Rassegna stampa 23 settembre

 

Giustizia Radicali; per uscire dall’illegalità serve una amnistia

 

Il Velino, 23 settembre 2009

 

"Uno Stato che per decenni viola la Costituzione si comporta da delinquente abituale". Lo dichiara Rita Bernardini, deputata Radicale eletta tra le file del Pd, in occasione della presentazione del libro di Laura Baccaro e Francesco Morelli "In carcere: del suicidio ed altre fughe", che si è svolta ieri alla Camera.

"Le carceri italiane sono del tutto fuori legge - prosegue la deputata -, soprattutto rispetto all’art. 27 della Costituzione: circa 23 mila detenuti in più rispetto alla capienza massima, almeno 5mila (ma noi Radicali ne abbiamo contati 8mila) agenti penitenziari in meno rispetto al numero previsto, assenti gli educatori, quasi scomparsi gli psicologi. Davanti ai dati di un’illegalità patente, che viene meno al rispetto dei più elementari diritti umani, tutti siamo chiamati ad assumerci la nostra responsabilità.

Il carcere è un’istituzione opaca, per questo noi radicali abbiamo presentato una proposta di legge per istituire un’anagrafe pubblica delle carceri, che renda più trasparente una realtà di cui all’esterno si sa poco o nulla. Oggi il carcere è inteso come parte estranea alla società: un universo lontano e dimenticato. Se i cittadini sapessero come sono le prigioni italiane e cosa avviene al loro interno, ci sarebbe una maggiore sensibilità, comprensione e intelligenza nel considerare la funzione del carcere che dovrebbe essere quella di extrema ratio e non di discarica sociale da dove a fine pena non si ha alcuna possibilità di reinserimento se non nel settore sempre più florido della criminalità organizzata. C’è bisogno di risposte adeguate, di una riforma della giustizia e di misure urgenti come l’amnistia proposta da Marco Pannella".

"Un’amnistia ben diversa da tutte quelle varate fino al 1990 - spiega la deputata - che hanno permesso, in totale, la scarcerazione di 50mila detenuti. Con l’amnistia proposta da Pannella si intende contrastare e sconfiggere l’amnistia strisciante alla quale assistiamo giorno dopo giorno, quell’amnistia di classe, fatta di prescrizioni, che in dieci anni ha impedito di celebrare un milione e 800mila processi.

Le carceri sono il terminale di una giustizia che ad oggi conta 5 milioni e 200mila processi penali arretrati e 200mila prescrizioni all’anno. Una giustizia per ricchi, furbi e ammanicati con il potere, che niente ha a che vedere con il concetto stesso di giustizia. Il sistema giudiziario necessita di riforme urgenti - conclude Bernardini - e, per far questo, l’amnistia proposta da Pannella è uno strumento fondamentale. Ragionare seriamente su questo è la strada migliore per superare il dato di illegalità delle carceri italiane".

Giustizia: Ionta; allarme-carceri, a rischio la sicurezza del paese 

 

Il Tempo, 23 settembre 2009

 

"È necessario un salto di verità: la sicurezza del Paese passa anche attraverso la sicurezza del carcere". Di fronte all’emergenza sovraffollamento, il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) Franco Ionta richiama le forze politiche di maggioranza e opposizione a uno "sforzo comune" per trovare una soluzione a un "problema reale" rispetto al quale la "sicurezza di un Paese può essere compromessa".

L’occasione è stato il convegno presso la sala Colonne della Camera sull’emergenza carceri organizzato dalle cinque principali sigle sindacali della polizia penitenziaria (Sappe, Osapp, Sinappe, Cisl-Fns, Fp-Cgil, Ussp-Ugl).

Ionta ha riconosciuto come soluzioni come l’indulto adottate in passato per "deflazionare automaticamente" le carceri non abbia prodotto i risultati sperati, e dunque "è una strada che va abbandonata" ("anche se è vero che su 27mila persone uscite grazie all’indulto solo un terzo - ha sottolineato - sono rientrate" perché tornate a delinquere).

Per vincere una "sfida" rappresentata da un problema che interessa anche altri Paesi europei ("La Spagna - ha osservato Ionta - è in una situazione simile alla nostra, con un tasso di sovraffollamento del 36%") si deve agire su due fronti: costruire nuove carceri e aumentare il numero degli agenti di almeno 5mila unità. "Si tratta, però, di due obiettivi che vanno conseguiti congiuntamente altrimenti - osserva Ionta - si rischia di arrivare a una situazione paradossale e cioè che in un mese si costruiscono nuove carceri ma poi non si ha il personale per farle funzionare". "La soluzione passa attraverso la stabilizzazione del sistema. Per questo serve uno sforzo comune, da parte della politica e dell’amministrazione. Ma anche il sindacato deve fare la sua parte", ha concluso Ionta con un esplicito richiamo all’unità sindacale.

Giustizia: ecco perché difendo l’indulto, ora ripudiato da tutti

di Luigi Manconi

 

Il Sole 24 Ore, 23 settembre 2009

 

Davvero singolare la sorte del provvedimento di indulto approvato nel luglio del 2006. Ispirato da Giovanni Paolo II, che lo richiamò esplicitamente nel suo discorso in parlamento nel novembre del 2002; sollecitato da una manifestazione dei Radicali nel Natale del 2005 cui parteciparono l’ex capo dello Stato Francesco Cossiga e il futuro capo dello Stato Giorgio Napolitano; "imposto" dall’abnorme sovraffollamento carcerario, l’indulto venne approvato da oltre due terzi dei parlamentari, come vuole la Costituzione. E, poi, ripudiato da pressoché tutti coloro che lo votarono.

Il provvedimento nasceva già limitato dalla mancata approvazione di un’amnistia che, contemporaneamente all’intervento sulla popolazione reclusa avrebbe potuto ridurre il vertiginoso accumulo di fascicoli processuali, destinati in percentuale rilevante alla prescrizione, dopo aver intasato, i canali giudiziari. Sia chiaro: indulto e amnistia sono misure eccezionali, previste dalla Costituzione, per "liberare" carceri e aule giudiziarie da un sovrappiù di uomini e di pratiche, che ostacolano una decente amministrazione della giustizia. Saggezza vuole, e così è sempre stato, che camminassero insieme.

