Rassegna stampa 18 febbraio

 

Giustizia: l’interesse del Governo sulle carceri, non sui detenuti

di Riccardo Arena

 

Pagina di Radio Carcere su "Il Riformista", 18 febbraio 2010

 

"Uno Stato civile toglie la libertà a chi commette un reato, ma non può togliere la dignità e attentare alla salute dei detenuti che si trovano nelle carceri". È quanto ha affermato il Presidente Silvio Berlusconi il giorno in cui il Consiglio dei ministri ha approvato il piano carceri ed ha dichiarato lo stato di emergenza per i penitenziari.

Era il 13 gennaio 2010. Una data da ricordare. Finalmente, non solo Berlusconi, ma soprattutto il ministro della Giustizia Alfano, dopo tanti annunci e proclami, si è deciso ad intervenire sul problema carceri e ha mostrato un interesse concreto per cercare di porre rimedio al degrado e all’illegalità presente nelle patrie galere.

Essenziali i punti principali del piano carceri varato dal Governo. Un miliardo e 500 milioni di euro: la spesa prevista per la realizzazione di 21 mila posti in più. 600 milioni: il costo previsto per costruire, non nuove strutture, ma 47 padiglioni da realizzare all’interno delle carceri già esistenti. E non solo. Il capo del Dap, Franco Ionta, diviene anche Commissario delegato e potrà agire "in deroga alle ordinarie competenze, velocizzando procedure e semplificando le gare d’appalto".

Ora visto che tale piano non è sia privo di contenuti che assai caro per le casse dello Stato, è lecito porsi dei dubbi. Tra i tanti, uno è più insistente. Ovvero il dubbio che l’interesse del Governo per i detenuti non sia genuino, ma nasconda invece un altro scopo. Creare, con la scusa delle carceri, un volano economico per favorire i costruttori. L’interesse ai soldi, altro che ai carcerati!

Giustizia: le nuove carceri e lo scandalo dei superpoteri a Ionta

di Patrizio Gonnella (Presidente di Antigone)

 

Il Manifesto, 18 febbraio 2010

 

Qualcuno vorrebbe fare di Franco Ionta, capo dell’amministrazione penitenziaria e da un anno commissario straordinario all’edilizia penitenziaria, un altro Bertolaso. Mentre tutti giustamente si indignano per la norma che istituiva la Protezione Civile spa, nell’assordante silenzio generale in quella stessa legge si prevede che il commissario straordinario per l’emergenza penitenziaria provveda alla localizzazione delle aree destinate a nuove infrastrutture carcerarie anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche, nonché agli articoli 7 ed 8 della legge 241 del 1990 (ossia la legge sulla trasparenza negli atti amministrativi).

L’approvazione delle localizzazioni costituisce variante urbanistica e porta addirittura alla espropriazione. Non è prevista alcuna notifica ai proprietari. Non sono ammesse opposizioni amministrative. Il commissario straordinario può avvalersi della Protezione civile per le attività di progettazione, scelta del contraente, direzione dei lavori e vigilanza degli interventi strutturali e infrastrutturali. Ossia può scegliere il costruttore che gli pare e tenere segrete le procedure di affidamento dei contratti pubblici.

Berlusconi ha parlato di "modello Abruzzo" per le carceri. I poteri straordinari a Ionta sono di una gravità enorme: impediscono ogni forma di controllo sul rispetto degli standard europei e italiani in materia di architettura penitenziaria (costruire un carcere non è costruire una casa); offrono l’occasione per violare impunemente leggi urbanistiche e territoriali; rendono opache le procedure contrattuali. Non va mai dimenticato che negli anni 80 - ben prima di tangentopoli - ci fu lo scandalo delle carceri d’oro. Contro un sovraffollamento storico (66mila detenuti) serve ben altra terapia.

Giustizia: dialoghi (immaginari); pensa ai soldi, non ai detenuti

 

Pagina di Radio Carcere su "Il Riformista", 18 febbraio 2010

 

Dialoghi (immaginari) tra due costruttori interessati al "Piano carceri".

 

13 gennaio 2010, ore 13.35, Franco e Mario, noti costruttori, commentano al telefono la decisione del Consiglio dei ministri che ha approvato il piano carceri del Ministro Alfano, dichiarando anche lo stato d’emergenza per i penitenziari.

Franco: oh! Abbiamo fatto bingo!

Mario: ‘A Franchì che te serve… che c’è?

F.: non lo sai?

M.: no..cosa?

F.: (ride) quelli del Governo hanno finalmente dato l’ok al piano carceri… ti rendi conto?

M.: ah, beh era ora, quei poveracci dei detenuti vivono come animali...

F.: ma sei scemo? Che te frega dei detenuti… svegliati!! Lasciali perdere quelli! Pensa a noi… qui ci possiamo arricchire e pure tanto…poi cò i margini di guadagno che c’abbiamo su stè cose… questi sono carceri, mica sò case popolari...

M.: ma veramente…

F.: senti se non capisci, te lo dico così: il Governo c’ha da spendere un miliardo e 500 milioni di euro e questa è solo la spesa iniziale… pensa i soldi in più da chiedere durante la costruzione… eheheh…

M.: certo Farnchì il margine di guadagno è alto…

F.: bravo! Ci sei arrivato… oh! Occupati di ‘sta roba del piano carceri perché qui bisogna partire in quarta subito... non è che c’è un emergenza carceri al giorno!

M.: vabbè ora vedo…

F.:... va buò... ciao

 

22 gennaio 2010, ore 18.05, Franco e Mario parlano al telefono della creazione della Protezione civile s.p.a. e delle sue competenza sul piano carceri

Mario: Franchì ..hai letto il l’intervista al Sole 24 Ore del presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti?

Franco: si…e per me c’ha pure tanta ragione…

M.: ..e certo che ha ragione!

F.: ma sai qual è la cosa che mi preoccupa di più?

M.: cosa?

F.:...che questi del Governo con stò fatto della Protezione civile s.p.a. scanseranno tanti di noi costruttori… ci metteranno i loro…

M.: ma no dai…

F.: invece sì… dimmi perché allora hanno coinvolto la Protezione civile anche sulle nuove carceri? Che centrano loro?

M.: per capacità… la questione carcere è importante, come lo è la vita dei detenuti…

F.: ancora cò stì detenuti… che palle! Mò hai rotto… ai soldi devi pensare e non ai carcerari! Soldi che cò stà Protezione civile di mezzo rischiamo di perdere, hai capito?

