Rassegna stampa 5 febbraio

 

Giustizia: "numero chiuso" detenuti, contro sovraffollamento

di Christian De Vito

 

Il Manifesto, 5 febbraio 2010

 

In centotrentadue anni, prima del 1984, lo Stato della California ha costruito 12 carceri; dopo quella data ne ha costruite 33. Il boom dell’edilizia penitenziaria viene dagli Usa, dove anche il tasso di carcerazione è passato da 96 a 726 detenuti ogni centomila abitanti tra il 1973 e il 2005. L’Europa imprigiona relativamente meno - i tassi sono tra 90 e 150 - ma negli ultimi vent’anni molti paesi hanno visto raddoppiare la popolazione detenuta e moltiplicarsi il numero delle celle: trentamila "posti letto" in più in Francia dal 1987 a oggi, ventimila in più tra il 1997 e il 2007 nel Regno Unito, dove altri 9.500 posti sono previsti entro il 2012.

In nessun paese i "piani carceri" hanno risolto il problema del sovraffollamento, per il quale sono stati concepiti o perlomeno giustificati. L’attività edilizia rincorre l’aumento, ben più rapido, dei detenuti, come ha dovuto constatare il governo britannico nel febbraio 2008, quando è stato sfondato il tetto di capienza "tollerabile" nonostante un decennio di costruzioni. Il "piano carceri" italiano è una corsa persa in partenza: con circa 65.000 detenuti attuali e un saldo di 800-1000 persone in più in cella ogni mese, gli 80.000 posti di capienza totale previsti al termine del piano saranno superati già nel 2011.

L’ideologia dell’emergenza che giustifica la costruzione di nuove carceri ha anche comportato un peggioramento delle condizioni detentive. Bisogna fare in fretta: ecco allora le soluzioni edilizie "leggere", concepite come strutture temporanee ma che il continuo afflusso di detenuti poi rende permanenti. Bisogna costruire molto: ecco le mega-carceri statunitensi, il progetto delle tre "Titan Prisons" britanniche da 2.500 posti ciascuna o le celle a sei posti di Lelystad nei Paesi Bassi.

Costruire carceri costa molto; pressati dagli imperativi di bilancio, gli Stati ricorrono ai privati. La prospettiva di privatizzazione totale attuata negli Usa e nel Regno Unito non sembra (per ora) all’ordine del giorno in Italia; il previsto meccanismo del project financing ricorda di più l’esperienza francese, dove il ruolo dei privati è comunque progressivamente aumentato negli ultimi due decenni, configurando secondo l’associazione dei magistrati francesi l’inizio di un "mercato dell’incarcerazione".

Alla base, c’è una contraddizione politica più profonda. Affermare di voler "combattere il sovraffollamento" costruendo nuove carceri è come sostenere di voler "costruire la pace" attraverso la corsa agli armamenti. Ovunque, il sovraffollamento è prodotto dalle scelte della stessa classe politica che costruisce nuove carceri in nome della lotta al sovraffollamento. Il filo che lega i due fenomeni non è la "lotta alla criminalità", come affermano i vari ministri, visto che non esiste alcuna relazione tra i tassi di criminalità e quelli di carcerazione; è invece l’opzione a favore di politiche neoliberiste in campo sociale e, conseguentemente, di politiche della sicurezza in campo penale. Perciò si costruiscono nuove carceri anche se la metà dei reclusi è in attesa di giudizio, mentre si limita l’accesso alle misure alternative e si continua a imprigionare in massa migranti, tossicodipendenti, senza dimora, prostitute.

L’aumento dei posti letto ha rappresentato ovunque una spinta alla crescita dell’incarcerazione: ha rafforzato l’identificazione della pena con le sbarre del carcere e, immobilizzando centinaia di milioni di euro negli edifici penitenziari, ha impedito il finanziamento di percorsi alternativi alla detenzione. Fino all’estremo del "piano carceri" italiano, che "scippa" i 130.000 euro della Cassa Ammende, vincolati al reinserimento sociale, per finanziare la costruzione di nuove celle.

C’è urgenza di una moratoria sulla costruzione di nuove carceri e di un "numero chiuso", superato il quale nessuno deve entrare in carcere. Lo sostengono organizzazioni tanto diverse quanto il Prison Moratorium Project statunitense, il Krom norvegese e il Prison Reform Trust britannico. Anche in Italia questo può essere un terreno di unificazione per movimenti, gruppi di operatori e amministratori locali: per invertire la tendenza rispetto alle attuali politiche della sicurezza, penali e penitenziarie.

Giustizia: Strada Facendo; povertà, carceri piene, lavoro nero

di Carlo Ciavoni

 

La Repubblica, 5 febbraio 2010

 

Sul tavolo, il Gruppo Abele, Libera e Cnca (il Coordinamento di accoglienza) hanno già pronto il materiale sul quale si metteranno a discutere per tre giorni, a partire da questa mattina fino a domenica. L’appuntamento è al Palatennistavolo di Terni, per la quarta edizione di "Strada Facendo", l’incontro annuale che fa il punto sulle politiche sociali in Italia e prova ad immaginare nuovi modelli di welfare. Tre giorni di riflessioni con sette gruppi di lavoro, oltre 1000 iscritti e 70 relatori. Annunciata la partecipazione di personaggi della politica di prima fila: Pierluigi Bersani, Fabio Granata (finiano del Pdl), Maria Rita Lorenzetti (presidente della Regione Umbria), Nichi Vendola, Paolo Ferrero, Livia Turco... E poi giuristi, economisti, sociologi.

L’idea diffusa di un Paese ingiusto. Ci sarà tanto di cui parlare e innumerevoli saranno gli spunti sui quali riflettere e discutere. Le ricerche e i diagrammi dai quali partirà la discussione, tratteggiano spietatamente i contorni di un’Italia con la soglia della vulnerabilità sociale talmente abbassata da diffondere tra i giovani dai 16 ai 30 anni la certezza di vivere in un Paese che non garantisce a tutti gli stessi percorsi, dove le regole ci sono, ma non valgono per tutti fino in fondo. E dove solo il 10% di chi perde il lavoro è coperto da sussidi, tanto che 1,6 milioni di lavoratori non ha alcun sostegno in caso di licenziamento.

