Rassegna stampa 4 aprile

 

Giustizia: dote da 700 milioni per carceri in stato d'emergenza

di Saverio Fossati

 

Il Sole 24 Ore, 4 aprile 2010

 

Pieni poteri a Franco Ionta, il "Bertolaso delle carceri". Con la pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale" 73 del 29 marzo dell’ordinanza del 19 marzo 2010 il capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si ritrova con 700 milioni da spendere per progettare e costruire nuovi edifici di pena e ampliare quelli esistenti, allo scopo di "assicurare la tutela della salute e la sicurezza dei detenuti, garantendo altresì una migliore condizione di vita degli stessi".

Una situazione di emergenza, che come tale è stata gestita anche del punto di vista normativo: si è partiti dalla legge 225/92, che consente di dichiarare lo stato di emergenza nazionale in presenza di situazioni che non siano riferite esclusivamente a episodi di calamità naturale, ma anche in riferimento a situazioni di allarme nazionale. Il Dpcm del 13 gennaio 2010 ha quindi decretato lo stato di emergenza carceri.

A questo piano carceri si aggiungono 2mila nuovi arruolamenti nella polizia penitenziaria previsto dall’articolo 2, comma 212 della finanziaria 2010 e misure deflattive della carcerazione ancora allo studio, come scontare l’ultimo anno di pena in detenzione domiciliare.

Il limite temporale dello stato di emergenza nazionale delle carceri è stato fissato fino al 31 dicembre 2010. L’ordinanza (n. 3861) è del 19 marzo e conferma la nomina del capo del dipartimento a commissario straordinario. Ionta aveva consegnato ad Alfano un piano per ampliare le carceri esistenti già a inizio 2009. Adesso ha tempo fino al 27 aprile per presentarne un altro che, a quanto risulta, dovrebbe ricalcare quello dell’anno scorso: nove carceri di dimensioni ridotte nelle città maggiori (destinate ad arresti in flagranza e detenzioni brevi), per circa 200-220 milioni e 450 detenuti, altre otto per la reclusione vera e propria in centri medi come Pordenone e Latina (400 milioni per circa 7-8mila detenuti), 600 milioni e 4.500 posti in strutture tradizionali a Roma, Milano e altre città, e infine ampliamenti nelle carceri esistenti, per altri 9-10mila detenuti. Totale 1,3-1,5 miliardi. Dato che i costi sono il doppio dei fondi previsti, è probabile che si dovrà sperare in nuovi finanziamenti.

Quanto ai poteri, sono praticamente illimitati, stile Bertolaso, e infatti Berlusconi aveva parlato per le carceri di un "modello Abruzzo". Si comincia con la nomina di due "soggetti attuatori" e venti contratti a termine per le attività di svolgimento del piano.

Al Comitato di indirizzo e controllo (ministri di Giustizia e Infrastrutture più Bertolaso) spetta approvare il piano di Ionta. Che, dopo questo adempimento, è libero nelle scelte: affido della progettazione e approvazione dei progetti, conferenze di servizi a tambur battente (e dissensi motivati), pareri delle soprintendenze subordinati al sì del ministro competente entro sette giorni dalla richiesta. Il Consiglio superiore dei lavori pubblici, ha 15 giorni per il parere, poi scatta il silenzio-assenso.

I fondi vengono soprattutto dai 500 milioni di euro del Fondo infrastrutture (Dl 185/2008), da vari fondi di bilancio regionali, nazionali e comunitari per analoghe finalità (la stima di quanto non è stato speso è di 80 milioni), e da quanto c’è nella Cassa Ammende, circa 150 milioni.

Giustizia: detenuto suicida a Sulmona... infuriano le polemiche

 

Ansa, 4 aprile 2010

 

Era appena rientrato da un permesso premio Romano Iaria, l’uomo di 54 anni che la notte scorsa si è impiccato nel carcere di Sulmona. Il sedicesimo suicidio nei sovraffollati penitenziari italiani (circa 67.500 detenuti contro 43mila posti regolamentari) avviene di venerdì Santo in quello che è ormai tristemente noto come il "carcere dei suicidi", dove in dieci anni hanno deciso di farla finita in undici, compresa la direttrice Armida Miserere che nel 2003 si sparò un colpo di pistola alla testa.

Se all’emergenza suicidi il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha tentato di dare una prima risposta con una circolare per l’istituzione di un ‘servizio di ascoltò composto da poliziotti penitenziari in grado di supplire all’assenza di psicologi nelle ore serali, al problema sovraffollamento il capo del Dap Franco Ionta dovrà fornire soluzioni nero su bianco entro un mese, termine previsto dall’ordinanza firmata tre giorni fa dal premier Berlusconi in forza della quale Ionta è stato nominato commissario delegato.

