Rassegna stampa 2 maggio

 

Giustizia: sul ddl-sicurezza, ancora divisioni nel centro-destra

di Andrea Carugati

 

L’Unità, 2 maggio 2009

 

Ddl sicurezza, cresce la fronda nel Pdl. "Siamo ottanta a non volere la fiducia", dice Fabio Granata. Fini vede Maroni e chiede chiarimenti su bambini immigrati, ronde e presidi-spia. Martedì vertice Pdl-Lega.

Nel centrodestra non c’è ancora l’accordo sul ddl sicurezza. Le ronde, le norme sui presidi-spia e il famigerato articolo "45 F", che rischia di impedire alle mamme clandestine di riconoscere i loro figli, continuano a sollevare forti perplessità nel Pdl.

Non c’è solo Alessandra Mussolini, che ha già pronti 20 emendamenti per l’aula di Montecitorio. Il fronte dei 101, che alcuni mesi fa aveva scritto a Berlusconi per eliminare la norma sui medici-spia, è ancora attivo. "Siamo almeno un’ottantina a non volere il voto di fiducia, e lunedì chiederemo una riunione del gruppo Pdl", dice Fabio Granata, deputato ex An vicino a Fini. "Non poter iscrivere i figli a scuola è incostituzionale, anche se si tratta di clandestini", rincara la Mussolini, che ribadisce: "Il gruppo dei 101 è ancora attivo, mi auguro che la fiducia non ci sia e che la Camera possa garantire dei diritti fondamentali".

Bambini clandestini, presidi-spia e ronde sono stati al centro ieri di un incontro alla Camera tra Fini e Maroni: il presidente della Camera avrebbe chiesto chiarimenti al ministro dell’Interno ed espresso tutte le sue perplessità. Non è un mistero che su questo tema l’ex leader di An e i leghisti la pensino diversamente: Fini si è battuto contro i medici spia e, pubblicamente, ha spiegato che "prima di tutto viene la dignità della persona, sia esso un immigrato regolare o clandestino".

È possibile che Maroni possa dare il via libera ad alcune modifiche, almeno sui presidi-spia, ottenendo in cambio dal Pdl rassicurazioni sull’approvazione della norma che estende a 6 sei mesi la detenzione degli immigrati. Dal suo staff si rimanda tutto a martedì, quando Maroni, Alfano e La Russa vedranno alla Camera i capigruppo di Pdl e Lega, per decidere sul voto di fiducia. Ieri in Consiglio dei ministri Maroni non ha posto la questione. Ma in casa leghista c’è molta inquietudine. "Non voglio rischiare la bocciature di norme importanti come quella sui Cie", ha detto Maroni. Dunque, se emergeranno dissensi, "metteremo la fiducia".

Il titolare del Viminale è infuriato per una modifica che è stata approvata dal Pdl in commissione due giorni fa: la norma che puniva con tre anni di esclusione dagli appalti pubblici gli imprenditori che non denunciavano il racket è stata molto ammorbidita, con il consenso dei due relatori Santelli e Sisto.

Ora l’imprenditore dovrà essere rinviato a giudizio prima che scatti l’esclusione dagli appalti. "Colpa delle lobby", attacca Maroni rivolto ai costruttori. "Sopprimere le norme antiracket è un gravissimo errore", dice Marco Minniti del Pd. Giuseppe Lumia: "Un danno clamoroso per la lotta alla mafia". Ma Donatella Ferranti, anche lei del Pd, approva la modifica: "È più garantista". Tano Grasso accusa il Pd: "Se fossero rimasti in aula non sarebbe passata". Enzo Marco Letizia, segretario dell’associazione funzionari di polizia: "Il ddl sicurezza favorisce le mafie e non garantisce sicurezza".

Letizia mette a confronto le norme sui clandestini e quelle sul racket: "Così lo Stato è forte con i deboli e debole con i forti". Su questa linea anche Granata, numero due della commissione Antimafia, che definisce "gravissime" le modifiche sul racket: "Rigore solo con i clandestini e non con gli imprenditori". Granata è critico anche sulle ronde: "Uno spot per la Lega".

Intanto Berlusconi ribadisce: "Continueremo a usare l’esercito per garantire la legalità". E La Russa annuncia: "Voglio aumentare il numero di militari nelle città". E da Bergamo, il candidato leghista alla provincia Ettore Pirovano propone: "Al pronto soccorso prima bisogna curare gli anziani italiani, e poi gli stranieri, a prescindere dalla gravità".

Giustizia: sicurezza stradale; stretta su alcol e droga non paga

di Andrea Carli

 

Il Sole 24 Ore, 2 maggio 2009

 

"Il testo dei disegno di legge sulla sicurezza stradale, approvato mercoledì dalla Commissione trasporti della Camera sarà sottoposto all’esame di Montecitorio a metà maggio.

Lo ha reso noto il sottosegretario ai Trasporti, Bartolomeo Giachino. Il documento in discussione prevede un inasprimento delle sanzioni per chi guida sotto l’effetto dell’alcol. Ad esempio, i neopatentati e i conducenti professionali per i quali è richiesta la patente di categoria C, D, E se si mettono al volante non possono bere nemmeno un sorso di birra altrimenti rischiano una multa da 200 a 800 euro.

L’ultimo intervento che avrebbe dovuto garantire una stretta su questo tipo di reati è il decreto legge 92/08, convertito nella legge 125/2008. L’obiettivo del decreto era quello di colpire chi guida in stato di ebbrezza o sotto alterazione psico-fisica, derivante da uso di sostanze stupefacenti. Se si guarda ai dati ufficiali, la sensazione è che il provvedimento del 2008 non abbia ancora espresso del tutto il "effetto deterrente".

Capitolo primo: guida sotto l’effetto dell’alcol. La scelta è stata quella di adottare sanzioni più severe: secondo il decreto legge 92/08, ad esempio, se il tasso alcolemico va oltre 1,5 grammi per litro scatta l’ammenda tra 1.500 e 10mila euro e l’arresto da sei mesi a un anno (oltre alla sospensione della patente da uno a due anni e la confisca del veicolo a seguito della sentenza di condanna).