Vecchi e nuovi poveri. La Banca d’Italia ci dice che 2 milioni e 600 mila persone non sono occupate; tra questi sono calcolati anche i disoccupati ormai talmente scoraggiati che un lavoro neanche lo cercano più. La povertà assoluta riguarda il 5% della popolazione, circa 2 milioni e 900 mila persone, gente che non riesce ad acquistare beni e servizi ritenuti essenziali per uno standard di vita minimamente accettabile. Non meno grave la condizione nel "recinto" della cosiddetta "povertà relativa", popolata da circa 2 milioni di persone che vive appena al di sopra della soglia: 50 euro in più dei poveri veri e propri.

La spesa sociale sotto la media UE. La "social card" di Tremonti ha avuto un impatto modesto, sia sulla povertà assoluta, che su quella relativa: un calo delle famiglie "assolutamente povere" di appena lo 0,4%. L’insieme dei provvedimenti del governo rispetto gli indigenti è di 192 milioni di euro, ma ne servirebbero 3, 86 miliardi. Fatta pari a 100 la media aritmetica della spesa pro capite dell’Europa a 15, quella italiana è diminuita progressivamente dall’84% del ‘97, al 77% del 2006.

Il collasso delle carceri. Nelle celle dei penitenziari italiani sono stipati 20 mila persone in più di quante ne potrebbero contenere. A questo dato oggettivo, che già da sé è all’origine di situazioni inumane e degradanti, si aggiunge anche una cultura della pena detentiva superata e inadeguata, lontanissima dall’idea del reinserimento sociale e del recupero, e sempre più viziata dal concetto di vendetta e rivalsa della società su chi ha sbagliato. Tra i dati a disposizione di chi parteciperà alla "tre-giorni" di Terni, ci sono gli esempi del carcere di Favignana, piccola struttura con 148 detenuti, con la particolarità di essere totalmente sotto terra. E l’esempio, agghiacciante e ormai celebre, di Poggioreale che ospita più del doppio delle persone che potrebbe alloggiare: oltre 2700 persone.

Chi è dietro le sbarre. Il 46% dei detenuti (circa 30 mila persone) è in stato di custodia cautelare, cioè in attesa di giudizio. Di questi il 77,5% sono stranieri, quasi la metà dei quali (il 30%) finisce dietro le sbarre per trasgressioni che hanno a che fare con le leggi sull’immigrazione. Negli istituti di pena sono sempre meno le persone che scontano pene lunghissime; cresce il numero, al contrario, di coloro i quali scontano sentenze fino a tre anni e potrebbero accedere a misure alternative.

I suicidi. L’anno record del 2009, con 72 detenuti che si sono tolti la vita in carcere, è ormai alle spalle. Ma il 2010 - per così dire - promette bene: nei primi 15 giorni di gennaio, già sei persone hanno deciso di farla finita con la propria esistenza in cella. Negli ultimi 10 anni a morire in carcere sono stati in 1.560.

Disoccupazione e bassi salari. L’Istat ci dice che in Italia le persone disoccupate sono l’8,5% dei lavoratori: l’1,5% in più rispetto all’anno precedente. Tra i giovani, dai 15 ai 24 anni, i senza lavoro costituiscono il 26%; nell’Unione Europea lo stesso dato si ferma al 21%. I salari italiani sono tra i più bassi d’Europa. Con stipendi del 17% inferiori alla media dell’area Ocse. Sono circa 13 milioni i lavoratori italiani che guadagnano meno di 1.300 euro netti al mese e circa 6,9 milioni, di euro ne prendono meno di 1.000. Il reddito delle famiglie operaie e degli impiegati è sceso di 1.700 euro dal 2000 al 2008. A fronte, i professionisti e gli imprenditori hanno invece incrementato i loro redditi con oltre 9.000 euro. Ancora meglio è andata ai manager: i loro compensi sono cresciuti del 38%.

Il lavoro nero vale 92 miliardi. Il numero di lavoratori irregolari è molto vicino ai 3 milioni, il 12% della forza lavoro nazionale. Il valore stimato del "sommerso" è pari a 92,6 miliardi di euro. La metà delle persone è impiegata al Sud. Con il primato alla Calabria, con il 15%. Seguono la Sicilia (12.7%); la Campania (12,2%); la Basilicata e la Sardegna con l’11,7%.

Giustizia: Confindustria; no logica dell’emergenza per carceri

 

Il Sole 24 Ore, 5 febbraio 2010

 

"Una pubblica amministrazione inefficiente altera il funzionamento della macchina statale e il contesto in cui operano le imprese". Così Cesare Trevisani, vicepresidente di Confindustria con delega per le infrastrutture, a margine delle giornate italo-latino-americane.

"Per rimediare ai danni si ricorre continuamente a provvedimenti che rispondono a logiche di emergenza e creano distorsioni nel mercato. Sul piano carceri, ad esempio, Confindustria era stata contattata un anno fa dal Ministero di Giustizia. Le nostre proposte, però, non hanno ricevuto la giusta attenzione. Ora, dopo aver fatto cadere nel vuoto la partecipazione delle imprese, si prevedono poteri straordinari dell’amministrazione competente che deve fronteggiare una situazione difficile con risorse limitate. Ancora è l’emergenza alla base del provvedimento per la costituzione della Protezione civile spa. Per far presto - conclude Trevisani - si decidono procedure straordinarie basate su logiche discrezionali che non offrono le stesse chance a tutti e che non spingono le imprese a innovarsi per competere".

Giustizia: Uil; 41-bis, strumento efficace di contrasto alle mafie

 

Agi, 5 febbraio 2010

 

"Dal 1992 ad oggi il 41-bis è stato senz’altro uno strumento efficace nella lotta al crimine organizzato. In questo va riconosciuto il ruolo del sistema penitenziario e soprattutto della polizia penitenziaria che è chiamata alla gestione e alla custodia dei soggetti sottoposti al 41-bis". Lo sottolinea il segretario della Uil Pa penitenziari, Eugenio Sarno, presentando il convegno che si terrà a Roma l’8 febbraio prossimo all’Ergife Palace Hotel proprio sul tema "L’attualità del 41-bis quale mezzo di contrasto a tutte le mafie", al quale parteciperanno, tra gli altri, il Guardasigilli Angelino Alfano, il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, l’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli, il procuratore della Repubblica di Bari Antonio Laudati e il segretario generale della Uil Luigi Angeletti.