Lo stato di emergenza nelle carceri vige ormai dallo scorso gennaio, su deliberazione del consiglio dei ministri. Nel frattempo, però, il numero di detenuti e di suicidi è cresciuto ancor di più. Iaria, tossicodipendente con problemi di salute, non era recluso per scontare una pena, ma perché sottoposto a una misura di sicurezza detentiva, vale a dire l’internamento nella "Casa lavoro" del carcere di Sulmona. La stessa sezione - fa notare l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere - dove lo scorso gennaio si è impiccato anche Antonio Tammaro e in cui si trovano stipate 200 persone in 100 posti. Il Pd, con un’interrogazione al ministro della Giustizia Alfano, chiede se non sia il caso di chiudere una sezione dove gli internati vivono in cella 20 ore al giorno. Mentre i sindacati di polizia penitenziaria, Sappe, Uilpa e Osapp, lamentano le promesse non mantenute dal governo sul fronte dell’assunzione di 2mila agenti in più. "Come può un poliziotto penitenziario da solo controllare 80-100 detenuti?", chiede il segretario del Sappe Donato Capece. Mentre Eugenio Eugenio Sarno (Uilpa) tira le somme su 28 tentati suicidi di detenuti sventati, nonché sul ferimento di 38 poliziotti, due agenti e quattro infermieri aggrediti in carcere.

La tensione sale e l’imminente ritorno del caldo non facilita la situazione. La corsa contro il tempo del piano carceri si pone come obiettivo la creazione di 47 nuovi padiglioni e 18 nuove carceri flessibili (sul modello delle case del post-terremoto all’Aquila) che assieme ad altre strutture penitenziarie (sette probabilmente) porteranno entro il 2012 alla creazione di 21.709 nuovi posti, elevando la capienza massima a 80mila unità.

Nell’ordinanza che affida a Ionta poteri speciali, tali da poter agire in deroga alle normali procedure, con la secretazione delle gare di appalto e avvalendosi della Protezione Civile, è previsto un finanziamento di 500 milioni di euro e ulteriori finanziamenti (circa 100milioni) tratti dai capitoli di bilancio ordinario del Dap e dalla cassa delle Ammende. Da questo budget, tuttavia, dovrà essere decurtata una somma, al momento non definita, per finanziare al massimo 20 consulenze con contratti a tempo determinato da stipularsi ‘sulla base di criteri di scelta di carattere fiduciario".

 

Cgil: chiudere subito Sezione internati di Sulmona

 

"La presenza degli internati non è compatibile con un carcere di massima sicurezza come quello di Sulmona. La sezione deve essere immediatamente chiusa". Lo chiede la Cgil penitenziari, dopo l’ennesimo suicidio in una cella del carcere peligno.

"Si tratta di persone che avrebbero bisogno di un’assistenza sanitaria più attenta e di un controllo costante - sottolinea Ivana Giardini, delegata Cgil di Sulmona -. Nel carcere di Sulmona non sono garantite né l’una né l’altra cosa, per mancanza di risorse per pagare il personale sanitario e carenza di personale. Di contro c’è un’insostenibile situazione di sovraffollamento, soprattutto di internati, sempre più drammatica".

Subito dopo Pasqua, annuncia Giardini, "chiederemo a tutte le altre forze sindacali un’azione congiunta per arrivare a un incontro urgente con il responsabile del Dipartimento amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta, affinché provveda a mettere in pratica le promesse fatte in campagna elettorale dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, il quale ha detto che sarebbe intervenuto per risolvere le emergenze del carcere di Sulmona". La Cgil annuncia, infine, che insieme alle altre sigle sindacali saranno promosse iniziative di protesta per evidenziare i problemi del penitenziario peligno.

 

Bernardini: c’è responsabilità del Dap, presenterò interrogazione

 

"Il Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria, ndr) e il suo capo Ionta, non scarichino le loro responsabilità sulla direzione del carcere di Sulmona. Il detenuto che si è suicidato la notte scorsa era un internato nella casa di lavoro dove il lavoro non c’è, era tossicodipendente, malato di Hiv con problematiche di salute gravissime: che ci faceva in quella struttura, visto che aveva già pagato il suo conto con la giustizia?". È quanto domanda la radicale Rita Bernardini che, a seguito dell’episodio, presenterà "l’ennesima" interrogazione parlamentare.

"Giunge voce - spiega - che irresponsabilmente il Dap voglia scaricare nel supercarcere di Sulmona altre decine di internati provenienti da tutta Italia. Si preoccupi, piuttosto, di non condannare a morte e di non torturare i detenuti come avviene ogni giorno negli istituti penitenziari italiani dove è possibile incontrare solo la morte civile, altro che la rieducazione prevista dalla nostra Costituzione".

L’uomo che si è impiccato a Sulmona "aveva sicuramente bisogno di trattamento - commenta Bernardini - non certo di quello che gli si poteva garantire nel supercarcere abruzzese dove all’ordine del giorno ci sono sovraffollamento, mancanza di mezzi materiali e di risorse finanziarie, carenza di personale di ogni tipo e con una sanità letteralmente allo sfascio. Sulla vicenda presenterò l’ennesima interrogazione che non riceverà la risposta del governo, come è ormai d’abitudine, nonostante che il regolamento della Camera fissi in 15 giorni il termine entro il quale deve arrivare la risposta".