Non così nel 2006. Per giunta, l’indulto - in qualche modo inevitabile - venne approvato in un clima sociale dove la questione dell’insicurezza assumeva un ruolo crescente nei meccanismi che determinano le ansie collettive. E mentre, proprio in quel periodo, accadeva che, lo spazio dedicato alle cronache criminali dal complesso dei telegiornali nazionali cresceva fino a più che raddoppiare. Cosicché l’indulto diventò, rapidamente, il capro espiatorio di tutti i guai della giustizia italiana e la presunta causa dell’aumento dei delitti.

Va detto, innanzitutto, che tale aumento non ci fu affatto: se non per un periodo brevissimo e relativamente ad alcune tipologie di reato. E ciò vale per l’intera fase storica: nel 2008 gli omicidi volontari sono stati 605, mentre erano 1916 nel 1991. Certo, nelle settimane immediatamente successive al ritorno in libertà degli indultati, una parte di essi commise un nuovo reato (recidiva): e questo produsse un autentico corto circuito nell’opinione pubblica.

Ma, a distanza di oltre tre anni, un’accurata ricerca condotta da Giovanni Torrente dell’università di Torino dimostra inequivocabilmente che quell’allarme fu comprensibile, ma infondato. Si prenda il dato più significativo, la recidiva: il 28,45% degli indultati ha commesso un nuovo reato. Percentuale elevatissima, tale da segnalare incontrovertibilmente - parrebbe - il fallimento della misura di clemenza, se non vi fosse un piccolo e ineludibile dettaglio: tutte le ricerche nazionali e internazionali concordano nell’indicare come la percentuale di recidiva tra coloro che scontano interamente la pena, senza condoni o misure alternative, è più che doppia.

Una rilevazione dell’Ufficio statistico del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha mostrato come il 68,45% dei soggetti scarcerati nel 1998 abbia fatto reingresso in carcere una o più volte negli anni successivi. Non solo: la ricerca di Torrente evidenzia che, a partire dal 2006, il tasso mensile medio di recidiva diminuisce progressivamente. Ancora: coloro che scontavano la pena in misure alternative (ai domiciliari, per esempio), sono stati recidivi in percentuale inferiore (21,78%) rispetto a chi proveniva dal carcere (30,31%).

Si noti, infine, che l’incremento dei detenuti stranieri (circa il 38% dei reclusi) non è dovuto al comportamento recidivante dei soggetti indultati, ma a un progressivo inasprimento del controllo e, in prospettiva, agli effetti dell’introduzione dell’"aggravante per clandestinità". Tant’è vero che, mentre la recidiva tra gli italiani supera il 30%, quella tra stranieri si ferma al 21,36 per cento. Che non è male come colpo inferto a uno degli stereotipi più robusti del senso comune nazionale.

In conclusione quel provvedimento di clemenza ha avuto più di un effetto positivo: certo, la popolazione detenuta - a distanza di tre anni - ha non solo raggiunto il tetto di allora, ma lo ha superato. Si pensi, tuttavia, a cosa sarebbe accaduto in assenza di quell’effetto deflattivo, pur provvisorio: oggi, prevedibilmente, le carceri ospiterebbero, si fa per dire, circa 80mila detenuti. Si ha un’idea di quali sarebbero state le conseguenze di tale super-affollamento?

Più in generale si può dire che un provvedimento, anche così contradditorio come l’indulto del 2006, abbia confermato una verità spesso dimenticata: una concezione dinamica e non rigida della pena - non ridotta alla detenzione in una cella chiusa - può avere effetti pratici assai positivi. Può costituire - lo dico sinteticamente - un contributo alla sicurezza collettiva (meno recidiva) e un vero e proprio risparmio, oltre che sul piano della sofferenza individuale, su quello strettamente economico (meno risorse da destinare alla repressione dei reati e a una custodia carceraria eccezionalmente onerosa).

Giustizia: Berselli (Pdl); no a indulto, ma riforma della giustizia

 

Ansa, 23 settembre 2009

 

"Le carceri scoppiano e non si può certo ricorrere nuovamente a misure come l’indulto". È quanto afferma il senatore del Pdl, Filippo Berselli, presidente della Commissione Giustizia intervenendo al convegno "Emergenza carceri: sicurezza, sovraffollamento, sistema sanzionatorio e ruolo strategico della polizia penitenziario" nella sala delle Colonne della Camera dei deputati.

Per Berselli, "occorre ammodernare le strutture e investire di più, prevedendo anche la possibilità di far scontare la pena all’estero ai detenuti stranieri. "Ma queste misure da sole non bastano", avverte l’esponente del Pdl, "basti pensare che il 62% dei detenuti non è stato ancora raggiunto da una sentenza definitiva di condanna e la maggior parte è ancora in attesa di giudizio". Allora, sottolinea Berseli, "occorre intervenire con la riforma della giustizia, sul fronte dei processi".

Giustizia: Rao (Udc); senza il personale, inutili le nuove carceri

 

Iris, 23 settembre 2009

 

"Anche se fossero reali i 18 mila nuovi posti letto entro il 2012 promessi dal governo la settimana scorsa rispondendo ad una nostra interrogazione, sarebbero inutili senza un cospicuo aumento delle risorse umane destinate alla vigilanza e all’assistenza dei detenuti". Ad affermarlo è Roberto Rao, deputato dell’Udc e componente della Commissione Giustizia della Camera.

"Ancora oggi - ha aggiunto - sono scesi in piazza sindacati della polizia penitenziaria protestando contro una miope politica del governo in questo settore. La politica di questa maggioranza ha aumentato i reati, specie quelli connessi all’immigrazione clandestina, anche in conseguenza di ciò sono aumentati i detenuti, ma diminuiscono gli agenti, a causa dei tagli lineari imposti dal ministro dell’economia.

Lo strumento rieducativo del carcere si basa su tre pilastri fra loro inscindibili: più strutture, più personale di vigilanza, più personale educativo-psicologico-sanitario. Su questi aspetti il governo è evasivo, se non inadempiente. L’Udc condivide l’iniziativa disposta dalla presidente della commissione Giulia Bongiorno di audire il commissario Straordinario per l’emergenza Carceri Franco Ionta (fissata per il 30 settembre) e di costituire il comitato carceri che l’Udc aveva richiesto lo scorso mese di agosto.

Purtroppo non registriamo novità sull’immissione in ruolo di tutti i vincitori dell’ultimo concorso degli educatori penitenziari. In più - ha concluso Rao -, la situazione degli psicologi penitenziari versa ancora in una fase di assoluta incertezza in cui è evidente il rimpallo di responsabilità tra il ministero della Giustizia, della Sanità e le regioni per la presa in carico dei 39 psicologi penitenziari già vincitori di concorso".

