Rassegna stampa 5 maggio

 

Giustizia: Piano carceri; + 18mila posti, 5mila entro due anni

di Silvia Barocci

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

È una corsa contro il tempo per risicare posti in più nelle sovraffollate carceri italiane e per trovare nuovi fondi (anche di provenienza privata) per costruirne di nuove. Obiettivo: portare a più 18mila la capienza dei penitenziari italiani, dove ad oggi si trovano 62.057 detenuti contro un limite regolamentare di 43.201 posti una tollerabilità di 63.702.

Il piano straordinario che il Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Franco Ionta ha consegnato al ministro della Giustizia Angelino Alfano fa leva sulla necessità di trovare quanto prima più spazio nelle aree interessate dal maggior flusso di detenuti (in particolare Roma, Milano, e Napoli).

Il piano, per il quale si prevede una spesa complessiva di circa 1,5 miliardi di euro e che interessa 18 Regioni (tutte, tranne Basilicata e Valle D’Aosta), sarà valutato dagli uffici tecnici del Guardasigilli, che poi lo porterà in uno dei prossimi consigli dei ministri.

Nel giro di due anni - prevede il Dap - saranno assicurati almeno cinquemila posti in più grazie al completamento di nove carceri già in costruzione (Cagliari, Sassari, Rovigo, Forlì, Savona, Reggio Calabria, Tempio Pausania, Oristano e Trento) e la realizzazione di una buona parte dei 46 nuovi padiglioni previsti dal piano (i primi sono a Cuneo, Carinola, Avellino, Velletri, Enna, Santa Maria Capua Vetere, Catanzaro, Cremona, Ariano Irpino, Terni, Agrigento, Palermo Pagliarelli, Nuoro, Frosinone, Pavia, Milano Bollate, Voghera, Biella, etc.).

La costruzione di nuovi padiglioni avverrà in aree strategiche (quello di Alessandria, ad esempio, servirà ad alleggerire, tramite trasferimenti di detenuti, il sovraffollamento del carcere di Torino), sarà più veloce e meno costosa (per un padiglione da 200 posti servono circa 10 milioni di euro circa e due anni di tempo), ma avrà come rovescio della medaglia il sacrificio di spazi verdi e ricreativi per i detenuti

A quota 18mila posti in più il Dap conta di arrivare costruendo altri 18 nuovi penitenziari, di cui tre da non meno di mille posti ciascuno vicino Roma, Milano e Napoli (probabilmente a Nola), mentre altri di dimensioni inferiori sono stati individuati a Pinerolo, Catania, Sciacca, Paliano, Latina etc.

Il problema resta quello dei soldi: i fondi di bilancio su cui il Dap può fare affidamento certo ammontano a circa 200 milioni di euro, ai quali si aggiungono circa 120-130milioni di euro della Cassa delle ammende (ai quali il commissario straordinario Ionta può ora attingere, mentre fino a due mesi fa la Cassa era solo per progetti di reinserimento dei detenuti).

A tale somma potrebbero sommarsi i fondi Fas (circa 200milioni di euro) comunicati dal ministero dello Sviluppo economico ma non ancora assegnati perché la cifra è da ridefinire dopo l’emergenza terremoto in Abruzzo. Spetterà invece al ministero delle Infrastrutture trovare i fondi per 18 nuovi istituti, anche con l’apertura ai privati attraverso lo strumento del project financing (la ditta privata mette i soldi ma chiede di rientrare con un canone pagato dal Dap).

Il piano straordinario consegnato da Ionta non prende in considerazione né l’ipotesi braccialetto elettronico né, almeno per il momento, l’annunciata ridefinizione delle carceri in pesanti e leggere, a seconda della pericolosità dei detenuti. Resta poi da sciogliere il nodo degli agenti: i sindacati penitenziari già da tempo lamentano di essere sotto organico di almeno 5mila unità.

"Siamo 42mila circa, ma solo in 20mila a contatto con i detenuti. Quest’estate sono a rischio le ferie di molti colleghi", afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp. Mentre Eugenio Sarno, segretario della Uil, denuncia 670 atti di violenza contro gli agenti in un anno e reclama "soluzioni urgenti" perché "a meno di improbabili miracoli" il piano di Ionta "renderà concreta le disponibilità di posti non prima di due anni", mentre nel frattempo le carceri saranno "implose".

Giustizia: il Piano carceri non funziona, serve la sussidiarietà

di Luigi Amicone

 

www.tempi.it, 5 maggio 2009

 

Promemoria per il pacchetto Alfano. Il sindacato della polizia penitenziaria chiede una politica della pena che faccia maggiore ricorso alle misure alternative. E i dati attestano che chi lavora in carcere una volta fuori torna a delinquere molto più raramente.

Approfittiamo della momentanea assenza di Marina Corradi per sottoporre al ministro Angelino Alfano (a proposito del suo famoso "pacchetto" di riforme sulla Giustizia, che immaginiamo attenderà gli esiti delle elezioni prima di essere finalmente varato) un ideale promemoria. L’occasione ci è offerta da una visita al pluri-ergastolano Gilberto Cavallini, ospite di una struttura penitenziaria che non è vuota retorica definire "modello".

Grazie alle cure professionali del direttore e del comandante delle guardie e grazie al clima di civile collaborazione che, a quanto ci è stato riferito, si è instaurato tra procura, educatori e volontari, anche a visitatori avventizi come noi la cosiddetta casa circondariale di Terni ha fatto l’effetto di un’oasi al confronto di tante altre anonime, sciatte, sovraffollate carceri italiane. Non è facile imbattersi in luoghi di detenzione dove l’espiazione del male compiuto proceda di pari passo a progetti di lavoro, percorsi culturali, opere di reinserimento sociale, insomma a un’azione educativa a tutto tondo coniugata a una cura, anche architettonica, degli ambienti carcerari.

Tutto questo per dire che nel mese di maggio dell’anno 2009 i detenuti in Italia hanno superato le 62 mila unità. Secondo l’allarme lanciato il 26 aprile scorso dal sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe), "la situazione è a rischio di implosione da una settimana all’altra".

I limiti di capienza delle 206 strutture carcerarie del paese (161 case circondariali, 38 case di reclusione e 7 istituti per le misure di sicurezza) sono stati abbondantemente superati. E per la fine del 2009 è attesa la cifra record di una popolazione carceraria di 70 mila detenuti. Ben 27 mila in più dei regolamentari. Tanto per dare qualche cifra: Napoli Poggioreale ospita 2.444 detenuti (il 55 per cento in più della capienza regolamentare), Bologna 1.039 (116 per cento in più); Sulmona 166 (+232 per cento); Trieste 243 (+56 per cento); Genova Marassi 709 (+41 per cento); Bergamo 534 (+127 per cento); Milano San Vittore 1.516 (+97 per cento); Firenze Sollicciano 955 (+98 per cento); Venezia Santa Maria Maggiore 290 (+161 per cento).

Pensate, mentre la demagogia manettara pare continui a portare voti, le guardie penitenziarie (cioè coloro che ogni giorno lavorano tra le sbarre, le manette e gli schiavettoni) sostengono che la classe politica ha "colpevolmente perso l’occasione dell’approvazione dell’indulto per fare interventi strutturali".

Le guardie domandano "una nuova politica della pena" che faccia maggiore ricorso alle misure alternative. Sono gli stessi concetti documentati in una bella mostra sulle carceri ("Libertà va cercando, ch’è si cara. Vigilando redimere") inaugurata alla scorsa edizione del Meeting di Rimini e che ha fatto il giro d’Italia, approdando perfino al severo Palazzo di Giustizia di Milano.

Curata da operatori carcerari, detenuti, giornalisti, professori universitari, l’iniziativa sembra aver dimostrato che la sussidiarietà (cioè il privilegio offerto agli interventi del privato sociale rispetto alle logiche stataliste in cui assistenzialismo e clientelismo fanno il paio) è fattore che non solo migliora le condizioni di vita nei luoghi di detenzione, ma anche la sicurezza dei cittadini. Tanto è vero che, ricordano i dati, "solo il 5 per cento di chi lavora in carcere, una volta fuori torna a delinquere, contro il 90 per cento di chi non aderisce ad una proposta di impegno e di lavoro intramurario".

