Rassegna stampa 27 aprile

 

Giustizia: Dap; contro i suicidi più spazio a famiglie e volontari 

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

Non saranno ancora le "celle dell’amore" per incontri anche di carattere sessuale, auspicate dal sottosegretario alla Giustizia Elisabetta Casellati, certo è però che i nuovi interventi studiati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap) puntano a favorire l’affettività tra i detenuti e i loro familiari, con il principale obiettivo di prevenire il rischio suicidio in carcere.

Con una Circolare diramata stamani dalla direzione generale detenuti del Dap e firmata da Sebastiano Ardita, a partire da oggi i detenuti comuni (e non quelli in regime di carcere duro 41-bis o in alta sicurezza) potranno far conto su un maggior numero di colloqui telefonici con i propri difensori (fino a oggi numericamente limitati); sulla possibilità di chiamare dal carcere i familiari anche al telefono cellulare (al momento vietato); sull’ampliamento di aree verdi sul modello del "Giardino degli incontri" all’interno del carcere di Firenze-Sollicciano o di strutture ad hoc come quella di Milano-Bollate dove i detenuti possono incontrare mariti, mogli o figli per una mezza giornata o comunque per un periodo più lungo del canonico orario di colloquio in carcere.

Nel giorno in cui a Teramo si registra il 22/esimo suicidio in cella, il Dap tenta dunque di correre ai ripari con "un nuovo modello trattamentale fondato sul mantenimento delle relazioni affettive, la cui mancata coltivazione - è scritto nella circolare - rappresenta la principale causa di disagio individuale e un gran motivo di rischio suicidario".

"Pur nella consapevolezza della gravità dell’attuale situazione degli istituti penitenziari, caratterizzata dal crescente sovraffollamento - è scritto nella circolare del Dap inviata a tutti i direttore delle carceri -, occorre profondere ogni sforzo affinché il processo di costante miglioramento della "normativa" interna, e la conseguente riduzione del disagio della popolazione detenuta, non vengano rinviati ai futuri prossimi risultati della realizzazione del piano carceri".

Si tratta del piano che il capo del Dap, Franco Ionta, dovrà realizzare per costruire nuovi padiglioni e istituti penitenziari per ampliare nei prossimi tre anni la capienza delle carceri di oltre 21mila posti. Nel frattempo, però, i detenuti sono arrivati a superare quota 67.500, contro i circa 43mila posti regolamentari. Quattro le principali misure che il Dap nel frattempo intende adottare per una "umanizzazione della condizione detentiva".

Innanzitutto la creazione di uno staff multidisciplinare che prenda immediatamente in carico i detenuti a maggior rischio suicidio (per lo più persone che non hanno mai messo piede in carcere, tossicodipendenti o con problemi psichiatrici); staff composto anche da volontari ai quali il Dap dà ora maggiore possibilità di accesso in carcere, "almeno fino alle ore 18" e non più solo la mattina.

In secondo luogo, più contatti con la famiglia e gli avvocati difensori. Nei casi di "particolare urgenza o rilevanza", in presenza di figli con meno di dieci anni oppure di trasferimento in altro carcere, il detenuto è autorizzato dal direttore a telefonare al proprio difensore "oltre i limiti numerici previsti dal regolamento".

E ancora: cade il divieto per i "detenuti comuni di media sicurezza" di fare chiamate dirette a telefoni cellulari di propri familiari nel caso in cui non abbia avuto la possibilità di vederli o contattarli per un periodo di almeno 15 giorni. Infine il Dap indica come di "fondamentale importanza" l’adozione di "tutte le misure organizzative possibili per evitare ogni contrazione dl funzionamento del servizio colloqui". In via sperimentale, dunque, saranno ampliati "gli spazi e i momenti di affettività tra i detenuti e i loro congiunti e familiari", e saranno anche coinvolti i magistrati di sorveglianza nell’elaborazione di progetti che "facciano perno sulla valorizzazione dei momenti di affettività per rafforzare percorsi trattamentali".

Giustizia: critiche al Ddl Alfano, dai magistrati di sorveglianza

di Lionello Mancini

 

Il Sole 24 Ore, 27 aprile 2010

 

Il disegno di legge n. 3291, che dovrebbe alleggerire il sovraffollamento carcerario rischia di azionare una manovra "lenta e anche rischiosa". Parola di Francesco Maisto, 64 anni, presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna. Maisto ha contribuito alla preparazione della legge Gozzini, ma non approva questo "rendere ordinaria la clemenza permanente" ed è d’accordo con l’Unione delle Camere penali: questo progetto non va, meglio ripristinare le misure alternative alla detenzione. "Per i tossicodipendenti detenuti - spiega - sarebbe già efficace la modifica della disciplina della recidiva, chiesta anche da Carlo Giovanardi".

L’analisi del testo del Ddl 3291 è stata messa a punto nei giorni scorsi in una riunione dei presidenti dei tribunali di sorveglianza, convocata dalla VI commissione e contribuirà alla formazione del parere del Consiglio superiore della magistratura sulla normativa. Secondo le toghe, la legge è anche pericolosa "perché il suo carattere automatico la fa funzionare di fatto come un indulto, pur non essendo tale". Non sono consentiti accertamenti, "viene negato ogni spazio discrezionale al giudizio e quindi, ogni valutazione sulle possibilità di recidiva".