Giustizia: Sappe; la situazione delle carceri rischia degenerare

 

Adnkronos, 23 settembre 2009

 

"La situazione rischia di degenerare ogni giorno di più". È quanto avverte il segretario nazionale del Sappe, Sindacato autonomo della polizia penitenziaria, Donato Capece, aprendo il convegno "Emergenza carceri: sicurezza, sovraffollamento, sistema sanzionatorio e ruolo strategico della polizia penitenziaria" nella sala delle Colonne della Camera dei deputati, organizzato anche con le altre sigle sindacali Osapp, Sinappe, Cisl, Cgil e Ugl.

"Oggi nelle carceri italiane è record: con 64.609 persone detenute a fronte di una capienza regolamentare pari a 43.074 posti, è stato superato addirittura l’indice massimo di capienza tollerabile", informa Capece ricordando che si tratta del "numero più alto di ristretti nelle carceri italiane nella storia della Repubblica".

In particolare, sono 12 le regioni che hanno superato la capienza massima tollerabile: Campania, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Val d’Aosta, Veneto. "L’allarmante situazione delle carceri italiane - avverte il sindacalista - determinando in molti istituti penitenziari tensioni tra gli stessi detenuti e inevitabili problemi di sicurezza interna che ricadono sugli agenti della polizia penitenziaria, come hanno dimostrato le proteste di detenuti avvenute recentemente in numerosi istituti".

A questo punto, "bisogna trovare soluzioni concrete per deflazionare le carceri, con una nuova politica della pena non più differibile che vari una legislazione penitenziaria dove sia previsto un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione. Non si può perdere più ulteriore tempo prezioso: quella della sicurezza - conclude Capece - deve essere una priorità di tutti, di chi ha incarichi di governo e di chi è all’opposizione parlamentare".

 

Il 25 settembre conferenza stampa a Bologna

 

Il Sappe ha organizzato per il 25 settembre, con inizio alle 10.30, una conferenza stampa nella casa circondariale di Bologna, per denunciare la grave situazione delle carceri italiane. È stata scelta simbolicamente la città di Bologna perché l’Emilia Romagna, tra tutte le regioni d’Italia, è quella che presenta i maggiori problemi rispetto al sovraffollamento e alla carenza di organico del personale del Corpo di polizia penitenziaria. La situazione è drammatica e ormai insostenibile, basta leggere i dati: da gennaio 2009 a oggi il personale di polizia penitenziaria è diminuito di 600 unità a livello nazionale: si è infatti passati dai 39.156 di gennaio ai 38.549 di fine agosto, a fronte di un organico che nel 2001 era stato fissato in circa 44 mila unità.

Ciò è determinato dal fatto che il personale di polizia penitenziaria che va in pensione non viene sostituito da altro personale. In più, possiamo dire che oggi in carcere si muore anche di stress: nel solo carcere di Rossano, in provincia di Cosenza, nell’ultimo anno ben tre agenti sono morti per problemi cardiaci. A ciò si aggiungono le tante patologie dovute allo stress, contratte dal personale di polizia penitenziaria; patologie che, spesso, risultano invalidanti e costringono lo stesso personale ad abbandonare il lavoro. I detenuti, invece, da gennaio 2009 a oggi, sono aumentati di oltre cinquemila unità, passando da 59.060 a 64.609.

Alla conferenza stampa interverranno il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, il coordinatore dell’osservatorio sul carcere dell’Unione camere penali, Roberto D’Errico, il provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, Nello Cesari, il segretario generale aggiunto del Sappe, Giovanni Battista Durante e il segretario regionale del Sappe Vito Serra. Saranno presenti anche alcuni consiglieri comunali del comune di Bologna.

Giustizia: Garanti detenuti in assemblea; le prossime iniziative

 

Comunicato stampa, 23 settembre 2009

 

In data 18 settembre 2009 si è tenuta a Bologna l’Assemblea nazionale del Coordinamento dei Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale comunali e provinciali.

I Garanti, nel ribadire il loro costante impegno nella difesa delle persone detenute, esprimono grave preoccupazione per il tasso crescente di carcerizzazione e per l’assenza di un progetto di riforme legislative capaci di incidere sulle cause dell’attuale sovraffollamento, a cominciare dalla ormai dimenticata riforma del codice penale, sino alla modifica delle leggi sull’immigrazione, sulla recidiva e sulla droga, ridimensionando la centralità della risposta penale a qualunque trasgressione, anche non lesiva di interessi primari, e della pena detentiva come unica risposta sanzionatoria adeguata.

I Garanti ribadiscono la loro contrarietà al piano governativo che prevede la costruzione di nuove carceri, se non nei casi in cui ogni intervento di ristrutturazione risulti vano, ritenendo che questa non sia la risposta adeguata al problema del sovraffollamento, anche in ragione di una crescente carenza di personale (educatori, psicologi, agenti di Polizia penitenziaria), che rischia di ulteriormente acuirsi in presenza di nuovi istituti sino a vanificare in modo definitivo il mandato costituzionale sia per quanto riguarda la finalità della pena sia per l’inammissibilità di trattamenti inumani e degradanti.

I Garanti chiedono, invece, che venga data piena attuazione al regolamento penitenziario del 2000, ampiamente disatteso, soprattutto per quanto riguarda le condizioni igienico-sanitarie dei luoghi di detenzione; che venga privilegiata la custodia attenuata, con riferimento alla popolazione femminile e gran parte di quella maschile, composta da tossicodipendenti, persone in stato di disagio sociale e di grave infermità fisica e mentale, stranieri senza radicamento sul territorio, e comunque autrice di reati che richiedono una risposta adeguata e risocializzante; che vengano superati gli ospedali psichiatrici e la case di cura e custodia; che si apra un dibattito serio sulla attualità delle misure di sicurezza detentive; che venga effettuato il massimo sforzo per dare effettività al passaggio della medicina penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale; che venga incrementato in modo significativo il lavoro all’interno del carcere.

Per questo il Coordinamento chiede un incontro con il Ministro della Giustizia al fine di confrontarsi sugli orientamenti di politica penitenziaria che il Governo sta sviluppando, in particolare relativamente al cd. piano carceri.