"Abbiamo voluto coinvolgere espressioni delle quattro realtà territoriali di prima linea nella lotta alle mafie : Campania, Sicilia, Calabria e Puglia. Restiamo dell’idea che il 41-bis sia funzionale e necessario", afferma Sarno, ricordando che dal 1992 ad oggi sono stati 2.097 i decreti ministeriali di nuova applicazione del 41 bis nei confronti di persone detenute, di cui 624 annullati da vari tribunali di sorveglianza.

I detenuti che hanno deciso di assumere lo status di collaboratore in questi 18 anni sono stati 182, molti dei quali ex boss di primo piano. "Sono numeri importanti - sottolinea Sarno - che testimoniano l’apporto e il contributo che il regime del carcere duro ha fornito alla lotta alle mafie. Dei 656 detenuti sottoposti, oggi, al 41 bis ben 557 sono detenuti per associazione di stampo mafioso, 46 per omicidio, 17 per estorsione, 2 traffico armi, 2 ricettazione, 3 per terrorismo , 2 per strage, 28 per traffico stupefacenti. Solo 89 rivestono una posizione giuridica di imputato, quindi il regime del 41-bis è disposto prevalentemente verso soggetti già condannati in almeno un grado di giudizio".

Nella suddivisione per appartenenza, 252 provvedimenti riguardano la camorra, 203 la mafia siciliana, 110 la ‘ndrangheta, 25 la Sacra Corona Unita". Per la Uil Pa Penitenziari il piano carceri varato dal Governo può essere l’occasione per istituire i circuiti differenziati: "oggi sono 12 gli istituti che hanno sezioni destinate ad ospitare i 41-bis - rileva Sarno - noi crediamo che sia ora di istituire, finalmente, i circuiti differenziati.

Bisogna determinare una omogeneità delle presenze, necessaria per definire i livelli di sicurezza e, conseguentemente, le varie attività intramurarie. Forse non aver riaperto Pianosa e l’Asinara è stata una occasione persa. Si potevano recuperare due strutture efficienti ed adatte allo scopo. Qualsiasi ragionamento non può prescindere dalla reale disponibilità di nuovi posti e da una concreta implementazione degli organici della polizia penitenziaria. Sino a poche ora fa nelle nostre strutture erano detenute 65.277 persone su una disponibilità massima ricettiva a pari a poco più di 43mila posti".

Sardegna: 1 mln e 300mila euro per inclusione sociale detenuti

 

Adnkronos, 5 febbraio 2010

 

Un milione 300mila euro per l’inclusione sociale dei detenuti. Li ha stanziati la Giunta regionale della Sardegna su proposta dell’Assessore della Sanità Antonello Liori. "In considerazione della finalità rieducativa della pena e della finalizzazione al reinserimento sociale, sancita dall’articolo 27 della Costituzione - ha spiegato l’assessore Liori - la Regione, facendo proprio questo richiamo morale, ha il dovere di adottare azioni adeguate e mirate al superamento delle difficoltà che ostacolano l’esercizio dei diritti da parte delle persone detenute e quindi la loro inclusione sociale attraverso l’attuazione di un programma di interventi finalizzati".

Il Programma è attuato attraverso progettazioni gestite dalle Onlus, in collaborazione con il Provveditorato regionale del Ministero della Giustizia ed il Centro regionale giustizia minorile, ed è finalizzato ad offrire efficaci attività di inserimento socio-lavorativo per facilitare il recupero dei detenuti e di coloro che sono sottoposti a misure alternative.

La valutazione dei progetti - affidata a due commissioni interistituzionali composte da rappresentanti dell’Assessorato, del Provveditorato regionale e del Centro regionale - ha portato al finanziamento di 15 progetti per l’area adulti e 7 per l’area minori, secondo la seguente ripartizione: 1.100.000 euro per adulti con provvedimenti penali detentivi o in esecuzione penale esterna; 200.000 euro, dei quali 80.000 per progetti in favore degli ospiti del carcere minorile di Quartucciu e 120.000 per ex ospiti del carcere minorile e per minori entrati nel circuito penale.

Sicilia: sovvenzioni fondo perduto, per attività lavoro detenuti

 

Comunicato stampa, 5 febbraio 2010

 

Il Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale Informa che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 15.01.2010 l’avviso pubblico per la concessione di sovvenzione economica a fondo perduto (L.R. 19 agosto 1999, n. 16) in favore dei detenuti (presso istituti di pena o in forma alternativa al carcere) per l’avvio o la prosecuzione di una attività di lavoro autonomo professionale e imprenditoriale in qualunque settore (artigianale, commerciale, intellettuale ed artistico).

Per maggiore informazioni circa l’oggetto dell’intervento, l’ammontare del contributo, i requisiti e le modalità di presentazione dell’istanza, i soggetti interessati possono consultare la Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 15.01.2010 oppure il sito web del Garante www.garantedirittidetenutisicilia.it, o chiedere copia del bando e della relativa modulistica alle direzioni degli istituti penitenziari aventi sede in Sicilia. Inoltre, si possono ottenere informazioni via e-mail (info@garantedirittidetenutisicilia.it o garantedetenutisic@alice.it) o telefonando ai numeri 0917075477-420-422).

Le domande dovranno pervenire a partire dalle ore 8.00 del giorno 15 febbraio 2010 e fino alle ore 14.00 del giorno 14 luglio 2010. Le domande con i relativi allegati ed attestazioni possono essere inviate: 1) tramite raccomandata con avviso di ricevimento indirizzata all’Ufficio del Garante per la tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale, via Generale Magliocco n. 36 - 90141 Palermo; 2) consegnate all’ufficio ricezione della posta del Garante, all’indirizzo sopra citato, avendo cura che il latore sia in possesso di fotocopia della domanda sulla quale verrà apposto, quale ricevuta, apposito timbro dell’ufficio ricevente.

 

Ufficio del Garante dei detenuti della Sicilia

Lazio: Polverini (Pdl); valutare potere ispettivo difensore civico

 

Dire, 5 febbraio 2010

 

"C’è un programma del Governo abbastanza chiaro sulla costruzione di nuove carceri. È chiaro che la popolazione carceraria sta a cuore a tutti ed è chiaro che la Regione, laddove ha competenze, se ne occuperà". Così la candidata del centrodestra alla Regione, Renata Polverini, a margine della presentazione del comitato di sostegno "Laici e Liberali per Polverini", ha risposto a chi le chiedeva se il tema delle carceri sarà nel suo programma elettorale. Rispondendo poi se fosse d’accordo ad attribuire al difensore civico regionale poteri ispettivi nelle carceri regionali, Polverini ha detto: "È un’idea che valuteremo. Oggi stesso la porterò all’attenzione di chi si sta occupando di questo nel programma".