E cosa succederà per i reati di maltrattamenti e di violenza sessuale in famiglia? "L’assegnazione al domicilio coniugale è obbligatoria, non esiste la previsione di un domicilio diverso da quello della persona offesa, né dal luogo di commissione del reato".

E se, grazie agli automatismi del 3291, un detenuto potrà godere dell’alternativa domiciliare per un anno "anche quando il Tribunale di Sorveglianza abbia rigettato una o più richieste di misure alternative "è evidente l’effetto di delegittimazione che se ne ottiene. È vero che il Ddl introduce la novità di una relazione sulla condotta in carcere, ma, commenta Maisto "un detenuto potrebbe comportarsi bene in cella e non a casa"; né viene precisato il periodo di condotta da prendere in considerazione: "Si tratta, in definitiva, di una relazione ben diversa dall’attuale studio sulla personalità del soggetto, sul suo grado di partecipazione al percorso di rieducazione", nulla che serva a escludere una possibile recidiva.

Il raccordo del testo con le norme dell’Ordinamento penitenziario non esclude, poi, possibili deroghe che sospendano la permanenza in casa: di fatto la selezione dei beneficiari la farà solo l’Amministrazione, senza alcuna valutazione del magistrato. Né mancano i paradossi: "Se una persona libera deve espiare una pena di un anno, non conta nemmeno la condotta: va a casa e basta".

Infine, la legge è lenta. La rapidità dell’azione viene invocata dai garanti dei detenuti e anche sottolineata nella relazione al Ddl, dove si parla di 48 ore. Mai tempi reali saranno ben diversi. Innanzitutto è prevedibile la sospensione di alcuni procedimenti per dubbi di costituzionalità, come già avviene per l’indultino e per l’espulsione ex articolo 16 del Testo unico sull’immigrazione; soprattutto, vanno considerate le gravissime carenze degli uffici che dovrebbero affrontare migliaia di casi entro poche ore, pur soffrendo "di scoperture e insufficienze di organici di magistrati, cancellieri, della polizia penitenziaria, educatori, assistenti sociali".

Giustizia: Camera; prosegue esame Ddl detenzione domiciliare

 

Asca, 27 aprile 2010

 

Oggi e giovedì in Commissione Giustizia prosegue il rapido iter del ddl governativo 3291 contenente norme per l’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori ad un anno e la sospensione del procedimento con la messa in prova. In merito la scorsa settimana il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo ha fornito una relazione tecnica sul numero dei detenuti precisando che la detenzione domiciliare dovrebbe essere applicata a regime a circa 2.000 carcerati. Ha escluso che questa sia una forma di condono mascherato e ha ricordato il piano carceri del governo per realizzare in 18 mesi 11.000 nuovi posti. Nella seduta di domani su questo progetto normativo saranno ascoltati i rappresentanti dell’Anm, del Consiglio Nazionale Forense, dell’Organismo unitario dell’Avvocatura e dell’Unione Camere Penali.

Giustizia: Camera; conferenza Radicali sull’emergenza carcere

 

Adnkronos, 27 aprile 2010

 

"La giustizia impiccata: iniziative nonviolente in corso e da intraprendere" è il tema della conferenza organizzata dai Radicali italiani e che si svolgerà domani alle 10,30 nella Sala del Mappamondo alla Camera dei Deputati. Durante l’incontro verrà fatto il punto sullo sciopero della fame che la deputata radicale Rita Bernardini sta portando avanti da 13 giorni, insieme a Valter Vecellio, Donatella Corleo, Donatella Trevisan, Lucio Bertè, Claudio Scaldaferri, Michele Capano e Yasmine Ravaglia.

Un’iniziativa nonviolenta che i Radicali, si legge in una nota, hanno deciso di intraprendere davanti all’aggravarsi quotidiano dell’emergenza carcere, e della strage che proprio oggi fa registrare il 22esimo suicidio dall’inizio dell’anno, con l’obiettivo di seguire i tempi di discussione del ddl Alfano su messa alla prova ed esecuzione presso il domicilio delle pene detentive brevi. Alla conferenza prenderanno parte Rita Bernardini, deputata radicale eletta nel Pd, membro della Commissione Giustizia, Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani, Luigi Manconi, Presidente di "A Buon Diritto" e membro della Direzione di Radicali Italiani, Irene Testa, segretaria dell’Associazione "Il Detenuto Ignoto", Giulio Petrilli, responsabile del dipartimento diritti e garanzie del Pd della provincia dell’Aquila.

Giustizia: Cassazione; gravi reati, espulsione solo dopo carcere

 

Il Sole 24 Ore, 27 aprile 2010

 

In caso di reati gravi l’espulsione scatta solo quando è stata scontata la condanna sul territorio nazionale. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 16242 di ieri, con la quale la suprema corte ha respinto la richiesta di un extracomunitario di essere rimandato nel suo paese. Il ricorrente era stato condannato in Italia per spaccio di sostanze stupefacenti e per lui era scattata l’aggravante prevista dall’articolo 80 del testo unico (Dpr 309/90), una circostanza che blocca la possibilità di espulsione.

