Rassegna stampa 7 settembre

 

Giustizia: misure alternative e attesa infinita del piano carceri

di Donatella Stasio

 

Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2009

 

Aspettando il "piano carceri", i detenuti italiani hanno raggiunto il record di presenze dal dopoguerra (64mila: 20mila più dei posti regolamentari), anche se i reati, da due anni, sono in calo. Aspettando il "piano carceri", gli ospiti delle patrie galere aumentano al ritmo di 800-1000 al mese. Aspettando il "piano carceri", muore un detenuto ogni due giorni e nei primi sette mesi del 2009 il numero dei suicidi (45) è raddoppiato rispetto all’anno precedente. Aspettando il "piano carceri", lo spazio vitale per ciascun galeotto si riduce progressivamente a poco più di un paio di metri quadrati e gli spazi comuni, teoricamente destinati alle attività riabilitative (lavoro, sport, studio), spariscono.

Aspettando il "piano carceri", i detenuti trascorrono le giornate nell’ozio, chiusi in cella da 16 a 18 ore, mentre le misure alternative colano a picco, tanto da aver toccato il minimo storico (10mila), a tutto vantaggio della recidiva (il carcere "chiuso" produce il triplo della recidiva rispetto a quello "aperto"). Aspettando il "piano carceri", l’Italia ha subìto la prima condanna della Corte di Strasburgo per "trattamenti inumani e degradanti" e altre se ne profilano, con tanto di risarcimento danni per milioni di euro ai detenuti. Aspettando "il piano carceri", l’amministrazione penitenziaria continua a navigare nei debiti (il sistema costa 3 miliardi di euro l’anno, ma il bilancio è sempre in rosso), con ripercussioni sulla vivibilità delle galere, sulla sicurezza, sulla riabilitazione.

Può darsi che, a differenza del "signor Godot", il "piano carceri" arrivi in uno dei prossimi consigli dei ministri. Può darsi che il governo trovi quel miliardo e mezzo stimato per realizzare - entro il 2012 - 17mila posti in più. Può anche darsi che trovi i soldi necessari per far fronte a un reclutamento straordinario di poliziotti (oggi ne mancano 5mila) e per assumere tutti gli educatori vincitori di concorso. Nel frattempo, però, i detenuti avranno toccato quota 100mila e gli esuberi 40mila. Un’emergenza continua.

Al termine del blitz ferragostano nelle carceri, i radicali hanno parlato di "Stato criminale": parole decisamente forti, e tuttavia non troppo lontane dalla realtà se è vero che a gennaio 2009 fu il ministro della Giustizia Angelino Alfano a parlare di carceri fuorilegge, riferendosi allo scarto esistente tra il dettato costituzionale e la nostra realtà penitenziaria. L’articolo 27 della Costituzione dice infatti che le pene "non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato". In sostanza, il carcere - servizio pubblico - dev’essere un luogo che produce sicurezza collettiva, nel rispetto della dignità dei detenuti. Quanto di più lontano dalla realtà. Non da oggi.

Costruire costa e i soldi non ci sono. Si fa fatica a pagare luce, gas, acqua, riscaldamento, vitto, sapone e finanche la tassa sui rifiuti. "La situazione è drammatica", scrive il Dap (dipartimento delle carceri) nella relazione al Parlamento, in cui esprime "fondate riserve" sulla possibilità che le attuali dotazioni di bilancio possano consentire all’amministrazione di "assolvere la propria missione fondamentale", ovvero garantire una pena rispettosa della dignità dei detenuti e tendente al loro reinserimento sociale. A questa funzione costituzionale erano destinati, fra l’altro, i fondi della cassa delle ammende, che il governo ha deciso di dirottare sulla costruzione di nuove prigioni, sebbene 146 milioni di euro (a tanto ammontavano a fine 2008 i fondi della Cassa) siano una goccia nel mare dei 1.500 milioni preventivati per realizzare i nuovi posti letto.

Aspettando il "piano carceri", forse sarebbe opportuno avviare una riflessione sulle misure alternative, meno costose e più vantaggiose per la sicurezza collettiva, come stanno facendo negli Stati Uniti di Obama. Lo ha ammesso - a luglio - lo stesso guardasigilli. Ma dovrà convincere gli alleati della Lega.

Giustizia: carceri roventi; detenuti oltre la capienza tollerabile

 

Rai News, 7 settembre 2009

 

L’Italia ha sorpassato il limite massimo di capienza tollerabile delle carceri, questo è quello che si evince dagli ultimi dati del Sindacato di polizia penitenziaria che oggi ha scioperato a Palermo. Pannella in mattinata ha parlato di reintroduzione della pena di morte.

Situazione drammatica nelle carceri italiane, gli ultimi dati disponibili evidenziano come sia stata superata anche la soglia di capienza tollerabile. Giornata particolare quella odierna con Pannella che parla di reintroduzione della pena di morte da una parte e gli scioperi degli agenti di polizia penitenziaria dall’altra.

 

Superato anche il limite di capienza tollerabile

 

Sono detenuti negli istituiti penitenziari italiani 64.179 galeotti un dato che supera anche il limite massimo di capienza tollerabile. "È il numero più alto di detenuti presenti nelle carceri italiane nella storia della Repubblica", afferma il segretario generale del Sappe, Donato Capece. Sono 12 le Regioni che hanno superato la capienza tollerabile. Tutte le altre hanno comunque superato la capienza regolamentare. Si determina così "una situazione esplosiva in carcere che da mesi viene contenuta dalla Polizia Penitenziaria, ma siccome le continue aggressioni ai Poliziotti Penitenziari non interessano a nessuno, parliamo di costi: quanto costano i continui trasferimenti di detenuti che al Dap stanno effettuando per cercare di spalmare i carichi di sovraffollamento? Quanto costano i giorni di degenza dei poliziotti aggrediti? Forse almeno - aggiunge Capece - il Ministro Brunetta sarà sensibile a certi discorsi".

 

Scioperi della polizia penitenziaria a Palermo

 

Intanto in mattinata si sono verificati degli scioperi a Palermo, dove il personale di polizia penitenziaria della Uil ha protestato davanti alla casa circondariale dell’Ucciardone contro le carenze di organico a fronte del sovraffollamento degli istituti di pena. Era presente anche Eugenio Sarno, segretario generale della Uil PA Penitenziari. "Abbiamo contribuito in maniera determinante - ha detto - a far aprire nel Paese una discussione sui problemi del sistema penitenziario. Non intendiamo fermarci, almeno fino a quando il ministro Alfano, il governo e il Parlamento non avranno aperto un dibattito parlamentare e individuato le risposta necessarie con relative soluzioni".