Trieste: nascerà al Coroneo il più grande panificio carcerario

di Fulvia Costantinides

 

Il Piccolo, 5 febbraio 2010

 

Ospite della conviviale del Rotary Club Muggia è stato il direttore delle carceri del Coroneo, Enrico Sbriglia (accompagnato dal cappellano della casa circondariale don Silvio Alaimo) che ha parlato della "sicurezza partecipata". Lo Stato deve essere aiutato dai cittadini, ha esordito, affinché si agevolino le azioni di prevenzione e contrasto delle forze dell’ordine e della magistratura nei confronti di ogni tipo di criminalità.

L’autorità, l’esercizio della forza a porre in essere azioni di polizia, non può e non potrà che essere sempre ed esclusivamente in "mano pubblica", posto che i privati non possono arrogarsi tale potere che è tipicamente statuale in uno stato di diritto. Ciò non esclude che i cittadini, sia come singoli che come corpi sociali organizzati, possano contribuire al raggiungimento di tale obiettivo che, seppur dello Stato, interessa tutti. La partecipazione dei cittadini significa che una comunità civile e responsabile deve poter contare su persone comuni che però non accettano i soprusi, che li combattono, che si espongono in maniera ragionevole.

"La circostanza che io sia direttore di un carcere e nel contempo assessore comunale alla sicurezza e polizia locale, mi consente ancor di più - ha affermato Sbriglia - di poter apprezzare l’aiuto che può pervenire dai cittadini. Le carceri altro non sono che la proiezione, il riflesso sul territorio e del territorio. Un mondo parallelo fatto di sbarre, di uomini colpevoli e innocenti che guardano "fuori", di operatori penitenziari che "portano pena" e che hanno l’ingrato compito di dividere gli uomini tra loro.

Le carceri sono costituite da grate e cancelli, dove in pochi metri quadratisi sentono tutte le lingue della terra e non più le parlate e i dialetti della sola nazione italiana. Non è detto che siano improduttive, possono essere anche opportunità di sviluppo e di ricchezza per il territorio; a Trieste si cerca di lanciare l’idea di un distretto produttivo penitenziario, una cittadella della produzione e artigianato.

Al Coroneo, sono attivati un laboratorio di falegnameria, uno di tappezzeria, uno di ceramica: tra febbraio e marzo verrà inaugurato il più grande laboratorio penitenziario di panetteria e pasticceria; tra pochi giorni prenderà l’avvio un laboratorio di lavori artistici in cera. Si conta di commercializzare i prodotti. "Abbiamo bisogno di imprenditori coraggiosi - ha concluso Sbriglia - che sappiano cogliere le opportunità che potremmo offrire e ci aiutino, in questo modo, a fare sicurezza".

Pisa: un esposto degli agenti, carcere insicuro e con l’amianto

 

Il Tirreno, 5 febbraio 2010

 

Rischio amianto, poca sicurezza per le guardie, centro clinico con danni alle strutture murarie. Sono questi i temi di un esposto presentato in procura dal sindacato delle guardie penitenziarie del Don Bosco contro la direzione del carcere.

L’esposto, consegnato alla polizia giudiziaria martedì scorso, è stato inviato anche al Dap, dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e al ministero della giustizia. A firmarlo sono stati i sindacalisti della Ciisa, confederazione italiana indipendenti sindacati autonomi. Per la Ciisa il rischio di esposizione all’amianto verrebbe da una tettoia di eternit particolarmente corrosa, che si trova all’altezza della sentinella 2, mentre l’assenza di una garitta per il personale nelle zone riservate all’aria, espone le guardie alle intemperie e le priva della possibilità di osservare misure di sicurezza. Le guardie segnalano poi l’assenza, nei posti di servizio, di segnalazioni acustiche in caso di emergenze, e i danni che vengono procurati al centro clinico, già secondo loro pieno di lesioni murarie, dalla costruzione di una nuova struttura a ridosso di questa, un padiglione riservato a detenuti di massima sicurezza (41 bis).

Sulmona: detenuto in sciopero della fame poi incendia la cella

 

Il Centro, 5 febbraio 2010

 

Gli agenti intervengono con gli estintori, l’uomo intossicato dal fumo. Lenzuola incendiate con un fornelletto a gas. È l’ennesimo episodio nel carcere di via Lamaccio.

Ha appiccato il fuoco nella cella, dopo avere atteso che uscissero i suoi due compagni. Per farlo ha utilizzato un accendino, il fornelletto a gas in dotazione e le coperte dei letti. È accaduto ieri pomeriggio nella sezione di media sicurezza del supercarcere di Sulmona. Ed è l’ennesimo episodio del genere all’interno del penitenziario.

L’uomo è stato salvato dagli agenti di polizia penitenziaria, prontamente intervenuti con gli estintori. Il detenuto è stato trasportato in ospedale per un’intossicazione da fumo. Sono stati proprio il fumo e l’odore acre di bruciato ad allertare gli agenti in servizio in quel momento. Il terzo piano dove si trova la cella, infatti, è stato invaso subito da una nube nera. Grazie agli estintori, posti a pochi metri dalla cella triposto, i poliziotti sono riusciti a domare il rogo.

Nessun agente è rimasto ferito o intossicato. Quando i poliziotti sono riusciti a raggiungere il detenuto, che già era semisvenuto, lo hanno portato a spalla lungo il corridoio, fino all’infermeria. Qui i sanitari di turno hanno disposto il trasferimento nell’ospedale di Sulmona, visto che l’intossicazione non era di lieve entità. Un furgone della polizia penitenziaria ha trasportato l’uomo in ospedale. Il detenuto è stato ricoverato nel reparto di medicina, dove viene costantemente sorvegliato. Forse già oggi, dopo le cure, sarà dimesso per tornare nel supercarcere di via Lamaccio.

L’uomo, di 40 anni, proveniente dal Nord Italia, si era già fatto notare nel corso degli anni, rendendosi protagonista di altri episodi simili. Il detenuto, infatti, rinchiuso nella sezione di media sicurezza al terzo piano del penitenziario di via Lamaccio, è uno dei tanti reclusi con problemi psichiatrici ospitati nella casa di reclusione sulmonese. Soffre di depressione e manie di persecuzione. Il classico soggetto difficile da gestire e soprattutto da curare, con un solo psichiatra in servizio nel carcere per circa 500 detenuti.