Nel 2008 Polizia stradale e Arma dei Carabinieri hanno accertato 47.465 infrazioni, contro le 47.206 del 2007. Il che, tradotto, significa 259 infrazioni in più da un anno all’altro, una variazione minima (+0,5%), ma che evidenzia come le sanzioni, per quanto più stringenti, non abbiano ancora la forza di convincere le persone, che sono sotto l’effetto dell’alcol a non mettersi alla guida. Va comunque tenuto presente che, se nel 2007 i conducenti controllati con etilometri e/o precursori erano circa 790mila, nel 2008 erano saliti a quasi un milione e 400mila. In estrema sintesi: più persone controllate, incremento contenuto delle infrazioni accertate.

Il decreto legge ha usato il pugno duro anche contro la guida sotto l’effetto di droghe. Chiunque si mette al volante in stato di alterazione psico-fisica, dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope, è punito con l’ammenda da 1.500 a 10mila euro e l’arresto da tre mesi a un anno. In questo passaggio, l’equiparazione con l’articolo 186 del Codice della strada - quello che sanziona l’uso di bevande alcoliche, nella fascia più grave (tasso alcolemico che va oltre 1,5 grammi per litro) - è completa.

Se nel 2007 Polizia stradale e Arma dei Carabinieri hanno accertato circa 4.500 infrazioni (4.515) dell’articolo 187 del Codice della strada ("Guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti"), l’anno successivo il risultato raggiunto è pressoché analogo: 4.564 infrazioni accertate, con una variazione - ancora in positivo - minima: +1,1%... 49 pericoli in più sulla strada.

Giustizia: libertà di stampa; Italia paese "parzialmente libero"

di Andrea Tirone

 

www.giornalismoblog.it, 2 maggio 2009

 

L’Italia è retrocessa nella categoria dei paesi "parzialmente liberi", nell’annuale classifica sulla libertà di stampa stilata dall’organizzazione internazionale Freedom House. Tra le cause della retrocessione, relativa agli eventi dell’anno 2008, il rapporto cita il ritorno al governo di Silvio Berlusconi, un aumento di azioni legali contro i giornalisti e le minacce del crimine organizzato.

Il rapporto 2009, presentato ieri a Washington, vede l’Italia come unico paese europeo, insieme alla Turchia, a retrocedere dalla categoria dei "paesi liberi" a quella dei paesi dove la libertà è "parziale".

In Italia la situazione è peggiorata, afferma Karin Karlekar di Freedom House, "per l’aumento del ricorso ai tribunali e alle denunce per diffamazione per limitare la libertà di espressione e anche per l’aumento di intimidazioni fisiche ed extralegali da parte sia del crimine organizzato, sia di gruppi di estrema destra".

Il rapporto cita poi "preoccupazioni" per la proprietà dei mezzi d’informazione e afferma che "il ritorno al ruolo di premier del magnate Silvio Berlusconi ha risvegliato i timori sulla concentrazione di mezzi di comunicazione pubblici e privati sotto una sola guida".

Nel resto d’Europa, anche la Grecia ha subito un significativo arretramento: precede infatti l’Italia di una sola postazione, e tuttavia mantiene la valutazione free, a differenza del nostro Paese, che nella classifica generale si trova al 71° posto a pari merito con Benin e Israele.

Scorgendo la classifica, i Paesi più liberi dell’Europa Occidentale sotto il profilo della libertà di stampa, secondo Freedom House, sono l’Islanda (primo), la Finlandia e la Norvegia (secondi), la Danimarca e la Svezia (quarti). Gli stessi Paesi sono anche in cima alla classifica generale. I primi Paese non europei nella classifica mondiale della libertà di stampa redatta da Freedom House sono la Nuova Zelanda e la Repubblica di Palau, all’undicesimo posto a pari merito con il Liechtenstein. Gli Stati Uniti arrivano solo al ventiquattresimo posto, a pari merito con la Repubblica Ceca e con la Lituania.

Poco più di un terzo dei 195 Paesi esaminati garantiscono attualmente la libertà di stampa: sono classificati "free" solo 70 Stati, il 36% del campione. Sessantuno (il 31%) sono "parzialmente liberi" e 64 (il 33%) sono "non liberi". Secondo l’indagine, solo il 17% della popolazione mondiale vive in Paesi che godono di una stampa libera.

La situazione è particolarmente peggiorata, oltre che in Italia, nell’Est asiatico, mentre per alcuni Paesi dell’ex Unione Sovietica, del Medio Oriente e del Nord Africa Freedom House parla di vere e proprie intimidazioni nei confronti della stampa libera. Un significativo passo in avanti è stato registrato dalle Maldive, passate dalla categoria "not free" a quella "free" grazie all’adozione di una nuova costituzione che protegge la libertà di manifestazione del pensiero, e al rilascio di un importante giornalista, detenuto in carcere.

Freedom House è un’organizzazione non-profit indipendente fondata negli Stati Uniti nel 1941 per la difesa della democrazia e la libertà nel mondo, la cui prima presidente fu la First Lady Eleanor Roosevelt. L’associazione esamina, attraverso un rapporto annuale, la libertà di stampa in 195 Paesi da quasi 30 anni: il primo rapporto è del 1980.

Giustizia: il 38% dei detenuti è contagiato da forme di epatite

 

Asca, 2 maggio 2009

 

Poco meno del 40% dei detenuti nelle carceri italiane presenta forme di epatite: è l’allarmante dato reso noto recentemente dalla Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria. Stando ai risultati raccolti, emerge che il 38% dell’intera popolazione detenuta sarebbe, infatti, colpita da epatite virale causata da Hcv.

Una recente interrogazione parlamentare ha sollecitato le verifiche sulla situazione denunciata dalla Simspe. I dati parlerebbero chiaro: secondo la Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria la situazione-malattie in carcere risulterebbe ancor più complessa alla luce del fatto che nel nostro Paese si registrano anche tremila detenuti affetti da Hiv. Dai dati presentati dalla Simspe risulta evidente anche un preoccupante 15% di individui in regime di detenzione con forme di Aids in fase conclamata e un 25% positivo al test per valutare l’infezione causata da tubercolosi.

Giustizia: uno studio sulla salute di madri e bambini in carcere

di Anna Rita Cillis

 

La Repubblica, 2 maggio 2009

 

Seguono le madri in carcere, così come consente la Legge Gozzini. Hanno da zero a tre anni. Trascorrono le loro giornate nei nidi allestiti in alcuni penitenziari italiani. Ma come vivono e sopracuto com’è il loro stato di salute? Per la prima volta in Italia alcuni medici hanno analizzato le cartelle cliniche dei bambini "reclusi". A

dar vita allo studio, pubblicato sull’ultimo numero della rivista scientifica Scandinavian Journal of Public Health, il team di pediatri dell’università Cattolica di Roma che ha avuto accesso ai dati dei piccoli passati dal carcere di Rebibbia a Roma, dall’inizio del 2003 a metà del 2005.