M.: si, si… ho capito

F.: senti… ma chi conosci alla Ferratella?

M.: Dove?

F.: (ride) alla Protezione civile… così non si sa mai…

M.: bò Franchì… non lo so… devo vedere

F.: eh bravo! Vedi un po’ perché stà cosa ci fa saltare tutto…

 

16 febbraio 2010, ore 22.01, Franco e Mario discutono al telefono del ritiro del decreto sulla istituzione della Protezione civile Spa.

Franco: hai visto… stò casino su Bertolaso a qualcosa ci è servito.

Mario: pare di sì…

F.: che figura di merda (ride)… mò speriamo di trovare il modo per entrare nel giro delle carceri.

M.: …senti Franchì… a proposito delle carceri… il Governo vorrebbe spendere circa 600 milioni per costruire 47 padiglioni…

F.: mbè?

M.: beh… i miei ingegneri mi dicono che sarebbe una cifra un po’ bassa per fare le cose per bene… insomma per realizzare ambienti decorosi per i detenuti…

F.: ma che poco! Tu non pensare ai detenuti… pensa solo a entrare nel giro… a vincere le gare… poi quello che faremo è un’altra cosa…

M.: beh insomma… non si possono mica mettere i detenuti in container di ferro, mica sono animali!

F.: oh! ma lo sai che c’hai avuto un’idea geniale?

Giustizia: Civiltà Cattolica; per il piano carceri... "tempi biblici"?

 

Agi, 18 febbraio 2010

 

"Le necessarie riforme costituzionali in tema di Giustizia siano attuate attraverso il concorso di maggioranza e opposizione, per evitare, a un delicato settore già in cattive acque, ulteriori sconquassi attraverso riforme approvate a maggioranza e poi fate decadere a colpi di referendum". Lo scrive Civiltà Cattolica per la quale è possibile un’ampia convergenza "su alcuni punti, al di là dell’attuale momento elettorale". I gesuiti sperano anche che il piano carceri venga attuato "in tempi non biblici", ma non nascondono però il timore che come per gli altri Governi le esigenze del bilancio statale colpiscano, prima di ogni altra cosa, gli investimenti nelle carceri".

Giustizia: Senato approva mozioni e odg su emergenza carceri

 

Apcom, 18 febbraio 2010

 

Via libera del Senato alle mozioni e agli ordini del giorno sull’emergenza carceri. "Le due approvazioni della mozione presentata da 90 senatori, in gran parte del Pd, e dell’ordine del giorno rappresentano un risultato importante nell’attuazione di politiche serie e lungimiranti tese alla soluzione dell’allarmante situazione carceraria italiana", commenta soddisfatta la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro in merito alle approvazioni.

"L’impegno che il Senato ha oggi dettato al governo attraverso queste approvazioni risiede anche - spiega - nella possibilità di risolvere quella che viene comunemente definita "emergenza carceri" senza ricorrere a deroghe o a "norme emergenziali", bensì attraverso tutte le opportunità offerte dalla nostra legislazione che si ispira alla Costituzione e che prevede la pena certa ma anche una rieducazione certa.

E quindi, riforma della legge Gozzini, miglioramento della struttura giudiziaria, miglioramento e impegno di spesa prioritario per riutilizzo e riadattamento delle strutture carcerarie già esistenti, istituzione del Garante nazionale dei diritti dei detenuti e coordinamento di quelli regionali, creazione di istituti a custodia attenuata per tossicodipendenti, esclusione dal circuito carcerario delle donne con i loro bambini, piena attuazione della riforma sanitaria penitenziaria, adeguamento degli organici della magistratura di sorveglianza, del personale penitenziario e amministrativo, dei medici, degli infermieri, degli assistenti sociali, degli educatori e degli psicologi".

Giustizia: Bianchi (Udc); Governo non faccia annunci, ma fatti

 

Il Velino, 18 febbraio 2010

 

"Il Senato ha approvato l’ennesima mozione sulle carceri, un fatto di per sé positivo; mi auguro, tuttavia, che essa produca qualche concreta iniziativa del Governo che sino ad oggi si è limitato agli annunci". È quanto ha sostenuto in Aula di Palazzo Madama Dorina Bianchi, vicepresidente dei senatori Udc, durante la discussione sull’allarme carceri. "Alla proclamazione dello Stato di emergenza non è seguito nessun fatto concreto e del Piano carceri non si ha più nessuna notizia - osserva - nel frattempo la popolazione carceraria cresce in modo esponenziale, ben oltre ogni soglia di tollerabilità, determinando condizioni di vita inaccettabili per i detenuti, per il personale penitenziario e rischi per la sicurezza di tutti i cittadini. Il numero crescente dei suicidi in carcere è un indice drammatico di questa situazione - continua la senatrice Udc. Occorre uscire dalla logica dell’emergenza ed affrontare le cause del sovraffollamento a partire dal sistema delle sanzioni, rilanciando le pene alternative al carcere. Servono inoltre risorse per affrontare con una visione lungimirante il tema degli organici e delle strutture".

Giustizia: Lega; troppi detenuti? in carcere si finisce assai poco

 

Il Velino, 18 febbraio 2010

 

"La funzione della pena ha come scopo principale rimettere sulla retta via colui che nella sua vita può essere incappato, sbagliando, nella violazione di una norma del codice penale. Dobbiamo anche dire che in carcere si finisce assai poco, proprio per queste motivazioni e per questa funzione che ha la pena; gli incensurati possono godere della sospensione condizionale della pena, della messa in prova e della detenzione ai domiciliari ma oggi la quota di detenuti nelle nostre carceri ha superato la soglia dei 65mila e pare che l’incremento mensile si aggiri tra gli 800 e i mille al mese: possiamo dire pertanto che con ogni probabilità arriveremo a superare i 70mila prima della fine dell’anno.

Sappiamo anche che sopra la soglia dei 65mila rischiamo di cadere in quella situazione critica e ingestibile che continuiamo a definire sovraffollamento". Lo ha sottolineato il senatore della Lega Nord, Sergio Divina, della commissione Giustizia del Senato parlando in Aula sul sistema carcerario italiano.

Secondo il senatore Divina "un atto imprescindibile, che bisogna portare a termine con estrema rapidità, è rappresentato dalla stipula di accordi bilaterali con tutti i Paesi che hanno lasciato migrare anche tanta delinquenza. Dobbiamo consentire ai detenuti stranieri, che occupano il 40 per cento della popolazione carceraria italiana, di scontare le pene nei loro Paesi di origine.