Tra le prossime iniziative sul tema del sovraffollamento i Garanti parteciperanno alla presentazione di una proposta concreta capace di ridurre la popolazione carceraria a cominciare da quella tossicodipendente, che rappresenta circa il 30% quasi costante, a fronte di una diminuzione di risorse e di offerte trattamentali e di scarsa attenzione per la previsione di ipotesi di custodia attenuata.

Il Coordinamento darà inoltre diffusione di un facsimile di "istanza", che verrà distribuita alle persone detenute, da inoltrare ai Magistrati di Sorveglianza competenti sui vari istituti penitenziari, per sollecitare la vigilanza diretta sull’attuazione del trattamento rieducativo e assicurare che l’esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformità delle leggi e dei regolamenti, come prevede il troppo dimenticato art. 69 O.P., con particolare riguardo alle condizioni di sovraffollamento e alla misura dello spazio personale che deve essere concesso ad ogni detenuto secondo le Convenzioni internazionali.

Il Coordinamento dei Garanti territoriali ha inoltre ultimato l’elaborazione di un progetto di legge, che fa tesoro dei vari testi che nel corso degli anni sono stati prodotti sul tema, per l’istituzione di un organismo nazionale di garanzia per la tutela dei diritti delle persone ristrette, e che verrà presentato ufficialmente ai Presidenti di Camera e Senato.

Il 13 novembre 2009 è previsto il terzo convegno sul tema della figura del Garante e sull’esecuzione della pena, organizzato dal Coordinamento a Torino, che fa seguito alle precedenti iniziative di Reggio Calabria e Bologna.

Il Coordinamento dei Garanti territoriali aderirà alla giornata di dibattito, organizzata dall’Associazione Liberarsi a Firenze il 19 ottobre, sulla tortura nelle carceri italiane.

 

Avv. Desi Bruno

Coordinatrice Nazionale dei Garanti territoriali

Campania: 6 mila detenuti e l’assistenza sanitaria entra in crisi

 

Il Mattino, 23 settembre 2009

 

I rischi dell’influenza A coinvolgono anche la popolazione carceraria e la mappa degli ultimi mesi, sul fronte degli interventi sanitari all’interno degli istituti di pena, disegna un quadro allarmante. Anche sul fronte della spesa sanitaria.

A partire dallo scorso mese di giugno infatti, la "medicina penitenziaria" è stata affidata alle competenze delle aziende sanitarie locali. In pratica è accaduto che non sono più i medici a recarsi in carcere, ma i detenuti ad essere accompagnati nelle strutture pubbliche. Da giugno ad oggi, il numero delle traduzioni di detenuti è raddoppiato.

Siamo a una media di 800 visite al mese. Ecco i dati che riguardano le carceri napoletane. A Secondigliano la media mensile è di 450 traduzioni. A Poggioreale di 250. A Pozzuoli di un centinaio circa e infine per quanto riguarda l’Opg, di 30 al mese. "Da giugno si è riscontrato - spiega Vincenzo Santoriello, comandante del nucleo traduzioni di Secondigliano e presidente regionale dell’Osap - un aumento statistico di circa il cinquanta per cento dei detenuti tradotti. Cifre ulteriormente aumentate anche nella prima parte del mese di settembre, con richieste di visite specialistiche. Una situazione allarmante che ovviamente - aggiunge Santoriello - ha ripercussioni anche sul personale di polizia penitenziaria utilizzato, circa seimila agenti nel periodo gennaio-agosto 2009".

Sullo sfondo il fenomeno sempre più diffuso - dicono alla polizia penitenziaria - delle aggressioni agli agenti che si occupano di questo servizio. Accade infatti che le visite specialistiche fuori dal carcere diventino occasioni di incontro tra detenuti e familiari. Venerdì scorso, al Cardarelli, tre donne sono state arrestate. Avevano tentato di aggredire gli agenti per poter raggiungere in qualche modo un detenuto.

Liguria: parlamentari del Pdl chiedono più polizia penitenziaria

 

Asca, 23 settembre 2009

 

"Condividiamo l’appello del sindacato di polizia penitenziaria - affermano i parlamentari liguri - dobbiamo lavorare per nuove strutture carcerarie e per l’adeguamento degli organici senza pensare a nuove amnistie e a nuovi indulti".

"Aderiamo e facciamo nostro il grido di dolore del Sappe". Roberto Cassinelli, membro della Commissione giustizia della Camera, e Michele Scandroglio, Coordinatore del Pdl in Liguria, aderiscono così all’appello lanciato dal sindacato di polizia penitenziaria. "Siamo da sempre in prima linea per risolvere il problema delle carceri liguri" ricordano i deputati, "e condividiamo la necessità di risolvere al più presto la carenza di personale e le gravissime carenze strutturali dei nostri istituti di pena".

Nei mesi scorsi Cassinelli ha visitato più volte le carceri liguri ed in particolare l’istituto di pena di Marassi, rendendosi protagonista di varie iniziative politiche e parlamentari. "Le cifre e i dati elaborati dall’Associazione Pianeta Carcere in collaborazione con il Sappe" commenta ancora Cassinelli, "confermano le nostre preoccupazioni in ordine al deficit di poliziotti penitenziari in servizio rispetto a quelli previsti. A tale deficit si oppone una emergenza sovraffollamento che deve indurci a soluzioni rapide ed indifferibili".

Per Cassinelli e Scandroglio non si tratta di ripensare di nuovo a provvedimenti di grazia o di indulto. "La soluzione - concludono i parlamentari liguri - risiede nella necessità di rimettere mano agli organici del personale di polizia penitenziaria. Mentre va ripensato un piano di rilancio della edilizia carceraria, non soltanto con interventi placebo. Ma con la costruzione di strutture di pena moderne, capaci di applicare concretamente la Costituzione per farne davvero il luogo di rieducazione del condannato".

Firenze: a Sollicciano mille detenuti, Garante in sciopero di fame

 

Redattore Sociale, 23 settembre 2009

 

L’eccessivo sovraffollamento dell’istituto penitenziario fiorentino, che ha una capienza regolamentare di 483 posti, spinge alla protesta Franco Corleone, il garante dei diritti dei detenuti del comune di Firenze, che richiede "interventi immediati".

Il carcere fiorentino di Sollicciano raggiunge quota mille detenuti (capienza regolamentare 483 posti). E Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, inizia, come promesso qualche tempo fa, lo sciopero della fame per protestare contro le "gravi condizioni di sovraffollamento nelle quali sono costretti a vivere i detenuti dell’istituto". "Mi aspetto risposte celeri da parte dell’amministrazione penitenziaria - ha aggiunto Corleone - alla quale chiedo interventi immediati che diano il segno di un’attenzione seria".

