Rassegna stampa 3 luglio

 

Giustizia: con il "pacchetto-sicurezza" ora l’Italia è più cattiva

di Adriano Sofri

 

La Repubblica, 3 luglio 2009

 

Variando Pietro Nenni ("Da oggi siamo tutti più liberi") il governo ieri ci ha dichiarati tutti più sicuri. Da ieri, siamo tutti più insicuri, più ipocriti e più cattivi. Più insicuri e ipocriti, perché viviamo di rendita sulla fatica umile e spesso umiliata degli altri.

Infermieri e domestiche e badanti di vecchi e bambini, quello che abbiamo di più prezioso (e di prostitute, addette ad altre cure corporali), e lavoratori primatisti di morti bianche, e li chiamiamo delinquenti e li additiamo alla paura.

Ci sono centinaia di migliaia di persone che aspettano la regolarizzazione secondo il capriccio dei decreti flussi, e intanto sul loro lavoro si regge la nostra vita quotidiana, e basta consultare le loro pratiche di questura per saperne tutto, nome cognome luogo di impiego e residenza, nome e indirizzo di chi li impiega.

La legge, vi obietterà qualcuno, vuole colpire gli ingressi, non chi c’è già: non è vero. La legge vuole e può colpire nel mucchio. È una legge incostituzionale, non solo contro la Costituzione italiana, ma contro ogni concezione dei diritti umani, e punisce una condizione di nascita - l’essere straniero - invece che la commissione di un reato. Dichiara reato quella condizione anagrafica. Ci si può sentire più sicuri quando si condanna a spaventarsi e nascondersi una parte così ingente e innocente di nostri coabitanti?

Quando persone di nascita straniera temano a presentarsi a un ospedale, a far registrare una nascita, a frequentare un servizio sociale, o anche a rivolgersi, le vittime della tratta, ad associazioni volontarie e istituzionali (forze di polizia comprese) impegnate a offrir loro un sostegno. Quando gli stranieri temano, come avviene già, mi racconta una benemerita visitatrice di carceri, Rita Bernardini, di andare al colloquio con un famigliare detenuto, per paura di essere denunciato? Lo strappo che gli obblighi della legge e i suoi compiaciuti effetti psicologici e propagandistici provoca nella trama della vita quotidiana non farà che accrescere la clandestinità, questa sì lucrosa e criminale, di tutti i rapporti sociali delle persone straniere. È anche una legge razzista?

Si gioca troppo con le parole, mentre i fatti corrono. Le razze non esistono, i razzisti sì. Questa legge prende a pretesto i matrimoni di convenienza per ostacolare fino alla persecuzione i matrimoni misti, ostacola maniacalmente l’unità delle famiglie, fissa per gli stranieri senza permesso di soggiorno una pena pecuniaria grottesca per la sua irrealtà - da 5 a 10 mila euro, e giù risate - e in capo al paradosso si affaccia, come sempre, il carcere.

Carcere fino a tre anni per chi affitti una stanza a un irregolare: beh, dovremo vedere grandiose retate. Galera ripristinata - bazzecole, tre anni - a chi oltraggi un pubblico ufficiale: la più tipicamente fascista e arbitraria delle imputazioni. Quanto alle galere per chi non abbia commesso alcun reato, salvo metter piede sul suolo italiano, ora che si chiamano deliziosamente Centri di identificazione e di espulsione, ci si può restare sei mesi! Sei mesi, per aver messo piede.

Delle ronde, si è detto fin troppo: e dopo aver detto tanto, sono tornate tali e quali come nella primitiva ambizione, squadre aperte a ogni futuro, salvo il provvisorio pudore di negar loro non la gagliarda partecipazione di ammiratori del nazismo, ma la divisa e i distintivi.

Tutto questo è successo. Ogni dettaglio di questo furore repressivo è stato sconfessato e accantonato nei mesi scorsi, spesso per impulso di gruppi e personalità della stessa maggioranza, e gli articoli di legge sono stati ripetutamente battuti nello stesso attuale Parlamento introvabile. È bastato aspettare, rimettere insieme tutto, e nelle versioni più oltranziste, imporre il voto di fiducia - una sequela frenetica di voti di fiducia - e trionfare. Un tripudio di cravatte verdi, ministeriali e no, con l’aggiunta di qualche ex fascista berlusconizzato. (Perché non è vero che il berlusconismo si sia andato fascistizzando: è vero che il fascismo si è andato berlusconizzando).

La morale politica è chiara. Il governo Berlusconi era già messo sotto dalla Lega ("doganato": si può dire così? Doganato dalla Lega). Ora un presidente del Consiglio provato da notti bianche e cene domestiche è un mero ratificatore del programma leghista. Ma la Chiesa cattolica, si obietterà, ha ripetuto ancora ieri il suo ripudio scandalizzato del reato di clandestinità e la sua diffidenza per le ronde e in genere lo spirito brutale che anima una tal idea della sicurezza. Appunto. Berlusconi è politicamente ricattabile, ma non da tutti allo stesso modo. Dalla Lega sì, dalle commissioni pontificie no, perlomeno non da quelle che si ricordano che il cristiano è uno straniero.

Un ultimo dettaglio: le carceri. Mai nella storia del nostro Stato si era sfiorato il numero attuale di detenuti: 64 mila. Dormono per terra, da svegli stanno ammucchiati. La legge riempirà a dismisura i loro cubicoli. Gli esperti hanno levato invano la loro voce: "Le carceri scoppiano, c’è da temere il ritorno della violenza, un’estate di rivolte".

Può darsi. Ma non dovrebbe essere lo spauracchio delle rivolte, che non vengono, perché nemmeno di rivolte l’umanità schiacciata delle galere è oggi capace, a far allarmare e vergognare: bensì la domanda su quel loro giacere gli uni sugli altri, stranieri gli uni agli altri. La domanda se questi siano uomini.

Giustizia: questa "sicurezza", imposta con la forza, è illusoria

di Francesco Scommi

 

Aprile on-line, 3 luglio 2009

 

Via libera dal Senato al ddl sicurezza: grazie alla fiducia passano le ronde, il reato di immigrazione clandestina e il prolungamento della permanenza dei clandestini nei Cie. Esulta la maggioranza, Berlusconi mette il cappello sul provvedimento. Dure le proteste dal Vaticano, dalla Cgil e dall’Associazione nazionale funzionari di polizia.

Via libera definitivo al disegno di legge sulla sicurezza che, passando oggi al Senato, è diventato legge. L’ok decisivo di Palazzo Madama è giunto in mattinata con il voto di fiducia: 157 i sì (Pdl, Lega e Mpa) 124 i no (Pd, Idv, Udc) e 3 gli astenuti.

Fra le novità introdotte dalla legge c’è il reato di "ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato", che prevede un’ammenda dai 5mila ai 10mila euro, con espulsione immediata. La permanenza degli extracomunitari nei Cie potrà inoltre durare fino a 180 giorni. Legalizzate anche le cosiddette ronde, che dovranno tuttavia rispondere a particolari requisiti, essere iscritte in appositi elenchi e comunque mai essere armate. È stato poi inasprito il 41 bis, che regola il carcere duro per i mafiosi e sono stati ripristinati i poteri del procuratore nazionale antimafia. Introdotte, infine, norme più severe contro i graffitari e contro coloro che impiegano bambini per l’accattonaggio.