 

Di Giovan Paolo (Pd): serve garante nazionale detenuti

 

"Di fronte all’ennesimo caso di suicidio in carcere, bisogna dare impulso all’approvazione della figura del Garante dei detenuti a livello nazionale, già presente in molte regioni". Lo afferma il senatore del Pd Roberto Di Giovan Paolo, segretario della Commissione Affari Europei. "È una figura fondamentale - aggiunge - che dovrà lavorare assieme alle autorità locali e ai magistrati di sorveglianza per risolvere quelle criticità presenti in tanti istituti penitenziari".

 

Petrilli (Pd): chiudere sezione internati

 

"Le tante denunce, le tante interpellanze presentate per far chiudere la sezione internati (casa lavoro), non sono servite a nulla": è il commento di Giulio Petrilli, responsabile provinciale del Dipartimento diritti e garanzie del Pd dell’Aquila, sull’ennesimo suicidio di un detenuto nel carcere di Sulmona. In maggioranza, sottolinea in una nota Petrilli, i suicidi "avvengono nella cosiddetta casa lavoro, dove si trovano 200 dei 400 detenuti. Come era è rimasto, un luogo senza speranza, una sezione che è un misto tra carcere, manicomio, inferno".

In realtà, spiega l’esponente del Pd, "il lavoro non c’è, è solo per pochi e per poche ore, con stipendi dai 30 euro mensili a un massimo di 80. Celle di nove metri quadri per tre persone".

Nel carcere di Sulmona, ricorda Petrilli, "ci sono tanti in serie difficoltà psicologiche e psichiche, ma non c’è nessun supporto. Ci sono le sezioni Eiv (elevato indice sorveglianza), As (alta sicurezza), sezione penale con diversi ergastolani (oltre 70), il giudiziario, la casa lavoro e una sezione per pentiti. È chiaramente difficilissimo - conclude - gestire un carcere con questa complessità".

 

Sappe: urgentissima applicazione piano carceri

 

"Quello del detenuto Romano Iaria, 54 anni, di Roma nel carcere di Sulmona è, a quanto ci risulta, il sedicesimo suicidio avvenuto dall’inizio dell’anno nelle carceri. Ed è avvenuto, come gli altri, nel contesto di un combinato disposto (sovraffollamento penitenziario e gravi carenze negli organici della Polizia penitenziaria) che ricade pericolosamente sulle condizioni lavorative dei Baschi Azzurri del Corpo e che impedisce di svolgere servizio nel migliore dei modi. Come può un Agente, da solo, controllare 80/100 detenuti?". È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di categoria, alla notizia dell’ennesimo suicidio di un detenuto, questa volta nel carcere di Sulmona.

"Con un sovraffollamento di oltre 67mila detenuti in carceri - aggiunge - che ne possono contenere a mala pena 43mila, accadono purtroppo questi episodi. A Sulmona, ad esempio, dove i posti regolamentari nelle celle sono circa 300, abbiamo quasi 500 detenuti presenti. E se la situazione non si aggrava ulteriormente è grazie alle donne e agli uomini del Corpo che, in media, sventano ogni mese 10 tentativi di suicidio (molte centinaia ogni anno) di detenuti nei penitenziari italiani". Capece ricorda che, sino ad ora, il corpo di Polizia penitenziaria, i cui organici sono carenti di oltre 6mila unità, ha mantenuto l’ordine e la sicurezza a costo di enormi sacrifici personali e mettendo a rischio la propria incolumità fisica.

"L’intero corpo di Polizia penitenziaria è allo stremo - conclude il segretario generale Sappe: servono iniziative concrete sulle criticità penitenziarie. In questo contesto è necessario avere garanzie che il Piano carceri del governo trovi una prima urgentissima applicazione nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila agenti di Polizia penitenziaria e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità".

Giustizia: Uil; nelle carceri, una settimana di tensione e sangue

 

Il Velino, 4 aprile 2010

 

"Due suicidi e un tentato suicidio sventato in extremis. Sei agenti penitenziari, due infermieri e un medico feriti, senza dimenticare i fumogeni e le bombe carta contro il carcere di San Vittore". Questo il resoconto settimanale degli eventi critici registratisi in questa settimana all’interno dei penitenziari, reso noto dal segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, che ricorda come il bollettino è quotidianamente monitorato dalla Uil Penitenziari, attraverso la pagina web "Diario di Bordo".

"Purtroppo abbiamo dovuto registrare ancora una settimana di passione e di tensione per il sistema penitenziario. Dal 1 gennaio ad oggi sono ben 17 i suicidi in cella e 28 i tentati suicidi sventati dalla polizia penitenziaria. Nel bilancio assai grave dei fatti di sangue di questo 2010 - sottolinea Sarno - non bisogna dimenticare i 38 agenti penitenziari, i due medici e i 4 infermieri che hanno dovuto ricorrere a cure ospedaliere per le ferite riportate causa aggressioni da parte di detenuti e/o internati. Oramai viaggiamo speditamente verso quota 67.500 detenuti e questo continuo ammasso di persone non può non generare ulteriori tensioni". Rammarico viene espresso dalla Uil Pa Penitenziari per il rinvio dell’incontro con il ministro Alfano sul piano carceri: "l’incontro originariamente previsto per il 31 marzo è stato più volte rinviato. Speriamo che il 13 aprile sia la volta buona.