Il garante dei detenuti richiede principalmente tre interventi: la predisposizione di una nuova cucina, l’allargamento dei passeggi e la chiusura della Casa di Cura e Custodia femminile, "perché qui ci sono soltanto due carcerate toscane e le altre, essendo straniere, hanno il diritto di essere detenute nel loro paese di provenienza". Corleone lamenta anche la rigidità di alcune regole penitenziarie, in primo luogo la non autorizzazione a telefonare a numeri di cellulare. "È una violenza nei confronti dei detenuti - spiega il garante -, una privazione arcaica che non sta al passo coi tempi, dove i numeri di telefonia fissa stanno scomparendo".

Firenze: anche i Radicali digiunano contro il sovraffollamento

 

Redattore Sociale, 23 settembre 2009

 

I senatori radicali Poretti e Perduca faranno domani un simbolico sciopero della fame per un giorno per protestare contro le condizioni dei detenuti.

Domani anche i senatori radicali Donatella Poretti e Marco Perduca faranno un simbolico sciopero della fame per un giorno unendosi così a quello di Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, a digiuno a partire da domattina in segno di protesta contro il sovraffollamento del carcere fiorentino di Sollicciano, che ha raggiunto quota mille detenuti. "Dopo le proteste dei detenuti durante il mese di agosto e i nostri ripetuti sopralluoghi nell’ambito dell’iniziativa Ferragosto in carcere - hanno detto i due senatori - la situazione non solo non è mutata ma è addirittura peggiorata. La situazione da tragica si va facendo disperata e non ci sarebbe da stupirsi se nei prossimi giorni assisteremo ad azioni e reazioni che non dovrebbero accadere in un Paese civile che civilmente affronta i problemi dei luoghi più delicati del proprio sistema di sicurezza".

Dichiarazione di Donatella Poretti - Parlamentare Radicali - Partito Democratico: "Il Garante dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, ha iniziato un digiuno come forma di protesta contro le gravi condizioni di sovraffollamento del carcere fiorentino di Sollicciano: su una capienza di 483 i detenuti stanno per sfondare il tetto dei 1.000 e ci sono anche 5 bambini. Non solo, ma nonostante le richieste di intervento che sempre Corleone ha fatto verso il capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, la risposta è stata il silenzio assoluto. Dopo le proteste dei detenuti durante il mese di agosto e i nostri ripetuti sopralluoghi nell’ambito dell’iniziativa Ferragosto in carcere di Radicali Italiani, la situazione, quindi, non solo non è mutata ma è adirittura peggiorata.

La situazione da tragica si va facendo disperata e non ci sarebbe da stupirsi se nei prossimi giorni assisteremo ad azioni e reazioni che non dovrebbero accadere in un Paese civile che civilmente affronta i problemi dei loghi più delicati del proprio sistema di sicurezza. Per il momento, riservandoci tutte le azioni parlamentari e no nei prossimi giorni, ci uniamo a Franco Corleone con una giorno di digiuno: domani 24 settembre anche noi non mangeremo per cercare di sensibilizzare chi, avendo poteri di intervento, non ha ancora ritenuto di utilizzarli".

Rieti: al nuovo carcere mancano 300 agenti... aprirà nel 2010

di Sara Menafra

 

Il Sole 24 Ore, 23 settembre 2009

 

Un campo da calcio, uno spazio verde, una cucina su ogni piano e stanze singole, al massimo doppie. Ci sarà anche un teatro, nel carcere di Rieti che verrà.

Quando, però, nessuno lo sa con precisione. L’edificio è pronto da un anno, persino gli ultimi dettagli sono stati messi al loro posto. Se aprisse i battenti, potrebbe ospitare 298 detenuti, con una "capienza tollerabile" di 400. Una valvola di sfogo per il sistema penitenziario della regione Lazio. E una speranza di rilancio economico per la zona, collegata all’indotto di alberghi e piccolo commercio che un nuovo grande carcere porta con sé. Eppure l’inaugurazione dall’inizio dell’anno è stata già programmata e annullata tre volte. L’ultima l’estate scorsa.

Il ministero della giustizia ha fatto sapere che a fine ottobre trasferirà nella nuova struttura i 30 detenuti "lavoranti" che oggi vivono nel piccolo penitenziario del centro cittadino, l’antico convento di Santa Scolastica. Ma per l’apertura vera e propria bisognerà aspettare, forse febbraio 2010, forse più in là. Perché al nuovo carcere manca un elemento decisivo e per di più costosissimo: gli agenti di polizia penitenziaria destinati a sorvegliare edificio e reclusi. "Ne servono almeno 300 - spiega Angiolo Marroni garante dei detenuti nel Lazio - ma poi ci vorranno psicologi e assistenti sociali. E per pagare tutte queste persone servono soldi che l’amministrazione penitenziaria non ha".

La mancanza di agenti è uno dei punti deboli dell’intero piano di edilizia carceraria italiano che dovrebbe fornire 5mila nuovi posti letto già dal 2010. Per assumere tutti i secondini necessari serve un finanziamento di un miliardo extra budget. E il ministro dell’economia Tremonti non ha ancora sbloccato i fondi.

E dunque Rieti aspetta e si divide. Anche perché, quella del nuovo carcere non è mai stata una storia semplice. Era il 2000 quando il primo progetto fu approvato da comune, provincia e ministero della giustizia, nonostante le contestazioni locali delle associazioni ambientaliste e dell’Amministrazione civica della frazione di Vazia, convinte che la costruzione sarebbe stata lunga, costosa e pericolosa, perché il comune aveva scelto una ex cava, vicina alla falda acquifera. Nove anni dopo, la struttura c’è, ma è costata 45 milioni di euro e occupa 60mila metri quadri.

I cittadini di via Maestri del lavoro, vicini di casa, sul nuovo enorme edificio, la pensano ciascuno a modo suo. Roberto Melchioni sarà il dirimpettaio dell’ingresso principale. La sua azienda di targhe, coppe e incisioni su metallo, la Lab Art, si trova proprio aldilà della strada. E lui è convinto che tutto andrà per il meglio:

"Nel carcere lavoreranno 300 persone che verranno qui con le loro famiglie. In più gli avvocati, i familiari dei detenuti, gli appalti. Ma poi va bene qualunque cosa purché torni un po' di lavoro in questa zona". Quattro passi più in là tira tutt’altra aria. C’è la sede della Telpress, società di sistemi informatici per l’informazione che lavora anche per la camera dei deputati. "Se devo dire la mia - spiega scettico Claudio Valentini, responsabile del personale - non capisco perché abbiano messo il carcere in una zona industriale".