"In Italia non erano mai state verificate, dall’esterno, le condizioni di salute dei bambini in carcere", spiega Pietro Ferrara, ricercatore della Clinica Pediatrica dell’Università Cattolica e ordinario del Campus Biomedico di Roma. "Così ci siamo messi al lavoro e grazie alla collaborazione della direzione del carcere di Rebibbia abbiamo analizzato le cartelle cliniche di 150 bambini: tutti quelli entrati e usciti nell’arco di un anno e mezzo dal carcere. I dati sono stati poi messi a confronto con quelli di altrettanti bambini della stessa età visitati negli ambulatori pediatrici del policlinico Gemelli di Roma e quelli di circa cento bambini figli di immigrati residenti in Italia".

Il primo dato valutato dai ricercatori è stato l’età gestazionale: si è scoperto così che per il 20 per cento dei bambini vissuti in carcere la durata della gravidanza era stata al di sotto delle 37 settimane contro il 9 per cento dei figli degli immigrati e solo il 5 per cento dei piccoli nati in Italia. Secondo Ferrara fattori determinanti nelle nascite premature tra le donne arrestate "potrebbero essere rischi ambientali come le infezioni, le abitudini errate, il fumo, l’uso di stupefacenti e spesso anche il fatto che la gravidanza o non viene seguita affatto oppure non lo è come dovrebbe".

Il 70 per cento delle donne detenute così come le altre madri, decide di allattare. Ma è l’età dello svezzamento a fare la differenza: "Nei penitenziari avviene prima. E purtroppo questo può comportare rischi come la sensibilizzazione ad antigeni alimentari. Un fattore che predispone alle allergie e che può aumentare il rischio di intossicazioni da sostanze conservanti o coloranti contenute negli alimenti", aggiunge Ferrara.

Ma a preoccupare maggiormente i pediatri della Cattolica è la bassa percentuale di bambini entrati in carcere vaccinati: in Italia lo sono il 100 per cento, tra gli immigrati lo è l’80 per cento mentre tra le cartelle esaminate è emerso che lo era solo il 14 per cento dei piccoli entrati in carcere. "Per fortuna", spiega Pietro Ferrara, "lo stato vaccinale viene adeguato poi nel penitenziario".

Alla fine il bilancio per gli specialisti è positivo: "A Rebibbia la sanità funziona anche se potrebbe essere migliorata. E soprattutto sarebbe utile informatizzare le cartelle cliniche e rendere regolari gli incontri con le madri detenute". Prossimo passo dell’équipe della Cattolica: estendere la ricerca ad altre carceri.

Giustizia: Fondazione "Di Vincenzo"; progetto di reinserimento

 

www.newsrimini.it, 2 maggio 2009

 

Si chiude domani alla Fiera di Rimini la 32esima convocazione nazionale del Rinnovamento nello Spirito. Questa mattina il ministro della giustizia Alfano ha partecipato ad una tavola rotonda sul tema "Economia della salvezza e salvezza dell’economia".

Dopo il dibattito, il ministro e il presidente di Rinnovamento Martinez hanno presentato un’iniziativa per il reinserimento sociale dei detenuti. Un fondo terriero di 40 ettari a Caltagirone in Sicilia, dove trascorsero l’infanzia Mario e Luigi Sturzo, trasformato in una cittadella dove i detenuti e le loro famiglie vivono e si dedicano ad attività agricole o artigianali.

Un’occasione di riabilitazione ed inserimento che ha offerto lo spunto, nel 50esimo dalla morte di Don Sturzo, ad un progetto più esteso allo studio di una commissione tecnica. L’idea è quella di un’Agenzia Nazionale per il Reinserimento Lavorativo di detenuti, ex detenuti e rispettive famiglie che sarà oggetto di una convenzione quadro tra il ministero della giustizia e la Fondazione "Di Vincenzo" presieduta da Salvatore Martinez, presidente nazionale anche del Rinnovamento nello Spirito Santo, che gestisce proprio il polo d’eccellenza nel fondo terriero di Caltagirone.

Un progetto di promozione umana, lo definisce Martinez, che coinvolgerà detenuti tra i 18 ed i 50 anni, preferibilmente sposati e con figli e con una pena residua di 3 anni. A collaborare anche Caritas, Acli e Coldiretti. Gli insediamenti sperimentali saranno in Campania, Lazio, Veneto e Lombardia.

"Si parla sempre di riabilitazione del detenuto - ha detto Angelino Alfano, ministro della Giustizia - per far stare più tranquilla la società e far sì che chi ha sbagliato non torni a delinquere. Spesso però si trascura il fatto concreto che è il lavoro: se, durante la detenzione, non si insegna ai detenuti un’attività lavorativa, una strada alternativa alla delinquenza, stiamo solo facendo chiacchiere". "Nell’ambito della convenzione che stipuleremo con la Fondazione Di Vincenzo - ha spiegato il ministro - il governo si impegnerà a dare un contributo concreto, anche economico."

Giustizia: riapertura carcere di Pianosa; i Verdi contro Lumia

 

Il Tirreno, 2 maggio 2009

 

Pianosa come modello di sviluppo sostenibile e di eccellenza ambientale. Ne isola carcere né, tantomeno, isola nuclearizzata. Concetti chiari quelli dei Verdi sui quali torna in questi giorni il capogruppo del partito ambientalista in Regione, Mario Lupi. Ma non fa in tempo a spiegare le proprie ragioni che sul tema si abbatte come un ciclone il senatore Giuseppe Lumia, componete della commissione antimafia.

Il dibattito si lega al recente arresto di uno dei capo clan dei Casalesi, Michele Bidognetti rispetto al quale Lumia parla di "un nuovo brillante successo delle forze dell’ordine, ma al tempo stesso è uno schiaffo al regime carcerario". Di fatto Bidognetti durante la latitanza continuava a prendere ordini dal fratello, Francesco, detenuto in regime di 41bis.