Per noi sarà l’occasione per ribadire la necessità di destinare parte dei 500mlioni di euro disponibili non solo all’edificazione di nuovi padiglioni e istituti ma anche alla ristrutturazione dei tantissimi edifici penitenziari obsoleti, degradati e inadeguati. Il piano carceri - spiega Sarno - può essere una straordinaria occasione per ridare dignità e civiltà alla detenzione e garantire ambienti di lavoro salubri ed efficienti. Per raggiungere questi obiettivi non si potrà ragionare, però, solo da ingegneri e costruttori. Per questo condividiamo il pensiero e le affermazioni del Ministro Alfano quando fa cenno alla riforma del momento sanzionatorio". Per Sarno occorre riflettere sull’esagerato ricorso alla detenzione per i tossicodipendenti ( 27% della popolazione detenuta) e, in conclusione, ribadisce l’esigenza di recupero di spazi detentivi. Questo può avvenire attraverso le misure accompagnatorie al piano carceri come l’affidamento in prova e la detenzione domiciliare.

Giustizia: tunisino ucciso, due carabinieri indagati per omicidio

 

Ansa, 4 aprile 2010

 

Sono due i carabinieri indagati per omicidio volontario in seguito all’uccisione di Abderrazak Mareghni, il tunisino di 38 anni colpito a morte da un proiettile mentre cercava di sfuggire in auto all’alt dei militari ieri a Campogalliano, nel Modenese.

Il sostituto procuratore di Modena Fausto Casari ha iscritto nel registro degli indagati sia il maresciallo della compagnia di Carpi, E.A., 42 anni, che ha sparato tre colpi contro l’Alfa Romeo 147 guidata dal tunisino che stava cercando di investirlo, sia un altro militare dell’Arma che ha sparato in aria un colpo intimidatorio. Non è chiaro quale dei quattro proiettili abbia raggiunto alla nuca il nordafricano, uccidendolo. Così si spiega l’ipotesi di reato nei confronti di entrambi, in attesa degli accertamenti balistici avviati dal Ris dei carabinieri e dell’autopsia sul corpo dell’immigrato ucciso.

Sull’auto c’era anche un connazionale della vittima, Alì Habibi, 36 anni, che in quel momento aveva 98 buste di cocaina ed eroina. Questi è rimasto lievemente ferito dopo l’uscita di strada della vettura raggiunta dai proiettili, e si trova ora nel carcere di Modena. I due tunisini abitavano insieme a Modena, in via Nonantolana. Da tempo erano nel mirino degli inquirenti per spaccio di droga e proprio ieri mattina i carabinieri in borghese avevano pianificato l’intervento per bloccarli con la sostanza stupefacente.

Già ieri il pm titolare dell’inchiesta ha ascoltato il maresciallo che il tunisino ha cercato di travolgere sfuggendo all’alt dei carabinieri. Il militare è riuscito a scansarsi e a cadere nel fosso adiacente alla strada. Proprio in quei frangenti avrebbe esploso i colpi insieme al collega.

Reggio Calabria: detenuto tenta suicidio, salvato da un agente

 

Adnkronos, 4 aprile 2010

 

Ha provato a farla finita tentando di impiccarsi con dei lacci alla grata della finestra della sua cella. È quanto accaduto nel carcere di Reggio Calabria, dove un cittadino italiano di 25 anni, accusato di vari reati, tra cui quello di pedofilia, è stato salvato grazie all’intervento di una guardia penitenziaria.

Una tragedia evitata solo grazie alla prontezza dell’agente, Franco Denisi, segretario locale del Sappe, che alle 7 del mattino, durante il consueto giro di ispezione, ha notato la cella del ragazzo vuota; appena in tempo per rendersi conto dallo spioncino del bagno di quello che stava accadendo. Entrato nella stanza la guardia ha preso sulle spalle il detenuto, sollevandolo e tenendolo sospeso il tempo necessario per permettere agli altri agenti di raggiungerlo e prestare i primi soccorsi, un massaggio cardiaco che ha permesso di salvargli la vita.

"L’istituto ha una capienza di 175 posti ma il carcere, che ospita oggi 380 detenuti, si trova in sotto organico di 60 unità - spiega il segretario nazionale del Sappe, Donato Capece - Nonostante il sindacato abbia più volte chiesto al Dipartimento di recuperare organico per far fronte alle esigenze, ma sino ad ora non ha avuto risposta".

"Alla luce di questo - prosegue - chiederemo al personale di fare una auto consegna e il rifiuto della mensa ordinaria di servizio a cominciare da martedì, fino a quando l’amministrazione centrale, il dipartimento e il provveditorato del personale non si attiveranno per risolvere la grave carenza organica del carcere. Un plauso all’agente che è stato fin tropo attento, nonostante i gravi problemi legati al sovraffollamento. Proporremo alla Commissione premi e ricompense un riconoscimento speciale a quest’agente".