Né è servito al sudamericano giocarsi la carta della necessità di ricongiungersi con la famiglia per occuparsi dei figli. Gli ermellini escludono la violazione del diritto all’unità familiare o al diritto all’educazione dei figli, in considerazione della libera scelta dell’imputato di lasciare il suo paese e di delinquere. Infine, il collegio di piazza Cavour sottolinea che "l’espulsione è una rinuncia dello Stato a far scontare la pena, non è una misura alternativa, non ha alcuna funzione rieducativa, per cui in presenza di un grave elemento di pericolosità sussiste il diritto dello Stato a rifiutare l’espulsione ". Che viene comunque messa in atto al termine del periodo di carcerazione stabilito dalla sentenza.

Abruzzo: nelle carceri della regione un morto al mese di media

 

Redattore Sociale, 27 aprile 2010

 

Da gennaio ad aprile 3 detenuti si sono tolti la vita e 1 è deceduto per overdose. Ma va ricordato anche Uzoma Emeka, morto a dicembre scorso per un cancro al cervello non diagnosticato e testimone chiave dei pestaggi nel carcere di Teramo.

Una media di un morto al mese. Questo il triste conteggio nelle carceri abruzzesi dove dal gennaio ad aprile 2010 tre persone si sono tolte la vita e un’altra è morta per overdose. L’ultimo episodio è avvenuto nel carcere di Teramo, dove stamani gli agenti di polizia penitenziaria hanno trovato il corpo senza vita di un uomo impiccatosi nella sua cella con le stringhe delle scarpe. Si chiamava Gianluca Protino, 34 anni, recluso dall’ottobre scorso nel reparto di alta sicurezza.

Prima di lui altri due casi di suicidio sono avvenuti entrambi nel carcere di Sulmona, struttura che ospita il 41 bis, una casa lavoro con un numero di reclusi all’incirca il doppio di quelli che può accogliere e con una elevata percentuale malati psichici. La mattina di venerdì santo, Romano Iaria, 54 anni, era uscito di prigione per trascorrere le festività pasquali con la sua famiglia, lo stesso giorno però, in serata, era stato costretto, non si sa ancora perché, a ritornare in cella, dove si è tolto la vita impiccandosi alle sbarre. Lo stesso è accaduto a Amato Tammaro, 28 anni, di Villa Literno, in provincia di Caserta, che il giorno della befana si è tolto la vita impiccandosi con le lenzuola alla grata del bagno. A circa dieci giorni dal fatto altri due tentativi di suicidio vennero però dagli agenti della polizia penitenziaria.

Alla triste conta dei suicidi avvenuti nei due carceri abruzzesi va aggiunto però il decesso di Domenico Cardarelli, 39 anni di Roma, detenuto nella casa lavoro del carcere di Sulmona, rientrato dalle festività di pasqua e trovato morto nella sua cella, la notte di giovedì 8 aprile, a causa, secondo l’autopsia, di un edema polmonare provocato dall’assunzione di droga. Infine un’attenzione particolare merita la vicenda di Uzoma Emeka, nigeriano rinchiuso nel carcere di Teramo, deceduto nel dicembre scorso a causa di un tumore al cervello mai diagnosticato.

L’uomo era il testimone chiave della vicenda dei pestaggi all’interno del carcere che aveva scandalizzato l’opinione pubblica tanto che il ministro Alfano mandò gli ispettori a controllare la struttura e sospese il comandante degli agenti di polizia penitenziaria. La storia era venuta alla luce grazie ad una registrazione del novembre scorso in cui si sentiva la voce di alcuni agenti, tra i quali anche quella del comandante Giuseppe Luzi, che parlavano di pestaggi a danni di detenuti da farsi in luoghi precisi e lontani da occhi indiscreti. Ora però a circa cinque mesi dall’indagine, il sostituto procuratore David Mancini, ne ha chiesto l’archiviazione per mancanza di testimoni, denunciato un’omertà carceraria che, di fatto, avrebbe impedito di raccogliere prove indispensabili per arrivare al processo.

Emilia Romagna: il Provveditore contro l'ampliamento carceri

 

Dire, 27 aprile 2010

 

Il ministero della Sanità vuole che ogni detenuto abbia a disposizione uno spazio di sette metri quadrati. Al carcere della Dozza, invece, in 11.50 metri quadrati, bagno compreso, convivono tre persone. Tuttavia, il provveditore regionale alle carceri Nello Cesari ha chiesto al capo del dipartimento penitenziario di non costruire nuovi padiglioni a Bologna e neanche a Parma. Lo ha spiegato questa mattina ai microfoni di Radio città del capo.

Per il momento queste due città possono resistere, è il suo ragionamento, dettato dalla necessità di risparmiare alla luce dei tagli necessari per il piano carceri 2010, che a breve dovrebbe essere approvato dal Governo. "A Bologna c’è già una struttura abbastanza grossa, che si fa carico delle deficienze degli altri strutture vicine". Stesso discorso vale per Parma. "Cercherò di far presente al capo del dipartimento che, nel redigere il nuovo piano carceri, venga meno Bologna e Parma". Le altre città in cui è previsto un allargamento sono, invece, Forlì, Rimini, Piacenza, Modena e Reggio Emilia.