Verbania: associazione cerca immobili per alloggio ex detenuti

 

Ansa, 5 febbraio 2010

 

Cercansi alloggi per ospitare ex detenuti desiderosi di costruirsi una nuova vita. L’appello è dell’associazione "Camminare Insieme", che da nove anni opera con progetti di reinserimento sociale di persone che hanno terminato di scontare la pena.

"Sono persone - dice l’associazione - che hanno bisogno di essere temporaneamente accolte in alloggi e aiutate ad intraprendere un’attività lavorativa, che consenta loro di raggiungere un’autonomia economica e, conseguentemente, abitativa". L’associazione gestisce al momento due appartamenti che ospitano quattro persone. Grazie ai fondi della Provincia è ora in grado di affittarne un terzo e di dare accoglienza ad altri ex detenuti. Ma "Camminare Insieme" fa osservare che la ricerca di alloggi incontra difficoltà per la diffidenza suscitata dagli ex detenuti. L’associazione si fa garante, pagherà l’affitto e garantirà che l’immobile venga tenuto con cura.

Palmi (Rc): prometteva "benefici" e chiedeva soldi, arrestato

 

Ansa, 5 febbraio 2010

 

Si faceva dare soldi da parenti di detenuti, promettendo benefici dai giudici della Cassazione. Salvatore Balbo, di 53 anni, di Catania, è stato arrestato dalla polizia con l’accusa di millantato credito e sostituzione di persona in esecuzione di una misura cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Palmi.

Balbo, secondo quanto è emerso dalle indagini, usando un nome fittizio ed utenze telefoniche intestate ad un soggetto inesistente, si sarebbe recato nelle abitazioni di alcune famiglie di detenuti a Rosarno e, qualificandosi come dipendente del Ministero della Giustizia, avrebbe incassato dai familiari di ergastolani somme per un totale di circa 65 mila euro con la promessa di far ottenere benefici penitenziari e provvedimenti di clemenza in favore dei loro congiunti. I soldi, secondo quanto veniva riferito da Balbo, servivano come prezzo della propria mediazione con i magistrati della Cassazione.

L’indagine che ha portato all’arresto di Balbo è andata avanti per un anno sulla base delle testimonianze delle persone vittime dei raggiri, dell’analisi del traffico telefonico delle schede in uso a Salvatore Balbo e della verifica delle autovetture utilizzate da questi per recarsi a Rosarno.

Napoli: ex detenuti in protesta per il "reddito di cittadinanza"

 

La Repubblica, 5 febbraio 2010

 

Intorno alle 11 di ieri mattina il centro della città è rimasto bloccato per oltre un’ora per un corteo di ex detenuti con la sigla "Ex Don" (Ex detenuti organizzati di Napoli). I manifestanti hanno chiesto a gran voce sotto la pioggia che venga allargato il progetto "Escodentro", il piano di reinserimento della Regione Campania. Alla prima parte del progetto, che prevedeva la presenza nelle strade degli ex carcerati in aiuto al turismo, ne seguirà una seconda che sta per essere attivata. Tra i motivi della protesta anche la richiesta di inclusione degli ex detenuti negli elenchi del reddito di cittadinanza.

Napoli: Mussolini; potenziare il Dipartimento giustizia minorile

 

Il Velino, 5 febbraio 2010

 

Alessandra Mussolini, presidente della commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza, si è recata oggi con Pina Castiello, deputato del Pdl, presso l’Istituto Penitenziario Minorile di Nisida (Na). Le due deputate, nel constatare che il carcere minorile di Nisida, grazie al lavoro degli operatori impegnati per il recupero dei ragazzi, rappresenta un punto di eccellenza da valorizzare, hanno individuato in tre principali direttrici i necessari interventi: "In primo luogo occorre potenziare e valorizzare il Dipartimento di Giustizia Minorile a fronte dei 20 mila ragazzi che entrano nel suo circuito - afferma Mussolini -.

Inoltre deve essere una priorità garantire a questi ragazzi un percorso post-carcerario di inserimento nel mondo del lavoro, oggi affidato al pregevole contributo delle associazioni di volontariato, ma che auspico possa essere presto gestito dalle Istituzioni a livello regionale. Il lavoro deve sostituire il clan. Infine i ragazzi con problemi di dipendenza dalle droghe, devono avere la possibilità di interfacciarsi con strutture che, a differenza degli attuali Sert, non siano impostati su problematiche di adulti e finalizzati alla riduzione del danno, ma che puntino ad un reale recupero del giovane".

Napoli: arresto agente; portava droga detenuti Secondigliano

 

Agi, 5 febbraio 2010

 

Portava all’interno del carcere di Secondigliano generi di conforto non previsti dal regolamento, sostanze stupefacenti in cambio di denaro ed era in trattativa per introdurre nel penitenziario un telefonino cellulare completo di sim per la cifra di duemila euro.

Per questo, un agente penitenziario, I.V., 44 anni, è stato arrestato dal personale di polizia penitenziaria, coordinato dal commissario Gaetano Diglio, comandante del carcere di Napoli Secondigliano, per il reato di corruzione continuata. L’uomo, su disposizione del gip di Napoli Paola Laviano, si trova ora agli arresti domiciliari presso la sua abitazione. L’inchiesta, avviata dopo una segnalazione confidenziale, è durata alcuni mesi: il personale di Polizia Penitenziaria, in servizio al carcere di Secondigliano, coordinati dal pm di Napoli Arlomede, è stato impegnato anche in appostamenti, pedinamenti e intercettazioni a tutto campo.

Le indagini proseguono per capire se I.V., in servizio nelle sezioni detentive di Secondigliano e, a seguito dei fatti accertati, trasferito all’Ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, portava oggetti e droga ad uno o più detenuti.

Libri: "Sopravvivere in carcere", secondo i detenuti Agrigento

di Lino Buscemi (Ufficio del Garante dei detenuti della Sicilia)

 

La Repubblica, 5 febbraio 2010

 

"Sopravvivere in carcere" è una consistente raccolta di pensieri e riflessioni dei detenuti della Casa Circondariale "Petrusa" di Agrigento. Chi è dietro le sbarre, con parole semplici, ha voluto narrare, perché la società sapesse, che cosa è effettivamente la vita di ogni giorno dentro il carcere; a quali stratagemmi si fa ricorso per sopravvivere e per allentare la durezza delle disposizioni; cosa significano i sogni e le speranze se la pena da scontare è lunga; come qualificare l’attesa, fatta di giorni, ore e minuti, per ottenere il tanto sospirato colloquio con i familiari o l’ordine di scarcerazione.