Lanciano (Ch): aggrediti da due detenuti, 3 agenti in ospedale

 

Agi, 4 aprile 2010

 

È di 3 agenti feriti il bilancio dell’ennesima aggressione avvenuta questa mattina nel carcere di Lanciano (Chieti). Vittime 2 assistenti ed un ispettore, che sono stati colpiti da 2 fratelli campani, entrambi detenuti nel penitenziario frentano. Secondo la ricostruzione, uno dei 2 ha improvvisamente colpito alla testa un agente con una stampella che utilizzava per i postumi di un intervento chirurgico. Per sedare la lite è intervenuto un secondo agente, a sua volta sbattuto contro un termosifone. In quel momento nei pressi del luogo dell’aggressione stava passando un ispettore, che ha cercato di fermare il primo detenuto che continuava a picchiare gli agenti con la stampella. A quel punto è intervenuto il fratello del detenuto, che per bloccarlo gli ha tirato addosso uno sgabello.

Il primo agente aggredito è stato trasportato all’ospedale di Lanciano, dove ha avuto 6 punti di sutura alla testa. "Le organizzazioni sindacali - denunciano i sindacati di categoria degli agenti di polizia penitenziaria - da tempo lamentano le precarie condizioni in cui è costretto ad operare il personale di polizia penitenziaria di Lanciano, che conta una dotazione di 154 agenti, mentre ne occorrerebbero almeno 174 per garantire il livello minimo di sicurezza e addirittura 230 per il massimo, considerato che in questo carcere ci sono detenuti reclusi per reati di associazione mafiosa". Gli agenti sono in stato di agitazione dal 28 settembre scorso. Hanno avuto incontri con il sindaco, il presidente della Provincia, il prefetto di Chieti e sono andati anche al ministero della Giustizia per chiedere nuovo personale.

Messina: all’Opg di Barcellona, un internato ferisce 4 persone

 

Apcom, 4 aprile 2010

 

Nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, un internato questa mattina ha aggredito e ferito due infermieri, un medico, colpito da un televisore scagliato dall’uomo, ed un ispettore. Lo riferisce il segretario generale della Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno.

L’internato, 30enne, di origine nordafricana "ha violentemente aggredito due infermieri, un medico e un Ispettore di polizia penitenziaria causando loro ferite e contusioni", riferisce Sarno, sottolineando: "Sono di un certo rilievo le ferite riportate da un infermiere, colpito alla testa dal televisore scagliatogli contro dall’internato, e del medico, per il quale si sospetta la frattura ad un braccio".

Il segretario generale della Uil Pa penitenziari, ricostruisce così l’accaduto: chiamato dallo staff sanitario per la somministrazione della terapia, l’internato ha dichiarato di rifiutarla perché pretendeva di essere espulso dall’Italia.

Quando i sanitari gli hanno detto che non erano competenti al riguardo, il 30enne è andato in escandescenze e ha cominciato a inveire contro i presenti, ha divelto le suppellettili, lanciato oggetti, qualunque cosa gli capitasse vicino e ha aggredito a pugni e calci i due infermieri e il medico di turno. "L’immediato intervento della polizia penitenziaria ha scongiurato il peggio, benché un ispettore abbia riportato traumi contusivi e ferite da morso", spiega Sarno, ricorda di aver fatto visita all’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, dove ha partecipato ad una tavola rotonda sul futuro della struttura.

Sarno ribadisce infatti la mancanza di organico: "Anche stamani nel reparto dove è accaduto lo spiacevole episodio, con decine e decine di internati, era preposta una sola unità di polizia penitenziaria. La struttura è molto più che adeguata, anzi direi sottoutilizzata rispetto alle potenzialità". L’Opg di Barcellona - sottolinea Sarno - oggi ospita ben 340 internati pur avendo alcune sezioni chiuse e "questo altissimo numero di internati mal si concilia con gli spazi disponibili ma soprattutto rischia di essere ingestibile con le sole 130 unità di polizia penitenziari attualmente in servizio, che sono costrette a subire carichi di lavoro incredibili e la contrizione dei diritti elementari: basti pensare che il personale deve ancora godere del 50% delle ferie 2008 e dell’80% delle ferie 2009".

Trieste: è stato scarcerato il detenuto affetto da sclerosi multipla

 

Il Piccolo, 4 aprile 2010

 

È stato liberato dal carcere del Coroneo ed è già rientrato nella sua abitazione di Portorose, il giovane affetto da sclerosi multipla arrestato un mese fa nel corso di un’operazione antidroga. La perizia medico-legale affidata dal Tribunale del riesame al dottor Raffaele Barisani, ha evidenziato la totale incompatibilità della malattia del giovane con la detenzione in carcere. Anche se le cure fossero continuate nel modo più efficace, il suo stato fisico già compromesso avrebbe risentito della permanenza in cella. Il ragazzo soffre di una lesione al nervo ottico ed è costretto ogni 10-15 minuti a recarsi in bagno.