Sarebbe bello se oltre a prevedere la costruzione di nuove prigioni e l’assunzione di nuovi organici, il pacchetto Alfano passasse alla storia per aver implementato la sussidiarietà nelle carceri italiane.

Giustizia: Uil; carceri al collasso, soluzione misure alternative

 

Il Velino, 5 maggio 2009

 

"La marcia verso la quota limite delle 63mila pare inarrestabile, anzi di questo passo a fine anno i detenuti presenti negli istituti penitenziari saranno circa 70mila, a fronte di una capienza massima di circa 43mila posti". Lo ha dichiarato in una nota segretario generale di Uil Pa Penitenziari, Eugenio Sarno, rilanciando l’allarme per il sovraffollamento negli istituti penitenziari. "Tra qualche giorno - si legge nel testo -, a quanto ci è dato sapere, il ministro Alfano e il capo del Dap, Ionta, dovrebbero illustrare il piano carceri. A meno di improbabili miracoli ci troveremo di fronte ad un piano di edilizia penitenziaria che renderà concreta le disponibilità di posti non prima di due anni.

Nel frattempo si continuerà ad ammassare persone in spazi assolutamente insufficienti aggravando le indegne, incivili, condizioni detentive che appalesano un sistema oramai al collasso e prossimo all’implosione. In tanti, molti, istituti persino per poter consumare i pasti al tavolo occorre fare i turni. È il caso del reparto femminile di Santa Maria Capua Vetere dove in celle costruite per contenere al massimo tre persone vi trovano ospitalità dieci detenute. Sia chiaro che non vogliamo alimentare allarmismi gratuiti. Il problema è molto più serio e grave di quanto si possa immaginare, per questo vogliamo sollecitare quella coscienza politica e sociale che oggi pare non esserci. Il sistema penitenziario ha urgente bisogno di risposte, pena l’ingestibilità totale dei circa 220 penitenziari italiani".

"La fase post indulto è stata gestita in modo inappropriato, avendo fatto mancare le risposte strutturali necessarie. Non sarà un caso se un terzo dei detenuti scarcerati per indulto a giugno 2008 aveva già fatto rientro in carcere (9.875 rientrai su 27.472 indultati). Noi restiamo del parere che per sgravare l’insostenibile situazione si renda necessario un maggior ricorso alle misure alternative corroborate da una adeguato sistema di controllo, eventualmente affidato alla polizia penitenziaria, e ciò non significa rendere meno certe le pene.

Nel 2008 sono stati 3005 i detenuti affidati in prova, 1350 i semiliberi, 1800 sottoposti alla detenzione domiciliare. Occorre accelerare sul fronte dei rimpatri e delle espulsioni per gli extracomunitari. Si era parlato anche di accordi bilaterali in tal senso. È un dato incontrovertibile che circa il 37 per cento della popolazione detenuta è costituita da stranieri".

"Al 31 marzo 2009 - è scritto in uno studio sul sovrappopolamento elaborato dall’ufficio studi e ricerche della Uil Pa Penitenziari e inviato dal presidente Sarno a diversi politici, tra cui il premier Berlusconi - i detenuti stranieri erano 22.837 (37,17 per cento) di cui 8.441 europei (2.721 gli albanesi), 11.986 africani, 1.109 asiatici e 1.301 americani.

Particolarmente degno di attenzione il dato dei detenuti nordafricani. Marocchini (5.052) e tunisini (2.818) costituiscono oltre il 34 per cento dei detenuti stranieri e questo dovrebbe indurre a più idonee valutazioni sui flussi migratori e sugli effetti che producono sul sistema penitenziario italiano.

È significativo che a dicembre del 1991 i detenuti stranieri assommavano a 5.365 (il 15,13 per cento della popolazione detenuta) . Nello stesso anno gli ingressi in istituto dalla libertà degli stranieri furono 13.142, al dicembre 2008 sono stati ben 43.099. Anche la sensibile crescita dell’aumento degli atti di violenza perpetrati in danno di agenti penitenziari (circa 670 negli ultimi dodici mesi) è direttamente proporzionale alle presenze dei detenuti stranieri. Ci domandiamo, allora, se non sia il caso di rivedere il trattamento intramurario per tali soggetti. I percorsi attuali, evidentemente, sugli stranieri non raggiungono gli obiettivi e pertanto debbono essere ripensati".

Giustizia: Osapp; Ionta fa rimpiangere vecchio Capo del Dap

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

Per l’Organizzazione Sindacale Autonoma della Polizia Penitenziaria il capo del Dap Franco Ionta è "un rottame che fa quasi rimpiangere il suo predecessore". Ionta non ha assolutamente dimostrato alcuna politica risolutiva di una situazione detentiva che definire emergenziale è quasi un’offesa per gli agenti di polizia penitenziaria impegnati sul campo - dice il segretario dell’Osapp, Leo Beneduci -.

"Stiamo facendo lo stesso percorso negli istituti di pena che il Capo del Dipartimento ha iniziato qualche mese fa e dobbiamo amaramente constatare come in un anno di attività non abbia portato a casa nulla, se non la nomina a Commissario Straordinario, oltre ad aver contribuito ad aggravare quella condizione che 43 mila uomini e donne della Penitenziaria si trovano ad affrontare".

Giustizia: Manganelli (Capo Polizia); straniero 38% di detenuti

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

"Un terzo degli autori di reati in Italia sono clandestini, mentre il tasso di criminalità degli immigrati regolari è uguale a quello degli italiani". Lo ha detto il Capo della Polizia, Antonio Manganelli, nel suo intervento alla scuola di perfezionamento delle forze di polizia.

Il capo della Polizia ha riferito dati del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) che indicano come il 38% dei detenuti sia costituito da immigrati, in gran parte clandestini. Per quanto riguarda certi reati (criminalità predatoria) è in certe aree del paese, ha osservato Manganelli "la percentuale di clandestini che commettono reati arriva anche al 60-70-80%. Questi fenomeno nuovo dei clandestini - ha aggiunto - ha inciso sulla sicurezza reale".

C’è calo potenzialità investigative - "Ci sono temi in Italia di cui è difficile parlare senza scatenare reazioni opposte: tra questi ci sono l’immigrazione ed anche il rapporto tra polizia giudiziaria e magistratura", ha sottolineato Manganelli. "C’è - ha spiegato il Capo della Polizia in riferimento al rapporto tra polizia giudiziaria e Pm - una riduzione della potenzialità investigativa nel nostro paese e va superata una situazione in cui ci sono investigatori posticci e investigatori ingessati che stanno li a ricevere disposizioni da chi non sa darne".

Da sindaci nessuna invasione campo - I nuovi poteri concessi ai sindaci in materia di sicurezza urbana non invadono il campo delle forze di polizia, ha precisato il Capo della Polizia. "La sicurezza urbana - ha spiegato Manganelli - non comprime la sicurezza pubblica. Il decreto Maroni premette che l’ordine e la sicurezza pubblica sono di competenza della Polizia di Stato, mentre il sindaco interviene nei casi di disagio sociale, rimuovendo le condizioni di degrado che favoriscono comportamenti delinquenziali". Si tratta, ha proseguito, "di una attività complementare: sicurezza pubblica e sicurezza urbana devono camminare insieme. Peraltro - ha aggiunto - noi monitoriamo le ordinanze dei sindaci, che nella maggior parte dei casi hanno superato il vaglio prefettizio".

Giustizia: passa la "linea Fini" e salta la norma sui presidi-spia

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

La norma sui "presidi spia" sparisce dal ddl sicurezza, annuncia il ministro La Russa dopo una riunione di maggioranza. "Per iscriversi alla scuola dell’obbligo non sarà necessario presentare il permesso di soggiorno. Pertanto i presidi non potranno sapere se la famiglia dello studente è clandestina e non potranno fare la spia". "È stata accolta la richiesta di Fini", ha aggiunto il vicepresidente del gruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino.