E per Lumia è questa circostanza che deve far riflettere sulla necessità di far tornare a Pianosa il supercarcere. Di tutt’altro avviso i Verdi che anzitutto si dicono fortemente preoccupati per le prese di posizione di Confindustria a Livorno, favorevole alla realizzazione, sull’isola, di una centrale nucleare "soluzione questa - spiega Lupi - quanto mai "incredibile" ed infelice. Siamo poi altrettanto preoccupati circa la possibilità, prospettata da autorevoli rappresentanti del governo nazionale, di destinare l’isola a carcere di massima sicurezza una soluzione che sancirebbe la chiusura definitiva e l’impossibilità per chiunque di accedervi".

Un’isola ancor più blindata. Rimarca Lupi: "Ho riscontrato che il Parco Nazionale è impotente ed impossibilitato ad agire, sia per i tagli di bilancio, sia a causa dell’impasse del contenzioso tra Comune di Campo nell’Elba e Demanio, un vero "nodo gordiano", che ormai da anni tiene congelata la possibilità di fruire e godere in pieno le bellezze dell’isola".

La soluzione? Lupi è convinto che "Ognuno, ogni ente, ogni istituzione, ogni organismo ed autorità deve assumersi le proprie responsabilità su cosa sta succedendo e come andrà a finire la storia di questa meravigliosa e dannata isola disabitata: la Regione deve esprimersi e sollecitare le Autorità competenti. Presenterò un’interrogazione urgente in Consiglio Regionale ed una proposta di sopralluogo da parte della commissione consiliare".

Pavia: interrogazione parlamentare sulla situazione dell’Uepe

 

Ristretti Orizzonti, 2 maggio 2009

 

Atto Camera Interrogazione a risposta in Commissione 5-01323 presentata da Angelo Zucchi mercoledì 22 aprile 2009, seduta n. 164 Al Ministro della giustizia.

Per sapere - premesso che: l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Pavia, fino al 2005 denominato Centro di Servizio Sociale per Adulti, istituito in attuazione dell’Ordinamento Penitenziario, è uno dei 5 Uffici presenti nella regione Lombardia che dipendono dall’Amministrazione Penitenziaria;

ha competenza sul territorio della provincia di Pavia e, in forza del decreto legislativo n. 491 del 1999, su ventidue comuni dell’hinterland milanese, associati al Tribunale di Pavia e a quello di Vigevano;

dal punto di vista organizzativo è, allo stato, composto da 14 unità, di cui 7 assistenti sociali, 3 operatori amministrativi, una telefonista, tre operatori di polizia penitenziaria;

l’Uepe svolge un’importante funzione, nel sistema dell’esecuzione penale, volta alla elaborazione e rafforzamento di progetti di reinserimento dei condannati;

i principali ambiti di intervento riguardano: l’attività di osservazione e trattamento presso gli Istituti Penitenziari di Pavia, Vigevano e Voghera;

l’espletamento di indagini sociali per la Magistratura di Sorveglianza e per gli altri Uepe dislocati sul territorio nazionale;

interventi di aiuto, anche attraverso percorsi di reinserimento socio-lavorativo e terapeutici, e controllo del rispetto delle prescrizioni imposte dalla Magistratura di Sorveglianza ai condannati in regime di esecuzione penale esterna (affidati, detenuti domiciliari, semiliberi) e misure di sicurezza (liberi vigilati);

l’Uepe di Pavia palesa una marcata carenza di organico: gli Assistenti Sociali previsti sono complessivamente 21 e ne risultano in servizio 6, più una distaccata dall’Uepe di Milano;

il dato è ancor più grave se si considera che, in seguito al pensionamento dal febbraio 2009 del Direttore Reggente, ad un’Assistente Sociale è stata conferita la reggenza dell’Ufficio e che due unità sono in regime di part-time verticale, una al 50 per cento dal 2009, l’altra all’87,94 per cento, dal 2008;

si precisa, altresì, che dal 2007 il personale tecnico ha subito un’ulteriore riduzione a seguito del pensionamento di due unità, di cui una era responsabile del Servizio;

la situazione del personale si andrà, ancor di più, ad aggravare nei prossimi mesi, con l’astensione obbligatoria per maternità di un’assistente sociale, operatore già con carico ridotto, a tutela dello stato di gravidanza ai sensi del decreto legislativo n. 81 del 2008;

il perdurare della grave carenza d’organico, più volte posta all’attenzione delle Autorità competenti e interessate da parte del personale dell’Uepe di Pavia, è stato oggetto di numerose segnalazioni anche da parte del Provveditorato Regionale per la Lombardia del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che, nel riconoscere il forte disagio del Servizio, ha attuato interventi d’urgenza nell’ambito delle proprie competenze volti al rafforzamento del personale e sollecitato la Direzione Generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a percorrere alcune azioni indicate anche dal personale e dalle organizzazioni sindacali;

il Provveditorato Regionale per la Lombardia, infatti, nella nota del 14 aprile 2009, inviata al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Direzione Generale del Personale e della Formazione e Direzione Generale dell’Esecuzione Penale Esterna) avente ad oggetto: "Uepe Pavia - Perdurare della grave carenza di organico del personale di servizio sociale" chiede di conoscere se in esito alla ricognizione circa le procedure di mobilità interna del personale del Comparto Ministeri sia stata richiesta l’assegnazione all’Uepe di Pavia (segnalando che la Direzione Generale del Personale e della Formazione indica un solo posto disponibile a fronte dei 14 effettivi), nonché se sia possibile accogliere le richieste di transito avanzate da personale proveniente da altri comparti e di valutare la possibilità di diramare un interpello nazionale;

il Prap precisa, inoltre, che non è possibile sopperire alle carenze registrate dall’Uepe di Pavia attingendo alle risorse regionali in quanto tutti gli Uepe della regione registrano uno scostamento del 40 per cento rispetto agli organici previsti, aggravato da un consistente ricorso al part-time;

anche la Direzione Generale dell’Esecuzione Penale Esterna, con nota del 6 marzo 2006, ha indicato Pavia tra le sedi ove maggiormente è preoccupante la mancanza di personale, suggerendo alla Direzione Generale del Personale e della Formazione di percorrere la strada della mobilità prevista dal decreto legislativo n. 165 del 2001;

la significativa e delicata attività cui è chiamato l’Uepe, secondo il mandato istituzionale e professionale, presuppone interventi qualitativi ed efficaci, che non possono prescindere da un adeguato numero di operatori di servizio sociale -:

quali siano le determinazioni del Governo in merito al reclutamento del personale tecnico di servizio sociale e di adottare specifiche iniziative normative perché vengano emanati opportuni provvedimenti volti a incrementare il numero di Assistenti Sociali dell’Uepe di Pavia anche attraverso l’accoglimento delle richieste di transito avanzate da personale proveniente da altri comparti, tuttora in attesa di definizione.