Il Tribunale dal riesame presieduto dal giudice Enzo Truncellito, gli ha concesso la libertà, come peraltro aveva chiesto ripetutamente in questo mese il difensore, l’avvocato Sergio Mameli. Aveva presentato istanze al gip e alla Procura che avevano detto "si" alla visita medico legale. L’accertamento è stato però effettuato solo quando il Tribunale del riesame lo ha ribadito. La vicenda aveva impietosamente portato in superficie anche l’esiguità dei mezzi finanziari concessi dal Ministero all’Amministrazione penitenziaria.

L’acquisto del "Copexone", il farmaco usato dal giovane detenuto per rallentare la progressione della sclerosi multipla, avrebbe costretto l’amministrazione del carcere del Coroneo ad "andare in rosso" Nei trenta giorni in cui è rimasto in cella, il detenuto è stato curato con una confezione di "Copexone" che la madre aveva fatto pervenire all’infermeria. Ogni scatola con 28 fiale, costa poco meno di 1600 euro.

Mantova: presidente Provincia; il carcere non è da paese civile

 

La Gazzetta di Mantova, 4 aprile 2010

 

"Situazione desolante, il nostro non è un paese civile. Se una nazione si misura dallo stato delle carceri, allora il nostro non è un paese civile". Parole di denuncia quelle del presidente della Provincia, Maurizio Fontanili. Ieri ha visitato la Casa Circondariale di Mantova dove per gli auguri di Pasqua: c’erano anche il vicepresidente Claudio Camocardi, l’assessore Fausto Banzi e il consigliere Anselmo Formizzi.

"Un ente pubblico ha l’obbligo di vigilare anche su ambiti che non sono di sua diretta competenza - ha proseguito il presidente - ed è per questo che, a distanza di tre, quattro mesi dall’ultima visita, abbiamo voluto verificare di persona lo stato del carcere". Nel frattempo la situazione non è cambiata: sovraffollamento (di carcerati), mancanza di personale e di fondi, anche solo per sostituire le lavatrici. È stato lo stesso direttore Enrico Baraniello a guidare la delegazione, lamentando le ben note carenze della struttura. La popolazione carceraria è circa tre volte superiore alla capienza massima.

Duecentoventi i reclusi, di cui solo 76 condannati in via definitiva, 94 i maschi di nazionalità italiana e 113 quelli stranieri, 13 le donne di cui quattro italiane e nove extracomunitarie. Novantuno i tossicodipendenti. "Purtroppo - spiega Banzi - a questa come a molte altre carceri italiane manca il minimo indispensabile. Credo che lo stato dovrebbe trattare il settore carcerario al pari di quello delle infrastrutture, investire denaro pubblico in situazioni di assoluto bisogno, rilanciando l’occupazione". "Perché non si termina il carcere di Revere?" ha chiesto Fontanili prima di congedarsi, riportando l’attenzione su una questione vecchia di anni che ormai rischia di restare dimenticata.

Reggio Emilia: "Senza confini", insegnare mestiere ai detenuti

 

La Gazzetta di Reggio, 4 aprile 2010

 

Aiutare i detenuti a costruirsi un futuro. È la missione degli 11 volontari di "Senza confini", l’associazione che dal 1997 tiene corsi di formazione professionale all’interno della Pulce. "Insegniamo ai detenuti un mestiere per costruirsi una vita nuova", spiega Carlo Cavazzoli, 85enne ingegnere e coordinatore dei volontari. All’interno del carcere, i detenuti possono scegliere se seguire un corso per diventare elettricisti o restauratori di mobili, se imparare il mestiere di collaudatore meccanico o prepararsi all’esame per la patente europea del computer. Un corso speciale dedicato a chi vuole conoscere gli strumenti necessari per il lavoro autonomo.

I primi due corsi sono realizzati in convenzione con il Comune, gli altri con il patrocinio della fondazione Pietro Manodori. Ogni anno sono in media 65 detenuti a scegliere le attività di "Senza confini". A Reggio, la formazione in carcere è una realtà ormai consolidata che continua a maturare buoni frutti. Lo dimostrano le storie dei detenuti che sono riusciti a cominciare una nuova vita. "Ricordo sempre con grande soddisfazione - racconta Cavazzoli - la storia di un detenuto che dopo aver seguito il nostro corso di disegno meccanico ha lavorato in un’azienda della città, grazie alla possibilità del lavoro esterno prevista dalla legge. Quando ha finito di scontare la pena, la ditta lo ha assunto immediatamente. È tornato per ringraziarci e ci ha portato in regalo una cassetta di attrezzi".

Le lezioni, articolate in due incontri settimanali di due ore ciascuno, sono anche l’occasione per instaurare un rapporto umano e amichevole con i detenuti. Cavazzoli, inoltre, è autorizzato ad accompagnarli fuori dal carcere durante i permessi premio. "Trascorro molte ore insieme a loro. Provo a stimolarli e a convincerli di una cosa: se è vero che ora sono quello che hanno fatto allora domani saranno quel che faranno. Cerco di fare emergere un senso di responsabilità, gli spiego che, se ce la mettono tutta, potranno ancora trovare spazio per la loro inclusione sociale". Da molti anni i volontari di "Senza confini" entrano in contatto con i problemi e i disagi del carcere, primo fra tutti il sovraffollamento.