La norma sarà chiarita, nel senso che verrà precisato che per iscrivere il figlio di un immigrato alla scuola dell’obbligo non sarà necessario il permesso di soggiorno. Lo ha spiegato il presidente dei deputati della Lega, Roberto Cota, al termine della riunione di maggioranza alla quale erano presenti anche i ministri Maroni, Alfano e La Russa.

"Per quanto riguarda i bambini figli di clandestini - ha detto Cota - si è chiarito che per iscriverli alla scuola dell’obbligo non sarà necessario il permesso di soggiorno. Secondo me era già chiaro nella legge Bossi-Fini ma nel ddl sicurezza con un emendamento chiariremo ulteriormente questo aspetto".

Giustizia: sui presidi-spia Fini ferma Maroni; incostituzionale

di Liana Milella

 

La Repubblica, 5 maggio 2009

 

Altolà di Fini a Maroni sui presidi-spia e sul diritto dell’immigrato di iscrivere i figli a scuola se non ha il permesso di soggiorno. Negarlo sarebbe "incostituzionale". Il presidente della Camera, coautore con Bossi della legge sull’immigrazione, manda una lettera al ministro dell’Interno in cui mette paletti rigidi sulla norma che avrebbe obbligato gli stranieri a esibire il permesso "per gli atti di stato civile o l’accesso a pubblici servizi".

La missiva resta sul tavolo di Maroni qualche giorno (è stata inviata il 30 aprile e preannunciata a voce il giorno prima) e ieri dal Viminale ecco la risposta positiva. Fini ha ragione. Quell’articolo, introdotto al Senato da un emendamento dei leghisti, genera dubbi, e dunque "va interpretato in modo da accogliere la sollecitazione di Fini".

Nel testo, spiegano al Viminale, dovrà essere esplicito che "non è preclusa l’iscrizione a scuola dei figli dei clandestini". È tutto da vedere qualche potrà essere la riscrittura di un articolo lineare. Questo: "Fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative, e per quelli inerenti l’accesso alle prestazioni sanitarie (cade il riferimento della Bossi-Fini a "quelli inerenti lo stato civile o l’accesso ai pubblici servizi") deve essere esibito il permesso di soggiorno". Tolte le scuole resta il dubbio sulla denuncia all’anagrafe che, secondo il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, è superata dalla Bossi-Fini. Ma Alessandra Mussolini non ci crede e, con il reato di clandestinità, vuole che il comma contestato sia cancellato tout court.

Il come lo si capirà oggi quando, prima che alla Camera inizi il dibattito sul ddl sicurezza, Maroni si riunirà coi colleghi della Giustizia Alfano e della Difesa La Russa per cambiare le norme più contestate e capire se il malessere nella maggioranza è tale da imporre la fiducia.

Dopo la doppia bocciatura dei Cie Maroni non vuole rischiare. Ma il ddl sicurezza, con il reato di clandestinità, le ronde, i Cie a sei mesi, la stretta sugli immigrati, perde i pezzi. Per due volte a opera di Fini che prima si è opposto ai medici-spia e poi ai presidi-spia.

Dura la lettera: "Ti faccio presente che si porrebbero problemi di costituzionalità e che da un attento esame della legislazione europea sugli stranieri non si evince alcuna norma volta a discriminare l’esercizio del diritto allo studio da parte dei minori stranieri". Plaudono le opposizioni: Antonio Borghesi (Idv) che aveva coniato lo slogan dei "presidi-spia" e i democratici Antonello Soro e Donatella Ferranti che vogliono eliminare il reato di clandestinità.

Maroni e Alfano, che vogliono portare a casa un ddl in attesa da un anno, paiono disponibili a modifiche. Il Guardasigilli annuncia la retromarcia sulla norma, cassata in commissione dal Pdl, che sospende dall’appalto l’imprenditore che non denuncia l’estorsione. Vuole ripristinare i poteri del procuratore antimafia Piero Grasso, che propone "agevolazioni fiscali agli imprenditori che denunciano il racket". Ma senza fiducia la battaglia sarà dura perché nella maggioranza ci sono forti dissensi.

Giustizia: Franceschini; sui medici e i presidi norme pericolose

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

"Inutili e pericolose perché spingono gli immigrati verso la clandestinità aumentando i rischi per i cittadini. Mi aspetto che il governo usi la testa e faccia un passo indietro". Così Dario Franceschini definisce le norme del ddl sicurezza che prevedono la denuncia di medici e presidi per gli immigrati clandestini.

Incontrando i lavoratori delle forze di polizia che manifestano davanti a Montecitorio, il leader democratico spiega che "si tratta di norme controproducenti e moralmente sbagliate, da respingere per ragioni etiche e di contenuto politico". Nei confronti dell’immigrazione, il governo dovrebbe invece "separare il contrasto alla criminalità dall’integrazione di chi rispetta le leggi". Con la denuncia di medici e presidi invece "si spingono tutti i clandestini, anche quelli che sono qui per lavorare, a entrare nella clandestinità".

Giustizia: la rivolta dei giuristi; è un attacco alla Costituzione

di Vladimiro Polchi

 

La Repubblica, 5 maggio 2009

 

"Un attacco ai principi fondamentali della Costituzione". "Una norma del tutto irragionevole". Tra i costituzionalisti suona il campanello d’allarme: i giuristi bocciano in coro i "presidi-spia" e plaudono all’intervento critico del presidente della Camera.

Riccardo Chieppa, presidente emerito della Consulta, non nasconde le sue "fortissime perplessità sulla ragionevolezza di una norma che di fatto nega la frequenza scolastica ai figli degli irregolari". Perché "salute (vedi medici-spia, ndr) e istruzione sono servizi essenziali che vanno garantiti a tutti".

I dubbi di Gianfranco Fini sono condivisi anche da Stefano Merlini, costituzionalista a Firenze: "Il problema riguarda l’esistenza in Costituzione di uno statuto fondamentale della persona umana, che tocca tanto la tutela della salute quanto il diritto all’istruzione. E quando la Costituzione parla di persona umana non distingue tra cittadino e immigrato. Ebbene, nessuna norma può violare questo statuto anteponendo altri interessi seppure legittimi, come la tutela della legalità e dell’ordine pubblico.

Per questo - prosegue Merlini - in base ai principi fondamentali della Costituzione, così come i medici non devono denunciare i pazienti clandestini, i presidi non devono segnalare gli alunni irregolari". Non solo: "Le eventuali norme sui medici o presidi-spia potrebbero essere portate davanti alla Consulta".

Di doppia illegalità parla Michele Ainis, docente di diritto pubblico a Roma. "Per fare emergere quella in cui versa l’irregolare, se ne genera un’altra: l’illegalità del minore che non può frequentare la scuola". Per Ainis, "c’è un principio di universalità dei diritti, ad eccezione di quelli politici legati alla cittadinanza: insomma, un irregolare non può certo votare, ma ha diritto all’istruzione e alla salute".

Giustizia: Cassazione; omicidio per gelosia non è "aggravato"

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

Il movente della "gelosia morbosa" é uno "stato passionale, causa frequente di delitti anche gravissimi", ma non può essere considerato "un’aggravante per futili e abbietti motivi". Lo ribadisce la Cassazione che ha confermato la condanna a 14 anni per omicidio della Corte d’Assise d’Appello di Milano nei confronti di un immigrato che aveva ucciso la moglie nel 2006 dopo l’ennesima scenata di gelosia.

Condannato dal Tribunale di Milano per omicidio, la Corte d’Appello aveva rideterminato la pena escludendo l’aggravante per futili motivi. Nel ricorso in Cassazione il procuratore aveva chiesto un nuovo processo che tenesse conto dell’aggravante sostenendo che l’uomo aveva più volte minacciato di morte la moglie "se solo l’avesse vista con altri uomini", perché la considerava una "cosa propria". L’omicidio era stato, quindi, lo "sfogo di un desiderio anomalo di possesso in esito ad un lungo periodo di molestie".