Questa non è una cacciata dalle carceri italiane; è l’applicazione pedissequa di uno dei princìpi più umani della funzione della pena, cioè la territorialità della pena". Sul peso nel bilancio dello Stato del sistema carcerario Divina ha rilevato come "un carcerato in Italia costa quanto un albergo a cinque stelle, e forse di più: egli costa alle casse dello Stato circa 150 euro al giorno. Questa cifra fa pensare a quanto noi riusciamo ad attribuire ed elargire ai nostri pensionati in un mese.

Dobbiamo poi ricordare che, mentre in carcere non si finisce mai per caso, la vecchiaia, ahimè, è un fenomeno ineluttabile. Allora - ha concluso - proprio per non trattare i nostri pensionati peggio dei carcerati, noi pensiamo sia giusto dedicare le somme che saranno risparmiate proprio a quegli anziani, che purtroppo colpe non ne hanno".

Giustizia: Soliani (Pd); Lega fa l'elogio all’afflizione del carcere

 

Il Velino, 18 febbraio 2010

 

"Come può la Lega Nord fare l’elogio dell’afflizione del carcere, quando conosciamo le condizioni di disumanità, di sofferenza e di mancanza di speranza che vivono i detenuti? Tutti conosciamo la condizione di sovraffollamento crescente, insostenibile e ingiusto delle carceri del nostro Paese, luoghi di cui è responsabile lo Stato".

La senatrice del Pd Albertina Soliani interviene così in Aula al Senato in dichiarazione di voto sulle mozioni sulla situazione carceraria. "Bisogna ripristinare la legalità nel sistema penitenziario italiano e il Parlamento e il Governo devono fare la loro parte. Non possiamo rassegnarci al fatto che ci sono più detenuti tossicodipendenti in carcere che nelle comunità terapeutiche, che circa il 37 per cento del totale dei detenuti sono extracomunitari, che nelle carceri italiane ci si auto ferisce e si muore anche per suicidio, spesso nell’abbandono".

Soliani sottolinea che "non è stato messo in atto nel Paese un sistema di adeguate misure alternative al carcere, le sole che possono abbattere i costi della detenzione, ridurre la possibilità di nuovi reati, aumentare la sicurezza sociale e salvare le vite. Nelle carceri italiane vi sono 71 bambini sotto i tre anni con le loro mamme e alcuni vivono in un box dentro la cella: è intollerabile. Mancano circa novemila unità di personale rispetto all’organico previsto, educatori e persone che progettino un percorso personalizzato per i detenuti; un sistema adeguato per l’istruzione, laddove i tagli hanno colpito anche i corsi delle scuole carcerarie".

La senatrice Soliani tocca anche l’argomento "scottante" della sanità in carcere. "Dal 1 aprile del 2008 - ha ricordato - è stata trasferita alla responsabilità del Servizio sanitario nazionale la gestione della sanità in carcere, un’occasione per affidare il servizio sanitario nelle carceri alla piena e autonoma responsabilità degli operatori e delle strutture del Servizio sanitario nazionale, poiché il diritto alla salute è un diritto primario anche per le persone in carcere. Lo Stato che le ha sotto tutela deve loro garantire anche questo diritto.

Molte di queste condizioni possono essere modificate e migliorate, solo che lo si voglia, solo che si abbia l’idea di un’Italia diversa e la passione per la sua crescita come Paese civile. La nostra mozione - spiega Soliani - ha indicato obiettivi concreti. Al Governo chiediamo che consideri: la Carta costituzionale e la faccia vivere nelle carceri perché essa non può fermarsi sulla loro soglia; i diritti umani universali e li rispetti; la necessità e l’urgenza di umanizzare il carcere e di riformare radicalmente la custodia cautelare, l’esecuzione della pena, la sua territorialità, i trattamenti complessivi, gli strumenti alternativi, l’adeguamento degli organici e degli operatori e la loro formazione nelle scuole di polizia penitenziaria. Il Governo investa le risorse necessarie - conclude la parlamentare - e le carceri saranno più gestibili e si sfoltiranno. La dignità umana sarà tutelata e la società sarà più sicura, perché se migliorano le condizioni in carcere si costruisce anche una società più sicura".

Giustizia: Favi (Pd); quali certezze su assunzione del personale?

 

Ansa, 18 febbraio 2010

 

"Il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo ha annunciato ieri al Senato che è quasi pronto un bando di concorso per 2.000 nuovi agenti di Polizia penitenziaria, che si aggiungono ai circa 1.000 posti per i quali è già quasi pronta l’autorizzazione all’assunzione, con lo scorrimento delle graduatorie dei precedenti concorsi". Lo dichiara Sandro Favi, Responsabile carcere del PD.

"Chiediamo al sottosegretario Caliendo di farci sapere su quale gazzetta, bollettino o avviso pubblico è possibile reperire informazioni su tale bando che interessa migliaia di giovani in attesa, dopo aver prestato servizio in ferma breve nelle Forze armate e che su quei posti confidano per progettare il proprio futuro.

Vorremmo avere anche certezza del reperimento di quegli importanti rinforzi per i tanti istituti penitenziari soverchiati dal sovraffollamento e dalle incalzanti esigenze di sicurezza indotte dalla presenza di detenuti appartenenti alla criminalità organizzata o al terrorismo internazionale, come nel carcere di Rossano Calabro.

Verificheremo ad aprile l’assunzione, annunciata da Caliendo, di tutti gli educatori vincitori dei precedenti concorsi, a cui finora non era stata data una così impegnativa risposta.

Diamo atto al Governo dell’importante impegno assunto, accettando le mozioni del Senato sulla situazione del sistema penitenziario, fra le quali quella del Partito Democratico, e lo invitiamo ad operare responsabilmente sulle linee e sugli indirizzi contenuti in quei documenti e su quelli contenuti nelle analoghe mozioni approvate alla Camera dei Deputati lo scorso 12 gennaio.

Basta con la politica degli annunci e delle mere dichiarazioni di intenti predisposte dagli uffici ministeriali, alle quali non seguono atti e provvedimenti operativi realmente sostenuti dal Ministro Alfano.

Suggeriamo infine al Sottosegretario di verificare le informazioni che pervengono da quegli uffici, prima di spendersi in impegnative dichiarazioni nel Parlamento della Repubblica. Ad esempio: come fa la Cassa delle Ammende, gestita dall’Amministrazione penitenziaria, a disporre di 300 milioni di euro, quando l’ultimo bilancio approvato riportava una dotazione di meno della metà di quei fondi?"