Nuoro: lezioni a detenuti sulla raccolta differenziata dei rifiuti

 

Sardegna Oggi, 2 maggio 2009

 

Raccolta differenziata dei rifiuti anche in carcere. Lezioni ai detenuti di Badu ‘e Carros sul corretto conferimento dei rifiuti. Anche nel carcere di Nuoro si procederà con la raccolta differenziata dei rifiuti che in questi giorni sta decollando in tutta la città. Anzi a Badu ‘e Carros, su iniziativa del Garante comunale dei detenuti Carlo Murgia dell’assessore alla Qualità Urbana Ivo Carboni e del direttore del carcere Patrizia Incollu, si terranno una serie di lezioni ai detenuti sul corretto conferimento dei rifiuti da parte dello stesso assessore Carboni, del funzionario comunale Maria Manca e del direttore di "Nuoroambiente" (la società che gestisce il servizio) Corrado Tore.

Le lezioni della durata di tre ore sono state programmate con la direzione del penitenziario per il 4, il 14, il 20 e 28 maggio. In tempi ancora da definire sarà attivata la raccolta vera e propria, con la fornitura nelle celle e negli spazi comuni, dei cestini di diversi colori, buste e materiale informativo. L’attività si svolgerà sotto la supervisione del responsabile dell’area trattamentale del carcere Silvana Arru e con la collaborazione degli insegnanti che operano a Badu ‘e Carros.

Padova: i detenuti a confronto con allievi dell’Istituto Kennedy

 

Il Mattino di Padova, 2 maggio 2009

 

Oltre una sessantina di persone, tra studenti e genitori dell’Istituto "Kennedy" di Monselice, l’altra sera all’incontro con detenuti in permesso del Due Palazzi, nell’ambito del progetto "La scuola incontra il carcere". "Ci siamo resi conto dell’importanza della testimonianza" ha sottolineato la professoressa Lucia Faggion, promotrice dell’incontro insieme ai volontari di Ristretti Orizzonti, la rivista del Due Palazzi.

"In genere abbiamo l’idea del mostro, invece spesso queste esperienze devastanti arrivano in famiglie normali" ha sottolineato riferendosi all’esperienza del penitenziario, che è stata poi raccontata ai presenti. Vivace il dibattito in sala, a riprova di come le testimonianze dei carcerati abbiano punto sul vivo. Si è trattato di varie storie "normali" come quella di Andrea, 35 anni, in galera da quando ne aveva 21.

Una famiglia sana la sua, la spirale delle dipendenze, fino ad assumere l’eroina "per essere normale, andare al lavoro senza che nessuno si accorgesse di niente", quindi i reati, i processi e la pena da scontare. "Non è vero che in Italia non si va in galera" ha sottolineato Ornella Favero, responsabile della rivista Ristretti Orizzonti. Su un punto sono tutti d’accordo: le misure alternative sono importanti, servono a tastare il terreno per il ritorno alla vita normale.

Napoli: Meeting dei Giovani, scommessa su cultura della legalità

 

Radio Vaticana, 2 maggio 2009

 

Ai giovani del Meeting l’invito di Benedetto XVI, del Presidente della Repubblica e del Ministro della Gioventù ad essere artefici del risveglio del mondo dal torpore di valori.

"Cristo susciti in voi un sempre più vivo desiderio di essere credibili testimoni di fede e di speranza nella vita familiare e sociale". È questo il messaggio che Papa Benedetto XVI ha inviato alle migliaia di giovani che, ieri mattina, hanno partecipato al XXIII Meeting dei Giovani di Pompei, organizzato, ogni 1° maggio, dal Santuario mariano. Accogliendo l’invito del Papa, i giovani del Meeting hanno quindi deciso di non piegarsi alla violenza e alla criminalità, ma, anzi, hanno alzato forte la voce per urlare: legalità. E il loro grido è stato rafforzato dalla marcia per la legalità che, partita dal Centro Educativo "Bartolo Longo", è giunta in Santuario, dove l’Arcivescovo di Pompei, Mons. Carlo Liberati, ha presieduto la celebrazione eucaristica. "Se confidiamo in Gesù e ci affidiamo alla Sua grazia nella preghiera - ha affermato il Prelato durante l’omelia - sentiremo la forza dello Spirito Santo che ci renderà invincibili. La Chiesa, che ci offre questa forza quotidiana nell’Eucaristia, conta su voi giovani di questo tempo, per questa impegnativa missione. Dunque, non dovete scoraggiarvi tra le difficoltà, ma essere pazienti e perseveranti".

Alla voce del popolo del Meeting, si è unita anche quella del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. "Il tema della cultura della legalità - ha affermato il Presidente della Repubblica in un messaggio inviato al popolo del Meeting - costituisce il valore fondamentale attorno al quale aggregare una società rispettosa dei diritti della persona ed attenta ai doveri di solidarietà, chiamando i cittadini più giovani a dare il loro importante contributo attraverso la crescita di una solida coscienza civile".

Grande anche l’orgoglio e la fiducia che il Ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, ha mostrato nei confronti dei giovani. Questo il messaggio che ha fatto giungere in Area Meeting: "I giovani italiani stanno semplificando il mio compito con un eccezionale atteggiamento ricco di orgoglio, tenacia e capacità. Raccolgono ogni giorno le ardue sfide di un’epoca che sembra voler fare di tutto per soffocarne le aspirazioni ed ignorarne, se non umiliarne, i talenti. Accolgo e condivido le parole che il Papa ha pronunciato durante l’ultima Gmg a Sidney, rivolgendo un appello ai giovani esortandoli a "essere profeti di questa nuova era" e a "costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità" contro il "deserto spirituale" e il "vuoto interiore". Ho grande fiducia nelle nuove generazioni perché, come stanno dimostrando nelle dolorose giornate vissute dalle popolazioni abruzzesi, esse sono l’avanguardia delle azioni di solidarietà, di sostegno, di testimonianza e diffusione di valori straordinari".