Da qui i futili motivi che avrebbero dovuto portare ad una condanna più lunga. La prima Sezione Penale della Cassazione, nella sentenza n. 18187, ha ricordato, però, come questa aggravante si determini quando il delitto è causato da uno "stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato, rispetto alla gravità del reato, da apparire per la generalità delle persone, assolutamente insufficiente a provocare l’azione delittuosa, tanto da poter considerarsi più che una causa determinante l’evento un pretesto per dare sfogo all’impulso criminale". Non è così per la gelosia, secondo i supremi giudici, che anche per la "coscienza collettiva non è tale da costituire una ragione inapprezzabile di pulsioni illecite".

Giustizia: ddl Carfagna; torna il "foglio di via" per le prostitute

 

Redattore Sociale - Dire, 5 maggio 2009

 

Lo avevano promesso e hanno mantenuto la parola. I presidenti delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia del Senato, Carlo Vizzini e Filippo Berselli, dopo aver presentato e poi ritirato lo scorso giugno un emendamento al decreto sicurezza che introduceva l’obbligo del foglio di via nei confronti delle lucciole, ora lo ripropongono nel ddl Carfagna contro la prostituzione, di cui sono i relatori. C’è però una modifica: stavolta il "contravventore" rischia da 1 a 4 anni di carcere e poi il rimpatrio.

L’emendamento dei relatori, infatti, con l’introduzione dell’articolo 1-bis, prevede una modifica alla legge 27 dicembre 1956 n. 1423, "Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità".

In sostanza, le misure e le pene previste in tale legge vengono applicate, oltre che ad "oziosi, vagabondi e delinquenti abituali, spacciatori, sfruttatori di prostitute e minori", anche nei confronti di "chiunque viva del provento della propria prostituzione e venga colto nel palese esercizio di detta attività in luogo pubblico o aperto al pubblico".

Ne segue, che tali persone "pericolose per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità" ma anche, si aggiunge con l’emendamento, "destino allarme nella collettività" e si trovino fuori "dei luoghi di residenza", possono essere oggetto di diffida del questore o "con provvedimento motivato" del foglio di via obbligatorio e non possono tornare nel comune da cui sono state allontanate per un periodo non superiore a 3 anni. E se la legge del 1956 prevedeva per il "contravventore" l’arresto da 1 a 6 mesi, l’emendamento Vizzini-Berselli alza la soglia della reclusione da 1 a 4 anni.

Sempre la legge del 1956 prevede che "nella sentenza di condanna viene disposto che, scontata la pena, il contravventore sia tradotto al luogo del rimpatrio". Quindi, chi è straniero, inevitabilmente, sarà accompagnato al suo paese di origine. Infine, se nonostante la diffida del questore non si "riga dritto", nei casi di pericolo per la pubblica moralità è previsto che il questore possa richiedere al tribunale competente "la sorveglianza speciale della Ps, il divieto di soggiorno in uno o più comuni o province" o "l’obbligo del soggiorno in un determinato comune". Insomma, il cosiddetto ‘confinò. Tali misure di prevenzione vanno da un periodo minimo di un anno fino a 5 anni. E chi non le osserva, finisce in carcere (da 3 mesi a 1 anno).

I relatori poi intervengono, attraverso un altro emendamento, sulla possibilità di esercitare la professione in luoghi chiusi. Con una modifica al Codice civile si stabilisce che "l’assemblea dei condomini può vietare l’esercizio della prostituzione nelle singole unità immobiliari, anche inserendo una specifica disposizione nel regolamento del condominio".

Per quanto riguarda gli altri emendamenti al ddl, diversi senatori, sia di maggioranza che di opposizione, intervengono sul primo articolo cassando dalle sanzioni del reato di prostituzione la pena del carcere e, in modo diverso, modulano l’entità della multa che sale fino a 10.000 euro.

Altre proposte di modifica, come quelle dei senatori del Pdl Enrico Musso e Raffaele Lauro, invece, stabiliscono una serie di adempimenti obbligatori, dalla certificazione sanitaria ogni 3 mesi all’istituzione di un registro in questura, per consentire l’esercizio della prostituzione in luoghi privati e non aperti al pubblico. Così come si consente, in deroga alla presente legge, ai comuni di poter individuare aree specifiche e aperte al pubblico per l’esercizio della prostituzione.

Tra gli emendamenti presentati, sempre dal senatore Musso, anche quello che indica nella stampa e nei sistemi informatici gli unici mezzi per pubblicizzare la propria attività di prostituzione: prevista un’ammenda da 1.000 a 10.000 euro per chi usa altri mezzi. Inoltre, propone che il ministero dell’Economia, attraverso un decreto, introduca un codice Iva per chi esercita la prostituzione. Insomma, anche le lucciole devono pagare le tasse.

Napoli: a Poggioreale detenuto si suicida; nel 2009 è il quarto

 

Comunicato stampa, 5 maggio 2009

 

Si è tolto la vita Gennaro I., 41 anni, il primo maggio, nel carcere napoletano di Poggioreale. È il quarto suicidio nel corso del 2009 in questo istituto, il sesto nella regione. "In poco più di quattro mesi - ha dichiarato Dario Stefano Dell’Aquila portavoce di Antigone Campania - abbiamo superato il numero di suicidi (5) dell’intero 2008.

È una tragedia prevedibile. Il sistema penitenziario della Campania conta 7.425 presenze a fronte di una capienza si 5.348 posti. Poggioreale, che ha una capienza ufficiale di 1.387 posti e che registra oltre 2.500 presenze, è solo il simbolo più evidente di un sistema in forte crisi che progressivamente da un lato perde risorse e dall’altro vede incrementare la presenza di detenuti." "Di fronte - conclude Dell’Aquila - a questo scenario bisogna intervenire subito. Rinviare la soluzione dei problemi al piano di edilizia penitenziaria significa rassegnarsi a lasciare le cose così come sono".

 

Associazione Antigone Campania

Torino: il Comune si interroga sul sovraffollamento carcerario

 

Sesto Potere, 5 maggio 2009

 

Questa mattina la Commissione politiche sociali del Comune di Torino ha ospitato Pietro Buffa, direttore del "Lorusso-Cutugno" Casa circondariale di Torino e la Garante ai diritti dei detenuti. Tema principale il sovraffollamento delle carceri, attualmente sono 1.645 persone, a fronte di una capienza della struttura di 998.

Buffa ha riferito che si sta facendo il possibile, da settembre dello scorso anno a oggi, per reperire spazi da adibire ai reclusi. Come ad esempio la palestra dell’Istituto dove la situazione, facendo sempre riferimento a settembre 2008, è leggermente migliorata: dai 90 detenuti che la occupavano si è passati agli attuali 35-40 (questo sia per il trasferimento di alcuni detenuti definitivi nelle carcerci piemontesi, sia perché sono stati reperiti spazi che prima erano destinati a attività sociali).

Poi ha tenuto a precisare che dopo un sopralluogo dell’Asl è stato riscontrato che la situazione igienica è conforme alle esigenze dei reclusi, compresi bagni e docce, diversamente da quanto riportato da alcuni giornali il giorno prima.

Infine sull’argomento sovraffollamento - il direttore - ha comunicato che i posti di polizia si stanno attrezzando per ospitare più arrestati. Entro il mese di maggio si affronterà, a livello nazionale, il piano carceri, soprattutto con l’ampliamento degli istituti già esistenti, ma anche con la costruzione di nuovi. Poi, brevemente, il direttore Buffa, ha sottolineato, a proposito degli agenti aggrediti nei giorni scorsi, che negli ultimi sei mesi si sono verificati 2-3 casi e che i provvedimenti disciplinari sono passati dagli 800 del 2000 ai 580 del 2008.

Anche la Garante dei detenuti si è soffermata sul fatto che sempre più persone vengono arrestate e si deve pensare a soluzioni abitative per le persone che ne possono usufruire come ad esempio una detenzione esterna quando possibile. Questo è il problema oggi.