Giustizia: quando il carcere uccide, nessuno sa come succede

di Paola Zanca

 

Il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2010

 

Sono venuti a Roma con le fotografie, "quelle brutte" e "quelle belle". C’è un prima e un dopo, nelle vite dei fratelli, delle sorelle, dei padri e delle madri che hanno perso in carcere uno di loro. Lo spartiacque di solito è arrivato con una telefonata nel cuore della notte. Niente spiegazioni, nessuna compassione, pura formalità: "Il detenuto è morto".

Perché, come, quando? Niente da fare, hanno già messo giù. I familiari vogliono risposte: ieri sono tornati a chiederle al Senato, nel corso di un’iniziativa organizzata dall’associazione dei Radicali, Il Detenuto Ignoto.

Storie diverse, difficile fare confronti. Ma in tutti i casi un minimo comune denominatore c’è:

l’errore dello Stato. Una condanna sbagliata, una detenzione ingiusta, un suicidio inscenato. In ognuna delle storie c’è l’errore di qualcuno: un giudice, un medico, uno psichiatra, un poliziotto.

Più difficile trovare qualcuno che abbia pagato. Alcune di queste storie hanno avuto la ribalta della cronaca nazionale: quella di Stefano Cucchi, quella di Aldo Bianzino, quella di Federico Aldrovandi. Altre sono rimaste relegate nelle pagine locali. Manuel Eliantonio, per esempio, è morto un anno e mezzo fa nel carcere Marassi di Genova. A sua madre al telefono hanno parlato di un incidente. Suo figlio era in carcere per resistenza a pubblico ufficiale, era fuggito ad un controllo. Cinque mesi e 10 giorni di reclusione. Ma dal carcere non è uscito vivo. Lei al Senato ha portato tutte le immagini del corpo di suo figlio, martoriato, pieno di ecchimosi. Con sé ha anche l’ultima lettera scritta da Manuel, il giorno prima di morire: "Mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana, ora ho solo un occhio nero, mi riempiono di psicofarmaci".

Marcello Lonzi, invece, è morto l’11 luglio del 2003, a 29 anni, nel carcere di Livorno dove era detenuto per tentato furto. Morte naturale, dovuta a una caduta, la versione ufficiale. Ma i medici dicono che quelle costole rotte, lo sterno fracassato e tutti quei lividi non sono "compatibili con la caduta".

Anche Riccardo Rasman dicono sia morto per un collasso. Imbavagliato, con i polsi e le caviglie legate con il fil di ferro, uno zigomo e l’osso del collo rotto, immerso nel sangue: forse sì, alla fine un collasso gli è venuto. Sua sorella Giuliana da quel giorno è diventata "peggio di Perry Mason". E grazie alle sue indagini è riuscita a far condannare tre poliziotti: sei mesi con la condizionale.

Tutto qui. Riccardo Boccaletti è entrato in carcere che pesava 86 chili. In tre mesi ne ha persi quaranta. Sveniva ogni due o tre giorni. Sua madre ha chiesto spiegazioni. "Non sapevano nemmeno quanto pesasse all’ingresso". Era dipendente dalla cocaina, voleva andare in comunità, perfino lo psichiatra diceva "bisogna farlo uscire". Invece è morto così, chilo dopo chilo: "I vostri figli li hanno ammazzati di botte - dice la madre alle altre famiglie che l’ascoltano - Il mio in un altro modo".

E poi Stefano Frapporti, Simone La Penna, Katiuscia Favero, Giuliano Dragutinovic. Tutti sperano che non finisca come alla famiglia Scardella, che da 24 anni cerca di capire come sono andate le cose nel carcere di Cagliari. Loro figlio, Aldo, era in carcere da innocente, per una rapina di cui solo dieci anni dopo si troveranno i veri responsabili. Si è suicidato, dicono. Ma nel sangue di Aldo c’erano tracce di metadone, e nessuno glielo aveva mai prescritto. Per gli Scardella, neanche una telefonata. Che era morto l’hanno saputo dalla televisione.

Giustizia: il carcere che uccide e le vittime in cerca della politica

di Checchino Antonini

 

Liberazione, 18 febbraio 2010

 

"Il butano non spacca il naso, non spezza le dita...". Maria Eliantonio mostra le foto di Manuel, suo figlio di 22 anni ucciso a Marassi. "Suicidato" dice la verità ufficiale ma lei non ci può credere. Sarebbe uscito pochi giorni dopo e, poche ore prima di crepare aveva scritto che lo riempivano di botte e psicofarmaci. Come Maria, una piccola folla di donne e uomini ha potuto raccontare - ieri alla sala stampa del Senato - la propria vicenda di parenti di vittime di malocarcere, cattiva giustizia e ferocia di forze dell’ordine o di ospedali psichiatrici. Ognuno aveva con sé foto, faldoni, carteggi.

E un dolore raccontato mille volte per anni. Un massacro come quello che ha subito suo figlio Riccardo, Duilio Rasman , 84 anni, le aveva viste solo in tempo di guerra: sei poliziotti gli sono saltati addosso e quel ragazzo tornato "strano" dal militare s’è schiantato. Cristiano Scardella lo racconta da 25 anni il "suicidio" di suo fratello Aldo, finito dentro innocente e mai più uscito. Nessuno ha mai chiesto scusa.

La madre di Riccardo Boccaletti spiega la morte lenta, "annunciata" del suo ragazzo in galera a Velletri, disidratato e rimpinzato di psicofarmaci. Anche la madre di Katiuscia Favero non crede al "suicidio" di sua figlia, 12 giorni prima di uscire dall’Opg di Castiglione delle Stiviere: aveva la tuta sporca d’erba ma le suole asciutte e non poteva essersi impiccata a una rete da pollaio.

Qualcuno ha fatto sparire il certificato ginecologico che provava gli abusi nella struttura. Anche la sorella di Stefano Frapporti non riesce a credere che, dopo due ore in mano ai carabinieri suo fratello si sia ucciso col laccio di una tuta spuntata chissà da dove. Rita e Ilaria Cucchi , madre e sorella di Stefano annunciano l’ultimo mistero: dov’è la tac? Perché quattro mesi dopo Stefano non può riposare in pace? La madre di Marcello Lonzi ha mandato una lettera per ricordare la sua lotta per riaprire l’inchiesta sulla morte alle Sughere di suo figlio.

