Rassegna stampa 26 gennaio

 

Giustizia: un Commissario dalle mani libere, per il Piano carceri

di Marco Mobili

 

Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2010

 

Mani libere al Commissario straordinario per l’emergenza carceri. E uno scudo contro possibili infiltrazioni della criminalità organizzata nella realizzazione di istituti penitenziari. È questo il senso dei due emendamenti, sottoscritti dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e presentati in commissione Territorio e Ambiente del Senato dove è all’esame il decreto legge n. 195/09 sull’istituzione della Protezione civile Spa.

Con le due proposte di modifica, dunque, in deroga a ogni vincolo di legge e agli attuali strumenti urbanistici il commissario straordinario per l’emergenza carceri avrà pieni poteri. Una sorta di "modello Abruzzo" per gestire l’emergenza del sovraffollamento nelle carceri, che consentirà al Commissario di localizzare - d’intesa con il presidente della regione e i sindaci dei comuni interessati - le aree destinate alla realizzazione delle infrastrutture. Che, come ha ricordato il ministro della Giustizia nella relazione presentata al Parlamento la scorsa settimana, dovrebbe prevedere la creazione di 47 moduli, in aree già esistenti, e 8 nuovi istituti penitenziari.

Il provvedimento di localizzazione, secondo quanto dispone la modifica proposta, costituisce a tutti gli effetti occupazione d’urgenza. I pieni poteri del Commissario sono ancora più evidenti nel comma 2 dell’emendamento (17.0.8). Infatti l’approvazione delle localizzazioni rappresenta una variante ai vigenti strumenti urbanistici e produce l’effetto dell’imposizione del vincolo all’espropriazione. Non solo. Ai proprietari e agli aventi diritto dell’area destinata all’emergenza, il Commissario darà notizia in sostituzione delle procedure di notificazione, con la pubblicazione del provvedimento all’albo comunale e su due giornali, nazionale e regionale.

Opporsi sarà certamente complesso. Contro il provvedimento di localizzazione e il successivo verbale di immissione in possesso - si legge nell’emendamento - non è possibile ricorre al giudice amministrativo. Al contrario sarà ammesso "esclusivamente ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato".

Pieni poteri al Commissario anche nella possibilità di utilizzazione di un bene immobile già esistente che, in assenza del provvedimento di localizzazione o del verbale di immissione in possesso, può essere acquisito nel patrimonio indisponibile dello stato. L’emendamento, infine, prevede anche una deroga al limite dei subappalti delle lavorazioni prevalenti che potranno salire fin al 50 per cento.

Con il secondo emendamento (17.0.9) si cerca di porre riparo alle infiltrazioni della criminalità nella realizzazione degli istituti penitenziari. Una struttura ad hoc vigilerà in tal senso. Presso la prefettura competente sarà resa operativa tuia sezione specializzata del comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, previsto dal codice degli appalti. All’Interno il compito di definire strutture, risorse umane e funzioni della nuova sezione. Il tutto senza oneri aggiuntivi per lo stato. Per assicurare i controlli è prevista la tracciabilità dei flussi finanziaria e la costituzione, presso il prefetto competente, di elenchi di fornitori non soggetti a inquinamento mafioso.

 

Le nuove regole

 

In base ai primo dei due emendamenti presentati il commissario straordinario potrà scegliere i luoghi in cui fa costruire le nuovi carceri. La localizzazione di per sé costituisce una variante agli strumenti urbanistici e produci l’effetto dell’imposizione del vincolo all’espropriazione, tanto più che contro di essa noi sarà possibile ricorrere al giudice amministrativo.

Per prevenire le infiltrazioni mafiose sarà operativa presso la prefettura una sezione ad ho del comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, previsto dal codice degli appalti. All’Interno il compito di definire strutture, risorse umane e funzioni della nuova sezione

Giustizia: Dap; agenti in servizio ascolto, per prevenire suicidi

 

Ansa, 26 gennaio 2010

 

Un "servizio di ascolto" composto da poliziotti penitenziari per far fronte al rischio suicidi tra i detenuti nelle sovraffollate carceri italiane. A disporne l’istituzione è una circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria predisposta dalla direzione generale detenuti e sottoscritta dal capo del Dap Franco Ionta.

Dall’inizio del 2010 sono già sette i detenuti che si sono tolti la vita. "Senza dubbio - premette la Circolare - le condizioni di sovraffollamento in cui gravano gli istituti penitenziari italiani rendono difficile assicurare ogni intervento puntuale ed immediato che possa efficacemente contrastare il drammatico verificarsi di episodi autolesionistici e, nella peggiore delle ipotesi, suicidari". Tuttavia il Dap ritiene "indispensabile indirizzare ogni sforzo" così da "arginare l’attuale, impellente emergenza".