Spoleto: la Polizia Penitenziaria annuncia lo stato d'agitazione

 

www.spoletonline.com, 5 maggio 2009

 

Da lungo tempo le Organizzazioni Sindacali della Polizia Penitenziaria hanno ripetutamente segnalato, alle Autorità competenti, la grave carenza di organico riguardante la Casa Reclusione di Spoleto, evidenziando le inevitabili ripercussioni sul mantenimento dell’ordine e della sicurezza dell’istituto e del personale.

Tali segnalazioni sono rimaste a tutt’oggi inascoltate e ci troviamo a dover dare notizia dell’ennesima aggressione subita da alcuni agenti, i quali sono dovuti intervenire per spegnere un incendio appiccato da un detenuto extracomunitario, in stato di ebbrezza.

Durante l’intervento il detenuto ha gettato dell’olio bollente addosso agli agenti ed ha colpito alla testa un Ispettore, con la gamba divelta da un tavolo, procurandogli lesioni per le quali, è dovuto ricorrere alle cure del pronto soccorso dove gli sono stati applicati 7 punti di sutura e svariati giorni di prognosi.

Questo è solo l’ultimo di una serie di episodi perpetrati a danno dei Poliziotti Penitenziari, che stante la drammatica situazione di sovraffollamento dei detenuti e la crescente carenza di organico del Corpo, si stanno verificando a livello nazionale ormai con cadenza settimanale (proprio a Spoleto, un paio di mesi fa, lo stesso detenuto aveva aggredito due agenti, causandogli delle lesioni per le quali uno dei due è ancora in convalescenza).

Nonostante questo ed altri precedenti, l’Amministrazione non aveva provveduto nel caso specifico, né a trasferire il detenuto né a prendere efficaci misure di prevenzione, come l’adozione di uno specifico regime penitenziario applicabile temporaneamente per detenuti particolarmente aggressivi (art 14 bis), ovvero il più idoneo provvedimento di divieto di acquisto di bevande alcoliche, (la legge in via generale consente ai detenuti, l’acquisto di vino e birra; ma il loro consumo associato a terapie psicofarmacologiche, di cui soprattutto detenuti comuni extracomunitari o tossicodipendenti fanno uso, rende estremamente pericolosi e irragionevoli tali individui, come nel caso di cui sopra, ed è un fatto inequivocabile che un’alta percentuale di aggressioni, atti di autolesionismo e disordini sono commessi da detenuti in stato di ebbrezza).

L’Amministrazione Penitenziaria non ha mai preso provvedimenti a livello nazionale in tal senso, ma i Direttori degli Istituti, per motivi di ordine e sicurezza possono vietarne l’acquisto, come è stato fatto negli altri carceri Umbri, evitando di esporre il personale ai rischi, inutili.

L’opinione pubblica deve inoltre sapere che all’interno degli istituti, la Polizia Penitenziaria deve gestire eventi critici, sorvegliare i detenuti e garantire l’ordine e la sicurezza interna senza poter portare alcun tipo di arma (e nella maggior parte senza alcuna preparazione a tecniche di autodifesa) e ciò nonostante il Corpo di Polizia Penitenziaria abbia in dotazione armi speciali di reparto, quali scudi caschi e sfollagente, (usati peraltro regolarmente per mantenere l’ordine pubblico allo stadio dagli stessi agenti). A norma di Legge, l’uso di tali "Armi" è possibile solo per casi straordinari (sempre preventivamente autorizzato dal Direttore), ma nel caso specifico, pur essendo state richieste per affrontare l’emergenza in atto, non sono state autorizzate.

Purtroppo, però i fatti accaduti con le citate conseguenze dimostrano che, l’uso dei caschi di protezione e degli scudi, (peraltro secondo noi erroneamente denominate "armi speciali di reparto" in quanto trattasi di oggetti di protezione) avrebbe tutelato l’incolumità fisica del personale di servizio.

Considerato quanto esposto, tutte le OO.SS. scriventi, evidenziando lo stato di preoccupazione ed esasperazione del personale di Polizia Penitenziaria chiedono:

L’attenzione delle forze politiche locali circa l’assoluto disinteresse del Ministero della Giustizia riguardo alle numerose richieste di queste OO.SS. riferite alla necessità di integrazione dell’organico della Polizia penitenziaria in forza a Spoleto, dove già mancano 63 Agenti ed entro il 2012 saranno collocati in congedo oltre 30 unità del Corpo. Carenze di organico che renderebbero impossibile l’apertura di un altro reparto detentivo (come invece formalmente richiesto dal Ministero).

Che la Direzione di Spoleto ed il Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria dell’Umbria aprano gli occhi sulla reale situazione, poiché dai fatti, non ci risulta che abbiano ben compreso che, senza un’adeguata integrazione di organico sarà letteralmente impossibile gestire in sicurezza il reparto ( che attualmente ospita detenuti 41 bis , arrivati d’urgenza dall’Aquila in seguito ai drammatici eventi sismici) e che il Ministero vorrebbe al più presto riaprire con 300 detenuti comuni.

Che la Direzione di Spoleto, assicuri maggiore tutela dell’incolumità del personale mediante l’emanazione di efficaci provvedimenti finalizzati al mantenimento dell’ordine e sicurezza interna , anche disponendo il divieto assoluto di consumare alcolici all’interno dell’Istituto

Pertanto, con effetto immediato tutte le scriventi Organizzazioni Sindacali del Corpo di Polizia Penitenziaria proclamano lo stato di agitazione del personale riservandosi di adottare tutte le iniziative di legittima protesta, se non perverranno soluzioni adeguate ai problemi rappresentati.

 

Sappe, Cisl Fp/Pp, Cgil Fp/Pp

Sinappe, Uspp Per Ugl, Uil Pa/P.P.

Gorizia: oggi in Prefettura un vertice, per il futuro del carcere

 

Il Messaggero Veneto, 5 maggio 2009

 

Si parlerà del futuro del carcere di Gorizia nel vertice convocato per le 10 di oggi dalla Prefettura, cui parteciperà anche il sindaco Romoli. Al centro dei colloqui l’ipotesi di chiusura della prigione di via Barzellini, paventata da più parti, in primis dai sindacati, dopo la richiesta inviata in tal senso al ministero della Giustizia dal responsabile delle case circondariali del Nord-Est, Felice Bocchino. Spetterà al prefetto, Maria Augusta Marrosu, relazionare sull’attuale situazione, in considerazione dei contatti avuti in questo periodo con esponenti del ministero e con lo stesso Bocchino.

Dovrà essere chiarito anche l’orientamento della Prefettura in merito alle soluzioni da dare in merito al degrado della struttura che attualmente ospita il carcere, già chiusa, di fatto, per oltre due terzi della sua capienza per inagibilità. Considerando le difficoltà a reperire un altro immobile o perlomeno un’area in cui realizzare un nuovo carcere e i conseguenti finanziamenti, il sindaco Romoli, aveva proposto la ristrutturazione del complesso di via Barzellini, intervento che, secondo il primo cittadino, consentirebbe, con costi relativamente ridotti, di avere un complesso penitenziario rinnovato e sufficiente alle esigenze del territorio.

Una proposta che, in passato, era stata respinta dai tecnici ministeriali in quanto non risponderebbe ai nuovi criteri previsti per le carceri di oggi, ma che potrebbe tornare a essere presa in considerazione se si pensasse a un piccola prigione e non a un complesso per 150-200 detenuti.

Se dovesse prevalere la tesi del carcere ex novo si dovrebbe invece individuare in tempi brevi un sito alternativo a via Barzellini, argomento più volte trattato, ma senza mai arrivare a una conclusione. Romoli aveva recentemente ribadito che "possibili siti alternativi ci sono, a partire dall’ex polveriera di Lucinico, ma bisogna avere garanzie sui finanziamenti prima d’impegnarsi in approfondimenti e progetti". È proprio questo che aveva scritto, un mese fa, nella lettera inviata al ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, chiedendo un incontro per affrontare la questione. Nel dibattito erano intervenuti anche i sindacati, che avevano sollecitato le istituzioni a intervenire per evitare la chiusura del carcere, "chiusura che - era stato detto - sarebbe fortemente penalizzante per Gorizia, oltre che in termini occupazionali, anche per l’economia generale della città".