 

Pannella: "In Italia abbiamo ristabilito la pena di morte"

 

Sempre in mattinata intervento di Marco Pannella che parla di reintroduzione della pena di morte "In Italia abbiamo di fatto ristabilito, in una dose inaudita, la pena di morte: quest’anno si sono già suicidate in carcere 40 persone. Altre 13 sono morte a causa delle condizioni carcerarie". Il politico dei radicali ricordando quanto questo "strida con la battaglia italiana all’Onu per la moratoria sulla pena di morte". "Come ci è stato riconosciuto nel mondo - ha aggiunto Pannella - come Radicali, come associazione Nessuno Tocchi Caino, con il passato governo, abbiamo avuto un successo importante, una crescita del potenziale livello di civiltà nel mondo".

Giustizia: settant’anni per schiudere la "cassa delle ammende"

di Antonello Chierchi e Andrea Maria Candidi

 

Il Sole 24 Ore, 7 settembre 2009

 

A Is Arenas, il carcere di Arbus, comune sardo della nuova provincia del Medio Campidano, hanno realizzato un caseificio. Era il completamento naturale della vocazione professionale che quella casa di reclusione si è data: impegnare i detenuti nell’allevamento di pecore e bovini e, dunque, trasformarli anche in casari. È bastato un finanziamento di 475mila euro. Nella casa circondariale di Terni hanno invece puntato sul pane: corsi di formazione e la costruzione di un "forno solidale", che nel 2008 ha richiesto un investimento di 70mila euro.

A Cremona con 37mila euro i detenuti hanno digitalizzato gli atti del processo di Piazza Fontana, mentre a Sulmona sono bastati 45mila euro per realizzare in carcere i costumi e gli accessori necessari per lo svolgimento della giostra cavalleresca, appuntamento estivo della cittadina abruzzese.

Sono quattro dei sedici progetti per il reinserimento dei detenuti che nel 2008 sono stati finanziati con i fondi della cassa delle ammende, gestita dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e alimentata da entrate varie, tra cui i proventi ricavati dalla vendita dei manufatti realizzati dai carcerati, le somme versate a seguito di sanzioni disciplinari o pecuniarie disposte dal giudice, le cauzioni per misure di prevenzione o di buona condotta. Totale delle somme impegnate dalla cassa nei progetti a favore dei carcerati: 7 milioni. Totale dei soldi a disposizione della cassa a fine 2008: quasi 146 milioni.

È la caratteristica di questo organismo nato più settant’anni fa, nel 1932: non riuscire a spendere. E sì che le persone detenute da reinserire nella società non mancano: gli ultimi dati danno la popolazione carceraria in costante crescita. Anche la Lombardia ha superato, con oltre 8mila reclusi, la soglia consentita e ci si prepara a infrangere la capienza massima tollerabile a livello nazionale, fissata a quota 64.240 detenuti.

A fronte di una situazione sempre più critica, il "tesoretto" della cassa continua a crescere: erano 133 milioni nel 2007, sono diventati 146 lo scorso anno. Forse l’inspiegabile propensione all’accumulo - frutto di una normativa complicata, modificata più volte, e di astruse regole contabili - finirà prima o poi. Probabilmente, più poi che prima. Con l’ultima riforma della cassa del 2008 è stato, infatti, previsto che i soldi originariamente destinati a progetti per i detenuti, possano essere utilizzati anche per la costruzione di nuove carceri. Ma il nuovo piano di edilizia penitenziaria per il momento è stato solo annunciato.

Giustizia: Alfano; mai più indulti e amnistie, ma nuove carceri

 

Asca, 7 settembre 2009

 

"Mai più indulti e amnistie". È quanto assicura il ministro della giustizia Angelino Alfano in una intervista a Gente domani in edicola. "Piuttosto - afferma - bisogna agire sulle carceri per risolvere il sovraffollamento. Verranno realizzati 17mila nuovi posti nelle Case Circondariali, tenuto anche conto che in Italia ci sono oltre 20mila detenuti stranieri", precisa Alfano. Altri obiettivi dell’azione di governo sono la riforma della giustizia civile e penale (già iniziata), per abbreviare i tempi del processo e garantire la certezza della pena, e la tutela della privacy delle persone: "Ognuno ha il diritto di vedere la propria riservatezza tutelata", dichiara il ministro. E sulla crisi: "Siamo soddisfatti per aver sbloccato i finanziamenti Fas (il Fondo per le aree sottoutilizzate) pari a 4 miliardi di euro, ora dobbiamo rafforzare il sistema produttivo della Sicilia, per creare lavoro per i giovani".

Giustizia: Pd; Alfano dica dove sono i soldi per il piano carceri

 

Ansa, 7 settembre 2009

 

"Se il ministro Alfano ha veramente intenzione di intervenire, ci dica innanzitutto quali soldi vuole investire per costruire nuove carceri dal momento che questo Governo ha tagliato i 150 mln di euro previsti dal governo prodi per l’edilizia carceraria, taglio che è servito a finanziare l’abolizione dell’Ici per le case di lusso".

Queste le parole di Lanfranco Tenaglia, responsabile Giustizia del Pd, ai microfoni di Cnr media. "Senza soldi - ha continuato Tenaglia - le carceri non si fanno... l’amnistia chiesta dai Radicali non può essere una soluzione, anche se la situazione è realmente drammatica. Se la situazione non esplode lo si deve solo grazie all’abnegazione della polizia penitenziaria e delle associazioni di volontariato. Alfano disse che entro aprile sarebbe stato pronto il piano carceri, ma siamo a settembre e ancora non ce n’è traccia".

Giustizia: Cassinelli (Pdl); c'è un problema d'edilizia carceraria

 

Ansa, 7 settembre 2009

 

Il parlamentare, membro della Commissione giustizia della Camera, chiede di "accendere i riflettori sulla drammatica situazione del carcere di Marassi" e sottolinea che "occorre ripensare ad una politica di costruzione e ristrutturazione delle attuali strutture. Non occorrono nuove amnistie e nuovi indulti".

"Non facciamoci venire strane idee: il sovraffollamento delle carceri non si risolve con nuovi indulti ed amnistie". Lo dice il deputato del Pdl Roberto Cassinelli, membro della Commissione giustizia di Montecitorio, che apprezza le dichiarazioni del Ministro Alfano. "Il Ministro fa bene a tenere l’attenzione su un dibattito che non può cadere nel dimenticatoio - dice Cassinelli - ed è per questo che bisogna ripensare ad una politica di costruzione e ristrutturazione delle attuali case carcerarie".

Prendendo spunto dalle dichiarazioni di Alfano, Cassinelli chiede con forza che "non si spengano i riflettori sul problema del carcere Marassi di Genova: da anni ne denunciamo carenze ed inefficienze, è giunto il momento di rimetterci mano". Per Cassinelli, infatti, "il carcere di Marassi costituisce una vera e propria anomalia italiana. Oltre ai problemi di sovraffollamento, di sicurezza e di qualità della vita dei detenuti e dei lavoratori, esiste un problema architettonico che non può essere sottaciuto.