In realtà spetterebbe ad altri, e non ai poliziotti penitenziari, il compito di valutare se un detenuto è a rischio suicidio ma - ammette il Dap - "nella prassi, anche a causa delle note carenze, le figure professionali istituzionalmente deputate all’assistenza psicologica del detenuto risultano (nelle ore pomeridiane, serali e notturne in cui più di frequente si verificano gli eventi a maggiore criticità) per lo più assenti o, comunque, non prontamente reperibili".

In assenza di psicologi, il Dap prende pertanto atto che "la funzione di supporto psicologico e umano è spesso delegata al personale di polizia penitenziaria la cui assidua e costante presenza all’interno delle sezioni detentive nell’arco delle 24 ore rappresenta una risorsa utilmente spendibile e tale da assicurare ogni intervento di sostegno diretto ed immediato", anche se ciò non rientra nei compiti primati dei poliziotti penitenziari.

Il neo-istituito "servizio di ascolto" per prevenire il rischio suicidi tra i detenuti sarà composto - è scritto nella Circolare - da "personale di polizia penitenziaria e dell’area educativa, ed integrato da appartenenti al volontariato".

L’unità avrà il compito di "soccorrere il detenuto in situazioni di imminente criticità in cui non sia possibile l’intervento immediato di professionisti esperti, attraverso l’attivazione di dinamiche comunicative finalizzato al sostegno del soggetto in difficoltà, all’individuazione di problematiche specifiche e delle necessarie misure di urgenza, secondo linee guida", che saranno emanate dalla direzione detenuti del Dap.

Ovviamente i poliziotti penitenziari dovranno acquisire conoscenze e competenze ad hoc, e dunque nella circolare vengono sollecitati i direttori delle carceri a individuare quattro-cinque ispettori o sovrintendenti di polizia penitenziaria che dovranno frequentare corsi formativi presso l’Istituto superiore di studi penitenziari al termine dei quali saranno operativi nel "servizio di ascolto" per prevenire il rischio suicidi.

Giustizia: carceri "malate"; la privacy impedisce il monitoraggio

di Emilio Fabio Torsello

 

Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2010

 

Tubercolosi, hiv, epatiti e malattie dovute ai parassiti. Sono queste le patologie più diffuse nelle carceri italiane. A fare il punto sulla situazione è Angiolo Marroni, garante dei detenuti del Lazio, che spiega come "il sovraffollamento sia il tramite principale per la diffusione delle malattie nei penitenziari italiani".

"In carcere - spiega Marroni - i detenuti si ammalano soprattutto di tubercolosi, epatite e scabbia, mentre circa il 30-35% nel Lazio è tossicodipendente. I numeri relativi all’Hiv - prosegue Marroni - sono invece sottostimati ed è tutta una questione burocratica. Per la privacy, infatti, non è possibile imporre test a tutti i detenuti ma li rende facoltativi, in questo modo non è possibile conoscere il numero reale di quanti sono affetti da Hiv ma sta al singolo detenuto denunciare la malattia. Se al momento dell’ingresso nel carcere non dichiara di essere affetto da Hiv, non lo si può venire a sapere in altro modo. Queste sono malattie - sottolinea il Garante - che caratterizzano tutti i penitenziari della Penisola".

In crescita, secondo Marroni, anche la tubercolosi. "È una delle patologie che si stanno maggiormente diffondendo, insieme a quelle portate dai parassiti, come i pidocchi e la scabbia. Il diffondersi si questo tipo di patologie - spiega il Garante - è dovuto principalmente al sovraffollamento delle carceri". E i detenuti in Italia - secondo i dati riferiti all’11 gennaio scorso - sono 64.853, a fronte di una capienza regolamentare di poco superiore ai 42mila. Di questi 40.773 sono italiani e 24.080 sono stranieri. Come conferma lo stesso Marroni, inoltre, il numero dei detenuti nel nostro Paese cresce di 800 unità in media al mese, un numero che mette in evidenza l’urgenza di costruire nuove carceri - operazione che comunque non potrà essere conclusa in tempi brevi - e di consentire un maggiore accesso alle pene alternative.

Il disagio mentale e le carenze del sistema carcerario - Oltre alle patologie appena viste, conclude il Garante, "il 15% dei detenuti nel Lazio ha un disagio mentale ed anche qui si tratta di un problema diffuso nelle carceri italiane. Mancano poi psicologi, educatori e mediatori culturali, ce ne sono sempre troppo pochi rispetto alle reali necessità della popolazione penitenziaria". E allo studio ci sono corsi di lingua per gli agenti. Come dire: ci si organizza in proprio viste le mancanze ormai croniche del sistema.

Giustizia: le carceri in stato d’illegalità, serve più "trasparenza"

di Rita Bernardini (Deputata Radicale Gruppo Pd)

 

Il Manifesto, 26 gennaio 2010

 

Avete ragione da vendere quando, con il vostro appello rivendicate il diritto/dovere dei mezzi di informazione di accedere nei luoghi di detenzione per informare i cittadini di quanto accade nei penitenziari italiani. Vi dirò di più: sono convinta che se le carceri divenissero istituzioni "trasparenti" quali noi tutti le vogliamo, nel giro di poco tempo sarebbe definitivamente rimosso lo stato di illegalità in cui oggi è costretta a vivere tutta la comunità penitenziaria: detenuti, agenti, educatori, psicologi, assistenti sociali, personale sanitario e amministrativo.