Di certo, il nuovo penitenziario è stata al centro della campagna elettorale per le elezioni provinciali del giugno scorso. Il candidato del Pdl Chicco Costini ha chiuso la campagna al fianco del ministro della giustizia Angelino Alfano. "Sono pronto a tornare qui per inaugurare il nuovo carcere insieme al sindaco e al nuovo presidente della Provincia, che naturalmente sarà il nostro", aveva promesso quella sera il ministro. Costini, in effetti, le elezioni le ha vinte, Alfano, invece, a Rieti non è ancora tornato.

Lecce: il carcere di Borgo San Nicola è "abbandonato da tutti"

 

www.lecceprima.it, 23 settembre 2009

 

Ieri mattina il Sen. Alberto Maritati si è recato in visita ufficiale presso il carcere di Borgo S. Nicola di Lecce. La ragione principale dell’intervento del parlamentare è legata alle recenti notizie diffuse dai mezzi d’informazione in merito all’alta criticità in cui verserebbe l’importante struttura carceraria della nostra provincia.

A tal fine il senatore ha incontrato la direttrice del carcere Dott.ssa Anna Rosaria Piccinni, il comandante della polizia penitenziaria Salvatore Colazzo, il responsabile del settore educativo del carcere ed i maggiori responsabili del settore e della amministrazione dell’istituto penitenziario. Nel corso dell’approfondito dialogo è emersa una situazione complessiva assai critica e delicata per la sicurezza e la corretta funzionalità della casa circondariale di Lecce.

L’istituto, nato come "Supercarcere" per ospitare -in celle singole da 9m² ciascuna, compresi i servizi- 550 detenuti, mai utilizzando le celle per un solo detenuto, attualmente ospita quasi 1400 detenuti con una densità quindi di 3 detenuti per cella. Il personale del carcere è perciò costretto a turni incalzanti; nei vari settori viene ridotto il numero dei poliziotti che assai spesso operano nelle varie sezioni singolarmente, cosicché obbiettivamente cresce il rischio per la sicurezza, oltre allo stress per il singolo operatore. Nell’importante e nevralgico settore educativo (la Costituzione prescrive che la pena debba tendere principalmente alla rieducazione del condannato), vi sono solo 7 educatori e 5 psicologi per un totale complessivo del loro impiego pari a 140 ore, con la conseguenza che, a fronte di 1400 detenuti, sarebbe possibile dedicare non più di 5/6 minuti al mese per detenuto.

Il personale subisce un progressivo processo di "invecchiamento" giacché il Ministero non procede a nuove assunzioni da oltre diciassette anni!. Il materiale per l’igiene e per la sanità è in progressiva diminuzione, con un conseguente deficitario servizio sanitario per l’intera popolazione carceraria. A fronte di una sì grave situazione si registra un deludente disinteresse da parte del mondo politico, sociale, culturale e produttivo dalla nostra provincia. All’interno della struttura operano solo due realtà del volontariato: "Comunità Speranza" e "Fiore all’Occhiello".

Il senatore si appresta a rivolgere una decisa e dettagliata interrogazione parlamentare, ma ritiene sia assolutamente urgente una mobilitazione di tutti i soggetti privati e pubblici che con il loro intervento potrebbero alleviare lo stato di grave disagio in cui versa il carcere della nostra provincia.

Aosta: sovraffollamento delle carceri è arrivato anche in Valle

 

Ansa, 23 settembre 2009

 

Costruita per ospitare 180 detenuti, nella casa circondariale di Brisogne-Aosta sono attualmente recluse 250 persone. Una situazione, per il capogruppo di VdA Vive-R, Robert Louvin, che sull’argomento ha presentato una interrogazione a risposta immediata, che "richiede un’azione incisiva nei confronti del Ministero della Giustizia".

Nella sua replica il presidente della Regione, Augusto Rollandin, ha detto di avere avuto assicurazioni dall’ispettore interregionale, Aldo Fabozzi, e da direttore del carcere, Salvatore Mazzeo, che non saranno detenute più di due persone per cella e riservando alcune celle ad un utilizzo individuale".

Rollandin ha poi elencato alcune iniziative regionali per migliorare le condizioni generali dei detenuti e per favorire la formazione professionale, nonché il reinserimento dei detenuti nel mondo del lavoro. Per Louvin "bisogna puntare i piedi e il Ministero deve sapere che la Valle d’Aosta non accetta questa situazione che pare non sia stata presa a cuore".

Roma: all’Ipm di Casal del Marmo mancano spazi per la scuola

 

Comunicato stampa, 23 settembre 2009

 

"Da oltre un anno la "Palazzina delle Attività" dell’Istituto Minorile Casal del Marmo di Roma è chiusa e, nonostante le assicurazioni sulla necessità e rapidità dei lavori, questi vanno a rilento, con grave danno per i ragazzi dell’Istituto che non hanno più aule scolastiche e spazi per i colloqui con educatori e psicologi". La denuncia è del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Lazio Angiolo Marroni che, sull’argomento, ha inviato una lettera urgente al capo Dipartimento della Giustizia Minorile Bruno Brattoli. Nella lettera Marroni rileva che, con la ripresa dell’anno scolastico, la struttura è ancora chiusa e che solo una piccola parte dei lavori è stata effettuata.

Nel dettaglio, se i lavori nei bagni sono stati completati, il rifacimento dell’impianto elettrico è passato sotto la responsabilità della Direzione del carcere che ha effettuato la gara di appalto. Ancora fermi, invece gli altri lavori di ristrutturazione previsti

"Il disagio legato alla carenza di spazi adeguati al trattamento - ha detto Marroni - crea disagio non solo nei giovani ospiti di Casal del Marmo, ma anche fra il personale civile deputato alle attività di trattamento come psicologi ed educatori, che si trovano a svolgere il loro lavoro in spazi inadeguati. Una carenza grave in un carcere minorile, dove la differenziazione degli spazi e il rispetto delle regole e degli orari è parte fondamentale del processo di rieducazione. Per questo non è ammissibile che lo spazio riservato a tali attività e al trattamento, anima e sostanza di questo tipo di strutture, sia chiuso e inaccessibile".

