Rassegna stampa 30 gennaio

 

Giustizia: Roma; quando parla Ionta magistrati lasciano aula

 

Apcom, 30 gennaio 2010

 

Almeno 50, tra giudici e pubblici ministeri, con toga e copia della Costituzione in mano, hanno lasciato l’aula magna della Corte d’appello di Roma, come aveva invitato a fare l’Associazione nazionale magistrati per criticare la politica del Governo. La protesta è avvenuta quando ha preso la parola il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta, in rappresentanza dell’esecutivo. I capi degli uffici, i procuratori aggiunti, sono rimasti al loro posto. Tra i molti che si sono alzati però si sono riconosciuti il presidente del Tribunale di Cassino, Giuseppe De Carolis, il procuratore di Tivoli, Luigi De Ficchy, il capo dei gip della capitale, Carlo Figliolia, e molti giudici del Tribunale del riesame.

Liguria: emergenza carceri all’inaugurazione anno giudiziario

 

Asca, 30 gennaio 2010

 

"È significativo che anche dalla relazione sull’amministrazione della giustizia del Presidente della Corte di Appello di Genova Mario Torti emerga evidente il costante tasso di crescita della popolazione detenuta ristretta in Liguria a fronte di un organico di Polizia Penitenziaria altrettanto costantemente sotto organico nelle 7 carceri regionali.

Parliamo di circa 1.700 detenuti presenti a fronte di 1.140 posti regolamentari e di ben 400 agenti di Polizia Penitenziaria in meno rispetto agli organici complessivamente previsti. Si aggiunga che in Liguria si registra la percentuale più alta a livello nazionale di detenuti tossicodipendenti (circa il 40% dei presenti rispetto ad una media nazionale del 25%), una percentuale del 60% di detenuti stranieri ed un altro record negativo a livello nazionale, quello dei detenuti che lavorano, che in Liguria sono solo il 15% dei presenti.

Questi emblematici dati fanno comprendere anche ai non addetti ai lavori come i livelli di sicurezza dei nostri penitenziari siano assai limitati e in quali drammatiche e difficili condizioni lavorino con professionalità e senso del dovere le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria in Liguria. Si pensi che i poliziotti e le poliziotte penitenziari della Liguria nel solo 2008 sono intervenuti tempestivamente in carcere salvando la vita a ben 16 detenuti che hanno tentato di suicidarsi ed impedendo che i 157 atti di autolesionismo posti in essere da altrettanti ristretti potessero degenerare ed ulteriori avere gravi conseguenze."

È quanto dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e commissario straordinario per la Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa Organizzazione dei Baschi Azzurri, a margine dello svolgimento della cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario questa mattina a Genova.

Martinelli, nel ricordare l’apprezzamento già espresso dal Sappe all’annunciato piano carceri del Governo, auspica che se ne vedano presto gli effetti anche in Liguria: "Il piano carceri darà indubbiamente una "scossa" salutare al sistema. Vanno bene le previste procedure edilizie straordinarie, le annunciate assunzioni (sempre con procedure di urgenza) di 2.000 unità di Polizia Penitenziaria che ci auguriamo ripianino in buona parte le carenze degli organici dei Reparti della Liguria e le norme di accompagnamento che attenuino il sistema sanzionatorio per chi deve scontare un piccolissimo residuo di pena. Ci auguriamo dunque che presto si vedano concretamente in Liguria gli effetti del piano carceri del Governo".

Friuli: Cisl; situazione emergenza, no chiusura carcere Gorizia

 

Ansa, 30 gennaio 2010

 

In Friuli Venezia Giulia la situazione del comparto penitenziario è grave e rasenta l’emergenza: lo denuncia la Federazione Nazionale della Sicurezza (Fns) Cisl regionale che per domani, inaugurazione dell’anno giudiziario, ha organizzato un presidio con la Fps Cisl davanti alla sede del Tribunale di Trieste e un intervento di Marzio Marcioni, delegato Fns. Per il sindacato, i provvedimenti governativi in materia e la dichiarazione dello stato di emergenza sono positivi, ma occorre uno sforzo maggiore per risolvere i nodi critici: carenza di organici e sovraffollamento.

"Se a livello nazionale - spiega in una nota il segretario regionale della Fns, Ivano Signor - mancano almeno 5.000 unità, nella nostra regione la carenza supera il 20%". "Il punto di grave ed estrema emergenza che viviamo in regione - prosegue il segretario - è determinato in via prioritaria da un’inadeguata edilizia penitenziaria. Dunque esprimiamo il nostro forte dissenso alla più volte ventilata ipotesi della chiusura del carcere di Gorizia". Vengono chiesti inoltre interventi per le carceri di Trieste, Udine e Tolmezzo.