La stessa iniziativa del "ferragosto in carcere", che ha portato 165 parlamentari a visitare i 205 istituti penitenziari italiani, sono convinta che abbia aperto una breccia nel muro di omertà e di opacità che purtroppo contraddistingue le nostre galere. Molti deputati, senatori e consiglieri regionali hanno varcato per la prima volta i 205 portoni blindati dove sono ristretti in condizioni indecenti di sovraffollamento e di degrado civile e umano ben sessantaseimila persone. Molti di loro hanno continuato a farlo dando seguito a quella "prima volta" responsabilizzandosi rispetto a quei luoghi e a chi ci vive (e ci muore) dentro. Luoghi ch sono il termometro del grado di civiltà di un Paese e che proprio per questo i rappresentanti del popolo dovrebbero seguire con particolare dedizione per rimuovere le sacche di illegalità, sia con interventi diretti, sia approntando nuove e riformatrici proposte di legge.

Non vorrei essere troppo ottimista, ma rilevo che questa cresciuta consapevolezza, aiutata da siti online come Ristretti Orizzonti o Innocenti evasioni, sta portando un numero sempre maggiore di vittime di abusi e di ingiustizie a trovare il coraggio di parlare: la famiglia di Stefano Cucchi e quel che rimane, ahinoi, della famiglia di Aldo Bianzino sono la punta di un iceberg che sta via via emergendo con tutta l’imponenza delle tante denunce di morti sospette che fino a poco tempo fa erano destinate a finire nel dimenticatoio.

Per comprendere quanto mi stia a cuore (e stia a cuore dei radicali) l’appello lanciato dal Manifesto e da Antigone che ho sottoscritto di slancio appena ne sono venuta a conoscenza, vi invito a dare un’occhiata alla proposta di legge redatta in collaborazione con l’Associazione Il Detenuto Ignoto che la delegazione radicale nel Gruppo parlamentare del Pd alla Camera ha depositato lo scorso anno sull’Istituzione dell’Anagrafe digitale pubblica delle carceri.

Cosa chiediamo? Che il Ministero della Giustizia metta online, aggiornandoli costantemente, i dati riguardanti ciascun istituto: dai bilanci gestionali alle informazioni sulla struttura; dalle informazioni relative agli interventi di edilizia penitenziaria con particolare riguardo alla trasparenza negli appalti (compensi, amministratori, estremi dei contratti d’appalto, consulenze eccetera) ai curriculum e compensi dei quadri dirigenti operanti all’interno degli istituti; dal numero e grado degli agenti in servizio, al numero di educatori, psicologi, assistenti sociali, medici, personale infermieristico, tutti dati da confrontare con le piante organiche previste; dal regolamento penitenziario alle informazioni relative al calcolo delle spese di sopravitto; dalla capienza regolamentare e numero dei detenuti presenti nell’istituto alla mappa dettagliata dei detenuti e della loro composizione indicizzata per tipologie di reato, nazionalità, stato del provvedimento, permanenza residua e passata, sesso, religione ecc..

Vorremmo anche sapere il numero dei reclusi dichiarati assolti in seguito a carcerazione preventiva, il numero dei detenuti aventi diritto al voto; quanti lavorano e quanti sono fuori della regione di residenza; l’elenco dei progetti e dei corsi professionali svolti nell’istituto, gli enti referenti, il numero e tipologia dei partecipanti. E ancora, l’incidenza di patologie anche psichiche, il numero dei tossicodipendenti, dei sieropositivi e dei malati di Aids nonché degli affetti da altre malattie quali epatiti, tubercolosi, scabbia; gli atti di autolesionismo il numero e le modalità dei decessi.

Chiediamo troppo? Non credo, se solo pensiamo che lo Stato spende 6 miliardi e mezzo di Euro per tenere nel modo che conosciamo le patrie galere. Un rendiconto costante di come questa spesa immensa si consumi nella direzione o meno di quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione è doveroso tanto quanto è giusto ed opportuno che i giornalisti entrino negli istituti per documentarne la realtà quotidiana.

Giustizia: Ionta (Dap); sì ingresso degli organi di informazione

 

Ansa, 26 gennaio 2010

 

"Non esistono ragioni ostative per l’ingresso degli organi di informazione in carcere". È la risposta di Franco Ionta, direttore del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) al quotidiano Il Manifesto che nei giorni scorsi aveva lanciato un appello per il riconoscimento ai giornalisti del diritto di poter visitare la carceri e documentarne la situazione. Tra i firmatari dell’appello, promosso da Il Manifesto e dall’associazione Antigone, Rita Levi Montalcini, Stefano Rodotà, Gian Antonio Stella, Roberto Saviano, Bianca Berlinguer.