Secondo Cesari, il problema del sovraffollamento della Dozza è causato proprio dal fatto che sotto le Due Torri convergono i detenuti in eccesso dagli altri istituti della regione: quando questi saranno più grandi, la situazione si risolverà spontaneamente, sostiene Cesari. Nel frattempo, però, "i diritti ai detenuti vengono garantiti nel limite del possibile". Cesari spiega: "Certo non possiamo dare i parametri previsti dal ministero della Sanità, ovvero 7,50 metri a testa, fisicamente ci vorranno anni prima di arrivarci". A Bologna le celle sono da 9.50 metri, che con i servizi arrivano a 11.50: qui, spiega Cesari, "ne mettiamo tre".

Insomma, il sovraffollamento drammatico della Dozza (quasi 1.200 detenuti contro una capienza regolamentare di 430) è destinato a rimanere tale almeno per "due o tre anni". È questo, secondo Cesari, il tempo necessario ad avere a disposizione nuovi spazi. Il provveditore invita però a non fossilizzarsi sulla capienza fissata in regolamentare in 430. "Gran parte dei detenuti vogliono stare in compagnia: dunque, anche se la capienza regolamentare è 430 posti, alla Dozza ci possono essere tranquillamente 650-700 persone. Così lasciamo la possibilità a chi vuole stare solo piuttosto che in compagnia. Questo è l’obiettivo che vogliamo raggiungere non prima di due o tre anni", conclude Cesari.

La garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, Desi Bruno, da sempre contraria alla costruzione di nuove carceri, si è detta soddisfatta della scelta di Cesari, scrive il sito di Radio città del capo. Secondo Bruno, infatti, non è allargando le carceri che si può risolvere il problema del sovraffollamento.

Teramo: detenuto 34enne suicida, 20esimo caso da inizio anno

 

Il Velino, 27 aprile 2010

 

Nel carcere di Teramo questa mattina si è ucciso Gianluca Protino, 34enne originario di San Nicandro Garganico (Fg) e detenuto nella Sezione di Alta Sicurezza dell’istituto peligno. Ne dà notizia l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere che in una nota spiega: Protino era in carcere dal gennaio 2009, quando fu arrestato dai Carabinieri poiché trovato in possesso di 100 grammi di cocaina. Inizialmente assegnato al carcere di Lucera (Fg) era poi stato trasferito all’Alta Sicurezza di Teramo in seguito al suo coinvolgimento in un’inchiesta sulla criminalità organizzata (l’operazione "Remake") che portò all’arresto del "boss" Gennaro Giovanditto e di altre 14 persone, tutte ritenute responsabili di traffico di stupefacenti. Dall’inizio dell’anno salgono così a 17 i detenuti che si sono impiccati nelle carceri italiane, mentre altri tre si sono sicuramente suicidati utilizzando il gas del fornello da camping in uso ai detenuti.

In ulteriori tre casi, prosegue la nota, non è possibile attribuire con certezza la morte ad un’intenzione suicida (probabilmente l’intenzione era di "sballarsi" inalando del gas e la morte è stata accidentale). Nel carcere di Teramo, che ha una capienza di 231 detenuti, oggi ce ne sono circa 400, il 25% dei quali stranieri. Negli ultimi cinque anni vi sono morti otto detenuti, di cui cinque per suicidio. Ma il caso che ha suscitato maggiore scalpore è stato quello di Uzoma Emeka, 32enne nigeriano morto lo scorso 17 dicembre a causa di un tumore al cervello che nessuno gli aveva diagnosticato.

L’uomo era stato testimone di un (presunto) pestaggio e indicato come "il negro che ha visto tutto" in una registrazione audio, effettuata con ogni probabilità da un agente e poi diffusa all’esterno. Sulla vicenda è stata aperta un’inchiesta, che per ora ha portato al rinvio a giudizio di un detenuto (la presunta vittima del pestaggio) con l’accusa di avere aggredito gli agenti.

 

Comunicato Sappe

 

"Il mondo delle Istituzioni e della politica non possono rimanere insensibili all’ennesimo suicidio di un detenuto in carcere, il 22° dall’inizio dell’anno. Un italiano tossicodipendente di 38 anni, con posizione giuridica "giudicabile" e detenuto con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, si è infatti tolto la vita nel carcere di Teramo. Per quello che ci è dato sapere, ha lasciato due lettere (una alla convivente e l’altra alla famiglia) nelle quali avrebbe spiegato le ragioni dell’insano gesto.

La triste, drammatica e periodica regolarità con cui avvengono questi suicidi in carcere impongono una ferma presa di coscienza. C’è bisogno di quella larga convergenza parlamentare che fece approvare quell’indulto del 2006, esperienza fallimentare che fece uscire di galera più di 35mila persone senza però prevedere un contestualmente ripensamento della politica della pena. Auspichiamo dunque che si dia seguito con celerità alle parole dette il 16 aprile scorso dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per affrontare e risolvere il sovraffollamento delle carceri e i tragici casi di suicidio nei penitenziari, e cioè varare un decreto legge che preveda che coloro ai quali manca solo un anno di detenzione vengano consegnati alla detenzione domiciliare. Potrebbe essere un primo importante passo".