Al sindaco di Genova e agli amministratori della nostra regione chiediamo di aprire gli occhi: il carcere va trasferito altrove e tutta l’area di Marassi va ripensata con un progetto di riqualificazione architettonica ed ambientale che punti al suo rilancio. Restituiamo questo quartiere ai genovesi".

Giustizia: Bocchino (Pdl); ok posizione Alfano, contro l'indulto

 

Asca, 7 settembre 2009

 

"La presa di posizione del ministro Alfano contro ogni ipotesi di indulto o amnistia va salutata positivamente. Lo Stato ha il dovere di garantire la certezza della pena e se le carceri sono sovraffollate l’unica soluzione è costruirne altre". È quanto afferma Italo Bocchino, presidente vicario gruppo Pdl alla Camera.

Giustizia: Vitali (Pdl); servono assunzioni Polizia penitenziaria

 

Asca, 7 settembre 2009

 

"La dichiarazione del sottosegretario alla Giustizia, con delega all’edilizia penitenziaria, Elisabetta Alberti Casellati, rilasciata in occasione della sua visita alla struttura penitenziaria di Pordenone, in merito alle modalità che il Governo intende adottare per affrontare il problema del sovraffollamento delle carceri italiane, rende bene l’idea della serietà e della tempestività che il ministro della Giustizia Alfano sta profondendo sulla questione". Lo ha detto l’onorevole Luigi Vitali, responsabile nazionale dell’ordinamento penitenziario del Pdl.

"Opportuna mi sembra anche la precisazione del sottosegretario Casellati sul fatto che non si intendono varare indulti, ma ci si propone di ripristinare il principio della certezza della pena, ormai da tempo smarrito".

"Comunque - ha concluso l’on: Vitali -, è necessario anche che il Governo adotti un piano straordinario di assunzioni di agenti della Polizia Penitenziaria. Non è concepibile infatti aumentare la capienza della carceri, senza pensare di incrementare il numero del personale che in quelle strutture deve operare a garanzia della sicurezza di tutti".

Giustizia: Segio; è emergenza l’amnistia è soluzione inevitabile

 

Apcom, 7 settembre 2009

 

"La soluzione dell’amnistia si imporrà, fatalmente, nei prossimi mesi". Sergio Segio, da anni impegnato per la tutela dei diritti dei detenuti collaborando con associazioni di volontariato (Gruppo Abele, Don Ciotti), interviene ai microfoni di Cnr media sull’emergenza carceri. E a suo dire non ci sono dubbi, la questione dell’amnistia entrerà di prepotenza nell’agenda politica dei prossimi mesi. "È un dato inconfutabile - ha detto Segio -. Ogni mese ci sono mille detenuti in più e le carceri ospitano già 20mila persone oltre la massima capienza.

Ma l’amnistia da sola non serve, così come non è servito l’indulto, che tutti hanno sconfessato subito dopo averlo approvato. Ma i problemi si sono incancreniti e aggravati. Siamo al record, superato, di 64 mila detenuti. Non serve il piano Alfano per la costruzione di nuove carceri, richiede tempi troppo lunghi. Tantomeno può funzionare l’idea di nuovi bracci dentro le carceri già esistenti. L’amnistia, specialmente per i detenuti a fine pena o per reati minori, s’impone all’attenzione del mondo politico".

Giustizia: Sappe; mai così tanti detenuti in Italia repubblicana

 

Il Velino, 7 settembre 2009

 

"Mentre il ministro della Giustizia Angelino Alfano tenta di strattonare per la giacchetta l’Unione europea cercando di recuperare denaro per la costruzione delle nuove carceri, mentre il capo del Dap Franco Ionta si gode il meritato riposo dopo aver presentato al governo, ma non a chi rappresenta quanti in carcere lavorano nella prima linea delle sezioni detentive, e cioè i sindacati della polizia penitenziaria, il piano sull’edilizia penitenziaria, mentre gli oltre 160 parlamentari e consiglieri regionali hanno già dimenticato come si chiamava quel posto che hanno visitato a ferragosto, oggi, nelle carceri è record: con 64.179 persone detenute presenti si è superata addirittura la capienza tollerabile di 64.111".

Lo dichiara Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria Sappe, la prima e più rappresentativa organizzazione di categoria, che aggiunge: "È il numero più alto di detenuti presenti nelle carceri italiane nella storia della Repubblica. Sia chiaro che questo fatto statistico in sé non cambia nulla rispetto alla situazione gravissima che i poliziotti penitenziari stanno subendo sulla propria pelle da mesi, ma è un dato che dimostra ancora di più l’inefficienza dei responsabili delle politiche penitenziarie in Italia e l’inefficacia delle soluzioni che il ministro e il capo del Dap stanno confabulando da mesi".

"Sono ancora 12 - insiste Capece - le Regioni fuori legge che hanno superato la capienza tollerabile rispetto a tutte le altre che comunque hanno superato la capienza per cui sono state progettate e costruite. Questo determina una situazione esplosiva in carcere, che da mesi viene contenuta dalla polizia penitenziaria. Ma siccome le continue aggressioni ai poliziotti penitenziari non interessano a nessuno, parliamo di costi: quanto costano i continui trasferimenti di detenuti che al Dap stanno effettuando per cercare di spalmare i carichi di sovraffollamento? Quanto costano i giorni di degenza dei poliziotti aggrediti? Forse almeno il ministro Brunetta sarà sensibile a certi discorsi. In questi mesi abbiamo assistito alle decisioni unilaterali del capo del Dipartimento, abbiamo preso atto della volontà del ministro di rimangiarsi le sue stesse parole quando aveva detto di presiedere una volta al mese a riunioni con tutti i sindacati della polizia penitenziaria".

"Gli appelli e le nostre lettere al capo dello Stato - conclude il leader del Sappe - si risolvono sempre in un rimbalzo dei nostri disperati appelli all’autorità competente, di nuovo il ministro Alfano. Ci chiediamo quali dati leggano la mattina il ministro e il capo del Dap. Con semplici strumenti di analisi a disposizione si renderebbero conto che il loro progetto di edilizia fa acqua da tutte le parti. Non ci resta che assistere sgomenti a questo nuovo record raggiunto e assistere al tramonto della legalità e dei principi costituzionali nell’indifferenza colpevole delle istituzioni conclude con amarezza Capece. Tutto questo mentre nelle loro dichiarazioni il capo del Dap Ionta e il ministro della Giustizia Alfano parlano di nuove carceri in costruzione nei prossimi anni".