La risposta di Ionta sarà pubblicata domani dal quotidiano.

Giustizia: Meloni; Dvd con storie minori detenuti, per le scuole

 

Dire, 26 gennaio 2010

 

"Il carcere mi è servito a capire le cazzate che ho fatto". Parola di baby-detenuto. Uno di quelli che hanno partecipato al progetto "Liberi per sempre", sostenuto dal ministero della Gioventù di Giorgia Meloni. L’Associazione Liberi Onlus e il cantautore Alberto Mennini hanno viaggiato per gli istituti di pena minorili italiani negli scorsi mesi. Luoghi difficili dove le sbarre pesano due volte perché chi sconta la pena lo fa nel fiore degli anni. Da questo tour sono nati un video e un libricino che ora, grazie al supporto del ministero, faranno il giro delle scuole superiori.

Si parte da Roma, il 4 febbraio, al liceo Aristotele. Poi, dopo la Capitale, saranno coinvolte città della Campania, della Sicilia, della Calabria. Ogni data sarà segnalata sul sito del ministero della Gioventù, che ha finanziato libro e dvd. Il video racconta le storie dei ragazzi (in tutta Italia sono circa 500) che stanno scontando la loro pena in un carcere per minori.

Nel libretto allegato al dvd ci sono, invece, gli scritti di questi giovanissimi detenuti, insieme alle immagini delle tele che hanno dipinto per l’occasione. Anche queste faranno il giro delle scuole.

"Questo progetto ha una doppia valenza - spiega il ministro Meloni - quella del recupero e quella della prevenzione. Il recupero riguarda i ragazzi che sono negli istituti minorili e che devono sapere che è un loro diritto avere un’altra possibilità, non un privilegio".

"Far pensare loro che tutto ormai sia compromesso- continua il ministro- è il presupposto della recidiva che invece va evitata. La prevenzione la faremo nelle scuole, mostrando il documentario con le storie di chi è caduto nel suo cammino e ora sta tentando di rialzarsi".

Diecimila copie del libretto e del documentario saranno distribuiti negli istituti scolastici visitati dall’Associazione Liberi Onlus e dal cantautore Mennini. "Nelle diciassette carceri minorili oggi abbiamo circa 500 ragazzi che, comunque - spiega Serenella Passarin, del Dipartimento della giustizia minorile - sono solo una piccola parte di quei 30 mila che ogni anno vengono denunciati. Gli altri li teniamo sotto controllo, ma con progetti ad hoc e grazie ad una legislazione che altri al mondo ci invidiano. C’è da chiedersi, comunque- chiude- rispetto ai giovani che scontano una pena, quanti di questi carnefici non sono mai stati ascoltati da nessuno, quanti non sono stati intercettati dalle agenzie educative".

Lettere: nelle campagne del Molise c’è un carcere disabitato…

 

Ristretti Orizzonti, 26 gennaio 2010

 

C’è un carcere disabitato nelle campagne del Molise. c’è un carcere disabitato nelle campagne del Molise. Da tanti anni, quanti non so nemmeno dire. E non è una storia o una leggenda ma un’assurda realtà italiana. Ricordo che ne avevo sentito parlare appena arrivata a Bojano nei primi anni 80. In paese raccontavano l’incredibile gaffe politica di un candidato a non so più quale ambita poltrona che, acceso di passione, aveva gridato alla piazza gremita: - E ora abbiamo anche costruito un carcere per i vostri figli!... Ma che bella notizia!

I concittadini avevano riso e memorizzato e la vicenda era finita nei florilegi locali perché, bisogna pur dirlo, l’ironia è una pianta che nel sud dell’Italia cresce più rigogliosa.

Credevo davvero che fosse solo una battuta ma un giorno, passeggiando in bicicletta per le campagne vicine al paese, ho incontrato il carcere. Un piccolo carcere nuovo e completo di portone chiuso e fari sul muro di cinta. Non una visione, ma un incredibile monumento allo spreco e a chissà cos’altro. Non ne ho mai sentito parlare, se non quando era corsa l’idea di trasformarlo in casa di riposo. Spero solo per follia e non per motivi ideologici. Non se n’è fatto niente. Credo che l’unico carcere non sovraffollato d’Italia sia ancora là, nel verde della campagna che da Bojano va verso Castellone… se si cerca con google "carceri Bojano" esce esattamente questo: "struttura penitenziaria abbandonata mai entrata in funzione" e c’è anche un immagine dall’alto! Praticamente tutto alla luce del sole.

 

Carla Chiappini

Lazio: protocollo tra ministero e regione per recupero detenuti

 

Dire, 26 gennaio 2010

 

Un protocollo d’intesa per la promozione di attività finalizzate al recupero e all’inclusione sociale di persone condannate e al contrasto alla recidiva criminale. È quello siglato questa mattina fra l’Osservatorio tecnico scientifico per la Sicurezza e la legalità della Regione Lazio e l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna del Provveditorato regionale del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia (Uepe). Lo si legge in una nota.