"Molto soddisfatto" il ministro dell’Interno Maroni, secondo il quale il ddl "conclude un lavoro iniziato un anno fa e che ha visto l’approvazione di diverse norme per il contrasto alla criminalità organizzata, all’immigrazione clandestina e per migliorare la sicurezza urbana". Nel pomeriggio ci ha messo il cappello il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: secondo il premier il ddl sicurezza approvato oggi dal Senato "dà allo Stato la possibilità di garantire molto meglio la sicurezza dei cittadini" ed è una norma "fortemente voluta da tutto il governo, in particolare dal presidente del Consiglio".

In Aula, tuttavia, l’approvazione del provvedimento è stata accompagnata da aspre critiche da parte dell’opposizione. Il capogruppo dell’Udc Giampiero D’Alia ha ad esempio usato parole molto dure: "State smantellando lo stato di diritto", "vergognatevi soprattutto per il futuro che state assicurando ai bambini immigrati", ha detto il senatore centrista rivolgendosi all’esecutivo. Il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro ha invece definito l’approvazione del ddl "un pugno sul tavolo": "Voi - ha detto - volete fare degli immigrati che vivono in Italia degli invisibili". Di parere opposto, ovviamente, i senatori della maggioranza: il provvedimento impone uno "stop al buonismo di Stato", ha detto il capogruppo della Lega Federico Bricolo.

Esultanza da parte della maggioranza, mentre dai banchi dell’Idv si alzano cartelli con le scritte "Clandestini siete voi" e "Governo: clandestini di diritto". Duro contro il provvedimento anche il Vaticano, che nel corso di questa legislatura più volte ha detto la sua sull’atteggiamento del governo italiano in materia di immigrazione. "I migranti - ha detto il presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, monsignor Antonio Maria Veglio - hanno il diritto di bussare alle nostre porte. Basta demonizzare e criminalizzare il forestiero. L’arrivo dei migranti non è certo un pericolo. Sbagliato trincerarsi dentro le proprie mura", mentre il segretario del pontificio Consiglio, monsignor Agostino Marchetto, ha affermato: "La nuova legge porterà molti dolori e difficoltà agli immigrati".

Protesta anche l’Associazione nazionale funzionari di polizia, con il segretario Enzo Maria Letizia: "Il Governo forte dei suoi numeri in tema di sicurezza, non sfidi troppo la forza della ragione, con la 22esima fiducia ha dimostrato di mettere la museruola alla coscienza ed alla razionalità dei suoi parlamentari. Il ministro Maroni ha sottolineato che c’è stato un forte intervento per inasprire le norme sul contrasto alla mafia, è vero, ma spieghi perché sono stati tagliati 16 milioni di euro per i collaboratori di giustizia e 5,5 milioni alla Direzione Investigativa Antimafia".

Letizia prosegue: "Nel 2009 al Dipartimento della Pubblica Sicurezza per il suo funzionamento sono stati sottratti ben 650 milioni di euro a decine e decine di capitoli: 190 milioni dalle previsioni e 180 milioni dalla cassa di competenza, altri 180 milioni degli accantonamenti del precedente Governo e 100 milioni per finanziare la fantasia dei sindaci e delle ronde". Dura anche la Cgil: "È Un provvedimento che apre una ferita profonda nel nostro ordinamento giuridico e, soprattutto, nella nostra democrazia, comprimendo gli spazi di libertà".

Giustizia: una svolta di rigore, che non aiuterà la democrazia

di Carlo Federico Grosso

 

La Stampa, 3 luglio 2009

 

Con tre voti di fiducia, in meno di ventiquattro ore, l’esecutivo ha conquistato il sì definitivo al disegno di legge sicurezza. Un nuovo successo per la maggioranza, una nuova sconfitta per l’opposizione. Ancora una volta, ponendo la fiducia, il governo ha soffocato ogni dialettica parlamentare. Nonostante le critiche avanzate da ambienti qualificati del mondo del diritto e dalla Chiesa, è stato mantenuto il reato di clandestinità.

Lo straniero che fa ingresso o si trattiene nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni vigenti è punito con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Rispetto alla versione originaria è scomparsa la pena detentiva (che avrebbe prodotto un ulteriore, insopportabile, intasamento delle carceri). È stata mantenuta tuttavia la reità del fatto. Anzi, se c’è flagranza, od evidenza del reato, è previsto il rito direttissimo davanti al giudice di pace.

Immagino che numerosi lettori applaudiranno la nuova norma, ritenendo che essa costituisca un esempio di reazione forte dello Stato all’ingresso clandestino in Italia di stranieri delinquenti. In realtà il nuovo reato appare, ai tecnici del diritto, più che altro un "manifesto" privo di logica ed utilità, se non, addirittura, una novità foriera di danni per l’esercizio della giustizia.

Iniziamo da quest’ultimo profilo. La giustizia italiana è, già oggi, travolta da mille incombenze. L’effetto immediato della nuova disciplina rischierà di essere uno tsunami giudiziario di migliaia di nuove iscrizioni e di nuovi processi. Chi sarà, concretamente, in grado di gestire la tempesta? Si dirà: il giudice di pace, senza che la normale giustizia penale trattata dai magistrati togati sia sfiorata.

Nessuno pensa tuttavia che, prima di arrivare davanti al giudice di pace, a gestire la situazione si troveranno le Procure, che dovranno, bene o male, iscrivere i reati, generalizzare gli indagati, e, se del caso, esercitare l’azione penale? Delle due, pertanto, l’una: o esse saranno travolte, e pertanto impedite nello svolgere la loro stessa, usuale, attività d’indagine nei confronti dei reati dei quali già oggi si occupano, ovvero faranno finta. Iscriveranno formalmente i nuovi reati di clandestinità (e già questa sarà un’incombenza pesante), e poi terranno le pratiche nel cassetto. In entrambi i casi, com’è ovvio, qualcosa non funzionerebbe.

Ma passiamo alla logica. Quale può essere la giustificazione della previsione di un "reato" di clandestinità? Il clandestino, se scoperto, deve essere ovviamente espulso dallo Stato, questo è l’obbiettivo primario. Ed infatti anche la nuova legge prevede che lo straniero nei cui confronti si è aperto processo penale per clandestinità, o nei cui confronti c’è stata condanna penale, dovrà essere cacciato dal territorio nazionale. Anzi, se sarà espulso prima della condanna, il giudice dovrà dichiarare il non luogo a procedere.

Ma allora, per raggiungere tale obbiettivo, non sarebbe stato più ragionevole prevedere, semplicemente, lo snellimento delle pratiche amministrative di espulsione, senza scomodare la giustizia penale con la sua chiamata alle armi contro un reato comunque bagatellare? La nuova incriminazione costituisce pertanto, con evidenza, appunto un semplice "manifesto", non è una norma rispettosa dei principi che dovrebbero, ragionevolmente, sorreggere l’attività di un legislatore scrupoloso.

Né si potrà sostenere, per giustificare la novità, che il migrante irregolare è, per definizione, pericoloso: la Corte Costituzionale ha, infatti, già escluso che lo stato d’irregolarità possa essere considerato, di per sé, sintomo presuntivo di pericolosità sociale (sentenza n. 78/2007). E si badi che la Corte, trattando d’immigrazione, in un’altra occasione aveva affermato, con altrettanta chiarezza, che il legislatore deve "orientare la sua azione a canoni di razionalità" (sentenza n. 5/2004), bollando pertanto come incostituzionale ogni disciplina irragionevole della materia.