La riunione di oggi in Prefettura, quindi, dovrebbe fornire un primo, importante chiarimento sulle intenzioni del ministero che, in questi giorni, dovrebbe valutare, fra l’altro, il piano globale delle carceri in Italia. Patrizia Artico

 

La Polizia Penitenziaria: il carcere non deve chiudere

 

Un nuovo carcere e una serie di interventi "d’emergenza" per permettere all’attuale struttura di tenere duro ancora per un po’. Le sigle sindacali della Polizia penitenziaria goriziana guardano con fiducia all’incontro tra Felice Bocchino, provveditore delle carceri del Nordest, la massima autorità nel Triveneto del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, e il prefetto Maria Augusta Marrosu.

E, nell’attesa, formulano queste due precise richieste. "Siamo convinti che su tutto il territorio della provincia di Gorizia non possano non esserci dei siti idonei ad accogliere una nuova casa circondariale - dice Vito Marinelli, il referente provinciale del sindacato autonomo della Polizia penitenziaria (Sappe) -.

Penso ad esempio alle numerose caserme dismesse: riadattarne una a carcere sarebbe un’occasione per recuperarne la struttura, anche a beneficio del tessuto economico locale". Similare il punto di vista di Corrado Patruno, della Cisl Funzione sicurezza. "La priorità attualmente è tenere aperto il penitenziario di via Barzellini - sottolinea -. In secondo luogo occorre arrivare in tempi rapidi a progettare un nuovo carcere, sia per il personale che all’interno vi lavora sia per i detenuti".

Il faccia a faccia tra Marrosu e Bocchino potrebbe realmente essere decisivo, mettendo fine alle insistenti voci sulla chiusura della casa circondariale di via Barzellini che, nelle ultime settimane, si sono fatte particolarmente insistenti. In particolare all’indomani della proposta, formulata dallo stesso Bocchino al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, di mandare in pensione il carcere isontino.

Mantova: all’Opg progetto di riabilitazione con la cura dei fiori

 

La Gazzetta di Mantova, 5 maggio 2009

 

"Da alcuni angoli si riesce persino a vedere il Lago di Garda". Antonino Calogero, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere, descrive quello che sarà l’eden: il parco che circonda l’Opg e di cui dodici pazienti della struttura hanno da poco iniziato a prendersi cura. Giardinaggio e studio del verde: obiettivo la riabilitazione, ma anche l’apprendimento di un lavoro.

Il progetto si chiama Arcadia e presto coinvolgerà anche alcuni detenuti del carcere di via Poma. Lo promuovono il Sol.Co (consorzio di cooperative sociali) di Mantova, la direzione dell’Opg e l’amministrazione penitenziaria, ma c’è anche l’intervento del Politecnico di Milano (polo di Mantova) e di Ugo Orlandelli, titolare del garden La valle dei fiori.

È una sperimentazione finanziata dal Fondo sociale europeo: se darà i suoi frutti, potrà essere estesa agli altri cinque Opg italiani. Dietro a un progetto così all’avanguardia, un sapere che è antico di secoli: "È difficile immaginare quanto una persona possa ricevere vivendo a contatto con fiori e piante", spiega Mauro Bianconi.

Docente di morfologia urbana ad Architettura, conta tra le sue specializzazioni anche questa: lo studio dell’impatto sulla psiche umana di colori, profumi e "suoni" delle piante: "Virtù che erano note dall’antichità: a Palazzo Ducale Isabella d’Este fece costruire un hortus conclusus, cioè un piccolo giardino dove le donne di corte potevano ritirarsi per leggere e rilassarsi". Sul benessere dell’animo legato agli elementi lineari della rosa, aggiunge, sono state prodotte ricerche anche di recente.

Ma ora c’è la curiosità di applicare queste scoperte a una realtà complessa come un ospedale psichiatrico giudiziario: "Particolarmente interessante è che il progetto si svolga nell’unico Opg in Italia che ha una sezione riservata alle donne" dice Bianconi. Il recupero delle aree verdi riguarderà la Ghisiola, località dove sorge la struttura: almeno 85 mila metri quadri, ma ai quali bisogna aggiungere altre aree.

"L’intervento ha una parte teorica ma anche una pratica - spiega Calogero -. Il momento formativo prevede lezioni per imparare a conoscere le piante, assegnare a ogni albero una propria etichetta". La pratica, invece, è il giardinaggio. Rose, ma anche altre essenze come timo e menta. Per imparare il mestiere, i partecipanti al progetto conteranno sull’aiuto dell’imprenditore Orlandelli, che fornisce piante, materiali da giardinaggio, ma soprattutto know how, come si dice (cioè sapere). Incrocio di soggetti e passioni.

Nella speranza che le stesse nascano in detenuti e pazienti che prenderanno parte al progetto. "La personalità di questi pazienti spesso non è stata distrutta del tutto", spiega Calogero. Può rinascere, insomma. E una mano può arrivare da fiori e piante.

Varese: la formazione per il lavoro premia... anche in carcere

 

Varese news, 5 maggio 2009

 

Dieci detenuti hanno frequentato il corso di tinteggiatura e imbiancato alcuni uffici dell’istituto. Il riconoscimento assegnato per la "buona partecipazione, la costanza e la responsabilità dimostrata".

Un riconoscimento per la "buona partecipazione, la costanza e la responsabilità dimostrata". È con questa motivazione che ieri, lunedì 4 maggio, dieci persone detenute nel carcere di Varese hanno ricevuto da parte della direzione un encomio per il lavoro svolto nell’ambito del corso di tinteggiatura. "Si tratta di un corso che rientra nell’attività formativa del 2009 - spiega la responsabile dell’Area trattamentale Maria Mongiello - che si è svolto fra febbraio e aprile.

In pochi giorni questo gruppo molto affiatato di lavoratori guidato da un valido docente ha tinteggiato vari uffici dell’istituto. Hanno dimostrato un grande impegno e serietà nel lavoro svolto. Per questo, oltre all’attestato di frequenza che viene rilasciato da Enaip, la direzione ha deciso di dar loro un ulteriore riconoscimento".

L’encomio infatti è un attestato - previsto dall’articolo 76 del regolamento di esecuzione - che viene dato in casi particolari e non solo a chi "si comporta bene". In pratica si tratta di una pergamena che viene inserita nel fascicolo personale di chi lo riceve ed entra quindi a far parte del suo curriculum. Aver ricevuto uno o più encomi può essere importante nel momento in cui la persona detenuta viene valutata per eventuali benefici, come la liberazione anticipata o permessi premio.

Per festeggiare i dieci "imbianchini" l’amministrazione penitenziaria ha quindi organizzato una piccola cerimonia interna a cui hanno partecipato il direttore dell’istituto Gianfranco Mongelli, Maria Mongiello, il direttore di Enaip Alfredo Giaretta, il comandante degli agenti di Polizia penitenziaria Alessandro Croci, gli agenti coinvolti nell’organizzazione e nell’esecuzione del corso, gli operatori della casa circondariale e due rappresentanti della Provincia di Varese.

Parma: Cgil; le aggressioni? per troppi detenuti e pochi agenti

 

La Repubblica, 5 maggio 2009

 

La Cgil lancia l’allarme sulla carenza d’organico dopo che un carcerato si è scagliato contro un agente e si domanda: "Cosa accadrà con il reato di clandestinità?".

Dopo l’ultima aggressione nei confronti di un lavoratore all’interno del carcere di Parma, la Cgil di Parma lancia l’allarme nella convinzione che "le aggressioni sono direttamente proporzionali alla crescita dei detenuti".