Napoli: all’Ipm di Nisida un 18enne violentato da tre detenuti

 

Ansa, 30 gennaio 2010

 

Un detenuto di 18 anni recluso nel carcere minorile di Nisida a Napoli ha subito violenze e angherie di ogni tipo da un gruppo di altri reclusi della struttura che sono stati arrestati dopo la denuncia fatta dalla vittima ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Lo riferisce il quotidiano Roma. Gli arrestati, tre, hanno tutti 19 anni ma si trovano ancora nel carcere minorile perché all’epoca dei fatti per i quali erano stati portati nella struttura non erano ancora maggiorenni. Uno dei quattro è anche coinvolto nell’omicidio di una guardia giurata. Nell’ordinanza di custodia cautelare emessa in seguito alle indagini svolte dall’ufficio di sovrintendenza del corpo di polizia penitenziaria dell’istituto minorile si ipotizzano i reati di violenza sessuale di gruppo, stalking e lesioni aggravate. Coinvolta nell’indagine anche una quarta persona, minorenne, per la quale si procede in maniera separata.

 

Il direttore del Dgm: quei minori sono adulti

 

Quei minori, in troppi casi, sono già adulti, perché a Nisida si può rimanere fino a 21 anni. Inoltre, le violenze subite dal detenuto nel carcere minorile di Napoli sono uno degli effetti deleteri del sovraffollamento della struttura. Il direttore del dipartimento di giustizia minorile di Campania e Molise Sandro Forlani, e il direttore del penitenziario Gianluca Guida commentano in questi termini il caso esploso a Napoli. Dove uno dei ragazzi di Nisida ha denunciato di aver subito vessazioni atroci dai suoi compagni. "Una vicenda circoscritta nel tempo - sottolinea Guida -, che si è sviluppata nel giro di pochi giorni, e sulla quale sono in corso gli accertamenti della magistratura". Il caso è venuto fuori, spiega fra l’altro, "proprio perché il personale del carcere ha notato che il ragazzo viveva uno stato di malessere, e così è stato incoraggiato a raccontare cosa stesse succedendo".

Resta l’orrore delle violenze, dovute, spiega Guida, anche allo sforzo che si richiede alla struttura: "Il carcere di Nisida è tarato sull’accoglienza di 32 detenuti - dice - ma negli ultimi due anni siamo arrivati anche a raggiungere il picco di 60. Questo comporta che in una camera in cui dovrebbero dormire 3 persone, si sia costretti a farcene convivere fino a cinque". Oggi a Nisida ci sono 51 ragazzi e 9 ragazze. Il disagio che consegue è evidente. Ma non è questo l’unico problema: "La legge consente ai ragazzi di rimanere nel carcere minorile fino ai 21 anni. E questo crea degli innesti fra logiche criminali diverse, che spesso non appartengono a quelle della adolescenza". Secondo Guida "sarebbe opportuno poter applicare in modo più flessibile la legge su questo punto".

L’opinione è condivisa da Sandro Forlani: "Nel carcere minorile arrivano anche ragazzi che hanno già conosciuto la realtà del penitenziario degli adulti. Se commettono un reato oltre i 18 anni, vanno a Poggioreale. Poi magari diventa esecutiva l’ordinanza per un reato commesso da minori, e vengono portati a Nisida. Così questi minori adulti detenuti sono portatori di esperienze vissute altrove. Il che può snaturare l’impegno nei confronti della adolescenza".

 

Già trasferiti detenuti responsabili

 

I violenti sono stati già trasferiti. Mentre gli altri si sono schierati con la vittima, il detenuto che ha denunciato atroci violenze subite a Napoli da alcuni compagni nel carcere minorile di Nisida. Sono giovanissimi carcerati, che il senso comune liquida come delinquenti: eppure, di fronte agli "aguzzini" di un ragazzo che era a Nisida praticamente di passaggio - è stato detenuto per un mese - hanno manifestato solidarietà e sdegno. "I ragazzi hanno preso una posizione netta e forte in difesa di questo ragazzo", spiega il direttore del carcere Gianluca Guida. Un segnale positivo per la struttura e per gli operatori che qui lavorano ogni giorno. Il direttore del carcere esclude che le violenze possano aver riguardato anche altri ragazzi: "Riteniamo che cose di questo tipo non siano avvenute né in contemporanea, né in altri momenti. Inoltre sono già stati presi di provvedimenti - continua - sia sotto il profilo sanzionatorio-disciplinare, nei confronti di chi è stato responsabile di questi episodi, sia a tutela dei ragazzi che oggi sono ancora in carcere". La conferma arriva dal direttore del dipartimento di Giustizia minorile di Campania e Molise, Sandro Forlani, secondo il quale "si tratta di una vicenda vecchia, che risale a tre mesi fa, e due detenuti sono già stati trasferiti altrove".