Napoli: Pannella e Bernardini in visita al carcere di Poggioreale

 

Apcom, 4 aprile 2010

 

Una delegazione dei Radicali composta da Marco Pannella, dalla deputata e membro della Commissione giustizia alla Camera Rita Bernardini e Matteo Angioli del Comitato nazionale, è in visita nel carcere napoletano di Poggioreale. Ieri si era registrato l’ennesimo suicidio di un detenuto: il 50enne Romano Iaria si era impiccato nella sezione adibita a "Casa di Lavoro" del carcere di Sulmona (L’Aquila).

Modena: Sappe; scoperto giro di toto-scommesse tra i detenuti

 

Ansa, 4 aprile 2010

 

Attività illecite dei detenuti, come la gestione di scommesse sulle partite di calcio e il possesso di un telefono cellulare, sono state riscontrate negli ultimi giorni dagli agenti della polizia penitenziaria nel carcere Sant’Anna di Modena. Lo rende noto Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria.

"Attraverso la raccolta e l’analisi di alcuni dati, spesso in codice - precisa - è stato possibile scoprire che dei detenuti, comunicando tra loro anche da reparti detentivi diversi, organizzavano scommesse che avrebbero potuto determinare il predominio di alcuni reclusi sugli altri. Attività, questa, vietata dal regolamento interno. In particolare, un detenuto, al quale in passato era stato tolto il lavoro per precedenti attività illecite nell’istituto, raccoglieva le scommesse sulle partite di calcio, facendo da punto di riferimento, e, successivamente, gestiva le vincite e le perdite degli altri reclusi. La polizia penitenziaria sta ora cercando di capire se c’erano dei pagamenti successivi e in che modo avvenivano, tenuto conto che i reclusi non dispongono direttamente di soldi all’interno del carcere".

L’altro episodio segnalato da Durante riguarda il ritrovamento di un telefono cellulare, sotto il lavabo di una cella, dove era attaccato con il nastro adesivo. "Tale episodio - precisa - era stato preceduto dal ritrovamento, al di fuori del reparto detentivo, di una scheda sim. Sono in corso accertamenti, per verificare se il telefono cellulare e la scheda sim abbiano una connessione tra loro, se siano stati usati e per quali fini. Questi episodi - conclude il segretario generale aggiunto del Sappe - dimostrano come sia sempre più importante il lavoro di intelligence della polizia penitenziaria; lavoro che deve essere strutturato sul territorio, anche al fine di raccogliere elementi utili per la lotta alla criminalità organizzata. Sarebbe opportuno che il Nucleo Investigativo Centrale avesse una propria ramificazione anche sul territorio, attraverso la creazione dei Nuclei Investigativi regionali e locali".

Libri: "Non esistono ragazzi cattivi…", di don Claudio Burgio

 

Il Velino, 4 aprile 2010

 

"Più vado avanti, più mi convinco di una cosa: non esistono ragazzi cattivi". Così don Claudio Burgio, autore del libro "Non esistono ragazzi cattivi", (Paoline) che verrà presentato a Roma giovedì 8 aprile alle 18 alla libreria Feltrinelli (via Orlando 78/81).

Burgio è fondatore e presidente dell’associazione Kayròs e cappellano del carcere minorile Cesare Beccaria di Milano, a fianco di don Gino Rigoldi. Insieme all’autore interverrà anche padre Gaetano Greco, cappellano del carcere minorile romano di Casal Del Marmo. A moderare l’incontro la giornalista del Tg 2 Daniela De Robert, presidente del Vic, volontari in carcere della Caritas diocesana di Roma.

All’incontro saranno presenti anche alcuni ragazzi della comunità Kayròs di don Burgio. Nel volume l’autore sottolinea come "sono la paura e la diffidenza a segnare la vicenda di molti adolescenti: paura di non essere accolti per come sono, paura di non valere agli occhi degli altri, di rimanere invisibili, paura di essere misconosciuti e traditi da un mondo adulto sempre più assente e insicuro, più incline a escludere che a includere". Un’esperienza maturata anche attraverso l’associazione milanese Kayròs, che opera nel campo del disagio minorile e della promozione delle risorse giovanili dal 1996, e diventata onlus il 28 settembre 2000, dando vita a varie comunità di accoglienza per minori allontanati dal proprio nucleo familiare, vittime di maltrattamenti e di abuso, minori stranieri non accompagnati e minori e maggiorenni autori di reato a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria anche provenienti dal carcere minorile. Kayros accoglie anche maggiorenni con o senza prosieguo amministrativo in percorsi di semi-autonomia ed autonomia.