Giustizia: Uil-Pa manifesta a Palermo; mancano 5mila agenti

 

Il Velino, 7 settembre 2009

 

"Con somma soddisfazione registriamo che la coda delle ferie estive non ha impedito ai poliziotti penitenziari palermitani di manifestare e rivendicare le proprie ragioni. Sono, infatti, circa sessanta i manifestanti che hanno aderito a quest’altra tappa della nostra protesta itinerante". Eugenio Sarno, Segretario Generale della Uilpa Penitenziari, esprime il proprio compiacimento per la riuscita della manifestazione indetta dalla Uilpa Penitenziari per questa mattina davanti al carcere palermitano dell’ Ucciardone.

"Con questa odierna, quella del 16 a Cagliari e per concludere il 22 a piazza di Montecitorio, avremo portato nelle maggiori piazza italiane il disagio, la rabbia, ma anche l’orgoglio e le rivendicazioni della polizia penitenziaria. Abbiamo contribuito in maniera determinante a far aprire nel Paese una discussione sui problemi del sistema penitenziario. Non intendiamo fermarci, almeno fino a quando il ministro Alfano, il Governo e il Parlamento non avranno aperto un dibattito parlamentare e individuato le risposta necessarie con relative soluzioni".

"Non è con il soli annunci che si può gestire una emergenza senza precedenti; 21 mila detenuti in più, ammassati come sardine, e 5.000 agenti in meno: questa è la sintesi della nuda e cruda realtà". Anche in Sicilia i numeri attestano, senza tema di smentita, la crisi che attiene al sistema penitenziario: "Circa 7600 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 4.600; circa 1.400 detenuti tossicodipendenti (di cui 50 sieropositivi); circa 1.900 detenuti stranieri; 3.842 sono i detenuti in attesa di giudizio. Sul versante della polizia Penitenziaria sono in servizio in Sicilia 4.239 Agenti a fronte di un organico previsto di 5.163. Si tenga conto che per assicurare servizi di scorta tutela e sorveglianza al Ministro Alfano e personalità varie sono impiegati oltre 150 Agenti risulta che il deficit reale è di oltre 1.000 unità. Non credo occorra aggiungere altro" conclude Eugenio Sarno.

Giustizia: questo è "l’inferno dei vivi", ovvero il nuovo 41-bis

di Carmelo Musumeci (Ergastolano detenuto a Spoleto)

 

www.linkontro.info, 7 settembre 2009

 

Con la legge 94/2009 è stato modificato l’articolo 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario, quello che disciplina il regime del cosiddetto ‘carcere durò. Leggo sulla Guida al Diritto di agosto: "Carcere duro: la platea di detenuti sottoponibile al ‘41 bis’ è notevolmente ampliata. Il governo ha limitato la possibilità di controllo giurisdizionale. Vietato cuocere cibi e cambiare oggetti. Un colloquio al mese con i vetri con l’obbligo di controllo auditivo e videoregistrazione. Limitati i colloqui anche con i difensori. L’aria non potrà essere fruita in gruppi superiori a 4 persone e non potrà protrarsi più di due ore al giorno".

Il male arrecato e attuato con la legge si distingue non tanto per la sua banalità, come sostiene Hannah Arendt, quanto per la sua legalità. In una condizione di paralisi di coscienza si approvano leggi inumane per scopi elettorali, politici e di potere. L’etica penale non dovrebbe arrestarsi davanti a consensi populisti, mediatici e politici. Ci sono persone sottoposte al regime di tortura del 41 bis dal 1992, ormai ridotte psicologicamente e mentalmente a degli zombi.

La Corte Costituzionale e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno legittimato il regime del 41 bis, ma con delle riserve che la nuova legge 94/2009 rimette in discussione. Ora si dovranno aspettare altri lunghi anni affinché queste istituzioni si pronuncino di nuovo. Ma intanto il risultato politico è stato ottenuto sulla sofferenza di qualche centinaio di detenuti.

È vero, nelle carceri italiane, nella maggioranza dei casi, ormai non si attuano più pestaggi e torture fisiche istituzionali. Non ce n’è più bisogno: l’Italia ha superato qualsiasi Paese al mondo introducendo nel suo ordinamento penitenziario la tortura dell’anima, dell’amore, degli affetti. I detenuti sottoposti al nuovo regime di tortura del 41 bis vivranno come animali: saranno curati, alimentati, ma non saranno più considerate persone.

Vivranno ventidue ore su ventiquattro nell’inattività più totale, in pochi metri e in sostanziale isolamento. Usufruiranno di un colloquio di un’ora al mese, davanti ad un vetro e videoregistrato. Non potranno abbracciare figli, padri, madri, nipoti, alcuni per il resto dei loro giorni, perché condannati all’ergastolo. Usufruiranno solamente di due ore di passeggio, in massimo quattro persone, con l’ordine del silenzio con gli altri detenuti. Avranno le finestre delle celle coperte da un divisore, per non vedere il cielo, la luna, il sole, per proibire loro persino di vedere il Dio. E tutti tacciono, anche le persone "perbene". Non parlano, non vedono e non sentono, hanno paura di essere collusi con la mafia. Preferiscono essere collusi con la mafia istituzionale. Non fa niente, scrivo io per loro.

Lettere: fare un’amnistia è difficile? ma almeno discutiamone

 

Europa, 7 settembre 2009

 

Cara Europa, sarà certamente per mia distrazione, ma non ho letto nulla sui due giornali che fanno riferimento al Pd (Europa e Unità) della proposta di amnistia avanzata da Marco Pannella, che al Pd fa riferimento anche lui. Pannella, da buon liberale, ama aggirarsi tra i problemi che interessano le minoranze, sfidando il senso comune e i luoghi comuni delle maggioranze: alle quali, trattenere la gente in galera e mandare a fondo i profughi africani interessa più di qualsiasi buon governo, in nome della "sicurezza". Guai a noi, certo, se il Pd fosse solo un partito per le minoranze: ma, nel quadro di una cultura liberale, cioè quella che manca al Pd, non sarebbe il caso di porsi anche i problemi delle minoranze, insieme, s’intende, a quelli della comunità nazionale tutta?

 

Renato Cattabiani, Milano

 

Caro Cattabiani, mi piace la sua lettera piena di paradossi, che poi sono altrettanti nodi reali, e mi scuso se la soppressione della pagina delle lettere sabato 5 mi permetta solo adesso di darle risposta. Lei dice (e sono d’accordo) che nel Pd non c’è cultura liberale, ma lo sollecita a porsi problemi liberali, almeno ove si tratti di riconoscimento di diritti.