Alghero: il Consiglio comunale vota la territorialità della pena

 

www.alguer.it, 30 gennaio 2010

 

Il Consiglio Comunale di Alghero, in data 28 gennaio, ha votato all’unanimità l’ordine del giorno sulla "Territorialità della pena", primo firmatario Valdo Di Nolfo.

Il Consiglio Comunale di Alghero, in data 28 gennaio, ha votato all’unanimità l’ordine del giorno sulla "Territorialità della pena", primo firmatario Valdo Di Nolfo. In questo modo anche il comune di Alghero ha voluto fare la propria parte, assieme a molti comuni e province sarde, nella lotta per il rispetto di un diritto negato ai concittadini, diritto sancito dallo stato italiano attraverso la legge n° 354 del 1975 e ribadito nel protocollo d’intesa tra stato e regione autonoma della Sardegna del febbraio 2006.

L’ordine del giorno impegna il Sindaco e la giunta ad attivarsi presso la Regione e il Ministero della Giustizia, per conoscere il numero dei cittadini algheresi rinchiusi nelle carceri della penisola, e per chiedere immediata applicazione delle norme. Il diritto alla territorialità della pena è prima di tutto un diritto umano e sociale per il cittadino detenuto in esecuzione di pena o in attesa di giudizio, ma che diventa anche diritto giuridico alla difesa per chi è sottoposto a misure di detenzione preventiva.

"Non posso non ringraziare tutti gli intervenuti, tra i quali il Sindaco, e i votanti per il loro sostegno ma soprattutto il comitato "Territorialità della pena" che con il proprio lavoro dal basso è l’attore principale di questa battaglia di civiltà", ha rimarcato Valdo Di Nolfo, soddisfatto per l’importante votazione. "Durante il mio intervento ho voluto ricordare la situazione di Bruno Bellomonte, cittadino sardo che da otto mesi sconta la detenzione preventiva in fuori dalla Sardegna (prima Roma ora Catanzaro), in barba alla normativa vigente", ha concluso il consigliere comunale di Alghero Viva.

Trento: nuovo carcere è quasi pronto, ma mancano 200 agenti

 

Il Trentino, 30 gennaio 2010

 

I detenuti aumentano, le risorse calano. Dopo l’allarme sovraffollamento, la direttrice del carcere di Trento Antonella Forgione lancia quello per il personale: per il nuovo carcere di Spini servono 300 agenti, 200 in più di oggi, che nessuno garantisce. E per ottimizzare gli stanziamenti la direttrice ha chiesto che il carcere di Rovereto chiuda e si investa tutto su Spini. Oggi a Rovereto sono un centinaio i detenuti a fronte di una capienza di 32 posti.

"Il nuovo carcere di Spini - spiega Forgione - può assorbire questi numeri e potremmo dirottare sulla nuova struttura gli stanziamenti e una cinquantina di agenti". È infatti la carenza di personale a preoccupare la direttrice. A Trento gli agenti penitenziari in organico sono 103 (90 effettivi) per oltre 160 detenuti in un carcere che potrebbe ospitarne 90.

"In una struttura che sarà quattro volte più grande - sottolinea la direttrice - è stato quantificato un fabbisogno è di 300 agenti. Se il personale dovesse restare quello che è, potenziato di 25 unità come mi è stato detto, a Spini si potrebbe aprire solo parzialmente. Per questo ho chiesto al presidente Dellai un interessamento politico presso il governo". Forgione, a Trento da un anno, non è persona da giri di parole. Ha parlato chiaro anche ieri mattina, incontrando in via Pilati l’assessore Violetta Plotegher e un gruppo di consiglieri comunali che da agosto avevano fatto richiesta di visitare il carcere (il presidente Renato Pegoretti; Ruggero Purin, Marco Franceschini, Paolo Serra, Silvano Pedrini e Corrado Bungaro del Pd, Francesco Porta di Rifondazione): "Bisogna creare le condizioni perché chi esce dal carcere non torni a delinquere. Mi sgomenta il ministro della giustizia Alfano quando parla di un aumento dei detenuti a 80 mila come se fosse un trend ineluttabile, senza ragionare sulle alternative. Oggi si parla di emergenza carceri, ma per noi è iniziata subito dopo l’indulto del 2006".