È quanto dichiara Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di Categoria, alla notizie dell’ennesimo suicidio in carcere.

"A Teramo sono detenuti più di 380 detenuti per 230 posti letto regolamentari e mancano più di 15 unità di Polizia penitenziaria in organico. Ed oggi abbiamo, come è noto, più di 67mila detenuti in strutture carcerarie con una capienza regolamentare di poco superiore ai 43mila posti letto. Tutto questo va a tutto discapito della dignità umana dei reclusi, che deve essere comunque garantita, ma soprattutto delle difficoltà operative e lavorative delle donne e degli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria, sotto organico di oltre 6mila unità. Già il Piano carceri del Governo prevede di introdurre la possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità. Altrettanto importante è che il Governo acceleri le procedure per assumere i 2mila Agenti di Polizia Penitenziaria, previsti nel Piano carceri. Ma se davvero si vuole risolvere l’emergenza penitenziaria con l’auspicabile contributo di tutte le forze politiche parlamentari bisogna "darsi una mossa": senza se e senza ma".

Genova: Uil; a Marassi 802 detenuti per 456 posti, è un record

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

Nel carcere di Marassi a Genova ieri si è raggiunto il record di sovraffollamento, con 802 detenuti contro i 456 previsti.

Lo afferma il segretario ligure Uil Penitenziari Fabio Pagani in una nota, in cui evidenzia le ricadute sul contingente della Polizia Penitenziaria, che conta 278 unità in servizio, contro le 472 previste dal Decreto Fassino del 2001. Agenti che si vedono costretti a subire "turni e carichi di lavoro massacranti", in condizioni psico-fisiche difficili.

Sovraffollamento che pone anche il tema "dell’imbarbarimento della detenzione connotandola con tratti di disumanità inconcepibile, che offendono la storia di un Paese civile come l’Italia, e incide negativamente sulla sicurezza interna che non può essere garantita dall’esiguo contingente di polizia penitenziaria in servizio".

Per questo motivo l’esponente sindacale chiede che il Dap disponga il rientro a Marassi delle unità distaccate in altre sedi (55 nei palazzi romani per attività complementari), che costituirebbero una boccata d’ossigeno e rivolge un appello al Ministro Alfano perché dia disposizione al Dap di attenzionare in via urgente il problema Marassi, e più in generale i gravi problemi del sistema carcere ligure. In caso di ulteriori mancate risposte, aggiunge, la mobilitazione sarebbe un percorso inevitabile.

Genova: Sappe; a Marassi affollamento, ma non 800 detenuti

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

"Nel carcere genovese di Marassi la situazione è certamente allarmante, anche se non è vero che è stata superata la soglia degli ottocento detenuti presenti come invece qualcuno evidentemente poco informato sostiene. I detenuti oggi ristretti a Marassi sono infatti poco più di 785 a fronte di 456 posti letto regolamentari. Quella nel carcere della Valbisagno genovese è certamente un’emergenza che non ha però bisogno di cifre alterate per essere messa in evidenza. Il sovraffollamento è causa ed effetto di molti problemi ma costringe principalmente a stressanti e gravose condizioni di lavoro l’encomiabile personale di Polizia penitenziaria, che a Marassi conta ben 152 agenti in organico, come dimostrano i periodici atti di autolesionismo posti in essere a Marassi dai detenuti, i casi di danneggiamento di beni dell’Amministrazione da parte di alcuni ristretti particolarmente aggressivi e soprattutto le gravi ed inaccettabili aggressioni al Personale di Polizia Penitenziaria in servizio a Marassi".

È quanto dichiara Roberto Martinelli, segretario generale aggiunto e commissario straordinario per la Liguria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa Organizzazione dei Baschi Azzurri, circa i numeri sui detenuti presenti a Marassi.

"Credo che per risolvere i problemi del sovraffollamento penitenziario si dovrebbero costruire nuove carceri. A Genova, ad esempio, si potrebbe pensare di realizzare un nuovo carcere a Forte dei Ratti o meglio ancora una vera e propria cittadella penitenziaria, in cui prevedere anche la realizzazione di un carcere minorile che oggi a Genova non c’è. Ma penso anche che si debba arrivare a definire, come sostiene da tempo il Sappe, circuiti penitenziari differenziati in relazione alla gravità dei reati commessi, con particolare riferimento al bisogno di destinare, a soggetti di scarsa pericolosità o che necessitano di un percorso carcerario differenziato (come i detenuti tossicodipendenti), specifici circuiti di custodia attenuata anche potenziando il ricorso alle misure alternative alla detenzione per la punibilità dei fatti che non manifestano pericolosità sociale. È allora necessario accelerare sull’entrata in vigore del Piano carceri del Governo, specie nelle parti in cui si prevedono interventi normativi che permettano l’assunzione di 2mila Agenti di Polizia Penitenziaria e l’introduzione della possibilità di detenzione domiciliare per chi deve scontare solo un anno di pena residua e di messa alla prova delle persone imputabili per reati fino a tre anni, che potranno così svolgere lavori di pubblica utilità".