 

L'Ufficio del Garante dei detenuti del Lazio

Teramo: agente penitenziario aggredito, protestano i sindacati

 

Ansa, 23 settembre 2009

 

Un agente di polizia penitenziaria é stato aggredito ieri mattina da un detenuto comune, all’interno del carcere di Castrogno.

La notizia è saltata fuori grazie ad una nota di denuncia del segretario regionale del Sindacato nazionale autonomo di polizia penitenziaria (Sinappe), Giampiero Cordoni.

L’aggressione è avvenuta in un reparto detentivo della struttura penitenziaria teramana e avrebbe procurato leggere conseguenze fisiche per l’agente. L’episodio offre al sindacato l’occasione per tornare a denunciare la gravissima situazione di difficoltà lavorativa in cui versa il personale di custodia, che si trova a gestire la presenza di circa 395 detenuti a fronte dei 231 previsti dalla capienza "tollerabile" per 184 agenti in servizio.

"Qualcuno - scrive Cordoni - sperava che con la fine del piano ferie e il conseguente rientro del personale, l’abbassamento del livello di sicurezza, i turni di 9 e 10 ore e la soppressione dei posti di servizio cessassero magicamente. Non è così. La carenza di organico sommata alle disfunzioni di una organizzazione del lavoro inconcepibile in un momento così difficile, espone il personale a continui rischi quotidiani".

A fine agosto si era registrata l’ultima aggressione ai danni di tre agenti con una lametta da barba. Già allora il sindacato denunciò le difficoltà e la situazione di emergenza. Secondo il sindacato mancherebbero in organico almeno 60 agenti per permettere di rispettare i turni lavorativi ordinari e gestire al meglio la struttura.

Milano: via a stagione teatrale nella Casa di reclusione di Bollate

 

Redattore Sociale, 23 settembre 2009

 

Di nuovo in scena la compagnia del Teatro In Stabile. Varie le iniziative in programma per l’intero anno: il 25 novembre debutta "Il rovescio e il diritto", seguirà una mostra fotografica dedicata agli spettacoli.

Al via la nuova stagione del Teatro In Stabile, la compagnia che opera all’interno della Casa circondariale di Milano Bollate. Molte e varie le iniziative in programma per l’intero anno. Già dal mese di novembre riaprirà il ciclo di laboratori teatrali che accoglieranno la popolazione esterna: i partecipanti adulti potranno così lavorare con alcuni degli attori della compagnia durante incontri articolati in 5 moduli formativi mensili, che prevedono un appuntamento settimanale serale e un week end di full immersion al mese. I moduli potranno essere fruiti singolarmente o globalmente: la conclusione è prevista per il mese di aprile 2010.

In programma anche il debutto di un nuovo spettacolo teatrale: il 25 novembre si aprirà il sipario su "Il rovescio e il diritto", un nuovo lavoro ispirato agli scritti giovanili di Albert Camus, realizzato e diretto da Michelina Capato Sartore, regista e anima della compagnia, che vedrà sul palco attori detenuti e non. Lo spettacolo sarà in replica fino al 19 dicembre.

Tra le altre iniziative, particolare importanza ha il progetto "Liberi di vivere", un’attività culturale che consente di far conoscere ai cittadini, ai giovani e agli operatori sociali la dimensione carceraria attraverso varie occasioni di incontro. In particolare, da ottobre, un mostra fotografica raccoglierà gli scatti di Angelo Radaelli, autore di reportage fotografici di spettacoli teatrali che documentano la vita in carcere e la rileggono in chiave poetica.

Per accedere alla sala teatrale del carcere di Bollate (via Cristina Belgioioso 120 - Milano) è indispensabile far pervenire per tempo i propri dati alla segreteria del Teatro InStabile, compilando l’apposito form sul sito www.cooperativaestia.it Info: 331.5672144.

Immigrazione: Onu e Ue accusano; governo italiano è inumano

di David Sassoli

 

Europa, 23 settembre 2009

 

Immaginavamo di non essere lontani dal vero, quando nell’aula di Strasburgo abbiamo chiesto al commissario europeo Jacques Barrot di pronunciarsi sui recenti respingimenti in mare degli immigrati e sulle condizioni dei centri profughi in Libia.

Alla nostra domanda, il rappresentante della Commissione europea ha promesso che avrebbe riferito sulla situazione libica. Sui respingimenti, invece, è stato perentorio: violano i diritti umani. Non avevamo dubbi, perché sui quei barconi c’è gente che scappa dalla guerra e dalla fame, donne incinte, bambini che hanno bisogno di cure. Respingerli indiscriminatamente è una offesa al diritto d’asilo e per l’Europa una violazione del trattato di Schengen. Due giorni fa, Barrot ha fornito anche la risposta che aveva promesso: in Libia la situazione "non è più accettabile e non può più durare". Il governo del colonnello Gheddafi non è in grado di garantire la gestione dei rifugiati.

Parole nette. L’Europa incalza e continua a condannare il nostro governo sulle politiche dell’immigrazione. Il commissario Barrot e l’Alto commissario Onu per i rifugiati, Antonio Guterres hanno rilanciato le critiche che abbiamo rivolto come delegazione del Pd alla politica sull’immigrazione di palazzo Chigi.

Le dichiarazioni e le richieste di Barrot ci confermano che i respingimenti indiscriminati, il dramma degli immigrati rimandati in paesi in cui è minacciata la loro vita non sono altro che una palese violazione dei diritti umani. L’Europa delle libertà e dei diritti non ci sta e l’Unione è preoccupata cercando di far rispettare a tutti gli stati membri il dovere di protezione nei confronti dei diritti fondamentali delle persone.

Impegno che però rimane "volontario", come dire discrezionale di ogni singolo stato. A nome della delegazione del Pd ho chiesto alla Commissione di attivarsi per fermare i respingimenti dei migranti. Da maggio più di mille persone sono state raccolte in mare dalle autorità italiane e consegnate alla Libia, con respingimenti informali, senza identificazione, né diritto di ricorso, né accesso alle procedure di asilo e con il rischio di subire in Libia trattamenti inumani e degradanti o di rischiare la morte. Azioni non compatibili con la Convenzione europea per i diritti dell’uomo, con il diritto comunitario, e tantomeno con la legislazione italiana. Il governo, invece, si ostina a raccontare che il suo operato è in linea con le norme internazionali, dimenticando che in Italia sono stati loro a far diventare l’immigrazione clandestina un reato penale.

