rossa ha registrato una telefonata con uno dei detenuti di Ponte Galeria, che descriveva le proteste avvenute durante quella notte, della rivolta di cui parla però non si è saputo più nulla, e gli unici mezzi ad averne dato notizia sono Indymedia e Radio Onda Rossa.

La mattina di due giorni dopo, mercoledì tre marzo, Simone Ragno, consulente del garante dei detenuti della Regione Lazio che presta servizio presso il Cie di Ponte Galeria a Roma, ha visitato la struttura, Ragno ci ha descritto un’atmosfera di disordine dovuta al cambio di gestione, ma non un’atmosfera rivoltosa. Eppure da dentro le mura di via Corelli, il Cie di Milano, è iniziato uno sciopero della fame, e gli scioperanti ci hanno assicurato che la protesta si sta propagando in molti altri centri di Italia, tra cui Ponte Galeria e Gradisca di Isonzo. Abbiamo telefonato a Mamadou, detenuto a via Corelli e in sciopero della fame dal tre marzo. È lui che ci ha spiegato i motivi dello sciopero. "Sono tanti i motivi : i tempi di detenzione sono troppo lunghi, viviamo come topi, la roba da mangiare fa schifo. Ci trattano come detenuti, ma in realtà siamo solo vittime della Bossi-Fini. L’Italia ci ha tradito, noi vogliamo essere liberi come gabbiani".

Mamadou è cresciuto in Italia, come lui, sono molte le persone che si trovano dentro i Cie nonostante vivano in Italia da molti anni. Il giornalista Gabriele Del Grande, ideatore del blog Fortress Europe, tra ottobre e novembre del 2009, dopo l’inizio della politica dei respingimenti in mare voluta dal nostro governo, ha visitato diversi centri di identificazione ed espulsione italiani e ha avuto modo di incontrare diversi detenuti, "molti di loro" racconta "sono persone che sono cresciute in Italia e che nei loro paesi di origine non hanno né amici né familiari".

Mamadou ci ha raccontato che un altro motivo dello sciopero è l’arresto ingiusto degli amici di Torino. La storia a cui fa riferimento è quella del 23 febbraio scorso, quando a seguito di una maxi-operazione della Digos, sei persone appartenenti ai movimenti antirazzisti torinesi sono state tratte in arresto. L’accusa è quella di associazione a delinquere semplice, che secondo la procura è stata creata dagli imputati per istigare le rivolte all’interno dei Centri di Identificazione ed Espulsione. Attualmente tre persone si trovano in carcere, altre tre agli arresti domiciliari, un ragazzo ha il divieto di dimora nella provincia di Torino e circa settanta sono i nomi che compaiono nel processo. Il 9 marzo ci sarà l’udienza davanti al tribunale del riesame, per discutere sulla revoca, la sostituzione, o il mantenimento delle misure. Per chi volesse seguire la vicenda o sapere di più sulle azioni portate avanti dagli antirazzisti torinesi, vi invitiamo a visitare il sito www.autistici.org/macerie.

Ibrahim, detenuto al carcere di Via Corelli, ci tiene a denunciare un’altra situazione: l’arrivo, nel Cie milanese, di persone che hanno partecipato alla sanatoria di colf e badanti, e che quindi dovrebbero essere automaticamente regolari sul territorio italiano. La denuncia di Ibrahim arriva insieme alla pubblicazione di un articolo uscito su Repubblica il 4 marzo a firma di Paolo Rumiz "Si tratta di una sanatoria trappola", scrive il giornalista. Secondo le indicazioni del Viminale infatti chi chiede di accedere alla sanatoria, ma in passato non ha rispettato un ordine di espulsione, verrà rispedito al paese di provenienza. All’origine di tutto, scrive Rumiz, "la contraddizione insita nella precedente legge Bossi-Fini, che all’articolo 14 individua nella mancata ottemperanza all’espulsione un reato punibile con l’arresto obbligatorio.

Francia: in mostra 340 foto inedite delle prigioni da metà ‘800

di Antonella Tarquini

 

Ansa, 6 marzo 2010

 

Tema molto in voga in questi giorni grazie a due film sulla cresta dell’onda, il già pluripremiato Il Profeta di Jean-Jacques Audiard candidato agli Oscar e in uscita in Italia il 19 marzo, e Shutter Island di Martin Scorsese, l’isolamento dal mondo dell’universo carcerario è al centro di una inquietante mostra fotografica sulle prigioni parigine da metà dell’800, al Museo Carnavalet di Parigi. E di una piccola mostra di foto di minori rinchiusi nelle carceri di mezzo mondo, scattate da Lizzie Sadin, alla Galleria Fait & Cause.

La mostra al Carnavalet presenta 340 foto inedite che evocano questi luoghi di cui il cinema si è appropriato come scenografia "a porte chiuse" per narrare le tensioni morali, fisiche, le strategie per sopravvivere, le condizioni di vita disastrose e disumane. Specie quelle dei bambini, dei minori che nell’800 erano rinchiusi alla Petite Roquette, per decisione giudiziaria ma anche per Correction Paternelle cioè per volontà di quei padri che non trovavano altro mezzo per raddrizzare figlioli molesti, forse neppure tanto turbolenti.

Molti di questi giovani detenuti, si scopre visitando la mostra, venivano usati per esperimenti clinici, in particolare erano sottoposti ad alimentazione vegetariana per determinare a che soglia il bambino cominciava a deperire... La Correction Paternelle era prevista, nell’800, anche per le fanciulle colpevoli probabilmente soltanto di qualche scappatella, che si ritrovavano nell’inferno della prigione femminile Saint Lazare assieme a prostitute, sifilitiche, ladre.

Poche sono le foto in cui compare il detenuto, mentre la fotografa Lizzie Sadin è riuscita ad entrare nelle carceri di una decina di paesi - dalla Russia agli Usa, Madagascar, Brasile, Francia, Colombia - per captare gli sguardi di adolescenti rinchiusi assieme a delinquenti incalliti. Un progetto che ha ricevuto l’appoggio di Amnesty International per ricordare che un milione di bambini vivono in detenzione senza poter avere l’aiuto di un avvocato. Dei 19 luoghi di detenzione della Parigi dell’800 oggi resta attiva solo una parte del carcere de La Santè, dove è stato rinchiuso l’ex terrorista rosso Cesare Battisti, immortalato su una foto inedita scattata in carcere il 16 febbraio 2004 con un telefonino dal deputato dei verdi Yves Cochet.

 

 

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