Padova: al Circondariale 11 detenuti nelle celle costruite per 4

 

Il Mattino di Padova, 27 aprile 2010

 

Ci risiamo. Il carcere circondariale di Padova, dove sono reclusi i detenuti in attesa di giudizio e comunque i non definitivi, ha raggiunto in questi giorni l’impressionante cifra di 252 presenze, di fronte ad una capacità ricettiva che per essere ottimale non dovrebbe superare i 90 ospiti. Diciamo che la tolleranza massima in surplus è di 130-140 posti. Ma qui siamo al carro bestiame, o poco ci manca.

In alcune celle costruite per ospitare quattro detenuti, negli ultimi tempi ne sono stipati addirittura 11, molti dei quali costretti a dormire coi materassi per terra. Basta questo per capire in quali condizioni igienico sanitarie si trovino i reclusi del Circondariale, in stragrande maggioranza extracomunitari, nordafricani e nigeriani in particolare. Nonostante la doccia "sanitaria" obbligatoria al momento dell’accoglimento e le dovute visite mediche di certificazione, l’eccessiva promiscuità non esclude l’eventualità di qualche contagio. Anche perché alcuni detenuti arrestati entrano in condizioni realmente precarie. Ma il super-affollamento favorisce anche litigi e discussioni a non finire. E non mancano aggressioni vere e proprie con ferimenti.

Padova: Provincia istituisce figura Garante diritti dei detenuti

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

Il Consiglio provinciale ha accolto all’unanimità la richiesta avanzata dall’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che ha proposto di istituire la figura del Garante dei detenuti, come sta accadendo in molte amministrazioni regionali, provinciali e comunali d’Italia. L’ipotesi è stata esaminata in più passaggi dalla seconda Commissione provinciale, che ha proposto, anche per evitare di duplicare attività e moltiplicare spese, di attribuire al difensore civico neo eletto Gianfranco Parolin questa nuova funzione.

Modena: carceri in tilt, volontariato propone pene alternative

 

www.viaemilianet.it, 27 aprile 2010

 

Sovraffollamento dei penitenziari e attese chilometriche per il giudizio. L’associazione per il volontariato di Modena vara un’iniziativa per sensibilizzare sul tema della pena alternativa: metodi costruttivi per riabilitare i detenuti.

Istituti di detenzione strapieni, in Italia e anche a Modena: tanti in attesa di giudizio, troppi in una singola cella. Anche tre in nove metri quadrati. Inutili, perché costretti a non far nulla. I problemi dei detenuti sono al centro della campagna dell’Associazione per il volontariato di Modena, dal titolo eloquente: Non solo carcere. Per sensibilizzare i cittadini e proporre sistemi correttivi diversi.

Paola Cigarini, referente conferenza regionale volontariato giustizia, spiega che: "se una volta la percentuale di detenuti in carcere e di fruitori di sistemi alternativi era attorno al 50 e 50, oggi siamo a 67mila detenuti e appena 20mila alternativi. Una situazione insostenibile". Vedere, per credere, il carcere di Sant’Anna, giunto a oltre due volte la capienza ideale. A fronte di un numero previsto di 202 detenuti, e di una soglia di tolleranza di 404, ci sono oggi 514 detenuti, che possono aumentare improvvisamente in caso di una retata.

Ma il problema non finisce qui. Situazione analoga nei centri detentivi di Saliceta San Giuliano e Castelfranco. Il 6 maggio a Palazzo d’Accursio in centro a Bologna il primo incontro, dal titolo "La Pena Utile". Già in distribuzione il giornalino informativo "Non solo carcere", con prefazione di Alessandro Bergonzoni. Che parla di "Far Rinascere", attraverso la partecipazione sociale e il lavoro: l’unica soluzione contro l’inutile "Sradicare e basta".

Benevento: Boffa (Pd); velocizzare visite mediche per i detenuti

 

Il Quaderno, 27 aprile 2010

 

Il deputato del Pd Costantino Boffa si è recato presso la casa circondariale di Benevento per prendere parte ad un incontro, da egli stesso promosso e annunciato alla stampa due settimane fa, con i vertici dello stesso carcere, dell’Asl Bn1 e del civico ospedale Rummo di Benevento, per discutere delle procedure da adottare per semplificare e velocizzare l’iter e i tempi delle visite mediche specialistiche e degli interventi chirurgici per i detenuti.

All’incontro, oltre a Boffa, erano presenti, per l’istituto di pena, la direttrice Maria Luisa Palma, la vicedirettrice Armanda Rossi ed il medico del carcere Gennaro Leone; per l’Asl, il commissario straordinario Massimo La Catena, il sub commissario sanitario Tiziana Spinosa, il sub commissario amministrativo Antonio Marchiello e Rita Angrisani, direttore responsabile DS n. 7; per il Rummo, il direttore generale Rosario Lanzetta, il direttore amministrativo Alberto Di Stasio, il direttore sanitario Michele Rossi e l’ing. Rutoli.

Al termine dell’incontro i rappresentanti presenti hanno stabilito di riconvocarsi tra 15 giorni per firmare una convenzione, da redigere di concerto nel suddetto lasso di tempo, finalizzata a stabilire le rispettive competenze riguardo le varie prestazioni da erogare, in particolare visite specialistiche ed interventi chirurgici; un protocollo basato sulle esigenze di una maggiore celerità nell’erogazione delle prestazioni e sul rispetto delle condizioni di sicurezza che la sanità penitenziaria impone.