In una nota, il segretario della Fp Cgil provinciale, Donato Coltelli, ha ricordato che "Parma ospita oggi 450 tra condannati e imputati, con due reparti chiusi per ristrutturazione, con l’apertura dei quali si supererà quota 600", e che "la carenza di poliziotti penitenziari a Parma è vicina a quota 200, mentre mancano sei educatori sui nove previsti. Questi sono i dati drammatici sotto gli occhi di tutti".

Ma soprattutto, per la Cgil, restano le preoccupazioni sul futuro, una serie di domande destinate a "restare senza risposta": "La categoria si chiede cosa accadrà con l’introduzione del reato di clandestinità. Aumenterà ancor di più la popolazione detenuta? - ha continuato Coltelli - E come si affronterà questa emergenza, con la semplice costruzione di nuovi padiglioni?".

Da qui la sua conclusione: "Se oggi accadono fatti gravissimi come le aggressioni che colpiscono gli operatori che quotidianamente assicurano la vigilanza negli istituti con grande spirito di abnegazione, quali misure saranno adottate per contrastare questo fenomeno e cosa accadrà domani con più detenuti, maggiori reparti da vigilare, senza un adeguato numero di operatori e con la restrizione di benefici legge?".

Rovigo: una azienda tessile dona biancheria intima ai detenuti

 

Il Gazzettino, 5 maggio 2009

 

Su richiesta dei volontari del coordinamento, la Solera - azienda del settore intimo e corsetteria di Santa Maria Maddalena, frazione di Occhiobello - ha fatto dono alle persone detenute nelle sezioni maschile e femminile della Casa Circondariale di Rovigo di un pacco contenente prodotti di abbigliamento intimo donna e uomo. Aderiscono al coordinamento le associazioni Centro francescano d’ascolto, Portaverta, San Vincenzo de Paoli e la Caritas diocesana.

Si tratta di un segno importante di attenzione ai problemi delle persone recluse nell’istituto penitenziario polesano in un momento difficile per il sovraffollamento, che ha raggiunto i massimi numeri storici: 128 persone per una capienza che è meno della metà. Una situazione, purtroppo, comune a molte carceri italiane. A livello nazionale, infatti, i detenuti supera le sessanta mila persone, mentre la capienza delle strutture arriva a quaranta mila.

"L’annuncio fatto dal ministro della Giustizia, Angiolino Alfano, sull’aumento del numero di persone che dovrebbe contenere il nuovo complesso in costruzione - afferma Livio Ferrari, garante delle persone private della libertà del Comune di Rovigo - è l’ennesima risposta sbagliata ad un problema che non si risolverà con l’aumento di posti nelle carceri italiane. Infatti, è provato che, dove sono aumentati i posti, sono parimenti aumentati gli ospiti! C’è, invece, la necessità di approvare leggi che creino meno carcere e alimentino la restituzione del danno non restando chiusi inutilmente, ma attraverso lavori socialmente utili".

Palermo: i detenuti fanno rinascere giardini Centro Direzionale

 

Redattore Sociale - Dire, 5 maggio 2009

 

Via i rami secchi, spazio a piante ed erbe aromatiche nel locale che ospita gli uffici amministrativi della provincia. Dopo le lezioni teoriche, al via il lavoro che durerà 3 mesi.

Via arbusti secchi e sterpaglie, spazio a piante ed erbe aromatiche. Grazie al lavoro di sette detenuti rinasce il giardino del Centro Direzionale San Lorenzo, sede di molti degli uffici amministrativi della provincia di Palermo. Già da ieri, è iniziata, infatti, la seconda fase del progetto "Oltre il giardino", promosso dall’assessorato provinciale all’Ambiente con la casa circondariale Ucciardone e la Uisp (Unione italiana sport per tutti), per aiutare giovani detenuti del carcere ad imparare un mestiere, in vista di un possibile reinserimento sociale al termine della detenzione.

Dopo la fase teorica, durata per tutto il mese di marzo con nozioni di botanica, lezioni teorico-pratiche di floricoltura, tecniche di piantumazione e nozioni sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, i partecipanti, selezionati dalla direzione della Casa Circondariale Ucciardone e dall’autorità giudiziaria, hanno cominciato a dedicarsi al lavoro sullo spazio verde provinciale. Per tre mesi, per una decina di ore alla settimana, cureranno lo spazio esterno che circonda l’edificio di via San Lorenzo, fino a ripulirlo completamente, aggiungendo poi con fiori e piante ornamentali.

"Dopo i soddisfacenti risultati della prima fase dell’iniziativa che ha una grande valenza sociale - sottolinea il presidente della Provincia Giovanni Avanti - stiamo proseguendo nel percorso che intende favorire il processo rieducativo dei carcerati. Si tratta di un progetto pilota per un lavoro di gruppo finalizzato al reinserimento sociale dei detenuti che vanno considerati come una risorsa".

"Abbiamo voluto fornire un servizio utile per la collettività - aggiunge l’assessore Vito Di Marco - attraverso la salvaguardia e la tutela del patrimonio ambientale. Grazie alla disponibilità dell’Ucciardone, cercheremo in futuro di coinvolgere un maggiore numero di persone che volontariamente potranno riparare agli errori che hanno fatto nella vita". Il progetto promosso anche dall’Uisp ha visto la piena collaborazione dei vertici dell’Ucciardone nelle persone del direttore Maurizio Veneziano e della vice direttrice Carmen Rosselli.

Potenza: agente Polizia Penitenziaria si incatena in Prefettura

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

Un agente di Polizia Penitenziaria in servizio a Volterra (Pisa), e residente ad Avigliano (Potenza), si è incatenato stamani davanti alla sede della Prefettura di Potenza per protestare contro "la mancata concessione del trasferimento in Basilicata, necessario per accudire un genitore disabile e previsto dalla legge numero 104".

L’uomo ha spiegato di aver chiesto all’amministrazione penitenziaria il trasferimento "a sede più idonea, e concesso solo in parte con permessi e distaccamenti temporanei, giustificati dal fatto che la disabilità del genitore è sopravvenuta solo dopo l’assunzione. Ma altri colleghi - ha concluso - hanno beneficiato della legge senza problemi. Per questo vorrei che l’amministrazione applicasse la 104 con trasparenza e giustizia".

Pisa: convegno del Seac; dedicato alla medicina penitenziaria

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

Il Seac, da sempre attento alla formazione culturale del volontariato, dedica la prima parte del convegno, che si svolgerà l'8 maggio nel carcere Don Bosco di Pisa, alla valutazione dello "stato di salute" della riforma della sanità penitenziaria. La seconda parte della giornata, presso il Comune di Pisa, tratterà la tematica degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e della salute mentale.

Il 9 maggio è prevista la visita all’Isola di Gorgona. Su questi temi sono chiamati a discutere rappresentanti del mondo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, del Volontariato, della Magistratura, degli Enti locali, della sanità. Parleranno sul tema dello stato di attuazione della riforma: Vittorio Cerri, Leda Colombini, Antonietta Fiorillo, Francesco Ceraudo, Elisabetta Laganà; come rappresentanti degli Enti Locali Marco Filippeschi, Manola Guazzini, Maria Paola Ciccone. Nella sessione dedicata agli Opg parleranno: Bruno Benigni, Gianluca Borghi, Franco Corleone, Maria Grazia Grazioso, Giuseppe Nese, Massimo Niro, Daniele Simonazzi, Luisa Prodi. Sono previsti interventi di detenuti e volontari. Interverrà Emilio di Somma, vice Capo Dipartimento Amministrazione Penitenziaria. Sono stati invitati il vice Presidente della Camera dei Deputati Rosy Bindi e il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio.

Cinema: rassegna cinematografica, a Rebibbia e a Sollicciano

 

Redattore Sociale - Dire, 5 maggio 2009

 

Si chiama "Film Spray" la rassegna che farà tappa anche negli istituti penitenziari di Roma e Firenze dal 7 al 9 maggio: 9 film, 20 ospiti e una tavola rotonda da cui uscirà un documento da presentare al mondo della politica.