Il protocollo impegnerà l’Osservatorio regionale e l’Uepe a collaborare per favorire la realizzazione di attività scientifiche, convegni ed ogni altra iniziativa comune idonea ad accrescere il livello di conoscenza circa le dinamiche della criminalità nel Lazio, nella prospettiva della prevenzione della delinquenza e del recupero sociale del colpevole.

"Nel Lazio la recidiva delle persone in misura alternativa è molto bassa - ha ricordato Rita Andrenacci, direttore dell’Ufficio per l’Esecuzione Penale Esterna del Lazio - pari al 14%, mentre per quanto concerne le persone che escono dal carcere la recidiva è di circa il 70%. Nel Lazio, dei circa 6.000 detenuti, 1.230 sono stati condannati in misura alternativa. Di questi, circa un terzo ha avuto accesso alla misura alternativa direttamente dalla libertà, senza passare dal carcere. Il sistema dell’esecuzione penale esterna contribuisce alla sicurezza del territorio regionale attraverso la realizzazione di progetti di inclusione sociale".

Altro dato fondamentale, ricordato dalla dottoressa Andrenacci, è che "nel 2009 nessun affidato in prova al servizio sociale ha commesso reati nel corso dell’esecuzione della pena e solo il 3% ha avuto la revoca della misura per problemi nell’andamento del programma di trattamento. La maggior parte delle revoche degli affidamenti in prova al servizio sociale riguardano i tossicodipendenti, per l’insorgere di problematiche connesse alla loro condizione".

Nel corso dell’incontro è stato ricordato come l’urgenza nel Lazio consista nella completa apertura del nuovo carcere di Rieti, che ospita poco meno di 80 detenuti, quando potrebbe ospitarne circa 400. È importante, poi, la prossima apertura di tre sezioni in avanzata fase di ristrutturazione del carcere di Civitavecchia e quella del nuovo padiglione del carcere di Velletri, per la cui realizzazione è indispensabile un incremento del personale di polizia penitenziaria.

"Le misure alternative al carcere - ha ricordato Luisa Laurelli, presidente della commissione Sicurezza della Regione Lazio - rappresentano uno strumento che combatte il sovraffollamento e, volto com’è al recupero del reo, uno strumento che favorisce la sicurezza dei territori. Dobbiamo arrivare, come Regione, a dare piena applicazione alla legge regionale sui diritti dei detenuti, a cominciare dal diritto alla salute e ad approvare la legge regionale per il sistema integrato dei servizi sociali. Mi impegno poi - ha aggiunto Laurelli - a modificare la Legge 15, per inserire nell’osservatorio una figura tecnica in rappresentanza del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria".

La presidente della commissione Sicurezza ricorda infine "la necessità di stanziare maggiori risorse per la formazione del personale penitenziario. Di recente, le commissioni Sicurezza e Lavoro del Consiglio regionale del Lazio hanno dato parere favorevole ad una delibera di giunta che prevede un finanziamento di 150.000 euro a sostegno delle condizioni di lavoro degli operatori penitenziari e l’approvazione".

Basilicata: presentate linee intervento, per inclusione detenuti

 

Asca, 26 gennaio 2010

 

Le azioni previste nel programma "Linee di intervento per l’inclusione sociale e lavorativa di soggetti, adulti e minori, sottoposti a provvedimento dell’autorità giudiziaria" sono illustrate oggi nel corso di una conferenza stampa presso il Dipartimento formazione professionale e Lavoro a Potenza.

Il programma intende implementare più congrui livelli di sicurezza sociale superando l’attuale carattere prevalentemente assistenziale degli interventi erogati a favore dei cittadini sottoposti a provvedimento dell’autorità giudiziaria, promuovendo condizioni di cittadinanza attiva e pari opportunità.

Un insieme di interventi che rappresenterà lo "strumento ordinario" per la messa a sistema degli interventi in ambito penitenziario prevedendo la realizzazione di attività di formazione professionale, scolarizzazione, inserimento lavorativo e attività culturali con l’attenzione ad iniziative di aggiornamento professionale degli operatori penitenziari e degli operatori del territorio che a vario titolo interagiscono con l’esecuzione penale.

Presenti alla conferenza stampa l’assessore regionale alla Formazione Antonio Autilio, Maria Teresa Lavieri, dirigente generale del Dipartimento, Napoleone Gasparo, provveditore regionale dell’Amministrazione Penitenziaria della Basilicata, Angelo Meli, direttore del Centro per la Giustizia Minorile per la Calabria e la Basilicata.