"L’iniziativa - dichiara Boffa - è nata a seguito di lettere e richieste avanzatemi dai detenuti della casa circondariale di Benevento che chiedevano, tra le altre cose, una velocizzazione dei tempi per le visite specialistiche. Attualmente si registrano tempi lunghi, anche alcuni mesi, per una visita specialistica e bisogna considerare che c’è grande differenza tra chi vive all’esterno e può scegliere e rivolgersi altrove e chi invece, vivendo recluso, percepisce il tempo e l’attesa in maniera amplificata.

Di tale esigenza e di altre ho discusso più volte con la stessa direzione giungendo di concerto alla convinzione della necessità di attivare un’iniziativa mirata all’ottimizzazione e velocizzazione dei trattamenti sanitari. Seguiremo dunque da vicino l’iter che porterà alla ratifica della suddetta convenzione. Un particolare ringraziamento, oltre che alla direzione carceraria, sempre disponibile ad accogliere segnalazioni e ad aprire il penitenziario alle numerose iniziative di formazione e socializzazione attivate in questi anni con lo scopo di migliorare la condizione carceraria ed i percorsi di reinserimento, va ai vertici della sanità locale che hanno dimostrato grande attenzione al tema della sofferenza dei detenuti".

Dopo l’incontro, Boffa ha fatto visita alle detenute ed ai detenuti dell’istituto cittadino con i quali si è intrattenuto a discutere dei loro problemi e della loro condizione.

Como: al Bassone stato di agitazione "dinamico" per gli agenti

 

Agi, 27 aprile 2010

 

Con una lunga lettera di protesta dei sindacati di categoria per lamentare quella che ritengono una disattenzione dell’amministrazione penitenziaria rispetto alle problematiche vissute nel carcere del Bassone, il personale di polizia penitenziaria del carcere comasco annuncia l’inizio di "una serie di iniziative, a cominciare dall’astensione della mensa di servizio per 3 giorni". Il personale entra in quello che viene definito "stato di agitazione dinamico" e che, sempre secondo i sindacati, è solo un primo passo verso altre forme di protesta.

"Non è più accettabile l’indifferenza politica ed amministrativa posta in essere da parte degli organi istituzionali a vari livelli, che costringe il personale di Polizia penitenziaria a operare sotto organico nell’assoluta incertezza professionale al di sotto dei livelli minimi di sicurezza previsti, oltre che a subire continue vessazioni in ordine alla qualità del proprio vivere quotidiano", si legge nel documento con il quale i sindacati ricordano che dal 18 novembre 2008 è in atto lo stato di agitazione del personale.

Le problematiche sono ben note: dal sovraffollamento di detenuti (553 su una capienza riconosciuta di 421) alla carenza di secondini e altro personale (ne mancano 75 unità su una pianta organica prevista di 308) "costretto a un carico di lavoro in difficoltà di estrema di gestione". Si ricorda anche la recente aggressione a 4 secondini da parte di un detenuto con problemi psichiatrici.

I sindacati temono che "con la riapertura della V° sezione dopo essere stata ristrutturata, il numero dei detenuti possa raggiungere quota 700 in breve tempo". Si lamenta che non sono presi provvedimenti disciplinari o forme di prevenzione per quei detenuti che compiono atti di aggressione al personale. Sempre secondo i sindacati, "non esiste una efficiente ed efficace programmazione dei turni di servizio, lasciando il tutto all’improvvisazione, la quale genera continui cambi turni" e "manca ancora il piano delle ferie".

Firenze: Opg; ritrovato detenuto evaso durante il trasferimento

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

È stato ritrovato questa sera Daniele Ferraro, il trentaseienne ricoverato nell’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo Fiorentino (Firenze), riuscito a scappare questa mattina approfittando del fatto che l’auto sulla quale viaggiava - condotta da un’operatrice della comunità fiorentina dove era diretto per un permesso -, si è fermata ad un semaforo in via Baccio da Montelupo a Firenze.

È stato un agente della polfer, libero dal servizio, a individuare e bloccare Ferraro proprio in via Baccio da Montelupo. Per tutto il giorno carabinieri e polizia avevano cercato l’uomo tra Firenze e Scandicci, comune dove era stato individuato a metà pomeriggio, riuscendo però ad allontanarsi.

Siracusa: detenuti di Augusta riporteranno in scena Pirandello

 

Adnkronos, 27 aprile 2010

 

I detenuti-attori di Augusta, in provincia di Siracusa, torneranno ad esibirsi mercoledì prossimo, quando metteranno in scena "La giara", di Luigi Pirandello, nell’ambito di una collaborazione tra il Comune, la biblioteca comunale e la casa di reclusione di Brucoli. Lo spettacolo, già andato in scena il 14 aprile scorso a porte chiuse, sarà replicato per le autorità, le famiglie dei detenuti, i docenti universitari e gli studenti delle scuole medie superiori, invitati dal direttore, Antonio Gelardi. Alla fine della rappresentazione si svolgerà un dibattito.