In più, implicitamente dice: siccome non lo fa il Pd, fatelo voi giornalisti che vi riferite a quel partito. Le dico la mia opinione: l’amnistia non è un diritto, ma uno strumento di politica giudiziaria e generale. Vi si ricorre raramente anche per non ammettere la permanente incapacità del sistema punitivo (e rieducativo) a funzionare. Ora, è proprio questa incapacità di funzionare che Pannella constata. La sua proposta di amnistia segue di qualche settimana alla visita alle carceri, promossa dai radicali il 14, 15 e 16 agosto e che ha avuto il consenso di duecento parlamentari e consiglieri regionali del centrosinistra, del centrodestra e di forze extraparlamentari.

La tragedia dei detenuti, ammucchiati con 40 gradi all’ombra in quattro o cinque in una cella per due, trovò parole di esasperata commozione in un industriale veneto, Calearo, deputato del Pd, che dopo la visita a Rovigo marchiò a fuoco gli inetti politici che la dimenticano. La dimenticano anche i giornalisti: lunedì 17 agosto, iniziando la mia settimana di conduzione a Prima Pagina di Radio Tre, dissi ai lettori che avrei aperto la rassegna leggendo "la notizia che non c’è": appunto, quella dei 200 visitatori ai carcerati. Nessuna prima pagina ne riferiva, preferendo il Superenalotto.

Non mi meraviglia dunque che Pannella rilanci la sfida agli ignavi: in Italia ci sono troppo carcerati, non solo perché le carceri, come tante altre opere pubbliche, vengono cominciate e non finite, ma perché troppi reati da contravvenzione (vedi spinelli) sono considerati fattispecie penali, e il governo Berlusconi se ne inventa altre: come il reato d’immigrazione clandestina o la lesa maestà all’erezione "penale" del premier. Il nostro ex senatore Calvi ricorda che quando Prodi e i due terzi del parlamento vararono l’indulto Mastella, lui presentò invano un ddl di amnistia, perché solo questa cancella i reati (minori) e svuota i tavoli dei giudici, sovraccarichi di fascicoli che non arriveranno mai in udienza per prescrizione dei termini.

Certo anche a noi, come a Calvi, l’amnistia di per sé non piace, perché amnesco in latino significa dimenticare. E anche noi, come il senatore Tenaglia, ex magistrato e responsabile giustizia del Pd, pensiamo che l’amnistia vada fatta dopo la riforma dei codici penale e di procedura penale, che non si fa.

Il governo si limita agli annunci. Alfano, che ha fatto le leggi ad personam in una settimana, potrebbe chiedere la corsia preferenziale per depenalizzare i reati minori e sostituire le pene con multe, contravvenzioni o servizi obbligatori in comunità, che riparino non solo simbolicamente le vittime dei reati. In nome di un’ebete "sicurezza" nominale, si continua a lasciare in carcere gente che non pagherà nulla, e senza giustizia vittime di atti che la prescrizione manderà in archivio. È l’etica del sultanato videocratico, finché dura.

 

Federico Orlando

Veneto: 600 nuovi posti, non risolvono problema delle carceri

di Franco Fois (Associazione Veneto Radicale)

 

Il Gazzettino, 7 settembre 2009

 

La sottosegretaria alla Giustizia Elisabetta Casellati nell’articolo apparso su Il Gazzettino del 2 settembre dichiara, a dimostrazione dell’impegno che il governo sta mettendo per risolvere l’emergenza carceri, che ben presto nel nordest saranno disponibili 600 nuovi posti.

Peccato però che, come certamente la sottosegretaria sa, che questi 600 nuovi posti corrispondano, ad oggi, a poco più di un terzo del totale dei detenuti in sovrannumero nelle carceri del nordest, che ammontano a oltre 1.600 unità. Di fatto, quindi, anche con i nuovi posti il sistema penitenziario si troverà ancora a fare i conti con l’emergenza sovrappopolamento, continuando a restare in una situazione che lo stesso ministro di Giustizia Alfano ha definito incostituzionale.

Le affermazioni della Casellari sono poi estremamente carenti su due aspetti fondamentali, il primo riguarda i reali tempi di messa in disponibilità di questi nuovi posti. Pare che per il completamento del nuovo carcere di Rovigo, che la Casellati cita relativamente ai nuovi posti, serviranno almeno altri due anni. E nel frattempo, visto che i detenuti continueranno ad aumentare, che si fa? Il secondo punto su cui nulla si dice riguarda gli agenti di custodia: ad oggi nel nordest ne mancano più di 500, entro quanto verrà colmata la carenza? Quanti nuovi agenti verranno assunti a fronte dell’apertura di nuove celle?

Per quanto riguarda poi il modo di ridurre la presenza di detenuti nelle celle l’unica strada che la Casellati indica come degna di attenzione per l’attuale governo sembra essere, forse per far piacere alla Lega, quella del rimpatrio degli extracomunitari. Totalmente trascurato il fatto che in questi anni si è assistito ad una drammatica riduzione del ricorso alle pene alternative. Uno strumento, quello delle pene alternative, che se fosse potenziato potrebbe consentire, da un lato, di alleggerire le presenze negli istituti penitenziari e dall’altro di soddisfare il dettato costituzionale che prevede un’opera di recupero e reinserimento.

Veneto: Radicali; interrogazione su carceri Venezia e Rovigo

 

Asca, 7 settembre 2009

 

I Senatori Radicali Marco Perduca e Donatella Poretti hanno presentato due interrogazioni, redatte dall’Associazione VenetoRadicale, al Ministro di Giustizia Angelino Alfano riguardanti gli istituti di Venezia e Rovigo. Per Venezia, si chiede al Ministro di sapere se, e in che tempi, intende attivarsi per la messa a norma e la riapertura dell’istituto a custodia attenuata dell’isola della Giudecca. "Istituto chiuso nel 2008 - temporaneamente si disse - causa il non rispetto delle norme dei locali cucina.

Un istituto che se riaperto - è detto in una nota - consentirebbe, attraverso il ricorso allo strumento delle pene alternative, di alleggerire l’esplosiva situazione di Santa Maria Maggiore e di realizzare quei percorsi di rieducazione e reinserimento molto evocati a parole, ma che nei fatti in questi anni sono stati sempre meno praticati. Vale la pena ricordare che a Venezia esiste un’importante realtà di cooperative sociali in grado di realizzare nell’istituto attività lavorative di rilevo, al pari di quanto già avviene con successo nel carcere femminile sempre alla Giudecca.

Per Santa Maria Maggiore, inoltre, al Ministro si chiede di sapere entro quando saranno terminati i lavori di ristrutturazione attualmente in corso in un’ala del terzo piano e la messa a disposizione delle relative celle". L’interrogazione sull’istituto di Rovigo nasce dalla vicenda del nuovo carcere. "Benché già nel 2003 fosse individuata l’area di costruzione - rilevano i due parlamentari -, ad oggi i lavori non sono terminati e, come ci è stato detto in occasione della visita ispettiva, dovrebbero continuare per almeno altri due anni.