Che dire, a questo punto, delle ulteriori disposizioni approvate ieri col decreto sicurezza? In questa sede non è possibile una loro analisi dettagliata. Mi limiterò pertanto ad accennare che alcune di esse sono sicuramente apprezzabili, come quelle che prevedono giri di vite in materia di criminalità organizzata od escludono dalle gare di appalto le vittime di estorsione che non denuncino la violenza subita. Che altre suscitano invece grandi perplessità, come quella, soprattutto, che istituisce le ronde cittadine, attribuendo a privati ciò che dovrebbe essere attività riservata ai pubblici poteri.

Il "segno distintivo" della nuova legge è comunque, senza dubbio, il reato di immigrazione clandestina. Ed è su tale profilo che deve essere, pertanto, misurato il livello di civiltà, o di inciviltà, del "legislatore nuovo" che si accinge, in un modo o nell’altro, a trasformare lo Stato italiano e la sua immagine.

Giustizia: la tolleranza zero, prende la forma delle aggravanti

di Donatella Stasio

 

Il Sole 24 Ore, 3 luglio 2009

 

È la politica della "tolleranza zero". Tecnicamente si traduce nella moltiplicazione dei reati, nell’inasprimento delle pene ma anche nell’introduzione di aggravanti spesso "prevalenti", per volontà legislativa, rispetto alle attenuanti.

È così, ad esempio, per l’omicidio e le lesioni derivanti da incidenti stradali; per la guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti dopo le 22.00 e prima delle 7.00; per le rapine all’interno di abitazioni o sui mezzi pubblici di trasporto o ai danni di chi ha appena prelevato soldi in banca o all’ufficio postale.

Il giudice non ha più alcuna discrezionalità nel valutare le circostanze e nel bilanciarle. È vincolato all’inasprimento di pena. Politicamente, è proprio questo il segnale che viene dai provvedimenti sulla sicurezza di questa legislatura (il decreto 92/08 della scorsa estate; il decreto 11/09 sugli stupri; la legge approvata ieri): limitare la discrezionalità del giudice nella valutazione, in concreto, della pericolosità dell’imputato e della gravità del fatto commesso, nonché nella determinazione della pena da irrogare.

Il pacchetto sicurezza, anche attraverso il meccanismo della prevalenza legale delle aggravanti sulle attenuanti, promette e produce più carcere, ma non produce necessariamente più sicurezza collettiva.

Gli avvocati penalisti, anzi, sostengono il contrario: "la faccia feroce", spiegano, produrrà "un sicuro collasso del sistema carcerario e un aggravio del sistema processuale, con conseguenti pesanti ricadute proprio in termini di sicurezza".

Certo è che la moltiplicazione dei reati peserà sul già collassato sistema giudiziario e sulla durata dei processi. Ed è altrettanto certo che gli inasprimenti di pena peseranno sul già moribondo sistema carcerario, giunto a un livello di sovraffollamento senza precedenti nella storia dell’Italia repubblicana.

Al di là delle molte ombre che gravano sulle nuove misure (l’8 luglio, tra l’altro, la Consulta discuterà della legittimità costituzionale dell’aggravante di clandestinità introdotta dal decreto 92/08), la strategia del Governo non ha fatto i conti proprio con l’inadeguatezza del sistema carcerario a fronteggiare questa nuova massa di detenuti, destinati a entrare e a uscire dalle patrie galere senza che quel passaggio abbia, per loro stessi e per la collettività, la benché minima utilità.

La certezza della pena, intesa come certezza di una pena sensata (produttiva di legalità, libertà e sicurezza collettiva), diventa una chimera in un carcere che contiene ormai 64mila detenuti (20mila in più dei posti regolamentari) dei quali il 52,2% è in custodia cautelare, e che ogni mese vede entrare dalle 800 alle 1.000 persone.

Circa 20mila detenuti hanno condanne a pene inferiori ai tre anni, ma la politica della "tolleranza zero" li ha esclusi, di fatto, dai benefici carcerari (come l’affidamento al servizio sociale). Le misure alternative alla detenzione hanno toccato, infatti, il minimo storico: 9.406. Eppure, le statistiche parlano chiaro: il carcere "chiuso" produce il 70% dei recidivi in circolazione; con le misure alternative, la recidiva scende al 19 per cento.

Giustizia: Berlusconi; ora cittadini più sicuri. Il Pd; è xenofobia

 

Ana, 3 luglio 2009

 

La nuova legge sulla sicurezza, con il reato di clandestinità e le ronde fra le tante misure che contiene, divide maggioranza e opposizione. Berlusconi: "Vaticano? Critiche che non conosco". Franceschini: "Danno per il Paese".

Il disegno di legge sicurezza approvato in via definitiva dal Senato "dà allo Stato la possibilità di garantire molto meglio la sicurezza dei cittadini" ed è un norma "fortemente voluta da tutto il governo, in particolare dal presidente del Consiglio". Così il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a Coppito (L’Aquila).

La nuova legge dà al governo "la possibilità di garantire con misure molto più efficaci la sicurezza e la tranquillità dei cittadini: è buon segnale per questa giornata". E di fronte a una norma "che ho voluto molto fermamente", il premier non si scompone davanti alle critiche arrivate dal Vaticano: "Non le conosco e non posso rispondere", afferma.

Franceschini: "Ombra xenofoba sull’Italia" - "Un danno per il Paese" che allunga "sull’Italia l’ombra della xenofobia". Il segretario del Pd, Dario Franceschini, in una nota boccia duramente il ddl sicurezza approvato oggi dalla maggioranza.

Per Franceschini, "il reato di clandestinità è un provvedimento bandiera, dannoso perché rischia di ingolfare il lavoro dei magistrati e di riempire le carceri senza essere un concreto intralcio alla criminalità che controlla e sfrutta l’immigrazione clandestina". A suo avviso, "si tratta di provvedimenti che, anche a giudizio delle organizzazioni internazionali cominciando dall’Unione europea, fanno gravare sull’Italia l’ombra della xenofobia e finiscono solo per acuire le paure senza dare risposte ai problemi reali". Frutto, dice, del "prezzo che il governo paga alla Lega", producendo "un danno per il Paese".

E ancora: "Il governo è stato costretto ad andare avanti a colpi di voti di fiducia a riprova di una militarizzazione della maggioranza e di uno svuotamento delle funzioni del Parlamento". Il segretario del Pd osserva: "Questo ddl ha per titolo la sicurezza ma in realtà accresce l’insicurezza: nessuna risorsa in più è destinata alle forze di polizia, che anzi vedono quotidianamente aggravarsi i problemi di strutture efficienti e di mezzi, di risorse per straordinari e nuove assunzioni, mentre passano provvedimenti sbagliati, inutili e dannosi".

Giustizia: Ucpi; legge dai contenuti "radicalmente inaccettabili"

 

Adnkronos, 3 luglio 2009

 

Il disegno di legge sulla sicurezza dei cittadini è un provvedimento propagandistico, dai contenuti radicalmente inaccettabili, che segna una profonda involuzione autoritaria del sistema: questa la posizione dell’Unione Camere Penali Italiane sul decreto convertito oggi in legge. Espressione di questa involuzione sono le nuove norme sull’immigrazione clandestina e sul trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione, palesemente incostituzionali, e parimenti la reintroduzione del delitto di oltraggio a Pubblico Ufficiale, da tempo rinunciato.