Seppur in sofferenza, nel carcere si lavora su ciò che oggi è possibile e si guarda avanti, alle opportunità della nuova struttura di Spini che sarà pronta a giugno. La Provincia si è impegnata a finanziare una serie di attività. Si punta ad allargare l’offerta lavorativa, decisiva nel percorso di rieducazione. "Dopo i tagli della Finanziaria 2009 del governo, oggi ci sono fondi per pagare i detenuti che lavorano al massimo per 90 minuti al giorno", ha spiegato Tommaso Amadei, responsabile dell’area educativa della casa circondariale. A Spini si punterà sulle commesse esterne: una ditta veronese dovrebbe allestire una saldatoria, il Consolida lavanderia, legatoria e laboratori di assemblaggio.

E un’altra possibilità che si sta vagliando con il Comune è di affidare ai detenuti la manutenzione del verde attorno al nuovo carcere: "Facciamone verde pubblico", esorta la direttrice. Si studiano anche nuove convenzioni per la formazione oltre a quelle in atto (l’Istituto geometri): con l’Enaip che ha proposto corsi di edilizia, pizzeria, assemblaggio di materiale elettrico, con l’Istituto Pertini per falegnameria e parrucchieri, con l’Istituto d’arte e il Canossa. A Spini ci saranno palestra, teatro, campo da calcetto. E due biblioteche, per le quali si stanno raccogliendo libri dalle case editrici e dalle biblioteche trentine. "Più si umanizza il carcere e più si abbatte la disperazione", assicura Amadei. Dalla prossima settimana partirà uno sportello della Caritas per fornire vestiario e generi di prima necessità a chi non ha i soldi per acquistarli. Un altro segno di umanità.

Padova: da Chioggia; politici, studenti e insegnanti in carcere

 

Vita, 30 gennaio 2010

 

Sarà praticamente un’intera città, rappresentata dai suoi massimi vertici, oltre che dalle più significative rappresentanze della società civile, a trasferirsi lunedì 1 febbraio nel carcere penale di Padova. E non si tratterà (solo) di un gesto di solidarietà, ma di un’occasione per approvare un atto che rappresenta un indirizzo nuovo per l’intera politica del comune.

Quel giorno infatti nella Casa di reclusione Due Palazzi di Padova sono attese dal direttore Salvatore Pirruccio due classi quinte del liceo scientifico "Veronese" di Chioggia, guidate dai docenti e dal preside Luigi Zennaro. Ad accompagnare i ragazzi ci sarà anche una delegazione della giunta e del consiglio comunale capitanata dal sindaco Romano Tiozzo, alcuni consiglieri della SST, la società di servizi del comune, i due consiglieri regionali di opposta sponda politica Carlo Alberto Tesserin e Lucio Tiozzo ed esponenti delle cooperative sociali operanti nel territorio cittadino, con in testa la cooperativa sociale Giotto, che in carcere è operativa dall’inizio degli anni Novanta.

"Con Chioggia i nostri rapporti però sono molto saldi fin dalle origini", spiega Nicola Boscoletto, storico fondatore della Giotto. "Intanto per la provenienza di alcuni soci fondatori della cooperativa e poi perché in questa città la cooperativa svolge una funzione di inserimento lavorativo per persone svantaggiate da oltre un decennio, in particolare nel campo delle disabilità". Il riferimento è soprattutto al progetto Acua, un centro di educazione ambientale comprendente un orto botanico, un acquario con specie del mare Adriatico ma anche tropicali, una serra, un laboratorio ambientale, ma anche un piccolo shop per visitatori e scolaresche.

Il tutto organizzato secondo un preciso percorso didattico, in cui i ragazzi delle scuole di ogni ordine e grado possono scoprire i segreti dell’ambiente in cui vivono, ma allo stesso tempo possono anche fare esperienza dell’incontro con persone con disabilità soprattutto psichiche che cercano faticosamente di superare una condizione difficile per reinserirsi nella società. Il Due Palazzi inoltre "oltre ad essere la principale casa di reclusione del nordest e la seconda del nord Italia dopo Opera", spiega Nicola Boscoletto, "è anche di pertinenza a un territorio più vasto della provincia di Padova, che comprende il comune di Chioggia".