Terni: "Laboratorio di lettura" e teatro, con l’Arci Ora d’Aria

 

Comunicato stampa, 27 aprile 2010

 

Si sono lasciati "catturare" dal piacere della lettura, i detenuti della Casa Circondariale di Terni e hanno voluto raccontare a sé e agli altri questa esperienza. Così sabato 24 aprile, nella sala teatro del carcere, nell’ambito delle offerte rieducative a favore dei reclusi, si è conclusa l’attività culturale del "Laboratorio di Lettura", promossa dalla Direzione e dall’associazione di volontariato Arci Ora d’Aria.

I partecipanti al corso, da lettori sono diventati attori, impegnati in una ri-lettura del mito di "Asterione nel Labirinto": dal Minotauro mostro di un tempo passato ad una riflessione sulla diversità dei tempi moderni. Il testo e la regia di Roberta Rossi, è stato liberamente tratto dalle opere di Durrenmatt e di Borges, le maschere del Minotauro realizzate in cartapesta dai detenuti del "Laboratorio artistico", curato dalla Sig.ra Gisella Bonelli volontaria della Caritas. Tra gli spettatori, l’assessore alla cultura Simone Guerra e il mondo del volontariato che da anni è presente in questo istituto.

Mauritania: governo promette migliori condizioni vita detenuti

 

Agi, 27 aprile 2010

 

Miglioreranno le condizioni di vita della popolazione carceraria della Mauritania. Lo ha assicurato il ministro della Giustizia, Abidine El Kheir, al termine di una visita compiuta in tutte le case circondariali della capitale Nouakchott. Il ministro ha raccolto le testimonianze e le richieste dei detenuti, assicurando il suo personale impegno e quello del governo per garantire processi equi e rapidi per tutti. Particolarmente grave è la situazione dei detenuti in attesa di processo o che scontano una pena definitiva di terrorismo, sottoposti a un trattamento particolarmente duro, che li ha portati a intraprendere nei giorni scorsi uno sciopero della fame. Diverse organizzazioni internazionali, inoltre, denunciano il sovraffollamento delle carceri mauritane: un caso eclatante è la prigione di Dar Naim (alla periferia di Nouakchott) che ospita oltre mille detenuti, a fronte di una capacità ufficiale di 300.

Cina: dissidente detenuto illegalmente in manicomio da 6 anni

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

Il caso di un uomo detenuto illegalmente in un manicomio per sei anni sta scuotendo l’opinione pubblica cinese dopo le rivelazioni della stampa locale. Non solo i giornali indipendenti di Hong Kong ma anche alcuni autorevoli giornali della Repubblica Popolare Cinese, come il Quotidiano della Gioventù di Pechino, hanno dedicato ampio spazio alla vicenda di Xu Lindong, 50 anni, internato dalle autorità della sua città natale, Daliu, nella provincia dell’Henan, per impedirgli di presentare una petizione al governo centrale con la quale intendeva denunciare i maltrattamenti subiti da un suo vicino paraplegico.

Le petizioni sono un’ istituzione cinese che permette ai cittadini di denunciare al governo centrale le ingiustizie subite dalle autorità locali. Spesso queste ultime vengono messe sotto pressione dal centro per limitare il numero delle petizioni, che devono essere presentate ad un apposito ufficio di Pechino. Xu è stato chiuso in manicomio nel 2003 ma solo quattro anni dopo la sua famiglia ne è stata informata. L’uomo ha affermato di essere stato sottoposto ed elettroshock e di essere stato spesso legato al suo letto. Dopo averne ottenuto la liberazione grazie alle denunce della stampa il suo avvocato, Chang Boyang, ha dichiarato che intende perseguire il caso e ottenere la punizione dei colpevoli. "Non lascerò che la storia muoia - ha aggiunto lo stesso Xu - la porterò in tribunale e chiederò giustizia".

Secondo Phelim Kine del gruppo Human Rights Watch (Hrw) non si tratta di un caso isolato. "Sembra che (in Cina) si stiano moltiplicando i casi di istituzioni psichiatriche per detenere illegalmente e mettere a tacere dissidenti o semplicemente cittadini che hanno avuto dei problemi con le autorità locali", ha affermato.

Olanda: ladri entrano nel carcere e rubano televisori dei detenuti

 

Ansa, 27 aprile 2010

 

Episodio ai limiti del surreale nella cittadina olandese di Hoorn, circa quaranta chilometri a nord est di Amsterdam. Ad Hoorn, infatti, è situato un carcere a bassa sicurezza dove, sovvertendo tutte le regole, si sono verificate numerose intrusioni di micro criminali che hanno, più volte, sottratto televisori ed altri oggetti dalle celle dei detenuti fuori in licenza premio o in permesso durante il fine settimana.

Il governo olandese, che ha cercato di limitare la pessima figura definendo la struttura penitenziaria di bassa importanza, e quindi modestamente protetta, non è stato in grado nemmeno di spiegare come i ladri siano riusciti ad accedere alle prigioni. Almeno due i furti commessi nelle ultime settimane, ma dei responsabili ancora nessuna traccia. Il personale della polizia penitenziaria olandese sostiene di non essersi accorto di nulla e, cosa comunque ancora al vaglio degli inquirenti, di non avere nulla a che fare con la scomparsa degli apparecchi televisivi.

 

 

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