Toscana: Icam, salute e università, firma intesa con il Ministero

 

Adnkronos, 26 gennaio 2010

 

Regione Toscana e Ministero della Giustizia sigleranno, domani 27 gennaio, alle ore 12, a Firenze, nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati, il protocollo d’intesa sulle carceri che aggiorna quello firmato 20 anni fa e che procede al riordino di tutta la materia. Oltre a questo saranno sottoscritti altri 4 protocolli: uno riguarda l’istituzione di un Icam, Istituto a custodia attenuata per detenute madri; uno è il protocollo operativo regionale (che definisce tutta una serie di azioni relative al protocollo d’intesa col Ministero); un altro è quello relativo al Polo universitario e l’ultimo è in campo sanitario.

Saranno presenti il presidente della Regione, Claudio Martini, gli assessori regionali Enrico Rossi e Gianni Salvadori, il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta, il Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile Bruno Brattoli, il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze Antonietta Fiorillo, il Provveditore regionale Maria Pia Giuffrida, il direttore del Centro Giustizia Minorile di Toscana e Umbria Giuseppe Centomani, il presidente dell’Istituto degli Innocenti Alessandra Maggi, il presidente dell’Opera Pia Madonnina del Grappa Don Corso Guicciardini ed i rettori degli atenei di Firenze e Siena, Alberto Tesi e Silvano Focardi.

Genova: Cisl; a Marassi 740 detenuti… e mancano 180 agenti

 

Apcom, 26 gennaio 2010

 

"Nella Casa Circondariale di Marassi a Genova un "braccio" con 50 detenuti è controllato da un solo agente e nei giorni festivi può accadere che ve ne sia uno ogni due piani". È quanto denuncia Vittorio Spalatra, segretario generale della Federazione nazionale sicurezza (Fns) della Cisl Liguria, sottolineando che nel carcere genovese "servono 180 agenti della polizia penitenziaria in più".

"La nota situazione del sovraffollamento di Marassi e le relative difficoltà nel fronteggiare l’emergenza da parte del corpo degli agenti di polizia penitenziaria, fortemente sotto organico, rischia di precipitare" continua Spalatra dopo un sopralluogo all’interno della struttura, spiegando che nel penitenziario sono rinchiusi "740 i detenuti, di cui il 60% extracomunitari".

"La situazione rischia di precipitare - insiste il segretario della Fns Cisl - e occorre ricorrere a tutti gli strumenti di Legge per proporre alternative per i detenuti, almeno per quelli nella fase finale dello sconto di pena: affido ai servizi sociali, alle comunità, arresti domiciliari, soluzioni che potrebbero anche maggiormente favorire la rieducazione degli stessi". "Genova è fra le città che, a livello nazionale, maggiormente risentono della piaga del sovraffollamento dei penitenziari" evidenzia Spalatra, concludendo come "occorre operare nell’applicazione immediata del piano delle carceri, destinare nuovi agenti e maggiori risorse economiche: non lasciate soli gli agenti della polizia penitenziaria, politica e istituzioni si facciano carico del problema per evitare guai peggiori". I vertici della Fns-Cisl annunciano prossimi sopralluoghi nei carceri di Pontedecimo, Savona e Imperia.

Potenza: Uil; nel carcere c’è amianto e il Dap non ce l’ha detto

 

Asca, 26 gennaio 2010

 

Non solo sovraffollamento. Non solo carenza di organico. Nel carcere di Potenza si deve fare i conti anche con la presenza di amianto, materiale ritenuto cancerogeno. Percorrendo il lungo corridoio al piano seminterrato, sul soffitto si notano le condutture dell’impianto di riscaldamento. Condutture rivestite con materiale isolante, oggi assolutamente "fuorilegge". La denuncia è di Donato Sabia, segretario provinciale della Uil penitenziari che rileva come in corrispondenza del primo varco, posto a controllo dell’accesso al reparto, denominato "Terzo cancello", lavori 24 ore su 24 il personale di polizia penitenziaria.

"Qui - dice - il rivestimento protettivo risulta fortemente degradato e sfibrato per un lungo tratto, per cui, avevamo suggerito l’esecuzione di analisi chimico fisiche per escludere la presenza eventuale di amianto". La denuncia risale a un anno fa. Nessuna risposta. Ma l’organizzazione sindacale, nei giorni scorsi, è venuta a sapere che l’amministrazione penitenziaria aveva già fatto analizzare il materiale tra il 2006 e il 2007. E le analisi avevano confermato la presenza di amianto.

"Se così fosse - tuona Sabia - la situazione è veramente grave. A distanza di quasi 3 anni non si è ancora provveduto alla bonifica della zona, lasciando il personale di polizia penitenziaria ai rischi connessi all’esposizione all’amianto durante il lavoro, ignorando le precauzioni imposte dalle leggi. Un errore pesante da parte dell’amministrazione - aggiunge il sindacalista - che ha l’obbligo nell’immediatezza di ridurre al massimo i rischi.

Il datore di lavoro è garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità dei prestatori di lavoro disposto dall’art. 2087 del codice civile". La Uilpa stigmatizza il silenzio dell’amministrazione penitenziaria su una questione di estrema importanza: "È stata nascosta al personale la verità sulla presenza di amianto. Forse - sottolinea il sindacato - per paura di ritorsioni e scioperi da parte dei lavoratori".