Si vuol mostrare ai cittadini la faccia feroce dello stato, ricorrendo alla facile demagogia dell’asprezza punitiva, con ciò celando ed anzi aggravando guasti ormai noti. Più carcere e più pena non garantiranno maggior sicurezza, ma al contrario genereranno un sicuro collasso del sistema carcerario e un aggravio del sistema processuale con conseguenti pesanti ricadute proprio in termini di sicurezza.

Ancora una volta, invece di affrontare con razionalità una riforma organica del sistema dei reati e delle pene che lo riporti a ragionevolezza, si ingannano e cittadini e si assesta un ulteriore ferita ad un sistema già stremato. Dispiace constatare come, anche laddove si avrebbero i numeri per affrontare e condurre in porto un vero processo riformatore, si ceda sempre e soltanto alla propaganda.

Giustizia: il Vaticano; su sicurezza allarmante degrado mentalità

 

Ansa, 3 luglio 2009

 

Dal Vaticano arriva una nuova dura critica al Ddl Sicurezza, una legge che "incentiva un allarmante degrado della mentalità". A parlare in un’intervista su "La Stampa" è l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti,

"Noi come Chiesa - sottolinea Marchetto - dobbiamo dire ciò che in coscienza riteniamo ingiusto e pericoloso. La prospettiva che ci si apre dinnanzi porterà molti dolori e difficoltà a persone che già per il fatto di essere irregolari si trovano in una situazione di precarietà e sofferenza". L’aspetto che preoccupa di più l’arcivescovo è la criminalizzazione dei migranti, indicata come "il peccato originale" che rivela "tendenze anticristiane".

L’estensione a sei mesi della permanenza nei centri di espulsione, avverte, "avrà gravi conseguenze per coloro che saranno detenuti". E aggiunge: "È inconcepibile, poi, la tassa di duecento euro per ottenere il permesso di soggiorno. Vi sono tante persone che devono già pagare senza avere ancora ricevuto una risposta alla loro precedente richiesta".

Giustizia: crisi economica e creazione del genere "non-uomini"

di Stefano Arduini

 

Vita, 3 luglio 2009

 

Il presidente della Commissione povertà si schiera con la Chiesa: "Una norma che procurerà dolore anche a noi italiani". L’opposizione? "Encefalogramma piatto".

Per Marco Revelli, sociologo, presidente della Commissione povertà e attento osservatore delle altalenanti vicende della sinistra italiana, il via libera del Parlamento al pacchetto sicurezza segna un "punto di non ritorno" proprio per quella parte politica che per anni è stata la sua casa.

 

Questo però è un provvedimento approvato con voto di fiducia da una maggioranza di centro destra. Cosa c’entra l’opposizione?

A 12 anni dalla tragedia del Kater I Ra­des dell’aprile 97 quando oltre cento migranti albanesi morirono di fronte alle coste brindisine, nemmeno un sottosegretario del governo Prodi sentì il bisogno di andare al molo per rendere omaggio a quelle vittime. Le cose, oggi, sono cambiate ben poco. Su questo tema la sinistra da anni non ha voce, non è in grado di dire nulla. L’encefalogramma è piatto. E infatti non è stata in alcun modo in grado di ostacolare per davvero il ddl sicurezza, che vede la luce proprio nei giorni in cui italiani e migranti stanno condividendo il lutto della strage di Viareggio.

 

La Chiesa con monsignor Marchetto dice che questa legge porterà dolore. Concorda?

Sì, ma non lo porterà agli stranieri. O solo agli stranieri. Soffriremo anche noi italiani.

 

Ma la Lega che ha fortemente spinto per l’approvazione di questa norma è reduce da un poderoso successo elettorale. I cittadini si sentono insicuri. In qualche modo bisognerà rispondere a questa esigenza, non crede?

Queste paure vanno prese sul serio. Molto sul serio. Nessuno si può permettere di deriderle. Ma un conto è la complessità della realtà concreta. Un conto sono i principi. E i principi sono semplici: e come diceva Bobbio il figlio di una somala deve valere quanto il figlio di una italiana. Da oggi non è più così. Il popolo degli "italiani brava gente" non esiste più. Siamo diventati cattivi.

 

Come ha fatto a scomparire?

La crisi ha giocato un ruolo decisivo. I piani alti della scala sociale sono sempre più inaccessibili per la gente comune. Così è diventato necessario creare una categoria del non uomo. Di qualcuno che potesse occupare il gradino più basso, in modo che i cittadini sempre più poveri non si sentissero gli ultimi. Ma se si negano i diritti umani, si apre uno squarcio terribile. E in fondo a questo tunnel c’è Auschwitz.

Giustizia: Radicali; le "ronde"? sono uno strumento da regime

 

Redattore Sociale - Dire, 3 luglio 2009

 

"Un compito in più per i militari dell’arma dei carabinieri e gli agenti della polizia di Stato sarà quello di evitare che le ronde da strumento di ausilio al controllo si trasformino in strumento di oppressione dei cittadini". A dirlo è Maurizio Turco, deputato radicale eletto nelle liste del Pd a proposito dell’approvazione definitiva, ieri in Senato, del ddl sicurezza. "Un governo che adotta sistemi da regime per garantire la sicurezza ai cittadini - continua - afferma la sconfitta dello stato di diritto.

È stato più semplice affidare il bastone a esagitati sostenitori del regime voluto dal premier Berlusconi piuttosto che provvedere alla razionalizzazione e unificazione delle forze di polizia per eliminare inutili e costose duplicazioni di funzioni". Turco conclude: "Mi rendo conto che per questo governo è difficile togliere i privilegi e gli onori ai troppi generali e farli ricominciare a lavorare per il bene del Paese".

Giustizia: le associazioni; situazione degli irregolari ingestibile

di Raffaello Masci

 

La Stampa, 3 luglio 2009

 

E adesso che succede? Ci potrebbero essere un milione di processi, mezzo milione di famiglie in conclamata illegalità, una folla di irregolari provenienti da zone con gravi epidemie che non potrebbero accedere ai servizi sanitari, un sovraffollamento delle carceri e - infine - un paese di spioni e delatori sottoforma di amministratori zelanti e volenterosi membri di ronde. Sulle ricadute del decreto sicurezza, il mondo del sociale traccia questo quadro inquietante. Esagerato, forse, ma che induce qualche riflessione.

La madre di tutte le sciagure sarebbe l’introduzione del reato di clandestinità, "misura inedita in Europa" secondo il gruppo EveryOne che si occupa di diritti umani. L’immigrato irregolare non rischia più il carcere, dice il nuovo provvedimento, ma "solo" una ammenda da 5 a 10 mila euro e l’espulsione. "La sanzione, tuttavia - spiega Andrea Olivero, portavoce del forum del Terzo Settore - dovrà essere comminata da un giudice e, per quanto semplificati, ci dovranno essere almeno un milione di processi, perché tanti sono i clandestini".

Senza dire che l’espulsione del clandestino è una sorta di chimera, più agognata che praticata, "espellere un irregolare è difficilissimo e costoso - dice ancora Olivero - perché la persona interessata spesso non ha identità certa e altrettanto di frequente il paese di provenienza non è disposto a riprenderselo".