Il programma della giornata prevede alle 9.30 la registrazione, alle 10 la visita ai capannoni interni con le attività lavorative del consorzio Rebus di cui la cooperativa fa parte. Attività che comprendono il montaggio di valige, biciclette, bijoux, la legatoria, il call center, la cucina con servizio catering e la pluripremiata pasticceria ormai conosciuta non solo in Italia ma anche all’estero per i suoi prodotti di alta qualità artigianale. Dalle 11 a mezzogiorno si aprirà un dialogo tra studenti e detenuti. A tema, inevitabilmente, la giustizia. Con l’attenzione però a saltare, spiega Boscoletto, "dalla cronaca spicciola al senso profondo della giustizia, quello per cui si sconta una pena non solo come pagamento di un debito alla società, ma anche come occasione di cambiamento personale e quindi di effettivo reinserimento nella società stessa".

A mezzogiorno poi il sindaco di Chioggia e le autorità presenteranno alcuni provvedimenti in essere e in fase di adozione nel Comune di Chioggia, quali le borse lavoro per soggetti svantaggiati e l’affidamento di servizi a cooperative sociali, i soggetti più adeguati per il sostegno all’occupazione di persone disabili e svantaggiate che non troverebbero una adeguata risposta nel mercato del lavoro.

"La cooperazione sociale rappresenta uno spaccato imprenditoriale di assoluto interesse per le comunità locali perché offre sul mercato sia qualità nei prodotti forniti e sia professionalità nei servizi prestati", tiene a puntualizzare Boscoletto "Oltre al valore sociale essa produce anche risultati economici molto positivi che a loro volta generano ulteriori ricadute sul piano sociale".

Macerata: arrestato il detenuto evaso un mese fa da Macomer

 

Ansa, 30 gennaio 2010

 

È stato arrestato a Civitanova Marche (Macerata) Younis Chamik, il detenuto per reati legati allo spaccio di stupefacenti evaso dalla casa circondariale di Macomer (Nuoro) il 29 dicembre scorso. L’uomo aveva fatto perdere le tracce durante il viaggio verso una casa di assistenza per detenuti a Roma, autorizzato grazie ad un permesso premio concessogli dal magistrato di sorveglianza di Cagliari.

L’uomo è stato arrestato da agenti del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, dopo una complessa attività investigativa, e varie intercettazioni telefoniche e pedinamenti. È stato rintracciato nella cittadina marchigiana, dove vivono alcuni parenti, e bloccato con la collaborazione di agenti della polizia penitenziaria di Ancona. Chamik è stato fermato mentre usciva dall’abitazione di un cugino, che gli aveva dato ospitalità. Ora è rinchiuso nel carcere di Montacuto ad Ancona. Si tratta del settimo latitante assicurato alla giustizia dal Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria in sei mesi.

Roma: da Siae e Dap concorso letterario "racconti dal carcere"

 

Apcom, 30 gennaio 2010

 

Nasce il Concorso letterario "Racconti dal carcere", per la prima volta si ritroveranno insieme, sulla pagina, detenuti e scrittori di fama. La scrittura in carcere, il racconto autobiografico, l’incontro tra persone recluse e scrittori. Detenuti che raccontano di sé, che esplorano la propria esistenza attraverso la scrittura e che potranno avere l’occasione di farlo con dei tutor d’eccezione, scrittori affermati che li aiuteranno a dare più compiuta espressione letteraria al racconto della propria vita. È questa in sintesi l’idea da cui è nato il concorso letterario "Racconti dal carcere", intitolato a Goliarda Sapienza, attrice teatrale e cinematografica, scrittrice che visse anche l’esperienza del carcere.

Il concorso è stato ideato da Antonella Bolelli Ferrera, giornalista e autrice di Radio3 Rai, promosso dalla Siae e dal Dap, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. E con Dacia Maraini in veste di madrina. Un contributo concreto - sottolineano gli organizzatori - al principio della rieducazione del condannato sancito dall’articolo 27 della Costituzione, che promuove l’incontro tra scrittori, mondo editoriale, Siae e amministrazione penitenziaria.