Al danno potrebbe aggiungersi la beffa. La Uilpa ha appreso che l’amministrazione penitenziaria avrebbe chiesto e ottenuto un sostegno economico dalla Regione, "ma l’eccessiva burocrazia rischia di far perdere i fondi ritardando ulteriormente i lavori di bonifica". Al di là di questioni puramente economiche, ciò che preoccupa maggiormente il sindacato sono i rischi per la salute dei poliziotti penitenziari: "Abbiamo inviato una nota al dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al Provveditore Regionale e al direttore dell’Istituto - dice Sabia - per chiedere una soluzione al problema.

I lavoratori hanno diritto ad essere informati sulla presenza di amianto". Ne va di mezzo la loro incolumità. L’esposizione alle fibre di amianto, lo ricordiamo, è associata a malattie dell’apparato respiratorio (a cominciare dai tumori) che possono insorgere dopo venti, tre anni, mentre alcune patologie minori, ma comunque impattanti, possono verificarsi anche per esposizioni a basse dosi.

Sassari: Sappe; sezione femminile è invivibile, va subito chiusa

 

Ansa, 26 gennaio 2010

 

Il Sindacato autonomo di Polizia penitenziaria (Sappe) ha scritto al Provveditorato regionale della Sardegna del Ministero della Giustizia per chiedere l’immediata chiusura del braccio femminile del carcere San Sebastiano di Sassari, dove a fronte di 20 recluse sono presenti solo otto agenti di sesso femminile. Alle detenute mancano anche i minimi servizi, dal cambio settimanale delle lenzuola, al servizio di riscaldamento in maniera continuativa. Pochi giorni fa è stato sventato un tentativo di suicidio. Fortuna ha voluto che le agenti in servizio quella sera fossero in due: diversamente non sarebbe stato possibile evitare l’irreparabile".

Como: niente misure alternative, Casa alloggio detenute vuota

di Maria Castelli

 

Quotidiano di Como, 26 gennaio 2010

 

Carceri che scoppiano; vuoti i servizi per alleggerire la pressione e soprattutto per avviare un percorso di recupero umano e di reinserimento sociale. Accade a Como, in centro città: con 100.000 euro di contributi iniziali della Regione Lombardia, la Casa famiglia Vincenziana di Via Lambertenghi ha realizzato quattro alloggi per detenute che avrebbero potuto beneficiare degli arresti domiciliari, per detenute in semilibertà, detenute madri di bambini in tenera età o comunque uscite dal carcere e in cerca di una strada per ricominciare. Ma da mesi non c’è nessuno.

"Non possiamo pensare che resti vuota ancora a lungo. Ci sembra una chiusura rispetto al bisogno che c’è, che è urgente", dice Padre Giuseppe Turati, Rettore della Chiesa del Gesù, affidata ai Padri Vincenziani, cuore della carità a Como. L’ipotesi: probabilmente, la mancanza di un "punto fermo", per cinque anni, nella direzione della Casa Circondariale del Bassone, ha allentato o messo in ombra la collaborazione con il territorio. Infatti, Padre Giuseppe si accinge a scrivere alla nuova direttrice per segnalare la presenza del servizio.

"Il rammarico consiste nell’investimento effettuato senza riscontri. Non è giusto, di fronte al bisogno - ripete Padre Giuseppe - tenere locali vuoti". Sono stanze, con i relativi servizi, spazi comuni, un bel terrazzo, il cortile interno, ma soprattutto un’equipe specializzata in grado di seguire "le ragazze", come vengono chiamate, fino all’autonomia, attraverso la riflessione su se stesse, la ricerca di un lavoro, la riorganizzazione della propria vita.

Ci sono donne che sono finite in carcere e si sono prese condanne senza sconti perché si sono lasciate abbindolare da qualche mascalzone, con il pretesto dell’innamoramento. Nei primi tempi, tra il 2008 e il 2009, sono passate dalla Casa di via Primo Tatti extracomunitarie, ragazze condannate, in genere, per traffico di droga, chi aveva un figlio e chi era sola, inviate non solo dal Bassone, ma anche da altri carceri della Lombardia. Qualcuna ha cancellato il passato al punto che non solo ha trovato un lavoro e mantiene se stessa senza aver più bisogno di chiedere niente a nessuno. Ma si prodiga per gli altri.

"In attesa di accogliere ancora detenute o ex detenute - afferma Padre Giuseppe - abbiamo scritto alla Regione Lombardia chiedendo di ospitare altre tipologie di persone che hanno bisogno di una casa. La Regione acconsente ed ora ospitiamo due persone in un momento di difficoltà economica. Potremmo anche pensare ad un progetto di housing sociale, avendo in animo di ristrutturare altri spazi di cui disponiamo, in collaborazione con gli enti locali. Ma prima dobbiamo sapere se possiamo stare ancora nel pianeta carceri, offrendo ospitalità alternativa alla cella". Il Rettore intende incontrare l’assessore comunale ai servizi sociali e vicesindaco, Ezia Molinari, per intraprendere una collaborazione.