Il volume, che ha come copertina un bel quadro del pittore Filippo Tarallo, è stato curato da Giovanna Alaimo, tenace e attenta insegnante di lettere presso la Casa circondariale agrigentina, con l’ausilio del psicologo volontario Alfonso Giambra. Casa editrice è l’Associazione culturale Massimo Lombardo. Il sistema carcerario italiano, si sa, non è dei migliori al mondo e difficilmente attua il dettato costituzionale (art. 27), che impone l’umanità della pena e la rieducazione del condannato. Leggendo, uno dopo l’altro, i pensieri dei detenuti del "Petrusa", si percepisce una realtà che potrebbe essere migliorata.

L’ingresso in carcere, scrive G.B., avviene mentre uno "è immerso in una confusione da panico" dovuta all’arresto e si eseguono passivamente ordini del tipo "si spogli, metta tutto qui sopra su questo ripiano, si tolga tutto, anche orologio e catenina". La perquisizione è effettuata con distacco mentre si affollano nella mente interrogativi quali: "cos’è successo? Come sei finito in questo posto? E forse un incubo?".

Dopo si viene immersi nella quotidianità della prigione e si consuma una vita diversa da quella normale. Nel suo scritto A.D.F. chiosa: "I problemi psicologici, morali, affettivi, che si hanno nel varcare la soglia di un carcere sono tanti. Chi sta all’esterno sembra non accorgersene. Il vero problema è questo: la mancanza di fiducia che la società, al di fuori di queste mura, nutre nei confronti di noi detenuti, Questa sfiducia, che pesa già come un macigno quando si è dentro, diviene poi una tragedia quando si è fuori".

La detenzione più insopportabile è quando ti trovi in isolamento e non puoi parlare con nessuno. E.L. ha fatto questa considerazione: "Se uno sbaglia e paga il suo errore in carcere, non deve essere ritenuto né malvagio né irrecuperabile. In cella si riscoprono nuove meravigliose qualità che hai dentro l’animo: comprensione, pazienza, gentilezza, sensibilità e amore per chi ti ama". E poi conclude rivolgendosi ad un amico: "Statti bene e goditi attimo per attimo le meraviglie che ti circondano. Queste cose a me mancano: non fare il mio stesso errore".

G.C. ha scoperto l’arte e l’istruzione. E scrive: "Sto frequentando un corso di informatica e sono grato non solo perché questo ha significato la fine dell’ozio, ma è anche stato importante per l’istruzione e per il contatto avuto con gli insegnanti. Ho partecipato ad una rappresentazione teatralee quest’altra esperienza mi ha arricchito tanto.

È stato un momento di svago e di conoscenza del teatro, prima ne ero all’oscuro". Toccante e cruda la lettera di S.S.F. alla madre: "Io credevo di essere un uomo potente, di avere tutto il mondo ai miei piedi e sono caduto in una terribile trappola: ero solo manovalanza sfruttata e calpestata. Tu, mamma, ti accorgevi che non ero più il ragazzo di prima e mi davi sempre consigli, ma io non capivo niente. Ora ho solo te".

I momenti brutti nel carcere ci sono sempre, scrive S.P., e se non si trova un modo per sfogare la tensione, la rabbia, si può andare fuori di testa e diventare quello che non sei. Non c’è fretta in carcere e, tuttavia, si vive di speranza. Quella che viene negata soprattutto ai cosiddetti "protetti" (coloro che hanno commesso reati sessuali) che "non possono partecipare a nessuna delle attività promosse, non possono interagire se non tra loro, restano chiusi nel loro reparto in una sorta di isolamento collettivo da cui escono solo se accompagnati da un agente per andare nella sala colloqui".

Chi li rieduca? Chi si prenda cura di loro per evitare che, dopo scontata la pena, possano ritornare a commettere gli stessi reati? La giornata, per i detenuti, è una lotta per la sopravvivenza. Per esempio, scrive A.R. "Non tutti possono permettersi di avere del denaro nel proprio conto corrente per comprare generi alimentari. Quindi ci dobbiamo adeguare e mangiare ciò che fornisce l’amministrazione. Il cibo di massa arriva sulle nostre tavole completamente freddo e quindi non appetibile; un piatto di pasta è difficile da deglutire, ma anche questo fa parte del sopravvivere".

Il sovraffollamento è un altro grande problema che rende tutto più difficile: mancanza di spazi, condizioni igieniche pessime, atti di autolesionismo, tensioni e proteste. Per non parlare dei suicidi in preoccupante aumento. Le pagine amare di questa raccolta, corredate da struggenti poesie, vergate dagli stessi detenuti, dovrebbero far riflettere quanti considerano il carcere una "discarica" sociale o, come ha scritto uno dei reclusi, un sistema chiuso, una realtà estranea al tessuto sociale.

Invece di essere un luogo da dove ripartire per "restituire alla società uomini nuovi capaci di esserne parte attiva". Non è esagerato affermare che il libro, così ricco di emozioni e di umanità, contribuisce a tenere vivo il tenue rapporto carcere-società civile, mancando il quale non ci possono essere vere riforme per immaginare un sistema carcerario evoluto e, soprattutto, rispettoso della dignità della persona.

Immigrazione: Ue censura termini "illegalità" e "clandestinità"

 

Redattore Sociale, 5 febbraio 2010

 

La criminalizzazione dei migranti ha fatto irruzione anche nel linguaggio delle più alte sfere politiche europee. Lo rileva un rapporto presentato a Bruxelles dal commissario ai Diritti umani del Consiglio d’Europa.

La criminalizzazione dei migranti ha fatto irruzione anche nel linguaggio usato nelle più alte sfere politiche europee. Come rileva il rapporto che viene presentato oggi a Bruxelles dal commissario ai Diritti umani del Consiglio d’Europa (Coe), Thomas Hammarberg, nei testi legislativi e nei programmi europei legati all’immigrazione si usa il termine "immigrazione illegale". Al contrario, il Consiglio d’Europa, per evitare che il termine illegale diventi veicolo di ulteriore stigmatizzazione dei migranti, invita i propri 47 Stati membri a utilizzare in tutti i testi il termine "migrazione irregolare".