Quando lo Stato sbaglia, uccide. Irene Testa, che ha convocato la piccola folla dolente, è la segretaria dell’associazione radicale "Il detenuto ignoto". Chiede che si faccia luce su questi e altri casi magari con una commissione ad hoc del Senato e si unisce al digiuno della deputata Bernardini che da due settimane chiede che si apra un serio dibattito sul carcere.

Dov’è finito lo stuolo di deputati bipartisan che - due mesi fa - si facevano belli intorno alle foto di Cucchi massacrato? L’assenza di un’autentica sinistra parlamentare (e di un movimento di massa fuori) si avverte ma non c’è nessuno a evocarla. "La strada sarà lunga", dice Emma Bonino alla platea di familiari coraggiosi, quasi soli e disperati.

Poche ore dopo arriva la notizia di un tentato suicidio al un venticinquenne tunisino che dalla fine di gennaio si trovava recluso al Cie di Ponte Galeria: è montato in cima al cancello della gabbia e poi si è gettato al suolo. Aveva già tentato il suicidio venerdì. Succede due volte al giorno nelle carceri italiane e le morti violente sono 4 volte più che negli Usa.

Lettere: i detenuti, da varie carceri, scrivono a Riccardo Arena

 

Pagina di Radio Carcere su "Il Riformista", 18 febbraio 2010

 

Noi malati nel carcere di Padova. Caro Arena, ti scrivo, anche da parte di un gruppo di detenuti, dall’infermeria del carcere Due Palazzi di Padova. Prima di tutto devi sapere che noi detenuti dell’infermeria soffriamo delle più diverse patologie. Tra di noi infatti c’è chi è cardiopatico, chi è malato di fegato, come c’è chi ha gravi patologie mentali. Si tratta di detenuti a rischio di suicidio che vengono guardati a vita. Ora il punto è che di giorno c’è in effetti un agente che sta seduto davanti a quei detenuti e li sorveglia, mentre di notte no. Allora io mi domando: che sorveglianza è questa? Il fatto è che noi dovremo essere detenuti in un luogo per essere curati ed invece siamo portati verso l’esasperazione. Qui infatti non riceviamo un adeguata cura da parte dei medici ed anche gli operatori del carcere ci ignorano.

Un trattamento che porta molti verso la disperazione. L’altro giorno un ragazzo che si chiama Kamel ha cercato di uccidersi tagliandosi la gola e siamo stati noi a dare l’allarme perché altrimenti sarebbe morto. Oppure è successo che un altro ragazzo, che si chiama Santino, si è tagliato le vene sempre per la disperazione. Insomma caro Arena, qui siamo davvero in un inferno. Ovvero in un luogo dove la pena di morte è di fatto autorizzata.

 

Giuseppe dal carcere 2 Palazzi di Padova

 

Il degrado di Poggioreale. Ciao Riccardo, siamo tutti detenuti nel padiglione Napoli del carcere di Poggioreale, un carcere che sta diventando un vero e proprio inferno. Pensa che in una celletta grande appena 4 mq ci dobbiamo vivere in 8 persone. Qui dentro, oltre alla sporcizia, non abbiamo nulla, nulla neanche l’acqua calda per lavarci, figurati il resto!

Il bagno è uno solo ed è piccolissimo e, visto che in cella siamo in 8 persone, siamo costretti a fare la fila per fare i bisogni. Allo stesso tempo non abbiamo spazio sufficiente per muoverci in cella tutti contemporaneamente. Così ci muoviamo a turno: se c’è qualcuno in piedi, altri devono restare sdraiati sulle brande. Ti assicuriamo che non è facile vivere così, anche perché noi in questa piccola cella sovraffollata ci rimaniamo chiusi per 22 ore al giorno. A Poggioreale le nostre giornate sono cadenzate, non dal lavoro, ma dal fatto che per ben 3 volte al giorno gli agenti entrano in cella e ci contano. Il bello è che se al momento della conta qualcuno di noi sta in bagno, viene punito e a volte anche maltrattato. Un trattamento severo e ingiusto che ci tocca anche se qualcuno di noi chiede un medico perché sta male, renditi conto! Grazie per quello che fate, Francesco, Antonio, Domenico, Luca, Totore, Ciro e Felice.

 

Un gruppo di detenuti dal carcere Poggioreale di Napoli

Lazio: Sl; l'ultimo Consiglio, non nomini il Garante dei detenuti

 

Adnkronos, 18 febbraio 2010

 

"Chiedo al presidente del Consiglio regionale, Bruno Astorre di non procedere, nel corso del prossimo e ultimo Consiglio regionale, alla nomina del Garante dei detenuti, scaduta nel gennaio scorso". È quanto afferma la il consigliere regionale del Lazio di Sinistra e Libertà, Anna Pizzo. "Allo stato attuale - continua Pizzo - giudico opportuno sospendere tale designazione per due motivi: in primo luogo perché il Consiglio è sottoposto a regime straordinario e tale nomina non riveste il carattere di inderogabilità e urgenza; in secondo luogo perché la decisione sulla nomina di una figura di tale rilievo, unica nel panorama nazionale e che fa della nostra Regione un avamposto di enorme importanza per i diritti dei detenuti, non è e non può essere presa alla leggera. Come, d’altro canto, sta a testimoniare l’impegno e il profilo del Garante uscente".

"Ritengo, inoltre, che non ci siano elementi tali da consentire una valutazione con cognizione di causa delle candidature che, mi risulta, dovrebbero essere state avanzate nello scorso mese di gennaio a seguito di un bando promosso dal presidente del Consiglio regionale. Un bando di cui ignoro non solo l’esito ma anche il numero dei candidati e le competenze dei medesimi. Per tutte queste ragioni - conclude - invito il presidente a non procedere alla nomina stessa e a non sottoporla alla votazione dell’aula il 24 febbraio".

Bologna: Consiglio comunale approva Odg su situazione carceri

 

Ristretti Orizzonti, 18 febbraio 2010

 

Ordine del Giorno sulla situazione delle carceri bolognesi e sul futuro del Garante delle persone private della libertà personale presentato dalla Consigliera Marzocchi e altro Consigliere nella seduta del 15 febbraio 2010 e approvato nel corso della seduta stessa.