L’associazione ha anche sviluppato ulteriori forme di intervento di prevenzione, soprattutto nell’area dell’orientamento e della formazione professionale. Spiega padre Greco: "Nel carcere i ragazzi vivono un’esperienza molto forte. Nasce così l’esigenza di stabilire un contatto con qualcuno. Hanno bisogno di parlare e io cerco di aiutarli. Ma è un percorso lento. Prima di stabilire un buon dialogo è necessario costruire un rapporto di fiducia. Si rivolgono a me per molte cose". Daniela de Robert sottolinea come l’associazione Vic "cerchi di aiutare i detenuti a superare il trauma del distacco che si vive quando si entra in carcere, ma anche quando si esce, perché quando si aprono le porte del carcere, i detenuti sono disorientati e impauriti dal mondo esterno. Del resto quando si lasciano le impronte digitali si perde anche la propria identità, si sfalda la storia personale e resta la disperazione".

Iraq: 23 condannati per terrorismo fuggono da carcere Mossul

 

Ansa, 4 aprile 2010

 

Ventitre persone condannate per terrorismo sono scappate dalla prigione di Ghazlani, a Mossul. Lo riferiscono fonti di polizia precisando che tra i fuggiaschi ci sono militanti di Al Qaida e altri criminali di ‘alto profilò. I prigionieri sono fuggiti attraverso un foro che avevano scavato nel muro. La fuga è avvenuta di mattina, ma le guardie carcerarie se ne sono accorte soltanto nel pomeriggio. Subito sono stati allertati polizia e militari ai checkpoint della città. Le carceri di Mossul, roccaforte di Al Qaida a 390 chilometri a nord di Baghdad, sono state violate più di una volta. Nel dicembre del 2006, il nipote di Saddam Hussein riuscì a scappare proprio dal carcere di Ghazlani dopo essere stato accusato di aver finanziato l’insurrezione sunnita contro le forze americane. Sempre nel 2006, decine di militanti guidati da Al Qaida fecero irruzione nella prigione di Badush e liberarono 140 carcerati.

Haiti: detenuti Guantanamo raccolgono viveri per terremotati

 

Ansa, 4 aprile 2010

 

Un gruppo di detenuti di Guantanamo, la base americana a Cuba dove sono reclusi presunti terroristi catturati in vari paesi, hanno iniziato una raccolta di viveri chiedendo che vengano consegnati alle Ong che si occupano dell’assistenza a favore dei terremotati di Haiti.

A darne notizia è stata Allison Lefrak, legale dell’ultimo detenuto russo ancora rinchiuso a Guantanamo. Ravil Mingazov è attualmente nella sezione 4, la parte del centro dove si trovano i reclusi più collaborativi. L’avvocato Lefrak ha detto di avere appreso dell’iniziativa una settimana fa parlando al telefono con il suo assistito. "Mi ha fatto presente che parecchia roba da mangiare va sprecata e con altri detenuti ha pensato di farla arrivare ai terremotati di Haiti", ha detto. I detenuti del Campo 4 hanno potuto seguire in Tv le vicende del terremoto che il 12 gennaio ha devastato l’isola. A differenza delle altre, in questa sezione i reclusi sono autorizzati a guardare la televisione. L’avvocato Lefrak ha aggiunto tuttavia che il suo assistito dubita che le autorità di Guantanamo abbiano veramente consegnato alle Ong mobilitate per Haiti il cibo cui lui e i suoi compagni hanno rinunciato.

Dubai: bacio in pubblico; 1 mese di carcere per coppia inglese

 

Associated Press, 4 aprile 2010

 

Una Corte d’appello di Dubai ha confermato la pena detentiva - un mese di reclusione - inflitta a una coppia britannica, colpevole di essersi data un bacio sulle labbra in pubblico nell’Emirato. Lo ha indicato l’avvocato della difesa. "La Corte d’appello ha confermato il verdetto" pronunciato a gennaio dal tribunale di primo grado, ha dichiarato il legale. Secondo lui, la coppia, non sposata, è accusata di aver "commesso un atto sessuale in luogo pubblico baciandosi sulla bocca". Malgrado Dubai, grande destinazione turistica e città cosmopolita degli Emirati Arabi Uniti, sia relativamente tollerante in materia di costumi, i comportamenti ostentatori sono vietati.

Identificati dalla stampa britannica come Ayman Najafi, 24 anni residente a Dubai, e Charlotte Lewis, 25 enne in visita nell’Emirato, i due britannici sono stati arrestati a novembre dopo che una donna del posto li ha accusati di essersi dati un bacio sulle labbra in un ristorante del quartiere di Jumeirah Beach Residence. Sono sotto processo anche per consumo di alcool, un’accusa per cui si sono dichiarati colpevoli pur affermando che il bacio se lo erano scambiati sulla guancia. La coppia era stata condannata in prima istanza, a gennaio, a un mese di carcere a testa e all’espulsione. Ma sono stati entrambi rilasciati su cauzione, con divieto di lasciare gli Emirati arabi uniti visto che i loro passaporti sono stati confiscati, in attesa del giudizio in appello. L’avvocato ha indicato di dover ancora discutere con i suoi clienti un eventuale ricorso in cassazione.

 

 

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