Questo protrarsi dei lavori comporta il costante peggioramento delle condizioni di vita nel vecchio istituto di via Verdi, che necessiterebbe di urgenti opere di ammodernamento ma per le quali non vengono ovviamente stanziati fondi. Si chiede quindi al Ministro di sapere il reale stato dei lavori, i tempi di completamento e messa in funzione del nuovo istituto, e se il bilancio di spesa preventivo è stato rispettato"

Toscana: presidio a Sollicciano e penitenziari nuovi, ma chiusi

 

La Repubblica, 7 settembre 2009

 

Quando capiscono che fuori c’è qualcuno per loro, allungano le mani dalle sbarre delle celle e sventolano fazzoletti bianchi. Presidio, ieri pomeriggio, lungo la strada davanti a Sollicciano, a sostegno della lotta dei detenuti che lo scorso 18 agosto hanno incendiato materassi e lenzuola "per chiedere quei minimi diritti legati alla semplice sopravvivenza".

Dal Cpa Firenze Sud, a Perunaltracittà, dalla Comunità le Piagge ai giovani di Rifondazione a una rete di altre sigle della sinistra fiorentina e dei centri sociali sottoscrivono un documento in cui denunciano le condizioni impossibili di Sollicciano: "Sovraffollamento, pasti rancidi, riduzione del numero di docce". La struttura costruita per 460 persone ne ospita oggi dia". I giovani del presidio hanno disteso uno striscione: "Chi semina repressione raccoglie ribellione".

Fra i manifestanti, la consigliera comunale Ornella De Zordo, la mamma di un detenuto di 26 anni morto in carcere che non crede al suicidio e chiede giustizia e altri che denunciano: "A Sollicciano in certe celle, tra una branda e l’altra, non ci sono nemmeno 40 centimetri, i detenuti non posso ricevere né caffè, né olio, né zucchero dall’esterno lo devono comprare all’interno pagandolo tre volte tanto". Sono aumentati negli ultimi anni gli episodi di autolesionismo "unico mezzo per i detenuti per affermare la propria esistenza, sono frequenti i pestaggi, regna la violenza ed è massiccio l’uso degli psicofarmaci" si legge nel documento sottoscritto da 14 associazioni. più del doppio, quasi ai livelli pre-indulto.

"Si tratta di condizioni minime di sopravvivenza per persone costrette nelle celle 22 ore al giorno, alimentate al costo giornaliero di 1,53 euro, ristrette in uno spazio inferiore ai 7 metri". Il consigliere comunale Eros Cruccolini, denuncia: "Eppure in Toscana ci sono almeno due istituti già costruiti e vuoti, quello di Pescia, realizzato e mai inaugurato e di Pontremoli al cui interno non ci sono detenuti ma soltanto il personale di custodia.

Pisa: nuova protesta dei detenuti, questa volta per sopravvitto

di Antonia Casini

 

La Nazione, 7 settembre 2009

 

La firma e il numero della cella. Tante firme, duecento circa, alle quali, stavolta, hanno aggiunto il riferimento alla sezione in cui si trovano. La lettera, che risale alla fine di agosto, è dei detenuti del carcere don Bosco di Pisa che si lamentano del cosiddetto "sopravvitto".

Non adatto, a loro parere, "sul piano della qualità, dei prezzi, della puntualità nella consegna dei generi alimentari" da loro stessi acquistati, si legge. "Il sopravitto è ciò che il detenuto può comprare con i soldi di cui dispone, si tratta di generi alimentari in più rispetto a quelli passati dal servizio cucina e altri prodotti: il carcere fornisce un tot di carta igienica e dentifricio, ad esempio, che se finiscono devono essere richiesti extra".

È l’avvocato Andrea Callaioli, garante per i diritti delle persone private della libertà personale a spiegarlo. "L’ultimo sopralluogo risale a prima delle ferie - precisa - e in quell’occasione ci siamo occupati in particolare del sovraffollamento. Qualche mese fa, però, ho fatto un giro con il direttore nel magazzino del sopravvitto e ho trovato una situazione abbastanza normale. Certo, non può essere un supermercato a tutti gli effetti perché ci sono problemi di spazi, costi di gestione e di distribuzione. La sezione femminile ha chiesto alcuni prodotti, per esempio, che sono stati trovati".

E lo stesso direttore, Vittorio Cerri - il documento è indirizzato alla direzione della Casa Circondariale - ribatte: "Questa lettera non mi è mai arrivata. Se mi fosse stata recapitata avrei parlato volentieri con i detenuti. Il dialogo, in questo periodo, è molto aperto". E - aggiunge - "con la ditta fornitrice non abbiamo mai avuto problemi. Ogni 15 giorni, effettuiamo i controlli dei prezzi facendo un confronto con i grandi magazzini. Ci sono delle tabelle di riferimento", conclude il direttore Cerri che in questa settimana ha avuto un incontro con il sindaco, Marco Filippeschi, sul debito - oltre centomila euro - con Acque SpA. Una maxi-bolletta che si è accumulata nel tempo dopo mesi di perdite nelle tubature. Vertice in cui il primo cittadino si è mostrato disponibile ad avviare un dialogo per risolvere la situazione.

Roma: carcere di Rebibbia, è fortemente a "rischio sicurezza"

 

Il Tempo, 7 settembre 2009

 

Lo afferma Daniele Nicastrini, coordinatore regionale Uil Penitenziari "a seguito di un incontro in data odierna con i quadri sindacali locali".

"Solamente 600 agenti operativi rispetto ai 980 previsti, contro una popolazione detenuta di oltre 1.550 unità per una capienza regolarmente di 1.000 detenuti, dovrebbe far comprendere quale sia la difficoltà primaria: la mancanza di sicurezza - prosegue - Solamente in una settimana abbiamo registrato un agente ferito per aggressioni di due detenuti, e un detenuto che ha voluto provare a fuggire scavalcando dal passeggio durante l’ora d’aria. A tal proposito abbiamo chiesto alla direzione del carcere un incontro urgente, visto che la stessa è stata costretta a ripristinare il servizio di sentinella dopo che aveva dovuto sospenderlo per carenza di personale, pur essendo contrari a quella decisione, siamo preoccupati di questa doverosa retromarcia. Sarà necessario chiedere al prefetto di Roma di intervenire con il Comitato provinciale dell’ordine e sicurezza perché si facciano carico di prevedere interventi specifici a garanzia del servizio intramurario delle carceri della provincia di Roma a partire dal carcere di Rebibbia dove sono ubicati oltre 1.550 detenuti di cui un numero elevato di alta pericolosità sociale".