Il Consiglio comunale di Bologna, considerato che le strutture di detenzione poste nel territorio della città si trovano in una situazione difficile soprattutto a causa della carenza di personale, del sovraffollamento, dell’insufficienza delle risorse, della difficoltà di allacciare rapporti solidi con il territorio; l’art. 16 del disegno di legge cosiddetto "Codice delle Autonomie" prevede la soppressione della figura del difensore civico comunale e la possibilità di trasferirne le funzioni ad un difensore civico territoriale istituito dalla Provincia, e che questa previsione potrebbe essere estesa anche alla figura del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale di Bologna, in scadenza nel luglio 2010;

Recepisce il documento allegato "Riflessione e proposta sulle carceri bolognesi" preparato dalla Commissione consiliare politiche sociali del Comune di Bologna e dal Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, discusso e modificato insieme alla Commissione politiche sociali della Provincia di Bologna nella riunione congiunta del 15 febbraio 2010;

Invita il Commissario governativo che si appresta ad assumere le funzioni di amministrazione del Comune di Bologna:

- a tenere conto delle osservazioni e delle proposte contenute nel documento sopra citato;

- ad individuare le forme più idonee affinché alla città venga assicurata la continuità del lavoro del Garante anche durante la fase di commissariamento, intraprendendo le iniziative considerate più opportune, anche in relazione della data del voto amministrativo, ad evitare interruzioni dell’attività dell’Ufficio;

La Provincia di Bologna a intraprendere il percorso di istituzione di un Garante territoriale dei diritti delle persone private della libertà personale, che agisca su base provinciale in conformità con le nuove previsioni di legge e possa proseguire l’esperienza del Garante comunale senza disperderne il patrimonio di relazioni ed esperienza maturato negli scorsi cinque anni.

Lecce: sovraffollamento e pochi agenti un carcere nel dramma

 

Gazzetta del Sud, 18 febbraio 2010

 

Nei giorni scorsi Domenico Mastrulli, segretario generale nazionale dell’Osapp, è stato in visita a Borgo San Nicola. "C sino circa 70 detenuti per singolo reparto, vigilato da un solo poliziotto".

Nei giorni scorsi Domenico Mastrulli, segretario generale nazionale dell’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria), ha svolto una visita presso il carcere di Borgo San Nicola, a Lecce, da tempo al centro di polemiche e dibattiti per via di situazioni di sovraffollamento e degrado. "Ho personalmente constatato nel corso della visita sui luoghi di lavoro, nel mastodontico complesso penitenziario del supercarcere di Lecce Borgo San Nicola, un sovraffollamento che alla data della visita era di 1.400 detenuti circa", ha commentato. "La forza detentiva divisa per posizione giuridica, gruppo o clan delinquenziale di appartenenza separati dai clan opposti ed avversari mi si è presentata per 60-70 utenti per singolo reparto vigilato da un solo ed unico poliziotto penitenziario", è la sua forte denuncia.

Secondo Mastrulli, dunque, "mancano, su ogni turno di servizio cinque agenti per singola diramazione, piano e reparto al fine di ottenere ottimale posizione di vigilanza e con essa massima prevenzione sulla sicurezza". E non manca qualche particolare metafora per descrivere gli ambienti. "La struttura - commenta - nonostante i suoi diciotto anni di attività dalla consegna, si presenta come una bella signora di mezza età, attrattiva, intrigante, piacente, vivibile negli ambienti sempre che, nei tempi brevi, si destinino un budget o stanziamenti economici che possano servire alla ristrutturazione di alcuni settori".

Il riferimento, in particolare, è alle "opere murarie e alla cinta muraria colpite da infiltrazioni pericolose di acqua ed umidità tanto da esporsi, negli anni, senza interventi a pericoli e probabili crolli dovute anche alla costruzione con parte di ferro coperte da cementifici basi e pilastri". E "con il contatto umidità ed acqua il peggio deve ancora avvenire".

"Il comando di polizia penitenziaria - prosegue - vanterebbe un organico di 650 circa unità con l’aggiunta di una 80ina di unità in servizio di distacco, provenienti da extraregione e penitenziari limitrofi di cui, come il caso di Brindisi, appena riaperto e funzionante, ne reclami il legittimo rientro. Un nucleo traduzioni e scorte - prosegue Mastrulli - che per la mole di attività per giustizia e nelle aule di giustizia, dispone, quasi sempre un prelievo giornaliero dalle 30/ alle 50 unità di polizia dai servizi d’istituto, impoverendo sempre di più il citato organico". E dunque, l’organico è scarno, secondo il segretario dell’Osapp mancano circa un centinaio poliziotti , tra cui una decina di agenti della polizia femminile.

"Ipotesi - spiega - sulla base della verifica e della visita effettuata al padiglione detentivo. Stesse carenze appena sopra accennate con umidità vistosa ed infiltrazioni d’acqua lo si è rilevato particolarmente nei corpi di guardia e settori Vigilanza anche elettronica, dove staziona la polizia penitenziaria in difetto della 626 e del decreto legislativo numero 81/2008".

La questione, dunque, sarà seguita da un’informativa che Mastrulli invierà al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al capo del Dap ed all’Ufficio centrale del Visag Roma, per illustrare la "situazione generale del penitenziario e sull’eventuale blocco delle assegnazioni di reclusi a Lecce come in Puglia, essendo stato dichiarato stato di emergenza per sovraffollamento". Si arriva, infatti, quasi a quota 4mila e 300 reclusi.

Potenza: ieri Convegno sulla riforma della Sanità penitenziaria

 

Asca, 18 febbraio 2010

 

Si è svolto nella Sala Inguscio del Dipartimento Salute della Regione Basilicata a Potenza un convegno dal tema "La riforma della Sanità penitenziaria - La risposta della Basilicata". L’incontro è stato organizzato dall’Imes (società cooperativa sociale che si occupa di mediazione penale), in collaborazione con il Dipartimento Salute, Sicurezza e Solidarietà sociale, Servizi alla persona e alla Comunità della Regione Basilicata, il Ministero della Giustizia, le Province di Potenza e Matera, il Comune di Potenza.

Nel corso della giornata si è discusso, in particolare, in attuazione dell’Accordo Stato-regioni 20 novembre 2008, del protocollo d’intesa tra Regione Basilicata, Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e il Centro per della Giustizia Minorile per le regioni Basilicata e Calabria e della convenzione per l’utilizzo, dal parte delle Aziende sanitarie locali, nel cui territorio sono ubicati gli istituti e i servizi penitenziari di riferimento, dei locali adibiti all’esercizio delle funzioni sanitarie.

Il protocollo d’intesa, in particolare, impegna le parti a definire forme di collaborazione relative alle funzioni di sicurezza e i principi e criteri di collaborazione tra l’ordinamento sanitario, l’ordinamento penitenziario e della giustizia minorile per garantire la tutela della salute e il recupero sociale dei detenuti, degli internati adulti e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale, sia in area penale interna che esterna, nonché le esigenze di sicurezza all’interno degli istituti penitenziari per adulti e degli istituti per minori (istituti penali, centri di prima accoglienza e comunità).