Per i colpiti dal sisma dell’Abruzzo, intanto, il Meeting ha attivato una raccolta fondi, parte della quale sarà destinata alla costruzione di un oratorio giovanile a Baga, in Togo. Nel pomeriggio, ancora grande attenzione è stata dedicata al tema della legalità. Ad offrire la loro testimonianza, infatti, due detenuti della Casa Circondariale di Napoli - Secondigliano e il Cappellano, Don Raffaele Grimaldi. Dal Penitenziario, inoltre, è stato trasmesso da Napoli Canale 21, che ha seguito l’intero evento in diretta, un collegamento con i detenuti che, alle 18.30, durante l’Adorazione Eucaristica, si sono uniti alle preghiere dei giovani del Meeting per i colpiti dal sisma dell’Abruzzo. A guidare il momento di preghiera, Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Teggiano-Policastro e Delegato Regionale della Campania per la Pastorale Giovanile, che, nell’omelia ha invitato con forza i giovani del Meeting a "lottare contro la sporcizia della società e contro ciò che la inquina".

Tanti, poi, i personaggi del mondo della cultura, della politica e dello spettacolo che hanno offerto la loro testimonianza. Luca Bondi, Presidente dell’Associazione Umanitaria "Semi di Pace", ha sottolineato come ognuno di noi può essere "la speranza per persone vicine e lontane, carezza di Dio sul volto di milioni di persone per le quali la povertà, la solitudine e la sofferenza sono appuntamenti ordinari".

Da Mons. Domenico Sigalini, Vescovo di Palestrina e Assistente Generale dell’Azione Cattolica Italiana invece, l’invito "a essere sempre autentici, a scavare nella nostra vita, a trovare in essa il seme di Dio e a dare il giusto slancio alle verità della vita". Grande entusiasmo quando sul palco del Meeting è apparso l’amatissimo cantante partenopeo Sal Da Vinci. A divertire i giovani, poi, il popolare cantante e comico Luca Sepe. Gioiosa accoglienza anche per i cantanti Tony Amodio, Linda e Salvatore Esposito. La kermesse è stata presentata dall’attore Pietro Pignatelli e da Nadia Paolella, già instancabile traghettatrice di numerose edizioni del Meeting.

Sono intervenuti inoltre: l’Assessore all’Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione Campania, Dott. Corrado Gabriele, l’Assessore alle Politiche Giovanili della Provincia di Napoli, Dott. Vincenzo Falco, e il Sindaco di Pompei, Avv. Claudio D’Alessio.

Immigrazione: Pisa; 500 - 1.000 € ai rom, per lasciare la città

 

Corriere della Sera, 2 maggio 2009

 

Il rimpatrio con buonuscita è già stato accettato dai primi dodici rom, quattro famiglie in tutto. Tra qualche giorno saliranno su un pullman per raggiungere i luoghi di origine, in Romania. Viaggio spesato e bonus in denaro: dai cinquecento ai mille euro a nucleo familiare da erogare solo a destinazione raggiunta.

Soldi pubblici, messi a disposizione dalla Società della salute, un consorzio di nove comuni (tra i quali Pisa, Cascina, San Giuliano Terme, Vecchiano, Calci, Fauglia) dell’area pisana e l’Asl. L’accordo, con tanto di firme e controfirme, prevede il consenziente allontanamento dei rom, e in un imminente futuro sarà esteso anche ai cittadini extracomunitari, sempre che siano d’accordo. E che impegna, chi accetta "a non rientrare in Italia almeno per un anno" e a rinunciare ad "accamparsi o a erigere baracche in zona in luoghi pubblici o privati che non siano destinati allo scopo".

Clausole che però hanno provocato in città polemiche e ironia. I rom sono quasi tutti cittadini romeni, dunque comunitari e come membri dell’Ue hanno il diritto di entrare in qualsiasi Paese membro senza restrizioni. Anche se sono stati pagati con assegno per non tornare un anno intero. "Il rimpatrio consenziente è un’idea che ci è venuta durante un monitoraggio dei campi abusivi - spiega Maria Paola Ciccone, assessore alle politiche sociali del comune di Pisa e da lunedì nuovo presidente della Società della salute -.

Sono stati alcuni rom a chiederci di aiutarli a tornare a casa e dunque con i servizi sociali abbiamo deciso questa sperimentazione in collaborazione con la Regione Toscana". Sulla possibilità di "furberie ", l’assessore ammette qualche rischio: "La nostra è una scommessa. Il servizio non è rivolto a tutti ma solo a quelle persone meritevoli di fiducia".

In città il provvedimento sta creando polemiche e malumore. Amanuel Sikera, vicepresidente della Consulta provinciale degli stranieri, in una lettera aperta a Tirreno e Nazione, non ha lesinato critiche agli enti locali. "Sono rimasto sconcertato dalla ricetta proposta per il loro rimpatrio - ha scritto Sikera -. Attuare un siffatto provvedimento significa ammettere un totale fallimento delle politiche di integrazione".

Immigrazione: sindaco Milano; via i rifugiati e recinti per i rom

di Alessandro Braga

 

Il Manifesto, 2 maggio 2009

 

Deve averlo considerato proprio inconcepibile. Che un centinaio di "negri" si possa permettere di scorrazzare liberamente per il centro della città, per di più durante la settimana del Salone del mobile, la sette giorni più chic di Milano, Letizia Moratti davvero non l’ha digerita. Che i suddetti "negri" poi siano rifugiati che manifestano per vedere riconosciuti i propri diritti, poco importa. Il "decoro" della città per il sindaco milanese viene prima di tutto. E allora, armatasi di carta e penna, ha scritto una lettera direttamente al ministro degli Interni Roberto Maroni, per evitare che si ripetano "fatti che hanno creato una notevole turbativa all’ordine e alla sicurezza".

Nessuno fraintenda: con la sua missiva il sindaco non ha voluto condannare i comportamenti indegni delle forze dell’ordine, che la scorsa settimana hanno manganellato, rastrellato e umiliato un centinaio di profughi che manifestavano per le vie della città. Al contrario, sono proprio questi ultimi i colpevoli. Già sono troppi, circa 400 più altri 250 in lista d’attesa. Se poi si mettono pure a manifestare per strada tutti insieme... Vivaddio, altro che traffico bloccato nell’ora di punta.

Ma, per fortuna dei benpensanti milanesi, il sindaco la sua idea ce l’ha. E l’ha già scritta a Maroni per proporre soluzioni che non mettano più Milano di fronte a simili emergenze. Le linee guida "sono già state concordate" con il titolare del Viminale. Primo, "in futuro bisognerà far sì che i rifugiati siano trattenuti nei centri di competenza territoriali fino all’esito definitivo degli accertamenti necessari per il riconoscimento della protezione internazionale".