"Purtroppo - si legge nel documento del Coe - questi termini legati all’illegalità sono usati anche in situazioni in cui le persone interessate non hanno ancora varcato le frontiere dell’Unione europea, e sono persone che, per quanto ne sanno i funzionari europei - possono essere ancora nel loro paese di origine. Questo uso del termine "immigrati clandestini" e "immigrazione clandestina" è errato in quanto gli individui non hanno necessariamente commesso un reato ai sensi della legislazione di uno Stato membro".

Secondo il Coe, "la scelta del linguaggio è molto importante per l’immagine del fenomeno immigrazione che le autorità proiettano sull’opinione pubblica". Si legge nel rapporto che "essere un immigrato viene associato, attraverso l’uso del linguaggio, con atti illegali ai sensi della legge penale. Tutti gli immigrati diventano degni di sospetto. Il concetto di "immigrazione clandestina" ha l’effetto di rendere sospetto agli occhi della popolazione (compresi i funzionari pubblici), il movimento internazionale delle persone".

Le autorità e organizzazioni che hanno invece scelto di utilizzare le parole "irregolare" o "senza documenti" invece che illegale o clandestino portano l’attenzione del pubblico - secondo il Coe - non tanto su aspetti legati al crimine o a operazioni di polizia, quanto piuttosto al rapporto di un individuo (il migrante) con lo Stato che deve riconoscerne ed eventualmente regolarizzarne la situazione.

La criminalizzazione però non si limita al solo attraversamento dei confini, ma si estende a sfere come l’abitazione, l’occupazione o la libera impresa. Permanere su un territorio quando non se ne ha più il diritto (amministrativo) diventa un crimine, così come si sta via via criminalizzando chi assiste i migranti irregolari (vedi il caso francese, o la criminalizzazione dei capitani di vascello che soccorrono i migranti alla deriva nel Mediterraneo).

Fenomeno altrettanto grave denunciato dal Coe è l’inclusione sotto l’ombrello della criminalità anche dei richiedenti asilo, persone che hanno il pieno diritto a lasciare il proprio paese per trovare accoglienza in posti più sicuri e dove la loro vita non è messa a repentaglio: il respingimento di queste persone, nota il Coe, solleva delle gravi preoccupazioni in materia di rispetto dei diritti umani, dei quali l’Europa (e in particolare l’Unione Europea) si nomina campione, ma che sa rispettare ogni giorno di meno.

Immigrazione: Maroni; al via il permesso di soggiorno a punti

di Alberto Custodero

 

La Repubblica, 5 febbraio 2010

 

Maroni: avranno la carta solo se dimostrano di volersi integrare davvero E il Consiglio dei ministri impugna la legge pugliese sull´accoglienza agli immigrati.

Due anni di tempo per imparare la lingua italiana, conoscere la Costituzione e le regole civili del nostro Paese, far studiare i figli, mettersi in regola col fisco. Se l´immigrato che chiede il permesso di soggiorno conquisterà questi obiettivi in 24 mesi quantificati in un punteggio di 30 punti, otterrà la "carta". Se non ci riuscirà (i punteggi scendono in caso di violazione del codice penale), avrà ancora un anno di tempo alla conclusione del quale scatterà, in caso di non raggiungimento del voto finale, l´espulsione. È, questo, il nuovo "accordo di integrazione" fra Stato e immigrati annunciato ieri dai ministri dell´Interno, Roberto Maroni, e da quello del Welfare, Maurizio Sacconi.

Questo permesso di soggiorno a punti (sarà introdotto a breve per il rilascio dei nuovi documenti con un decreto), non piace, però, all´opposizione. "Il permesso di soggiorno a punti sarà una forca caudina che ostacolerà l´integrazione e favorirà l´irregolarità", afferma Livia Turco, responsabile Immigrazione del Pd. "L´Italia - ha aggiunto - non è il Canada, nel nostro Paese per ottenere il rinnovo del permesso di soggiorno occorre aspettare più di un anno, i corsi di lingua e cultura sono gestiti dal volontariato e dalla Chiesa, non è possibile aspettarsi altro".

Al di là delle perplessità dell´opposizione, la "carta" di soggiorno, dopo i disordini di Rosarno fra popolazione locale e lavoratori stranieri, è la risposta del governo all´emergenza immigrazione. "Nell´accordo - spiega Maroni - sono definiti specifici obiettivi da raggiungersi nel periodo di validità del permesso (entro due anni prorogabili di uno), e una successiva valutazione da parte dello Sportello Unico sul raggiungimento di questi obiettivi: se saranno raggiunti, ci sarà il rinnovo del permesso di soggiorno. In caso contrario, scatterà l´espulsione".

È il ministro Sacconi poi a chiarire che chi chiederà il "permesso a punti" sarà "responsabilizzato con diritti e doveri". Fra i doveri, la conoscenza della lingua italiana, l´iscrizione al servizio sanitario, la frequentazione della scuola dell´obbligo per i minori, la trasparenza nei contratti abitativi. Fra i diritti, gli eventuali corsi di lingua e altro, hanno assicurato i due ministri, "non saranno a carico degli immigrati, ma farà tutto lo Stato, anche per garantire standard uniformi in tutte le province ed avere tutto sotto controllo".

Alle critiche del Pd ("Essere straniero in Italia - accusa il capogruppo alla Camera, Gian Claudio Bressa - vuol dire essere soggetto a una scandalosa lotteria sociale i cui giudici imbrogliano in partenza. Siamo il Paese più xenofobo d´Europa. Bel risultato, complimenti a Maroni e a Sacconi"), è ancora il titolare del Viminale a replicare. "Questo sistema che stiamo mettendo a punto - sottolinea - garantirà l´integrazione: io suggerisco allo straniero le cose da fare per integrarsi nella comunità. Se le farà, gli darò il permesso di soggiorno, se non le farà, significa che non vuole integrarsi".

Sempre in tema di immigrazione, il Consiglio dei ministri ha "bocciato" ieri - ricorrendo alla Corte costituzionale - la legge della Regione Puglia che prevede una serie di interventi agli immigrati presenti a qualunque titolo sul territorio regionale. In questo modo, eccepisce il Governo, la Regione comprende anche gli immigrati privi di regolare permesso di soggiorno.