Ravenna: mostra fotografica sulle donne e le madri in carcere

 

Sesto Potere, 18 febbraio 2010

 

Si è svolta a Ravenna, patrocinata dal Ministero della Giustizia, la mostra fotografica "La bellezza dentro. Donne e madri nelle carceri italiane", risultato di una foto-inchiesta condotta in dieci carceri italiani provviste di Sezione femminile (Urban Center - Chiesa di San Domenico - dal 16.01.2010 al 12.02.2010). Autore delle immagini esposte è il fotoreporter Giampiero Corelli.

La mostra, allestita in un suggestivo spazio espositivo nel cuore di Ravenna (un’antica chiesa momentaneamente adibita a spazio espositivo, nei pressi della porta S. Vitale), ha un grande interesse perché, in verità, non si occupa delle "recluse", ma del tema più ampio delle "reclusioni" femminili. In questo senso, l’occhio fotografico di Corelli indugia non solo sulle detenute, ma anche sulle guardie carcerarie, anch’esse donne. Le une e le altre appartengono ad un’unica realtà, le une e le altre - per quanto in una posizione relazionale asimmetrica - sono espressione di un’unica reclusione.

Corelli, con le sue immagini, mostra proprio questo, ma fa anche vedere che - al di là del dramma e della malinconia - possono esservi il sorriso, la gioia di vivere, la speranza.

Sarebbe stato troppo facile e troppo scontato, forse, soffermarsi sui guasti del sistema carcerario italiano: troppe inchieste sono state condotte, troppe denuncie sono state portate avanti. E sarebbe stato fin troppo facile estrapolare dal contesto questo filo conduttore: si sa, per altro che le immagini fotografiche, offrendo all’osservazione un singolo pezzo di realtà, svincolato dal contesto, possono mentire o, in alcuni casi, possono essere utilizzate per fare una facile retorica.

Corelli, che ha dedicato gli anni più recenti del suo lavoro "...a indagare l’identità femminile nei suoi aspetti meno conosciuti e consueti (dalle suore di clausura alle madri assassine)" si è accostato a questa nuova impresa con un grande rigore formale.

Nella maggior parte delle carceri femminili che ha visitato (tra le quali si annoverano Rebibbia, la Giudecca di Venezia, il Carcere di Pozzuoli (per Napoli), il "Pagliarelli" di Palermo, il "Gazzi" di Messina), non si è limitato a scattare delle foto, ma ha svolto un accurato lavoro preliminare (che non sempre è stato possibile portare avanti nella sua integrità), consistente in una riunione di presentazione con gran parte delle recluse e le guardie carcerarie di turno, nel corso della quale egli spiegava gli intendimenti della sua ricerca, passando successivamente ad una serie di interviste, che gli hanno consentito di raccogliere del materiale per la costruzione di un video (solo parlato) di "testimonianze", lasciando solo per ultime le session fotografiche propriamente dette.

Le detenute e le agenti, coinvolte in questo procedimento, non si sono sentite come "oggetti" da osservare, ma come soggetti partecipi di un processo e da ciò scaturisce la grande freschezza e la potenza espressiva di alcune delle immagine che Corelli ha colto.

Quindi, si potrebbe dire che la mostra offre un percorso per immagini attraverso il più ampio mondo carcerario sempre declinato al femminile, visto attraverso tutti gli attori coinvolti e i suoi più diversi aspetti culturali: il personale di sorveglianza, di assistenza sociale, i servizi del volontariato. È disponibile un catalogo a stampa, edito per i tipi di Danilo Montanari Editore, che contiene non solo le foto scelte per la mostra, ma anche altre che - per motivi di spazio - non sono state allocate nello spazio espositivo.

Il volume è corredato di un’introduzione di Donatella Stasio, giornalista parlamentare ed esperta di cronaca giudiziaria e, a conclusione, è corredato di una serie tabelle statistiche che illustrano alcuni aspetti della detenzione femminile nelle carceri italiane.

Napoli: a Secondigliano il teatro per i detenuti ed i loro parenti

 

Ansa, 18 febbraio 2010

 

Bella iniziativa di solidarietà per le famiglie dei detenuti nelle carceri di Secondigliano, nel napoletano: domani mattina alle 11, le porte si apriranno, per dare spazio alla cultura napoletana. Un evento atteso dai detenuti del Penitenziario e le loro famiglie che ha fatto scalpore per la totale assenza di lucro e il motivo di solidarietà che ha permesso la nascita del progetto. L’iniziativa è stata promossa dal direttore del carcere e organizzata dalla compagnia teatrale "Dimensione Clemente", di Torre del Greco.

Un momento importante per la città partenopea, che porta nelle sue carceri un mondo tutto nuovo, avvicinando la bellezza dell’arte, spiegando che, il mondo è fatto anche di sogni, di gioia, di lacrime. Interverranno tra gli altri componenti la compagnia, il bravissimo cantautore napoletano Natale Galletta, l’attore Ciro Biondino, vincitore della penultima edizione di "La sai l’ultima" e attore nella fiction di canale 5, "Carabinieri". La sorpresa finale, sarà la presenza della bella attrice Manuela Arcuri, la quale non ha saputo resistere all’invito, che ha come unico scopo la beneficenza.

Il teatro era stato organizzato per la scorsa settimana, ma per motivi tecnici è stato rimandato. Purtroppo, abbiamo saputo che la mamma del cantante Galletta è stata male e per solidarietà verso la donna non è slittato il tutto. Ora però tutto è pronto e domani, la casa circondariale ospiterà gli artisti che porteranno, su un singolare palcoscenico, la storia di pulcinella e tante altre storie, rappresentate con grande maestria. Per l’occasione il carcere sarà assediato da giornalisti locali, operatori televisivi e troupe di Rai3. E c’è da scommetterci, profetizzano i tecnici, che sarà un successo.

Cinema: la rivolta nel carcere americano di Attica diventa film

 

Ansa, 18 febbraio 2010

 

La sanguinosa rivolta del carcere di Attica (stato di New York), che nel 1971 tenne per quattro giorni il mondo col fiato sospeso, diventerà un film dal titolo Attica, con la regia di Doug Liman (The Bourne Identity) e la sceneggiatura di Geoffrey Fletcher (candidato all’Oscar per Precious). Lo annuncia l’Hollywood Reporter.