E poi c’è una questione: chi (italiano) ospita o dà in affitto una casa a degli irregolari, rischia fino a tre anni di carcere. "Bene - aggiunge Olivero - poiché questa è la condizione di mezzo milione di famiglie italiane che ospitano altrettante badanti clandestine, aspettiamoci una retata all’alba a carico di anziane signore non autosufficienti".

Ma ci sono pure ragazzi in via di integrazione che rischiano di essere iscritti tra gli irregolari: "Abbiamo 75 minorenni - spiega Carmine Cerrone, direttore a Roma di un centro di seconda accoglienza per minori - e lavoriamo per dare a queste persone una formazione e un futuro. Per essere regolarizzati al compimento del 18° anno, però, i ragazzi devono avere almeno 3 anni di soggiorno in Italia di cui due passati in una struttura come quella di cui mi occupo. Ora 42 dei nostri stanno per diventare maggiorenni ma senza sufficiente "anzianità". Che fanno? Li espellono dopo aver investito sulla loro integrazione "?

Un articolo del decreto prevede, infine, che i figli degli irregolari non possano essere iscritti all’anagrafe comunale, "il che vuol dire - spiega Roberto Malini, presidente di EveryOne - che sarà ostacolato il loro accesso ai servizi sanitari e a quelli scolastici. È vero, infatti, che i medici non dovranno più fare la spia dei clandestini da loro curati, ma questa norma non riguarda gli infermieri e gli impiegati delle Asl. Senza dire che anche i presidi dovranno respingere l’iscrizione a scuola dei bambini "irregolari"".

Il problema non è solo umanitario, ma anche sanitario. Secondo i dati raccolti da EveryOne, l’afflusso di clandestini negli ospedali di Roma e Milano, da quando è in discussione in decreto, è diminuito del 35% (con una punta del 75% al San paolo di Milano). "In Italia - dice l’associazione - sono presenti anche migranti provenienti da Congo, Rwanda, Sudan e altri Stati colpiti dal micidiale virus dell’Ebola. Dopo l’approvazione del decreto, vivranno nascosti in luoghi inaccessibili e in condizioni igieniche tragiche. Basterebbe un solo caso di contagio da parte del virus Ebola o di altra febbre emorragica letale per provocare un’epidemia incontrollabile. Questo comporta il mancato accesso ai servizi sanitari. Pensiamoci".

Giustizia: Alfano; un giorno straordinario per la lotta alla mafia

 

Ansa, 3 luglio 2009

 

"Oggi è un giorno straordinario nella lotta alla mafia, che noi contrastiamo con la forza delle leggi. Oggi, infatti, sono state approvate alcune importantissime norme che rendono durissimo il carcere duro previsto dal regime penitenziario speciale; che permettono confische più efficaci secondo una sana gestione manageriale, con la possibilità di affidamento di beni mobili direttamente alle forze di polizia; e che rafforzano, infine, i poteri del procuratore nazionale antimafia". Lo afferma, in una nota, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, commentando con soddisfazione il via libera definitivo del ddl sulla sicurezza da parte del Senato.

"All’approvazione di tali norme decisive per il contrasto alla mafia - prosegue il guardasigilli - si è arrivati non a seguito di una strage, come è tristemente avvenuto in passato, ma perché le abbiamo ritenute necessarie e giuste".

"In un anno di intenso lavoro il Governo è riuscito a portare a casa un risultato eccezionale: norme che costituiscono, per la prima volta dai tempi del giudice Falcone, un baluardo legislativo fondamentale per affondare il colpo definitivo a cosa nostra. Le profonde innovazioni approvate oggi con riferimento alla lotta alla criminalità organizzata - conclude Alfano - consentono a magistrati e investigatori di dotarsi di strumenti straordinariamente efficaci, all’avanguardia fra le legislazioni mondiali in materia".

Giustizia: il carcere come ospedale, che non cura ma fa morire

di Igor Man

 

La Stampa, 3 luglio 2009

 

"Drento Regina Coeli / ce sta ‘na campana / possino ammazzallo / chi la sona". Con la callaccia, un vento lento, gommoso, arriva l’estate romana. E una volta ancora, irrimediabilmente, dal vecchio carcere appollaiato sul Gianicolo a guisa di avvoltoio, giunge l’irridente ritornello amaro. I detenuti affidano messaggi e imprecazioni alla torpida corrente aerea, la callaccia, giustappunto.

Studiosi come il Ceccarius, come il Salierno hanno decifrato durante anni i messaggi dei carcerati, soffermandosi in particolare su Regina Coeli. Persino Bobbio s’è dedicato al pianeta galera che "funziona come un ospedale dove ci si facesse ricoverare non già per guarire ma per maggiormente ammalarsi o per morire". Così il nostro Filosofo, attento soprattutto alla "realtà spicciola", la più spietata in definitiva.

Le Brigate Rosse le ha dissolte la Storia, ma per contrappeso ha preso vigore, s’è aggiornata, la delinquenza diremo classica: il furto nelle case. I giornali sono pieni di cronache allarmate. L’ultimo colpo di mano della neodelinquenza romana (la rapina notturna in casa di Renzo Arbore, un attore-artista fra i più amati) è sinanco diventato oggetto di dibattiti pubblici - la gente comincia ad avere paura, vuol capire, invoca la "mano dura" e per immediata conseguenza se la piglia con gli extracomunitari tutti.

Il Vecchio Cronista ricorda la migrazione dei disoccupati del nostro Sud. Occuparono il nordico mercato del lavoro con determinazione. Una presenza spesso massiccia di calabrotti invece di far sfracelli venne sapientemente irreggimentata da rigorosi datori di lavoro (bruschi ma onesti), la Fiat in primis, e relativamente presto gli immigrati dal Sud si inserirono nella non certo facile realtà piemontese.

Oggi è diverso poiché chi sbarca in Italia quasi sempre non cerca lavoro bensì bottino. In teoria apposite strutture dovrebbero far da filtro ma il personale specializzato è scarso e non sempre all’altezza. I nostri funzionari impiegati a far rispettare la legge non caveranno un ragno dal buco se certi governi foresti anziché disciplinare il fenomeno dei migranti - con umanità, non con intrallazzi - praticheranno il giuoco delle tre scimmiette: non vedo - non sento - non parlo.

Noi italiani fummo emigranti onesti (il gangsterismo è un capitolo diverso) che grazie alla lungimiranza di (grandi) uomini come Fiorello La Guardia divennero cittadini americani. Esemplari. Altri tempi, situazioni diverse: oggi la Storia non conosce misericordia, il carcerato è abbandonato a se stesso, vittima del bisogno e della rabbia. Napoli Poggioreale è il carcere più affollato d’Europa. I detenuti sono 2700, i posti-detenuti ammontano a 1300. Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, condivide i generosi sforzi del Guardasigilli Alfano, giovine e motivato, ma dice che "la soluzione non è quella di costruire nuove prigioni" bensì di "introdurre sanzioni alternative alla detenzione".

Chi ci governa deve capire che il problema-carceri è una bomba a tempo, ipse dixit Enrico Sbriglia direttore del carcere di Trieste. "Non voglio fare il profeta di sventura ma la situazione è tremenda". Bisogna muoversi, prima che sia troppo tardi.

Giustizia: Sappe; le carceri allo sfascio, Napolitano intervenga

 

Asca, 3 luglio 2009

 

Dopo la tragedia del carcere di Bicocca dove un ispettore di polizia penitenziaria ha ucciso un agente con 15 colpi di arma da fuoco, il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe lamenta "il forte disagio" del Corpo, per gli "elevatissimi carichi di lavoro e alle tensioni che nelle sovraffollate carceri spesso sfociano in gravi fatti di sangue".