Secondo, non ci si può mica permettere di "portare in casa cani e porci": e allora che i controlli siano "resi più rigorosi, sia in ambito nazionale sia in ambito territoriale". Terzo, è necessario "individuare un tetto massimo di rifugiati da assistere per ogni singola regione". In sostanza, che se li prendano un po’ anche gli altri questi "spacca coglioni", che noi qui a Milano ne abbiamo già abbastanza.

Ma l’impeto securitario di Lady Moratti non si è fermato qui. Il problema di Milano non sono solo gli africani. Si poteva dimenticare degli zingari, invisi anche al "democraticissimo" presidente della Provincia di Milano Filippo Penati? Certo che no. Ed ecco allora la soluzione per risolvere anche questo problema. Un progetto per "mettere in sicurezza alcune aree strategiche".

Fuor di metafora, significa semplicemente recintare, chiudere, rendere inaccessibile qualsiasi luogo sul territorio cittadino usato fino ad oggi come dimora da rom, clandestini, profughi e senza casa. In una città dove si vorrebbe recintare anche una collinetta usata dai "giovani balordi" della movida meneghina, niente di strano. Per finanziare le operazioni di "messa in sicurezza" il sindaco userà parte dei dieci milioni di euro stanziati dal ministero dell’Interno per l’emergenza nomadi.

Poi imporrà ai proprietari di stabili abbandonati di fare lo stesso. Se non lo faranno, allora provvedere il Comune, salvo in seguito rivalersi economicamente sui singoli proprietari. Lo ha chiamato "piano di alleggerimento dei campi nomadi", Letizia Moratti. Poi, in futuro, per quelli che si saranno comportati bene, risulteranno in regola, avranno accettato di integrarsi e un’occupazione, allora si potrà pensare anche a trovare loro una casa. Magari "potranno essere agevolati nell’ottenere sistemazioni abitative offerte soprattutto dalle associazioni cattoliche". Nel frattempo però, "sciò, via di qua".

Droghe: verso una legge per vietare le sigarette ai minorenni

 

Notiziario Aduc, 2 maggio 2009

 

Divieto generalizzato di fumo per chi ha meno di 16 anni e obbligo per i tabaccai di vendere sigarette solo ai maggiorenni: sono alcune delle novità contenute nel disegno di legge contro il tabagismo che la commissione Sanità del Senato comincerà a esaminare da mercoledì in sede deliberante. Il ddl è stato presentato da Ignazio Marino del Pd, ma è diventato di fatto bipartisan dopo che vi ha apposto la propria firma anche il presidente della commissione Antonio Tomassini, del Pdl.

Il testo aveva iniziato il suo cammino in commissione a gennaio in sede referente, ma è stata chiesta e ottenuta la sede deliberante che ne accelererà il varo. Quattro anni dopo l’entrata in vigore della legge Sirchia che ha vietato il fumo nei locali pubblici, per Marino è arrivato il momento "di fare di più".

In Italia, ha ricordato il senatore nell’introduzione al ddl, i fumatori sono circa 12 milioni, il 24,3 per cento della popolazione adulta. Non solo. Secondo un indagine condotta dalla stessa commissione Sanità nel 2005, fumano il 32,6 per cento dei ragazzi e il 20,7 per cento delle ragazze tra i 15 e i 24 anni. Mediamente i giovani iniziano a fumare a 13 anni e le più precoci sono le ragazze a 12 anni. Da qui l’esigenza di norme restrittive e mirate soprattutto a disincentivare il fumo tra i giovanissimi. Queste in sintesi le principali novità che il ddl intende introdurre.

- stop a fumo sotto i 16 anni: La legge attualmente vieta il fumo per i minori di 16 anni solo nei luoghi pubblici. Si prevede invece un divieto generalizzato di fumo. Per chi è scoperto a fumare, multe tra i 50 e i 150 euro.

- sigarette solo ai maggiorenni: I tabaccai potranno vendere sigarette solo ai maggiorenni e avranno l’obbligo, in caso di dubbio sull’età dell’acquirente, di chiedere la carta d’identità.

I rivenditori rischiano una multa tra 250 e 1.000 e la sospensione della licenza per 1 mese. In caso di recidiva, la sanzione sale da 500 a 2.000 euro con sospensione della licenza per 6 mesi.

- distributori automatici: Dovranno essere dotati di un lettore di carte a banda magnetica con l’identità dell’acquirente.

- fumo nelle scuole: Divieto tassativo di fumare nelle scuole di ogni ordine e grado.

- controllo di qualità: Le modalità di misurazioni delle sostante contenute nelle sigarette saranno applicate a tutti i nei prodotti del tabacco. Il ministero della Salute farà controlli quinquennali.

- foglietti illustrativi: Arriva il bugiardino anche per le sigarette. Nei pacchetti e nelle confezioni degli altri prodotti del tabacco dovranno esservi foglietti con le sostanze contenute e i possibili effetti che ne derivano.

- finte sigarette: Le norme sulla qualità del prodotto si applicano anche alle sigarette composte totalmente o in parte da erbe.

- nuovi prodotti e pubblicità: Il ministero della Salute stabilirà con proprio decreto le caratteristiche dei prodotti del tabacco idonee a ridurre una o più patologie connesse al tabagismo e le modalità con cui produttori e importatori di prodotti con queste caratteristiche possano informarne il pubblico.

- tasse: Le aliquote di base saranno uguali per tutti i prodotti del tabacco e pari a quelle per le sigarette.

- fondo per i danni da tabagismo: Sarà creato un Fondo per la prevenzione e la riduzione dei danni da tabagismo cui si attingerà per campagne di informazione e prevenzione, corsi di aggiornamento per i medici di base, agevolazioni per l’acquisto di farmaci che aiutano a smettere di fumare.

Il fondo sarà alimentato dalle sanzioni per le mancate applicazioni delle norme, dal 10 per cento delle maggiori entrate derivanti dall’aumento dell’aliquota su sigari, sigarette e tabacchi.

Droghe: Messico; depenalizzato il possesso per uso personale

 

Ansa, 2 maggio 2009

 

Il Senato del Messico ha approvato una legge che prevede il possesso legale per uso proprio di piccole quantità di sostanze stupefacenti: 2 grammi d’eroina, 5 grammi di marijuana, 5 milligrammi di cocaina. La nuova legge, volta a sconfiggere il mercato illegale della droga, come hanno spiegato il 29 aprile i giornali nazionali, prevede anche l’obbligo di cura per i tossicodipendenti. Ora il testo passa alla Camera dei deputati, che ancora non l’ha discusso.