Il cinema indipendente italiano in nove film, 20 ospiti e una tavola rotonda in contemporanea a Roma, Tuscania, Firenze e nelle carceri di Sollicciano e Rebibbia: è la prima edizione di Film Spray organizzata dal 7 al 9 maggio dall’Istituto Lorenzo de Medici del capoluogo toscano con il patrocinio del comune di Firenze e di Rai Trade.

A Firenze si svolgerà al cinema Ciak (che verrà riaperto per l’occasione) e nel carcere di Sollicciano, a Roma presso il Museo di San Giovanni dei Fiorentini e nel carcere di Rebibbia e in Tuscania al Teatro della Rocca.

I film selezionati per la rassegna sono in competizione tra loro sottoposti al voto del pubblico. I vincitori saranno distribuiti attraverso i canali di Rai Trade e attraverso la rete di università italiane e americane con cui l’Istituto Lorenzo De Medici lavora. Verrà proiettato l’unico film da regista di Alessandro Haber, Scacco Matto, che sarà a Firenze per incontrare il pubblico. Gli altri film in competizione sono Come l’ombra di Marina Spada, Cover boy di Carmine Amoroso, Il giorno, la notte. Poi l’alba di Paolo Bianchini, Il rabdomante di Fabrizio Cattani, Nelle tue mani di Peter del Monte, L’estate d’inverno di Davide Sibaldi, Sfiorarsi di Angelo Orlando e L’estate di mio fratello di Pietro Reggiani.

Da sottolineare la tavola rotonda alla quale parteciperanno i rappresentanti del mondo della distribuzione e alcuni registi che sono presenti alle proiezioni: nell’occasione verrà elaborato un documento che sarà sottoposto al mondo della politica per sensibilizzare sulle difficoltà incontrate da chi fa cinema.

Polonia: rieducare i detenuti portandoli in visita ad Auschwitz

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

Nell’ambito di un progetto regionale di reinserimento sociale, detenuti delle prigioni polacche saranno portati a visitare ad Auschwitz il Museo del più grande ex campo di sterminio nazista. Lo ha confermato al quotidiano Gazeta Wyborcza il portavoce del Museo Jaroslaw Mansfelt.

"Le autorità carcerarie hanno constatato che conoscere la terribile storia dei questo campo di concentramento può essere un elemento utile del programma di reinserimento", ha detto il portavoce. Secondo il quotidiano polacco, durante la visita di un giorno i prigionieri potranno ascoltare delle conferenze sul sistema carcerario del Terzo Reich, sulle opere d’arte lasciate dagli ex prigionieri, sugli sperimenti medici realizzati dai nazisti. Per gli ideatori del progetto, l’impatto di una tale visita potrebbe aiutare a prevenire gli atteggiamenti di intolleranza e di disprezzo degli altri. Di recente un simile progetto era stato avviato per i detenuti irlandesi condannati per atti di terrorismo.

Myanmar: 21 persone detenute, per aver aiutato dopo ciclone

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

A un anno di distanza dal ciclone Nargis che devastò Myanmar, Amnesty International ha chiesto al governo del paese asiatico il rilascio immediato e incondizionato di 21 persone imprigionate per aver portato soccorsi alle vittime. Nelle prime ore successive al ciclone (che fece oltre 84.500 vittime e quasi due milioni e mezzo di sfollati), privati cittadini si misero al lavoro per distribuire aiuti e ricostruire le aree devastate. Per tre settimane, il governo rifiutò l’assistenza internazionale. Decine di migliaia di persone risultano ancora disperse.

Venti delle 21 persone arrestate un anno fa sono state condannate al termine di processi irregolari e sei di esse a pene che vanno da 10 a 35 anni. Tutte sono state incriminate per aver portato aiuti alle vittime, aver dato notizia del ciclone o aver seppellito i morti.

"Questa è la parte sconosciuta delle conseguenze del ciclone Nargis: il governo di Myanmar che si accanisce contro le persone che portano i soccorsi" - ha dichiarato Benjamin Zawacki, ricercatore di Amnesty International su Myanmar.

Sette dei 21 detenuti, come ormai pare la regola per i prigionieri politici, si trovano in carceri lontane dai luoghi di residenza e in alcuni casi i loro familiari devono intraprendere un viaggio di nove giorni per visitarli. A causa della povertà diffusa e della carenza di cure mediche nelle carceri, i prigionieri politici spesso fanno affidamento esclusivo sulle famiglie per ricevere medicine essenziali, cibo e vestiti.

Tra i 21 detenuti figura il noto attore Zarganar, condannato a 35 anni per aver guidato un movimento privato di donatori. È stato arrestato il 4 giugno 2008 per aver concesso interviste alla stampa estera in cui criticava la gestione dell’emergenza da parte del governo. Zarganar aveva aderito già nel 1988 all’opposizione contro il regime militare ed era stato arrestato per aver chiesto riforme democratiche. È in cattive condizioni di salute e non gli vengono fornite cure mediche adeguate.

Nay Win e sua figlia Phyo Phyo Aung, Aung Kyaw San, Lin Htet Naing (conosciuto anche come Aung Thant Zin), Phone Pyeit Kywe e Shein Yazar Tun sono stati condannati a pene varianti da due a quattro anni di carcere per aver aiutato a seppellire le vittime del ciclone nella città di Bogale, nella zona del Delta dell’Irrawaddy, completamente devastata. I 21 detenuti fanno parte di un totale di oltre 2100 prigionieri politici.

Francia: le guardie carcerarie scioperano per sovraffollamento

 

Il Giornale, 5 maggio 2009

 

Giorno di paralisi in gran parte delle 194 prigioni francesi, in cui circa 60mila persone sono detenute in condizioni di sovraffollamento, sotto la vigilanza di 24.300 guardie carcerarie. Proprio la protesta contro l’eccessiva concentrazione dei detenuti è alla base dell’iniziativa dei sindacati dei "secondini", affiliati alle principali confederazioni sindacali.

Le guardie carcerarie francesi non possono scioperare, ma ieri - garantito il servizio minimo all’interno degli istituti di pena - si sono radunate di fronte ai cancelli gridando slogan ed esponendo striscioni contro Rachida Dati, ministra della Giustizia. Quest’ultima era in viaggio all’estero, a prova del fatto che ormai sta prendendo le distanze dai problemi del dicastero che guida da due anni. Sarkozy le ha praticamente imposto di candidarsi alle prossime elezioni europee e le sue dimissioni dal governo sono questione di settimane.

Le guardie carcerarie hanno tentato persino di impedire l’uscita dalle prigioni dei detenuti che dovevano recarsi in Tribunale per i loro processi. In alcuni casi i secondini sono venuti alle mani con i poliziotti, che hanno fatto uso di lacrimogeni per aprire la strada ai convogli diretti ai palazzi di giustizia.

Oltre a chiedere la costruzione di nuove prigioni e l’assunzione di altri colleghi, le guardie carcerarie sollecitano migliori condizioni salariali e la riorganizzazione dei ritmi di lavoro. Sempre ieri si sono riuniti a Parigi i rappresentanti delle confederazioni sindacali impegnate nella protesta antigovernativa. È stato deciso di insistere sulla via della lotta, che appare sempre più politica, contro Sarkozy e contro le sue misure anticrisi, considerate insufficienti.

Stati Uniti: entrò in carcere a 14 anni... è assolto dopo 16 anni!

 

Ansa, 5 maggio 2009

 

A 30 anni ha passato più della metà della sua vita in prigione, da innocente. Ma ora Thaddeus Jimenez è di nuovo libero. Lunedì scorso ha lasciato il carcere, dopo averci passato 16 anni ed è diventato la più giovane vittima di errore giudiziario degli Usa. "Ci sono molti altri innocenti in prigione - ha detto - Spero che il mio caso possa aiutare ad impedire che altri possano provare quello che ho provato io". Nel ‘93 fu condannato a 45 anni per aver ucciso un coetaneo.

 

 

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