Il segretario generale Donato Capece ha per questo chiesto un incontro con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano "per illustrargli situazione di sfascio dell’amministrazione penitenziaria e del Corpo". Capece aggiunge che il numero dei poliziotti penitenziari che vengono riformati per stato ansioso depressivo è "alto". "Abbiamo più volte sollecitato il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria - conclude - per attivare un punto di ascolto psicologico ma non è stato fatto nulla".

Sicilia: Fleres; sovraffollamento al 159%, carceri incostituzionali

di Melania Tanteri

 

Quotidiano di Sicilia, 3 luglio 2009

 

Violato l’articolo 27 della Costituzione: "le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità". Eppure ben 4 istituti di pena nell’isola sono chiusi: a Gela (Cl), Noto (Sr), Siracusa e Villalba (Ct).

Carceri sovraffollate e condizioni di vita contrarie all’articolo 27 della Costituzione (Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato) nonché alla Dichiarazione Europea dei diritti dell’uomo.

Il lungo esposto presentato a giugno dal Garante per la Tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e per il loro reinserimento sociale (istituito dalla Regione Siciliana con L.R. 19/05/2005, n.5, art.33), Salvo Fleres, al Comitato Europeo per la Prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt), approfondisce le condizioni di alcune strutture penitenziarie siciliane e pone l’accento sulle necessità di chiudere quelle inadeguate e contrarie a qualsiasi concetto di dignità e di trovare nuovi posti per la popolazione carceraria dell’isola.

"La legge costituzionale dello Stato - spiega Salvo Fleres - è già disattesa del 95 per cento a causa proprio dei problemi di sovraffollamento". Il problema principale che affligge le carceri siciliane (così come quelle del resto del Paese) è dunque costituito proprio dall’eccessivo numero di detenuti che, in alcuni casi in particolare, oltre a rappresentare un dilemma dal punto di vista igienico - sanitario per via della promiscuità, impedisce qualsiasi forma di attività volta al reinserimento.

E tutto questo quando ben quattro istituti di pena sull’Isola sono chiusi. Il carcere di Gela (Cl), quello di Noto (Sr), la sezione femminile del carcere di Siracusa e la casa circondariale di Villalba (Cl) se aperti, potrebbero infatti, se non risolvere, tamponare il problema del sovraffollamento. "I motivi che spingono l’amministrazione a mantenere chiusi questi istituti, eccetto che per Villalba dove andrebbe effettuato qualche lavoro di ristrutturazione - spiega Fleres - sono di natura burocratica o legati alla mancanza di personale, entrambi problemi risolvibili. E invece - continua il garante - si paventano soluzioni costose, come quella di utilizzare navi ancorate al porto, quando aprendo questi edifici si potrebbero accogliere numerosi detenuti".

E in effetti, lo spreco di denaro pubblico e la mancanza di volontà da parte delle istituzioni per cercare soluzioni che mettano fine a questo stato di cose sono evidenti: la casa di reclusione di Noto, chiusa per il terremoto del ‘90 e oggi riaperta ospiterebbe meno detenuti di quello che potrebbe a causa della mancanza di personale; così come il reparto femminile della casa circondariale di Siracusa che non è stato possibile attivare per lo stesso motivo.

Il carcere di Villalba, struttura per 140 detenuti (32 celle a due posti, servizi igienici e docce annesse, la cucina per 250 pasti, la lavanderia, la mensa e spazi verdi per i detenuti nonché padiglioni per gli uffici e gli alloggi del personale), inaugurata vent’anni fa e costata all’epoca 8 miliardi di lire, è chiusa dal 1990.

E poi c’è lo scandalo rappresentato da Gela, dove si trova un carcere nuovo di zecca, ma mai aperto. Secondo il sito web Innocenti Evasioni, il sito di informazione sulle carceri, "il progetto originario della casa circondariale di Gela risale al 1959, ma alla sua definitiva approvazione si arrivò solo nel 1978. I lavori, iniziati nel 1982, fra interruzioni e rallentamenti sono durati venticinque anni.

Il 25 giugno 2008 la struttura è stata consegnata alla competente Agenzia del demanio e conferita in uso governativo all’amministrazione penitenziaria. Lo scorso ottobre, l’attuale ministro della Giustizia Angelino Alfano ha riferito la necessità di ultimi interventi di adeguamento e completamento dei sistemi di sicurezza, per un costo di 1,5 milioni di euro. Tutto ciò prima dell’apertura dell’istituto, prevista entro la fine del 2008. I lavori non sono ancora conclusi ma sembrerebbe possibile che entro il 2009, dopo cinquant’anni e al costo complessivo di sei milioni e mezzo di euro, l’Amministrazione penitenziaria potrà infine disporre di cento nuovi posti detentivi".

Bologna: 8 luglio; protestano agenti penitenziari, da tre regioni

 

Ansa, 3 luglio 2009

 

Sarà Bologna a raccogliere la protesta dei poliziotti penitenziari di Emilia-Romagna, Toscana e Marche, all’interno di un’iniziativa voluta dalle organizzazioni sindacali nazionali. Mercoledì prossimo, infatti, i lavoratori si ritroveranno davanti al carcere bolognese della Dozza per manifestare - a detta della Fp-Cgil - contro il sovraffollamento, le condizioni di lavoro gravose con insostenibili turnazioni, riposi e ferie negati, la carenza di organico e l’assenza di un piano di ammodernamento.

"Dopo Milano (dove ieri hanno manifestato circa 300 poliziotti, ndr) porteremo la protesta a Bologna", annuncia il segretario nazionale Fp-Cgil, Mauro Beschi. "In tutte le regioni il numero della capienza di detenuti risulta più del doppio di quello consentito - prosegue Beschi - ci sono tutte le condizioni per dichiarare un’emergenza nazionale".

E nell’Emilia-Romagna spicca il caso del carcere di Parma, dove, spiega la Fp-Cgil, "il sovraffollamento e la carenza di organico sono insostenibili". Nell’istituto di via Burla, osserva Donato Coltelli, segretario Fp-Cgil di Parma, "oggi sono presenti poco più di 450 detenuti. Entro il 2009 arriveranno a quasi 700, a causa dell’apertura di cinque reparti". Apertura verso la quale il sindacato esprime "tutta la propria contrarietà, visti i dati del personale".

Ma la situazione, in prospettiva, si complica ancora di più: "Entro il 2011 si toccherà quota 800 detenuti", quando prima dell’indulto erano meno di 650. "Tutto ciò ha forti ricadute sui carichi di lavoro", prosegue Coltelli. Infatti, numerose sono le dimissioni nella Casa circondariale: "nei primi cinque mesi del 2009 ci sono stati 184 ingressi e 183 dimissioni". Inoltre, fa sapere Coltelli, i lavoratori, che mercoledì prenderanno parte alla manifestazione a Bologna, "oltre all’ammodernamento degli strumenti tecnologici, chiedono il regolare pagamento degli emolumenti e il corretto computo degli straordinari".