Il solo fatto di essere migrante è condizione di discriminazione e diseguaglianza e che per questo reato sono previste pene molto pesanti. Nel nostro paese vivere la condizione di migrante irregolare impedisce l’accesso a diritti fondamentali, alle cure più elementari, inclusi i servizi sanitari. Tanti uomini e donne evitano di rivolgersi ai nostri ospedali per il timore di incorrere in una denuncia. È questo quello che sta accadendo nel nostro paese e che è stato segnalato anche da giuristi e costituzionalisti, da organizzazioni e associazioni laiche e cattoliche. Eppure il governo continua a perseverare in una politica dell’immigrazione che incoraggia discriminazioni e xenofobie. Dobbiamo imparare dall’esperienza: dopo anni di demagogia dovremmo sapere che accoglienza e sicurezza sono facce dello stesso problema.

Immigrazione: Bagnasco; la sicurezza e i diritti mai contrapposti

 

Asca, 23 settembre 2009

 

I cattolici sul tema degli immigrati e delle politiche del governo "hanno presentato riserve variamente espresse" ma da parte della Chiesa italiana si torna a ripetere che "si possono mettere insieme esigenze diverse, che non ci sembrano antitetiche: rispetto della legalità e della sicurezza, insieme alla garanzia dei diritti umani". Ad affermarlo è il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco in una intervista al settimanale Famiglia cristiana nella quale torna a chiedere "serenità" per la vita nazionale nella convinzione che "il clima di tensione diffusa e di tensione permanente fa solo male al Paese".

Per quanto riguarda il non semplice tema dell’immigrazione, Bagnasco mette in guardia a usare senza la necessaria cura anche la "questione del circuito della legalità". "Altrimenti - aggiunge il porporato - si rischia di produrre ulteriori autoemarginazioni delle persone, indotte per paura a nascondersi, che non si servono più di servizi essenziali, invece garantiti a tutti dalle strutture pubbliche fino a ieri. Questo - aggiunge Bagnasco - io ho spiegato a chi di dovere". Bagnasco ha, quindi, chiesto di trovare "dispositivi meglio calibrati, come opportunamente è stato fatto per le badanti. Altrimenti i problemi che si tenta di risolvere per una via, fatalmente ritornano"

Belgio: detenuto 18enne va in permesso a casa e fa una strage

 

Il Sole 24 Ore, 23 settembre 2009

 

Era in permesso dal carcere, dove stava scontando la pena per l’omicidio di un pianista tre anni fa, quando è stato arrestato il 18enne Junior K., ora sospettato di aver ucciso la figlioletta di un anno e mezzo e la nonna della bambina e di avere tentato di eliminare la sua compagna. Lo riferisce il sito del quotidiano belga La derniere heure, secondo il quale i corpi senza vita dell’anziana signora e di sua nipotina sono stati trovati in un appartamento di Woluwe-Saint-Lambert, nella prima cintura di Bruxelles.

Il cadavere della donna, 76 anni, è stato scoperto sotto il letto con segni evidenti di strangolamento. Il corpo della bambina, invece, è stato trovato dentro un armadio. La mamma della piccola, 17 anni, era ancora viva ed è stata trasportata all’ospedale. Il presunto assassino era stato rinchiuso tre anni fa in un’istituzione carceraria per l’uccisione, il 30 agosto del 2006, di un pianista. Il giovane beneficiava però di un permesso per rendere visita alla sua compagna e alla figlioletta. Secondo i primi elementi dell’inchiesta a scatenare la follia omicida sarebbe stata la gelosia, in quanto il giovane si era convinto che la sua compagna lo tradisse.

Vietnam: due donne condannate a morte per traffico di droga

 

Reuters, 23 settembre 2009

 

Due donne sono state condannate a morte per detenzione e traffico di droga da un tribunale di Hanoi, capitale del Vietnam. Le condanne capitali sono state pronunciate dal Tribunale del Popolo nei confronti di Tran Thi Thuan e Tran Thi Hieu, originarie di Hanoi e riconosciute a capo di un’organizzazione composta da 17 persone.

Altre due donne e un uomo appartenenti alla banda sono stati condannati all’ergastolo, mentre i restanti 12 affiliati dovranno scontare pene detentive comprese tra 15 e 20 anni.

Dieci anni fa, l’organizzazione avrebbe creato un "mercato della droga" nel distretto Thanh Nhan di Hanoi, vendendo più di 10 kg di eroina. Nello stesso caso, sei ex poliziotti della squadra anti-droga sono stati condannati a pene detentive comprese tra tre e 18 anni. Avrebbero offerto protezione alla banda in cambio di soldi.

In Vietnam, una legge del 1997 considera un reato capitale il possesso o lo spaccio di almeno 100 grammi di eroina o di almeno 5 chilogrammi di oppio. Nel luglio 2001, la Corte Suprema del Popolo ha emanato una direttiva che raccomanda per il traffico di droga pene diverse a seconda della quantità di stupefacente: 20 anni di reclusione da 100 a 300 grammi di eroina, carcere a vita da 300 a 600 grammi e pena di morte per quantità superiori a 600 grammi. La direttiva non sempre viene rispettata dai tribunali.

Giappone: ministro giustizia chiede dibattito sulla pena di morte

 

Associated Press, 23 settembre 2009

 

Il nuovo ministro della Giustizia giapponese, Keiko Chiba, chiede un ampio dibattito pubblico sull’eventualità di abolire nel Paese la pena di morte.

"La pena capitale mette in gioco la vita della persona, quindi gestirò ogni caso con cautela, rispettando i doveri del Ministro della Giustizia", ha detto Chiba, ex avvocato di 61 anni, nella conferenza stampa che ha seguito la prima riunione del Gabinetto del nuovo primo ministro Yukio Hatoyama. Le discussioni in corso - ha aggiunto Chiba - includono la possibilità di sostituire la pena capitale con la condanna all’ergastolo senza possibilità di liberazione anticipata. La pena di morte è prevista in Giappone dalla Legge di Procedura Penale e dal Codice Penale per 13 reati ma, in pratica, viene applicata solo per l’omicidio. Nel 2006 sono state giustiziate 4 persone e nel 2007 nove. Le esecuzioni praticate nel 2008 sono state almeno 15.

 

 

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