Iran: eseguita la condanna a morte di Delara, pittrice 23enne

di Carlotta De Leo

 

Corriere della Sera, 2 maggio 2009

 

La condanna è stata eseguita. Delara Darabi, la pittrice di 23 anni condannata al patibolo per la complicità in un omicidio commesso nel 2003, quando aveva solo 17 anni, è stata giustiziata nella prigione di Rasht, in Iran. È stata uccisa di mattina presto, di venerdì, giorno sacro per gli islamici. E senza che ne fosse data notizia al suo avvocato né alla sua famiglia, secondo quanto spiega Mohammad Mostafaei, un avvocato attivo nel campo dei diritti umani, citato dal sito di Iran Human Rights.

Le ultime drammatiche parole - Mostafaei scrive in una lettera: "La madre di Delara ha incontrato la figlia in prigione appena ieri. La ragazza è apparsa di buon umore, ma questa mattina Delara ha telefonato a sua madre: "Stanno per impiccarmi adesso, per favore aiutatemi, ditegli di non farlo!". Improvvisamente qualcuno ha strappato la cornetta a Delara e ha detto a sua madre: "Uccideremo tua figlia ora, non c’è niente che tu possa fare per impedircelo". Dunque la donna è stata impiccata nonostante un movimento di pressione internazionale che raccoglie attivisti per i diritti umani di varia provenienza avesse ottenuto un rinvio dell’impiccagione. Si era parlato di una dilazione di due mesi, rispetto alla data del 20 aprile nella quale era stata fissata inizialmente l’esecuzione. Invece il boia ha atteso solamente dieci giorni, poi ha calato il cappio.

Il rinvio - Il provvedimento di rinvio era stato certificato dal capo della magistratura di Teheran, l’ayatollah Mahmud Hashemi Shahrudi, che aveva parlato di una sospensione "per un breve periodo di tempo" per dare modo alla famiglia della vittima di riflettere sulla richiesta di perdono avanzata dai genitori di Delara. Shahrudi non aveva però annullato l’esecuzione, come richiesto invece dalle associazioni dei diritti umani e dagli attivisti iraniani. Iran Human Rights, Amnesty International e le altre associazioni che si erano battute per la sua salvezza - puntando soprattutto sulla minore età della ragazza all’epoca dei fatti - avevano parlato di possibili violazioni della legge internazionale. L’Iran ha ratificato la Convenzione Onu per i diritti dell’infanzia, che per l’appunto vieta la pena di morte per i minorenni. Ma di fatto ancora non ne segue le indicazioni: un’ipotesi di normativa per dare applicazione concreta alla Convenzione è stata redatta dalle autorità giudiziarie iraniane e trasformata in un progetto di legge che stabilisce pene più leggere per i minori. Ma il provvedimento è ancora fermo in parlamento.

"Prezzo del sangue" - La legge iraniana è basata su una interpretazione della Sharia e prevede che un condannato a morte per omicidio possa avere salva la vita se i familiari della vittima concedono il perdono. Di solito ciò avviene in cambio di un risarcimento in denaro. Questo però non è avvenuto. Già in passato i parenti della donna uccisa - una cugina del padre di Delara, che nel 2003 aveva 58 anni -, avevano rifiutato questa opzione. Una posizione che non è cambiata, nonostante i giudici abbiano concesso loro qualche giorno in più di riflessione. Delara proviene da una famiglia benestante e i suoi genitori si erano offerti di pagare il cosiddetto "prezzo del sangue", l’indennizzo ai parenti della vittima, primo passo per arrivare a quel perdono formale che avrebbe permesso di fermare l’esecuzione. Ma la famiglia della donna uccisa non ne ha voluto sapere.

"Errori dei giudici" - L’avvocato di Delara, Abdolsamad Khoramshahi, dal quotidiano Etemad aveva parlato di errori nella gestione del caso da parte dei giudici. Il legale avrebbe anche raccontato di come la donna sarebbe stata anche drogata dal suo compagno di allora. Delara si era infatti inizialmente addossata le responsabilità per quanto accaduto. Dopo il processo di primo grado, aveva ritrattato la sua confessione e aveva raccontato una nuova verità. Aveva parlato di come, con il suo gesto, avesse cercato di coprire l’allora compagno, di due anni più vecchio di lei, autore materiale dell’omicidio. Ma non è riuscita a convincere i magistrati della sua innocenza e nel febbraio del 2007 la Corte suprema di Teheran, ritenendola comunque coinvolta attivamente nell’assassinio e non accettando l’idea che fosse stata una semplice testimone, aveva confermato la sentenza.

"L’Onu intervenga" - "L’esecuzione di Delara è stata possibile perché l’Iran continua a pensare di poter agire da sola e che le reazioni internazionali siano solo parole e non abbiano conseguenze - dice Mahmood Amiry-Moghaddam, portavoce di Iran Human Rights -. Delara è il simbolo di tutti i minorenni in carcere ed è ora che Teheran paghi le conseguenze per una violazione della convenzione sui diritti dell’infanzia che pure ha sottoscritto. L’Onu deve fare in modo che quei principi trovino attuazione e non siano semplicemente un pezzo di carta". In Iran ci sono attualmente 150 minorenni in attesa di condanna a morte.

Svizzera: rissa tra albanesi e sudamericani, detenuto accoltellato

 

Ansa, 2 maggio 2009

 

Una rissa tra una ventina di carcerati, albanesi da una parte e sudamericani dall’altra, si è conclusa con un accoltellamento di un detenuto ieri al penitenziario cantonale della Stampa. Ne da notizia oggi il Corriere del Ticino. La ferita riportata dall’uomo, ha richiesto il suo ricovero all’ospedale anche se l’entità della stessa non é risultata di un elevata gravità.

Ingente lo schieramento utilizzato per sedare la rissa, che oltre agli agenti di custodia, ha visto l’intervento di una quindicina di agenti della Polizia cantonale. Ancora nessuna traccia malgrado le minuziose perquisizioni operate, dell’arma utilizzata per ferire l’uomo ad un braccio. I motivi che hanno scatenato la rissa rimangono ancora ignoti e spetterà all’inchiesta di Polizia stabilire le cause esatte, anche se al momento la più accreditata condurrebbe alla spartizione del territorio per lo spaccio di droga.

 

 

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