Pesaro: clamorosa protesta, agenti pronti chiudersi nel carcere

di Luca Fabbri

 

Il Messaggero, 3 luglio 2009

 

Questa volta la protesta porta la firma di tutte le sigle sindacali, confederali e non. È ancora caos all’interno della Casa Circondariale di Villa Fastiggi: carenza organica, 119 agenti presenti a fronte di un organico previsto di 169 unità e sovraffollamento, 300 detenuti ospitati nonostante la capienza regolamentare sia di 180 persone, i problemi ormai cronici dell’istituto di reclusione.

"La situazione è insostenibile - spiega il segretario regionale del Sappe Aldo Di Giacomo anche a nome di tutte le altre sigle sindacali (Cgil-Cisl-Uil-Osapp-Uspp-Sinappe) - il carcere di Pesaro è al collasso. E ad essere compromessa per prima è la sicurezza della struttura carceraria oltre ovviamente a quella degli agenti di polizia penitenziaria. La situazione delle carceri marchigiane è drammatica ma quella dell’istituto pesarese rasenta l’inverosimile.

A fronte di un organico di 169 agenti di polizia penitenziaria ne sono presenti 119 e le cose sono destinate a peggiorare a luglio/agosto quando la forza di Polizia penitenziaria scenderà di altre 10 unità. Non riusciamo più ad andare avanti se non si interverrà in modo concreto ci possiamo aspettare di tutto. Non va sicuramente meglio per quanto riguarda la popolazione detenuta a fronte di una capienza regolamentare di 180 unità sono presenti 300 detenuti ovvero quasi il doppio".

Nessun sindacato locale parteciperà alla festa di oggi del Corpo di polizia penitenziaria regionale, ad Ascoli. Questa volta però la protesta delle associazioni sindacali va oltre. "Dal 6 luglio tutti i colleghi si auto-consegneranno ovvero nessuno uscirà dal carcere - continua Di Giacomo - Solo in seguito agli incontri con il Prefetto del 7 luglio e con il sindaco di Pesaro e il presidente della Provincia, il giorno seguente decideremo se interrompere o meno questa forma di protesta. Non possiamo più tollerare una situazione del genere".

La protesta del Sappe non è certo nuova: anche durante la festa del Corpo dell’anno scorso Di Giacomo protestò platealmente per le condizioni del carcere pesarese. Una denuncia a cui poi seguirono visite all’interno dell’istituto del sindaco Ceriscioli del parlamentare Paolini e del consigliere regionale D’Anna. Questa volta però i sindacati marciano tutti uniti e anche la direzione del carcere concorda con la protesta del sindacato. "Ho avuto più volte la possibilità di confrontarmi con la direttrice del carcere - conclude Di Giacomo - e nonostante il ruolo che riveste non ha potuto far altro che condividere le nostre istanze".

Reggio Emilia: un livello da "miglior carcere"... del terzo mondo

 

Il Domani, 3 luglio 2009

 

Per la prima volta in 192 anni di storia,la polizia penitenziaria di Reggio festeggia l’anniversario con un sit in di protesta al posto della tradizionale cerimonia.

Nessuna festa quest’anno per l’annuale del Corpo di Polizia Penitenziaria che per il quinto anno di seguito si è celebrato a Reggio. è mancata la parata degli agenti in divisalo schieramento dei mezzi, ed il picchetto per il saluto alle autorità, insomma una cerimonia contenuta per gli agenti di polizia penitenziaria, e in piazza Prampolini, al posto dei picchetti d’onore c’erano i picchetti dei sindacati.

In prima linea il segretario provinciale del Sappe, Michele Malorini e il vice Mario Tafuto, che da tempo denunciano i disagi del carcere di via Settembrini,ma anche la Cigl, la Cisl, la Uil, e il Cnpp.Tra le ragioni della protesta c’è il sovraffollamento della casa circondariale e dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio, che sfiorano i 700 detenuti, dovrebbero essercene esattamente la metà, ma anche contro i tagli del governo, la carenza di personale e la paura da parte degli agenti, che le carceri siano sottoposte a implosioni da parte dei detenuti per i nuovi arrivi di clandestini, visto che come prevede la legge da oggi la clandestinità è di nuovo reato.

"Non riteniamo di fare festa, - ha dichiarato Malorni, - perché ci sono troppi problemi. Il sovraffollamento è solo la punta dell’iceberg. Manifestiamo perché abbiamo 700 detenuti tra casa circondariale e Opg reclusi in pessime condizioni, credo di poter dire che abbiamo raggiunto il livello del miglior carcere del terzo mondo.

Gli altri motivi sono la grandissima carenza di personale. Chiediamo almeno 50 unità, 20 alla cc, 20 all’Opg e 10 per le traduzioni e i piantonamenti. E poi ci sono i tagli finanziari. I budget ridotti non ci permettono acquisti di mezzi e ci manca l’aria condizionata nel trasporto dei detenuti".

"La nostra preoccupazione, - ha aggiunto - è che esplodano nuovi focolai nel carcere, come le risse dei mesi scorsi". Il provveditore regionale Nello Cesari è stato fischiato dai manifestanti al suo arrivo nella piazza del Municipio. Poi, nella sala del Tricolore si è tenuta una sobria cerimonia dove hanno partecipato i rappresentanti dei corpi delle forze dell’ordine, della guardia di finanza, il dottor Antonio Turi dirigente della squadra mobile e il dottor Lucio Di Cicco dirigente della Digos, la direttrice della casa circondariale la dottoressa Anna Albano e l’assessore Gina Pedroni.

Bologna: Cgil; acquistate con una colletta, pentole per i detenuti

 

Redattore Sociale - Dire, 3 luglio 2009

 

È il frutto della raccolta "Un euro per la dignità", lanciata da Roberto Morgantini (ufficio stranieri Cgil) nel Natale scorso. Il 6 luglio la consegna ai detenuti.

Nel carcere di Bologna mancano anche le stoviglie, ma lunedì i detenuti ne riceveranno una sessantina in dono. È uno dei frutti della colletta "Un euro per la dignità" lanciata nel Natale scorso da Roberto Morgantini dell’ufficio stranieri Cgil e dalla garante dei detenuti Desi Bruno: Morgantini e Mattia Fontanella avevano raccolto le offerte dei bolognesi in piazza Nettuno, spiegando che in carcere non ci sono i soldi nemmeno per dentifrici, saponi e pentole. All’iniziativa, a cui i detenuti hanno risposto con una lettera di ringraziamento, hanno poi contribuito anche alcune aziende, come la Gd e la Coop Adriatica (che ha donato prodotti per l’igiene personale).

"Lunedì entreremo alla Dozza per distribuire le pentole - spiega Morgantini -, ma abbiamo realizzato anche dei corsi di italiano e una biblioteca in lingua originale". La raccolta continua, aggiunge Morgantini, "perché i problemi delle carceri non fanno che aggravarsi: vorremmo raccogliere fondi anche con una cena".

Trieste: delegazione consiglieri regionali e comunali nel carcere

 

Il Piccolo, 3 luglio 2009

 

L’apertura di una nuova area all’aperto, per l’ora d’aria. La possibilità di accedere più agevolmente all’infermeria e ottenere cure con maggiore tempestività. Poter utilizzare la palestra, chiusa da tempo. Sono queste solo alcune delle richieste che i detenuti della Casa circondariale di via del Coroneo hanno formulato a una delegazione composta da rappresentanti istituzionali, che hanno visitato la struttura.