Favignana (Tp): ispezione della Uil-Pa; il carcere è da chiudere

 

Ansa, 7 settembre 2009

 

"Se ci fosse un novello Dante Alighieri che ambirebbe a scrivere una moderna Commedia non avrei dubbi sul fatto che prenderebbe il carcere di Favignana a modello per uno dei gironi infernali. Perché in effetti come tale si presenta!". Drastico e duro il giudizio che Eugenio SARNO, Segretario Generale della Uil Pa Penitenziari, consegna al termine della visita effettuata nella mattinata odierna presso la Casa di Reclusione di Favignana.

"Il prezioso lavoro e il costante impegno del personale solo in parte può contribuire ad alleviare una pena elevata a supplizio. Di sicuro chi è detenuto o lavora a Favignana non è garantito in fatto di salubrità ed igiene. A queste condizioni strutturali, di per se penalizzanti, si coniugano anche un elevato indice di sovrappopolamento e una grave deficienza organica del contingente di polizia penitenziaria. I ristretti presenti oggi a Favignana - rende noto Sarno - assommano a 136 (72 detenuti e 64 internati) a fronte di una capienza regolamentare pari a 76 posti disponibili".

Dopo il Sen. Fleres (Garante Nazionale per i Diritti delle persone detenute) anche la Uil Pa Penitenziari denuncia la grave situazione del carcere Eguseo "Celle buie ed anguste, prive di finestre. Tutti gli ambienti sono pervasi da una soffocante umidità che rende difficile persino il respiro. La caratteristica dell’istituto di essere sottoposto (per circa sette metri) al livello stradale rende ancor più afflittive le condizioni di lavoro. Il personale, infatti, è costretto a lavorare in situazione di precarietà ed insicurezza; spesso all’aperto e in balia degli agenti atmosferici".

"Vogliamo sperare che la consegna del nuovo istituto (edificato nell’area delle vecchie officine) avvenga in tempi brevissimi. Ci dicono entro la fine del 2010, noi speriamo prima. Non oso pensare a tempi più lunghi, perché in tal caso si dovrebbe seriamente pensare a chiudere l’istituto".

Pordenone: nuovo carcere da 220 posti, avrà rilievo regionale

 

Messaggero Veneto, 7 settembre 2009

 

Nuovo carcere a Pordenone, ma non solo per Pordenone. Il sottosegretario alla Giustizia, con delega all’Edilizia penitenziaria, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha confermato che la struttura - 220 posti - sarà inserita nel nuovo piano di edilizia carceraria che il Consiglio dei Ministri adotterà entro il mese. Un piano che prevede, però, l’impegno degli enti locali a coprire un terzo delle risorse necessarie alla costruzione (20 milioni su 60 circa di spesa).

"La Regione - precisa, l’assessore regionale Elio De Anna - è pronta a mettere mano al portafoglio e non solo al cuore in un’ottica di piano dell’edilizia carceraria regionale". I 15 milioni di euro che la Regione si è impegnata a versare - l’importo, così come i 5 milioni che sborseranno Comune e Provincia, è stato scritto nero su bianco sulla lettera d’intenti consegnata alla senatrice Casellati, che dovrà riferire al ministro Alfano - sono quindi uno sforzo che il Friuli Venezia Giulia è disposto a fare per avere una struttura che risolva i problemi di Pordenone, ma non solo.

La condizione di sovraffollamento interessa, infatti, la casa circondariale cittadina e tutti i penitenziari delle quattro province: la costruzione di una struttura con una capienza quattro volte di quella attuale potrebbe, quindi, essere una valvola di sfogo per l’intero sistema regionale. L’alternativa, emersa durante l’incontro tra il sottosegretario e i rappresentanti di Regione, Provincia e Comune, potrebbe essere quella di realizzare una struttura più piccola (120 posti, tenuto conto che oggi il carcere ne accoglie una novantina quando si trova in condizione di massima sofferenza) e quindi meno costosa anche per le casse dello Stato.

Questa via potrebbe portare, però, a ripensamenti negli impegni di spesa assunti in primo luogo dalla Regione e potrebbe diventare una soluzione meno interessante per il governo che punta ad aumentare la capienza dei posti in un’ottica sovra provinciale. La certezza per ora è che il nuovo carcere si farà in città. "In uno dei prossimi consigli dei ministri - ha spiegato Casellati - sarà presentato il piano generale delle carceri. Al suo interno si potranno valutare sedi, finanziamenti e costi. Quanto all’ubicazione di quello di Pordenone - ha concluso - c’è un’area ben precisa della città (via Castelfranco ndr )". Nell’incontro si è anche parlato della possibilità - per ora solo teorica - di delegare la progettazione dell’opera agli enti locali.

Venezia: al Lido iniziative per i detenuti e un nuovo laboratorio

 

La Nuova di Venezia, 7 settembre 2009

 

Non solo star e film alla Mostra del cinema, ma anche l’universo carcerario veneziano si presenta in passerella con il progetto "Papillon" in seconda edizione. Ieri mattina a Cà Farsetti sono state illustrate le iniziative sostenute da Comune, Provincia e Regione e realizzate dall’assessorato comunale alle Politiche sociali in sinergia con le cooperative che operano nel settore.

In carcere oggi i reclusi ammontano a 315, con un sovraffollamento incredibile. Ma i laboratori intracarcerari proseguono, anche se i carcerati che lavorano si contano sulle dita di una mano, una decina al maschile e altrettanti al femminile. Al Lido, nell’area Eventi, alle 16, vi saranno due appuntamenti. Il primo martedì con la presentazione del libro di Carla Forcolin "Io non posso proteggerti" sul tema dell’affido. Il secondo mercoledì con la proiezione del video "Passi sospesi" e la tavola rotonda "Teatro e carcere".

Interverranno gli assessori comunale Sandro Simionato e regionale Stefano Valdegamberi; le direttrici del carcere femminile, Gabriella Straffi, e quello maschile, Irene Iannucci; e il responsabile organizzativo della Mostra del Cinema, Luigi Cucciniello che martedì 15 incontrerà i detenuti di Santa Maria Maggiore. Giampiero D’Errico della cooperativa "Rio Terà dei Pensieri" ha preannunciato un’attività tutta veneziana: "In carcere a ottobre si inaugurerà il taglio del vetro a mosaico".

Immigrazione: Acli; progetto per la riforma della cittadinanza

 

Ansa, 7 settembre 2009

 

Cittadinanza a chi nasce in Italia e a chi risiede qui per cinque anni. A patto però che parli italiano, conosca gli elementi fondanti del nostro ordinamento, abbia un reddito, un luogo dove vivere e la fedina penale pulita.

È la riforma della cittadinanza che le associazioni cristiane lavoratori italiani proporranno al governo al termine dell’incontro "Cittadini in-compiuti: quale polis globale per il XXI secolo", in corso a Perugia. Ad anticiparla oggi su Affaritaliani.it, è stato il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero.