Liman arricchirà il film con un’esperienza molto personale poiché il padre faceva parte della commissione speciale dello Stato di New York deputata ad indagare sui fatti e a redigere il rapporto che evidenziò le manchevolezze del governatore Nelson Rockefeller e delle autorità carcerarie. Durante la rivolta, ma soprattutto durante i tentativi di repressione da parte della polizia di stato, furono uccisi 32 detenuti e 10 ostaggi.

Liman e Fletcher hanno recentemente visitato la prigione per vedere con i loro occhi i luoghi degli scontri e raccogliere testimonianze. La rivolta di Attica non era mai stata raccontata in un film per il cinema, mentre è stata ricostruita in film per la tv, celebrata in brani musicali e ricordata nel film Quel pomeriggio di un giorno da cani col celebre grido di Al Pacino "Attica! Attica!".

Musica: un documentario sul tour di Alberto Mennini negli Ipm

 

Ansa, 18 febbraio 2010

 

Il documentario sul tour di Alberto Mennini negli Istituti Penali per Minorenni proiettato nelle scuole superiori.

È partita il 4 febbraio, dal Liceo Aristotele di Roma, la nuova avventura del cantautore Alberto Mennini e della sua band, che porteranno la voce dei minori ristretti nelle carceri tra i licei d’Italia grazie ad una giornata costituita da un evento-laboratorio durante il quale i ragazzi delle scuole superiori assisteranno alla proiezione del documentario "Liberi per sempre", realizzato nel corso del tour negli Istituti Penitenziari Minorili nel 2009 e ad un concerto con brani attinenti alle tematiche del disagio giovanile e della libertà, che serva da stimolo per una riflessione su queste condizioni. La tappa rappresenta il seguito naturale dei precedenti progetti "Liberi" ma soprattutto "Liberi di contare anche le nuvole", da cui è stato realizzato il documentario e da cui il progetto "Liberi per sempre" prende ispirazione. Per sapere qualcosa di più abbiamo incontrato Alberto Mennini e gli abbiamo posto alcune domande.

 

In che modo e da chi è partita l’idea di questo progetto?

Nel 2001 partecipai ad un evento presso il carcere di Rebibbia insieme ad altri artisti come Franco Califano, PFM e Alex Britti. Il primo contatto con le carceri per adulti mi ha subito stimolato a riflettere sul contesto della restrizione minorile e dopo quella prima volta a Rebibbia ho composto la canzone "Liberi" per la quale ho anche ottenuto l’autorizzazione a girare il videoclip all’interno dell’Istituto. In seguito ho scoperto che non era mai stata avanzata la proposta di un tour itinerante che coinvolgesse gli Istituti Penitenziari per minori. L’iniziativa piacque al Ministero della Giustizia, Dipartimento Giustizia Minorile, che ci accordò l’autorizzazione a procedere con gli eventuali istituti aderenti, con la condizione che il progetto partisse ed avesse un reale seguito per i ragazzi ristretti e che tutto il personale collaboratore dell’istituto fosse interessato e d’accordo. Il 21 gennaio 2009 abbiamo iniziato il tour, sostenuti da Fondazione Roma, O.S.A. (operatori sanitari associati), Provincia e Regione, mentre il Ministro della Gioventù Giorgia Meloni (che ha scritto la prefazione del libro-raccolta) ha concesso il finanziamento per la produzione di 10.000 copie da distribuire negli Istituti Scolastici e nei Penitenziari Minorili che aderiscono ospitando il progetto.

 

Che cosa ti piacerebbe realizzare attraverso il progetto "Liberi per sempre"?

L’idea è far visionare ai ragazzi delle scuole il documentario e aprire un dialogo con loro, un confronto serio per capire le loro opinioni ed impressioni per poi raccoglierle in un documentario parallelo da far visionare in un successivo progetto ai ragazzi ristretti, mostrando la realtà e gli eventuali disagi che i giovani potrebbero condividere. Il mio obiettivo è cercare di fare qualcosa per alcuni di questi giovani, per dargli la possibilità di credere che ci sia fuori un futuro diverso da quello che è stato il loro passato o il loro presente e, anche solo per una giornata, dargli degli stimoli per pensare a qualcosa di propositivo e creativo, coinvolgendoli attraverso la musica, la poesia e altre forme d’arte.

Usa: innocente condannato all’ergastolo… libero dopo 17 anni

 

Adnkronos, 18 febbraio 2010

 

Condannato all’ergastolo nell’aprile del 1993 per l’omicidio di una prostituta, Jacquetta Thomas il 26 settembre 1991, Greg Taylor è stato riconosciuto innocente e scarcerato in Carolina del Nord, dopo 17 anni di carcere.

A decidere di restituire la libertà all’uomo è stata una commissione speciale d’inchiesta, composta da tre giudici, che è stata istituita nello stato americano nell’agosto del 2006, con l’incarico di revisione dei casi in cui un imputato viene condannato nonostante si proclami innocente. Il 47enne Taylor è il primo caso di innocenza riconosciuta dalla commissione. Alla lettura della decisione unanime dei tre giudici, il procuratore della contea di Wake, Colon Willoughby, è andato a stringere la mano di Taylor e si è scusato per la condanna ingiusta.

Malaysia: adulteri e bevitori di birra condannati a bastonatura

 

Ansa, 18 febbraio 2010

 

Le autorità della Malaysia hanno annunciato oggi che tre donne e quattro uomini colpevoli di adulterio sono stati condannati a subire una serie di colpi di bastone in base alla legge islamica della sharia. La sentenza è già stata eseguita. Alle tre donne, la punizione è stata inflitta il 9 febbraio scorso in un carcere femminile nei pressi della capitale Kuala Lumpur. Una di loro è stata successivamente liberata.

Per i quattro uomini non sono state fornite altre informazioni ma il ministro dell’interno Hishammuddin Hussein ha detto alla stampa che questa punizione "dovrà servire di esempio e di ammonimento per tutti". La bastonatura è una pena prevista dal codice penale della Malaysia, paese in massima parte musulmano dove le leggi sono ispirate ai precetti del Corano. L’anno scorso una giovane donna madre di due figli era stata condannata a sei bastonate per avere bevuto una birra in pubblico e il suo caso aveva suscitato una vasta eco internazionale.

Secondo Amnesty International, i tribunali del paese asiatico ogni anno emettono centinaia di sentenze che prevedono questo genere di pena. Dal 2002, circa 35 mila persone ne sono state vittima. Tra loro vi sarebbero anche molti stranieri condannati per avere violate le norme sull’immigrazione.

 

 

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