Napoli: detenuta ferisce due agenti nel carcere di Capodimonte

 

Ansa, 26 gennaio 2010

 

Due agenti della polizia penitenziaria sono state aggredite da una detenuta nel carcere di Capodimonte. È accaduto nella tarda serata di domenica nella sezione femminile della locale Casa Circondariale. A compiere il malsano gesto una donna che, invece di dirigersi verso la sala della socialità, all’apertura del cancello della cella si è divincolata aggredendo l’agente in servizio. Intervenuto dunque un secondo agente per sedare l’aggressione cercando di evitare il peggio e di immobilizzare la reclusa. Le due agenti hanno riportato contusioni giudicate guaribili in 7/10 giorni. Solidarietà alle colleghe è giunta dal sindacato autonomo Osapp che lamenta carenze di organico in rapporto al numero di detenuti.

Immigrazione: va espulso il genitore del tutto assente per i figli

 

Il Sole 24 Ore, 26 gennaio 2010

 

La Cassazione precisa il suo orientamento in materia di espulsione degli stranieri. E puntualizza che deve essere allontanato il clandestino che, sia pure genitore di figli minori residenti in Italia, non intrattiene più rapporti con loro e, anzi, li ha da tempo affidati ad altri familiari. È questa la conclusione a cui è approdata la Cassazione con la sentenza n. 1243, depositata il 22 gennaio. La pronuncia ha preso in esame il ricorso presentato da un cittadino sudamericano contro il decreto del Prefetto con il quale era stata disposta la sua espulsione in base all’articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (Testo unico sull’immigrazione).

Per il cittadino straniero la situazione doveva essere riconsiderata alla luce della sua condizione di genitore di minori residenti in Italia: per i figli il suo allontanamento avrebbe costituito un trauma grave, di cui il Testo unico tiene comunque conto, ammettendo un’eccezione alle misure sull’espulsione "per gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fìsico". La scorsa settimana la stessa Cassazione aveva dato un’interpretazione estensiva di questa norma, stabilendo che l’assenza anche di un solo genitore è di per se stessa idonea a procurare un grave danno allo sviluppo del minore, introducendo di fatto una sorta di "automatismo" nella concessione della deroga all’allontanamento.

Il giudice di pace intervenuto per disporre il provvedimento di espulsione aveva motivato la propria convinzione facendo riferimento a una nota del Comune con la quale si sottolineava che l’uomo non si è mai presentato ai servizi sociali, ha affidato i bambini alla nonna residente anch’essa in Italia e "non rappresenta un significativo riferimento educativo per i minori". Una segnalazione a cui i giudici hanno dato il massimo credito confermando l’espulsione.

Spagna: Polizia espulsione criminali; in un anno 7.591 espulsi

 

Ansa, 26 gennaio 2010

 

La nuova Brigata per l’espulsione dei criminali stranieri (Bedex) della polizia spagnola ha espulso dal paese 7.591 malviventi, a poco più di un anno dalla sua creazione. Lo riferisce El Mundo. Gli espulsi avevano commesso circa 24 mila reati di particolare violenza o gravità ed erano tutti recidivi. Le espulsioni sono state firmate da giudici spagnoli e in alcuni casi l’uscita forzata dal paese sostituisce la pena di carcere o la detenzione preventiva che stavano scontando. Gli espulsi non potranno più rientrare sul territorio spagnolo per 10 anni. Tra le migliaia di casi, la polizia ricorda quelli di due detenuti riaccompagnati nel loro paese lo scorso 30 novembre dopo ben 41 arresti in Spagna. Il 46% degli espulsi aveva precedenti per reati contro il patrimonio, il 18% era autore di reati conto le persone e il resto aveva commesso reati contro la salute pubblica, violenza di genere o altri crimini.

Stati Uniti: costruire in Messico nuove carceri, per i clandestini

 

Adnkronos, 26 gennaio 2010

 

Per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario in California, il governatore Arnold Schwarzenegger propone di offrire denaro al Messico per la costruzione di nuovi istituti di pena dove potrebbero essere inviati un gran numero di immigrati clandestini detenuti nelle carceri dello stato americano. Costruire carceri in Messico è più economico che negli Usa, ha tra l’altro affermato il governatore in un incontro pubblico con la stampa di Sacramento. "La situazione carceraria migliorerebbe moltissimo - ha detto Schwarzenegger - se potessimo portare in Messico i 20mila detenuti che sono immigrati illegali". La popolazione carceraria della California arriva alle 170 mila persone, ma una Corte federale ha ordinato allo Stato di ridurne il numero a 40 mila per salvaguardare i requisiti minimi previsti per i detenuti.

 

 

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