"Crediamo - dice Olivero - che si debba introdurre lo ius soli accanto allo ius sanguinis: quanti nascono sul nostro territorio devono essere italiani, anche se i genitori non lo sono e sono magari appena arrivati in Italia. Proponiamo poi che siano dimezzati i tempi di concessione della cittadinanza da 10 a 5 anni e che i minori che non sono nati nel nostro paese ma hanno compiuto un ciclo completo di studi possano accedere al termine della scuola alla cittadinanza".

"Quando parliamo di allargamento della cittadinanza - aggiunge il presidente delle Acli - non parliamo mai di svendita: si possono trovare criteri di buon senso che non siano vessatori. Tutti gli stranieri devono essere in grado di avere un minimo di conoscenze per comunicare con gli altri. Non chiediamo di sapere la Costituzione a memoria ma di conoscere quali sono alcuni elementi fondanti della nostra legge. È un modo per essere titolari di diritti e non solo di doveri e per mettere le persone nella condizione di essere pienamente cittadini".

Immigrazione: Maroni; continueremo a respingere immigrati

di Alberto Custodero

 

La Repubblica, 7 settembre 2009

 

"La politica dei respingimenti dei clandestini è conforme a tutti i trattati internazionali. A tutte le regole europee e dell’Onu. Tutto il resto è solo polemica che non mi fa né caldo né freddo". Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, tira dritto per la strada della tolleranza zero nella politica del contrasto all’immigrazione clandestina ("L’accordo con la Libia funziona", assicura), incurante del monito del mondo ecclesiastico, delle richieste di chiarimenti dell’Ue, delle critiche dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) e, ultimo in ordine di tempo, del richiamo del presidente della Repubblica al rispetto del diritto di asilo "inalienabile".

Immediata la replica dell’Alto commissariato per le Nazioni Unite e di esponenti del mondo religioso. "Quella dei respingimenti - taglia corto Laura Boldrini, portavoce dell’Unhcr - non è materia su cui fare polemica, ma si risolve attraverso la conoscenza del diritto. È vero che l’istituto del respingimento esiste nell’ordinamento italiano, ma è regolato dal Testo Unico sull’immigrazione che lo vieta nei confronti dei richiedenti asilo. Ma se noi rispediamo i rifugiati sulle coste libiche, li priviamo del loro diritto di fare domanda di asilo. L’Italia, inoltre, ha recepito l’articolo 33 della Convenzione di Ginevra che recita che "nessuno Stato contraente espellerà o respingerà i rifugiati verso confini di territori nei quali la loro vita o libertà potrebbero essere minacciate". Un principio che non ha limitazioni geografiche".

Dal mondo cattolico, contro la linea di intransigenza di Maroni si alza questa volta il "grido" di don Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e di Libera, associazioni impegnate da anni in Africa in iniziative umanitarie. "Il reato di clandestinità - commenta don Ciotti - è un comodo salvacondotto all’indifferenza, costruito per lavarsi la coscienza. Dovrebbe chiamarsi "reato di irresponsabilità" ed essere applicato non ai migranti, ma a chi li respinge".

"Se non si rispettano le norme, diventiamo disumani. Bisogna invece coniugare carità e giustizia, accoglienza e diritto penale". Da Cracovia, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, ribadisce che "la Chiesa non può non vedere nei drammi dell’immigrazione una negazione dei valori dell’accoglienza".

Sul fronte politico il dibattito resta acceso fra maggioranza e opposizione. Il centrodestra fa quadrato attorno al ministro dell’Interno. Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, i problemi dell’immigrazione vanno affrontati "miscelando fermezza e spirito di accoglienza, nel pieno rispetto della legalità e dei diritti umani". Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, spiega che in Italia "è partito un contro tam tam che fa sapere che l’Italia non è più il ventre molle d’Europa".

Ma per Laura Garavini, componente Pd della commissione politiche europee, "piuttosto che distorcere la verità e proseguire con respingimenti indiscriminati che violano ogni trattato internazionale, il governo farebbe meglio a potenziare il proprio prestigio all’interno dell’Ue, così da sensibilizzare gli altri Paesi membri a farsi maggiormente carico del problema". Per il deputato del Pd Enrico Farinone, "al governo non interessa se a bordo dei gommoni ci sono donne e bambini, malati o gente che scappa dalla fame. L’importante per Maroni è respingere, un atteggiamento pilatesco".

Stati Uniti: gli ex detenuti assolti ottengono indennizzi milionari

 

Il Giornale, 7 settembre 2009

 

Scagionati e milionari grazie a una legge del Texas: dopo esser stati esonerati dai reati commessi grazie al test del Dna, una quarantina di ex detenuti incasseranno centinaia di migliaia e in alcuni casi milioni di dollari per esser stati imprigionati ingiustamente. Stephen Phillips, uno di loro, sta per incassare quasi due milioni di dollari per esser stato imprigionato senza colpa per circa 24 anni. Thomas McGowan, un altro nelle sue condizioni, porterà a casa 1,8 milioni dopo 23 anni di ingiusta galera, un periodo che adesso descrive come una forma di "schiavitù" e "un inferno".

La legge, battezzata in onore di Tim Cole, uno studente del Texas Tech morto in carcere dopo una condanna a 25 anni per un reato che non aveva commesso e riabilitato dopo la morte, entrerà in vigore la prossima settimana: prevede che per ogni anno passato ingiustamente in galera l’ex detenuto sia compensato con 80 mila dollari. Il risarcimento include anche una pensione compresa tra i 40 e i 50 mila dollari all’anno per tutto il resto della vita da liberi, più una serie di servizi sociali come corsi di qualificazione professionale, accesso agevolato al college e facilitazioni per ottenere la mutua. Phillips, che ha cominciato a studiare all’università, è stato scagionato l’anno scorso grazie al test del Dna da accuse di stupro e rapine mai commesse.

Per McGowan, 50 anni, condannato per lo stesso motivo e esonerato l’anno scorso, il pagamento dovrebbe arrivare a metà novembre dopo un periodo di 45 giorni per le pratiche burocratiche. Altri 27 stati americani hanno analoghe forme di risarcimento ma la nuova legge fa del Texas, draconiano nell’applicazione della pena di morte, lo stato più generoso quando la giustizia ammette di aver sbagliato. Secondo l’Innocence Project, un centro di studi indipendente a New York specializzato in condanne sbagliate, Phillips è uno di 38 detenuti texani scagionati grazie al test del Dna: il compenso maggiore andrà a James Woodward che ha passato dietro le sbarre 27 anni per un omicidio del 1980 che, in base alla prova del Dna, non aveva commesso: potrebbe ricevere quasi 2,2 milioni di dollari una volta ricevuto il certificato di innocenza.

 

 

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