Franco Ionta, Capo del Dap, ha accolto con convinzione l’invito rivolto da Giorgio Assumma, Presidente della Siae, a promuovere il concorso letterario negli istituti penitenziari perché, ha affermato, "la rieducazione delle persone condannate è un processo personale, che riguarda l’individuo, ma che non può prescindere dal contributo concreto e costante della società, dalla sensibilità e dall’interesse autentico di tutti coloro che, persone singole e istituzioni, si rivolgono al mondo della detenzione. Ben vengano, quindi, iniziative come queste, che rafforzano il rapporto tra carcere e società".

Per il Presidente Giorgio Assumma "la Siae può dare un contributo significativo al concorso e il lavoro intellettuale della scrittura è una risorsa preziosa di elevazione spirituale e questa iniziativa può contribuire alla superiore finalità rieducativa della pena prescritta dalla nostra Costituzione".

Libri: "La mia vita dentro", memorie di un direttore di carcere

di Pierluigi Morini

 

Il Cittadino, 30 gennaio 2010

 

"La mia vita dentro", di Luigi Morsello. Leggo i tanti racconti che si intrecciano in questo libro ed osservo affascinato con quale profondità e nitidezza emergano i fondamentali del rapporto dialettico tra qualsiasi diritto penitenziario e qualsiasi sua declinazione pratica.

In "Sorvegliare e punire" Foucault scriveva a proposito del carcere che esso assolve la sua funzione principale in quanto luogo di assoggettamento dei corpi, sia "dentro" che "fuori" le mura. Assoggettamento del corpo dei detenuti, quindi, ma anche del corpo di chi opera all’interno del "dispositivo carcerario" come medici, psicologi, educatori, dirigenti amministrativi e, non con minore efficacia, assoggettamento del corpo di coloro che fruiscono dello "spettacolo del penitenziario".

L’autore, che di istituti penitenziari ne ha diretti tanti in diverse regioni d’Italia, in una parabola temporale che giunge fino ai giorni nostri abbracciando più di mezzo secolo, svela i sottili particolari del complesso e solo apparentemente caotico dispositivo carcerario con una testimonianza storica lucida e attenta al contesto sociale e culturale del "fuori". Personaggi anonimi ed illustri si susseguono in una atmosfera a volte tragica a volte surreale, a volte iper-reale, per colorare con le loro vicende umane uno spaccato della storia del nostro paese che rinviene da un brusio di fondo in cui sovente si confondono il clangore di cancelli e le note acute della fanfara delle celebrazioni ufficiali.

La narrazione curiosamente si ferma a diversi anni prima che Morsello si congedasse dall’Amministrazione Penitenziaria, gli anni della sua direzione di Lodi, dove abbiamo lavorato insieme. Potrei restare all’opera, ma preferisco lasciare la sorpresa al lettore e dedicare il breve tempo di una prefazione per parlare della mia esperienza dell’autore. La fama di Morsello raggiunse la Casa Circondariale di Lodi diverse settimane prima ch’egli venisse a dirigerla. Gli eventi di Pavia erano già noti agli operatori dell’Amministrazione Penitenziaria che non mancavano di trasmettere la loro preoccupazione. Già da alcuni anni, insieme alla collega Marika Romanici, gestivo un progetto sperimentale per il trattamento di detenuti autori di reati sessuali come ci era stato richiesto dalla precedente direttrice, ora direttrice C.C. di Milano "San Vittore".

Poiché Lodi rappresentava l’unica realtà attiva sul fronte "sex offenders" nell’intero panorama nazionale l’iniziativa godeva del pieno appoggio del Provveditorato Regionale della Lombardia. L’annuncio dell’arrivo di Morsello coincise con la quasi certezza che "sarebbe finito tutto" ed invece tale arrivo coincise con il periodo più fertile del progetto nonché della mia formazione nella filosofia del diritto penitenziario.

Ogni qualvolta il "progetto Lodi" si incagliava in qualche paradosso che sembrava ineludibile nella declinazione pratica di qualsiasi Ordinamento Penitenziario il tanto temuto direttore invitava la collega Romanini e me nel suo studio e con tutti gli onori di un eccellente ospite, iniziando con il rito del caffè che da buon partenopeo era maestro nel preparare, tra una suite di Bach e un aneddoto tratto dalla sua esperienza personale, ci rendeva pratica tale filosofia illustrandoci il modo di dipanare la matassa. Sempre con una precisione lessicale ed un gusto per la parola che non ha nulla a che vedere coi vuoti tecnicismi di molti esperti del diritto. Leggendo questo libro ho riconosciuto alcuni frammenti delle preziose lezioni di quel periodo e sono felice del fatto che il dottor Morsello abbia deciso di estendere tale privilegio al grande pubblico.

 

 

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