Immigrazione: per 80% italiani è giusto curare gli "irregolari"

 

Redattore Sociale, 5 febbraio 2010

 

Lo pensa l’80% degli intervistati, anche chi è più bisognoso di cure. Il 65% crede che sia "un diritto inviolabile", ma soprattutto al Nord si pensa che "altrimenti c’è il rischio di epidemie incontrollate"

Più dell’80% degli italiani ritiene che anche gli immigrati irregolari devono avere accesso ai servizi sanitari pubblici: è quanto emerge da una indagine realizzata dal Censis. È d’accordo l’86,1% dei residenti al Sud, il 78,7% al Centro, il 78,4% al Nord-Est e il 75,7% al Nord-Ovest. Dello stesso parere oltre l’85% degli italiani laureati, l’83,1% dei 30-44enni e più dell’85% dei residenti nelle città con 30 mila-100 mila abitanti. Il giudizio non cambia tra gli italiani più bisognosi di cure: l’83,9% di chi dichiara di avere una salute pessima auspica un’offerta sanitaria pubblica estesa anche per gli irregolari.

Il 65,2% degli intervistati ritiene che la tutela della salute sia "un diritto inviolabile", quindi "curare tutti è un atto di solidarietà irrinunciabile". È l’opinione soprattutto dei residenti nelle regioni del Mezzogiorno (quasi il 74%) e dei laureati (quasi l’80%). Risalendo la penisola diminuisce la quota di intervistati che parlano della salute come diritto irrinunciabile per tutti, mentre aumentano quelli convinti che occorre assicurare la sanità anche agli irregolari perché "altrimenti ci sarebbe il serio rischio di epidemie incontrollate". La pensa così poco più del 12% dei residenti al Sud, il 15,4% al Nord-Ovest, il 15,8% al Nord-Est e oltre il 19% al Centro. Questa opinione è diffusa anche tra chi dichiara di avere una salute pessima (e presumibilmente utilizza di più le strutture sanitarie) e tra chi possiede un basso titolo di studio. Contrario il 20% degli italiani intervistati: poco più del 24% dei residenti al Nord-Ovest, del 24,8% delle persone con basso titolo di studio, di oltre il 24% di chi vive nelle grandi città, con più di 250 mila abitanti. Solo per il 13% degli intervistati, clandestini e irregolari non hanno diritto alla sanità perché non pagano le tasse; per poco più del 5% perché fanno aumentare in modo insopportabile i costi della sanità.

Immigrazione: Viminale; Cie e Cara, non c’è sovraffollamento

 

Ansa, 5 febbraio 2010

 

I Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e i Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) non si trovano in uno stato di sovraffollamento. Dei 1.694 posti disponibili nei Cie, gli ospiti al momento sono circa 1.200 mentre nei Cara i posti sono 6.500 e ora ben 3.000 sono disponibili. È il quadro tracciato da Angelo Malandrino, vice capo del Dipartimento per le libertà e l’immigrazione del ministero dell’Interno, intervenuto alla presentazione alla Camera del rapporto di Medici senza frontiere sui centri per migranti.

Malandrino ha confermato che l’obiettivo del Viminale è nel futuro di avere un Cie in ogni regione ma che al momento le richieste sono diminuite rispetto al sovraffollamento registrato nel novembre del 2008 quando in 4-5 mesi arrivarono 7 mila persone. "La situazione adesso è migliorata - ha detto - molta acqua è passata sotto i ponti. Va diminuendo anche la presenza di ex detenuti nei Cie dopo che su sollecitazione della Commissione De Mistura, una direttiva dei ministeri dell’Interno e della Giustizia ha stabilito che le identificazioni degli stranieri vanno fatte in carcere".

Sulla qualità della vita nei Cie, Malandrino ammette che per forza di cose si tratta di "strutture di trattenimento forzoso. Lo stato d’animo delle persone è molto negativo, aspettano solo di essere rimpatriate e fanno di tutto per evitare questo momento. Di fronte a questa umanità dolente, gli operatori devono avere un atteggiamento molto disponibile. Il sistema è questo e non mi permetto di fare osservazioni. Del resto, i Cie sono presenti in tutti i paesi europei".

Malandrino ha annunciato che il limite massimo di permanenza nel Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) passerà da 6 mesi a 9 mesi. Sui rilievi di Msf relativi al fatto che non esistono protocolli sanitari comuni e che spesso manca il contributo della Asl, Malandrino ha smentito: "Non è vero che ogni gestore ha le mani libere. Esistono delle linee guida a cui ogni gestore deve attenersi e sui servizi sanitari esistono convenzioni con le Asl. Finora non tutti i Cie hanno sottoscritto queste convenzioni, lo imporremo a tutti".

Il Viminale sta anche valutando l’ipotesi di allargare a livello nazionale la convenzione con l’Ospedale S. Gallicano di Roma, ora limitato alle regioni meridionali. Altra smentita del rapporto di Msf da parte di Malandrino riguarda il rilievo secondo il quale i Centri per migranti hanno come unica supervisione solo la Prefettura. "Smentisco - ha detto - che i centri siano sistemi invalicabili. Abbiamo continue visite, non solo da Ong, come l’Oim, l’Unhcr, Save the children, ma anche da parlamentari, non c’è più la chiusura di qualche anno fa". Inoltre, il prefetto ha fornito la permanenza media nei Cie: da 20 a 35 giorni, fanno eccezione Bari (120-150 giorni) e Gorizia (90-120).

Macedonia: l'Ue denuncia condizioni disumane carcere Skopje

 

Ansa, 5 febbraio 2010

 

Le condizioni definite disumane nel carcere Idrizovo di Skopje sono state denunciate dall’ambasciatore dell’Unione europea nella capitale macedone Erwan Fouere, che ha parlato di situazione peggiore di quella dei campi profughi in America Latina e delle carceri sudafricane prima dell’avvento di Nelson Mandela. "Abbiamo visto un tetto che non è tetto, finestre rotte, letti danneggiati, un bagno solo per 140 persone. La situazione è orribile", ha detto oggi Fouere in una conferenza stampa. Ciò, ha osservato, non è accettabile per un paese candidato a entrare nell’Unione europea e che in futuro dovrebbe assumere la presidenza del Consiglio d’Europa. Il rappresentante Ue ha per questo chiesto un intervento urgente da parte del governo macedone in modo da garantire condizioni più umane ai detenuti nel carcere di Skopje.

 

 

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