Ne hanno fatto parte i consiglieri regionali Roberto Antonaz e Igor Kocijancic (Sinistra arcobaleno), il consigliere comunale Alfredo Racovelli (Verdi) e Luciano Capaldo, dell’associazione "Altra Trieste". Una visita collegata al sovraffollamento del Coroneo approdato anche al Senato dopo l’interrogazione firmata da Carlo Pegorer, Flavio Pertoldi e Tamara Blazina (Pd) che chiedono al ministro Alfano se "sia informato della grave situazione del carcere di Trieste".

Quest’ultima verificata non solo dalla senatrice Blasina, in un precedente sopralluogo al carcere, ma anche dalla verifica nei giorni scorsi dalla seconda delegazione. Il problema di cui da tempo si dibatte riguarda il sovraffollamento del carcere, dove attualmente sono detenuti 249 soggetti, mentre la struttura avrebbe in teoria una capacità massima di 155, portata a 190, grazie all’impegno del direttore, Enrico Sbriglia, che ha individuato soluzioni tampone.

I rappresentanti di Regione e Comune si sono intrattenuti anche con alcuni carcerati. "Siamo oltre i limiti della legalità - spiega Antonaz - e non si vedono vie d’uscita. Bisognerebbe che Stato e Regione recepissero queste richieste convertendo le pene più lievi, trasformandole da detenzione in arresti domiciliari o libertà vigilata".

E aggiunge: "Va anche ricordato - sottolinea l’esponente della Sinistra arcobaleno - che qui al Coroneo devono convivere elementi di nazionalità, lingua e religione diversi fra loro, con inevitabili conseguenze". Kocijancic si è invece soffermato sulle "condizioni di lavoro inaccettabili alle quali sono sottoposti i componenti della polizia penitenziaria, che operano in sotto numero. Dovrebbero essere 160 - sottolinea - invece sono 120, con inevitabile appesantimento dei turni".

Per Capaldo "in tutto il Nordest è molto alta la concentrazione di detenuti, in conseguenza dell’applicazione della legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti. In questo modo - sostiene - il carcere diventa una discarica sociale". Racovelli, a proposito dell’assistenza sanitaria, indica "l’opportunità di trasferire all’Ass. la competenza oggi affidata a medici privati, le cui prestazioni sono pagate dal ministero della Giustizia".

Asti: assessore regionale alla sanità Artesio ha visitato il carcere

 

Ansa, 3 luglio 2009

 

L’assessore regionale alla Sanità, Eleonora Artesio, ha visitato nei giorni scorsi la Casa Circondariale di Asti, seconda tappa (la prima al carcere minorile "Ferrante Aporti" di Torino) del giro in programma in tutti gli istituti penitenziari piemontesi che terminerà in settembre. Il sopralluogo è stato promosso a otto mesi dal trasferimento delle competenze sull’assistenza sanitaria dallo Stato alle Regione (e, di conseguenza, alle Asl).

Con l’assessore Artesio, ricevuta dal direttore del carcere, Domenico Minervini, sono intervenuti, per l’Asl, il direttore generale Luigi Robino e quello sanitario Mauro Favro. Presente anche il dirigente dell’Ufficio detenuti e trattamento del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, Marco Bonfiglioli.

"Nell’istituto di Quarto - spiega Robino - stiamo riorganizzando il servizio, implementando alcune delle soluzioni tecnologiche pensate per le Case della Salute. Il ricorso alla telemedicina potrà dare un importante valore aggiunto in termini di tempi e risultati: già oggi, per esempio, gli esiti dell’elettrocardiogramma vengono trasmessi attraverso questo sistema. In futuro prevediamo di fare lo stesso per le ecografie".

"Certamente - commenta l’assessore Artesio - la situazione astigiana potrà beneficiare dell’esperienza maturata nel campo della decentramento del servizio sanitario dall’ospedale al territorio: mentre in altre realtà c’è ancora tutto da costruire, qui c’è già un bagaglio di soluzioni organizzative e tecnologiche molto importante".

"La gestione dei trasferimenti in ospedale dei detenuti per visite e controlli - aggiunge Minervini - è da sempre un problema che comporta costi e difficoltà. Negli ultimi mesi di collaborazione con la struttura di Medicina Penitenziaria dell’Asl sono già stati ottenuti miglioramenti visibili".

Il personale sanitario oggi in servizio è composto da 7 medici, che assicurano la copertura 24 ore su 24, 2 infermieri professionali e 4 operatori socio sanitari, presenti in carcere dalle 8 alle 20. Ad essi si aggiungono gli specialisti in cardiologia, dermatologia, psicologia e psichiatria, odontoiatria e malattie infettive che, con cadenza settimanale o bisettimanale, garantiscono le visite specialistiche nell’infermeria interna al penitenziario.

Tra le prestazioni sanitarie più richieste dalla popolazione carceraria di Quarto ci sono quelli legati alle patologie cardiovascolari, all’assistenza psichiatrica ed ai controlli del sangue.

Droghe: 16 mesi in cella per 1 spinello... quali pene alternative!?

 

Il Trentino, 3 luglio 2009

 

"Mi trovo nel carcere di Rovereto già da alcuni mesi, con un residuo di pena di altri 10", inizia la sua lettera. La sua colpa, avere ceduto 2 grammi di hashish ad un amico. Ma non contesta la condanna: è il carcere che non capisce. L’uomo, ormai ultracinquantenne, ha avuto in gioventù grossi problemi di tossicodipendenza.

Ne è uscito, ed ora ha una casa ed un lavoro, addirittura un ruolo nel volontariato sociale. Alla festa della polizia penitenziaria - scrive - alla Campana, la direttrice del carcere ha parlato del problema decennale del sovraffollamento delle carceri e di necessità di utilizzare di più le pene alternative. Lui - scrive - è l’esempio più visto di come queste occasioni siano in realtà previste sulla carta ma non applicate.

A testimoniare della sua vita ormai "pulita" ha portato dichiarazioni del datore di lavoro - che ne aspetterà la scarcerazione - dei condomini, addirittura note positive della Polizia. Crede di avere tutti i requisiti per quelle misure alternative di cui si parla. Ma per il suo passato - non certo per quei due grammi di hashish ceduti gratuitamente a un amico - deve passare più di un anno in carcere.

Nel suo caso, aggiunge, un datore di lavoro comprensivo e l’appoggio degli amici che pagano l’affitto in suo assenza gli garantiscono almeno un ritorno alla normalità. Ma c’è chi perderebbe casa e lavoro. Rischiando di tornare veramente a quella delinquenza che aveva abbandonato ormai da molti anni.

Iran: eseguite 12 condanne a morte, 346 le esecuzioni nel 2009

 

Ansa, 3 luglio 2009

 

Sei persone condannate a morte per omicidio sono state impiccate a Teheran, e altre sei sono state messe a morte a Qom per traffico di droga. Lo hanno reso noto oggi i media iraniani.

Secondo il giornale Etemad, le sei esecuzioni a Teheran sono state condotte ieri mattina nel carcere di Evin. Alcune delle persone condannate a morte erano state riconosciute colpevoli di aver ucciso il marito o la moglie. Le altre sei impiccagioni sono state eseguite oggi in una prigione di Qom, a sud di Teheran, riferisce l’agenzia Fars. L’Iran è stato indicato da Amnesty International come il secondo paese per il numero di esecuzioni, dopo la Cina. Secondo l’organizzazione per la tutela dei diritti umani nel 2009 almeno 346 persone sono state condannate a morte e uccise.

 

 

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