Rassegna stampa 1 luglio

 

Giustizia: ddl-sicurezza al Senato e il Governo pone la fiducia

 

Ansa, 1 luglio 2009

 

Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha posto la questione di fiducia sul ddl sicurezza all’esame nel Senato. Dopo l’annuncio del ministro, il presidente del Senato ha convocato la conferenza dei capigruppo per fissare le modalità di discussione della fiducia. "Il governo attribuisce grande importanza a questo provvedimento. È stato il primo ad essere approvato dal primo Consiglio dei ministri che si tenne nel maggio dell’anno scorso a Napoli nell’ambito di un più ampio pacchetto di norme in materia di sicurezza - ha detto Vito -.

Tutte quelle norme sono entrate definitivamente in vigore nel nostro ordinamento ed hanno dato buona prova nel contrasto alla criminalità organizzata e mancano le norme di questo ddl che pure ha ricevuto una prima approvazione dopo un lungo ed approfondito esame da parte delle commissioni del Senato nel febbraio di quest’anno. La Camera dei deputati ha approvato poche e limitate modifiche - dice Vito - al testo licenziato dal Senato e pertanto il governo ritiene opportuno a questo punto giungere alla definita approvazione del testo. Pertanto autorizzato dal Cdm pongo la questione di fiducia sull’approvazione di ciascuno dei tre articoli del ddl nel testo approvato dalla camera". Ecco, per punti, cosa prevede il ddl sicurezza:

Clandestinità - Lo straniero illegalmente in Italia non rischia la reclusione ma un’ammenda da 5 mila a 10 mila euro e l’espulsione. Questo provvedimento è stato preso in seguito ai rilievi dell’Ue e a causa del rischio di una nuova emergenza carceri.

Tassa di soggiorno - Gli immigrati dovranno pagare un contributo di soggiorno: l’importo va da un minimo di 80 a un massimo di 200 euro. Si pagherà per il rinnovo del permesso di soggiorno ma non se questo è per asilo e per la richiesta di asilo, per la protezione sussidiaria e per motivi umanitari.

Nei Cie fino a 6 mesi - La permanenza nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione, degli immigrati clandestini, è prolungata dagli attuali 60 giorni a 6 mesi.

Carcere a chi affitta a clandestini - Reclusione fino a tre anni per chi, a titolo oneroso, dà alloggio o cede anche in locazione un immobile a uno straniero privo del permesso di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di affitto.

Nozze con stranieri - Lo straniero che sposa un cittadino italiano può acquisire la cittadinanza italiana due anni dopo il matrimonio se risiede legalmente nel nostro Paese oppure dopo tre anni se residente all’estero. I tempi sono ridotti alla metà in presenza di figli anche adottati. Per potersi sposare con un italiano lo straniero deve presentare all’ufficiale dello strato civile, oltre al nulla osta del Paese di provenienza, anche il permesso di soggiorno. Più facili invece i matrimoni con le musulmane che risiedono regolarmente in Italia: non sarà necessario che la sposa ottenga il nulla osta dal Paese di provenienza, basterà un’autocertificazione alla quale sia allegato un documento dell’ambasciata italiana o del consolato nel paese di provenienza.

Igiene della casa - L’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende alloggiare.

Postini-spia - Gli agenti che si occupano dei servizi di money transfer acquisiscono e conservano per dieci anni il permesso di soggiorno dell’extracomunitario che richiede il trasferimento di denaro. In caso di mancanza di tale documento gli agenti dovranno denunciare lo straniero entro dodici ore, pena la cancellazione dall’elenco degli agenti in attività finanziaria.

Figli irregolari e anagrafe - Cancellata la norma sui presidi e sui medici spia, resta nel testo l’obbligo di esibire agli uffici della pubblica amministrazione il permesso di soggiorno non solo ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse ma anche per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile o all’accesso ai pubblici servizi. Con questa norma, accusa l’opposizione, sarà impossibile per i figli dei clandestini essere iscritti all’anagrafe.

Norme anti-writers - Carcere fino a tre mesi e multa da mille a tremila euro per chi danneggia cose di interesse storico o artistico. Se il fatto è commesso su beni immobili o mezzi di trasporto pubblici la pena è la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a mille euro. Punito con la sanzione amministrativa di mille euro anche chi vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di diciotto anni.

Decoro delle strade - Sanzioni amministrative non inferiori a 500 euro anche per chi insozzi le pubbliche vie. Multe da 500 a mille euro anche per chi getta rifiuti dal finestrino di auto o moto in sosta o in movimento.

Accattonaggio - Carcere fino a tre anni per chi si avvale per mendicare di un minore di quattordici anni.

Albo dei buttafuori - Il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento o di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi dovrà essere iscritto in apposito elenco, tenuto dal Prefetto competente per territorio. A stabilire i requisiti necessari per iscriversi sarà il ministero dell’Interno che entro 60 giorni dalla data in vigore del ddl emanerà un decreto anche con le modalità di selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il relativo impiego.

Ronde - I sindaci, previa intesa con il prefetto, potranno avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati per segnalare alle forze di polizia o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale. Tali associazioni sono iscritte in un apposito elenco tenuto a cura del prefetto che sente anche il parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Clochard schedati - Le persone senza fissa dimora dovranno essere schedati in un apposito registro istituito presso il Viminale e la registrazione dovrà avvenire entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge. Un emendamento voluto dalla Lega come quello che prevede che "l’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile".

Inasprimento 41-bis - Inasprito il carcere duro, l’articolo 41 bis, che viene applicato soprattutto per i condannati di mafia e camorra. Detenzione più lunga di altri 4 anni. Si prevedono carceri ad hoc per i boss, preferibilmente sulle isole. Più difficile per loro comunicare anche con l’esterno.

Norma anti-racket - Sarà obbligatorio per gli imprenditori titolari di commesse pubbliche denunciare eventuali estorsioni.

Reato di oltraggio - Si prevede fino a tre anni di carcere per chi offende l’onore e il prestigio di un agente o un pubblico ufficiale. Questo reato, che era stato abrogato nel 1999, prevede, dunque, fino a tre anni di reclusione per chi in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l’onore e il prestigio di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza.

Giustizia: ddl-sicurezza, provvedimento criminogeno e feroce

di Donatella Poretti (Senatore Radicali - Pd)

 

Agenzia Radicale, 1 luglio 2009

 

Inizia oggi (ieri per chi legge ndr) al Senato la terza lettura del provvedimento sulla sicurezza il cui iter parlamentare è iniziato un anno fa. Il disegno di legge introduce nuovi reati (clandestinità), aggravamenti di pene e indurimento del carcere duro per i mafiosi (dimezzare le ore d’aria per i detenuti in 41bis), interventi di sicurezza fai da te, come le ronde, misure meramente punitive come il prolungamento della detenzione nei Cie, norme con conseguenze gravi soprattutto per i minori che rischiano di nascere in Italia senza che la loro esistenza risulti in alcun atto, emarginati che dipenderanno dalla discrezionalità dei funzionari dell’anagrafe per il rilascio delle autorizzazioni.

Un intervento criminogeno che non governa i fenomeni, ma che crea criminalità, che vede nella repressione la soluzione di fenomeni sociali, di emarginazione, di povertà e di origine diversa. Con l’introduzione del reato di clandestinità, collegato alla normativa in vigore e agli articoli del codice penale, le conseguenze saranno le più drammatiche e le più crudeli.

Infatti, gli art. 361 e 362 prevedono che i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio (scuola, sanità, anagrafe...) debbano denunciare alle autorità i reati di cui abbiano notizia nell’esercizio delle loro funzioni.

A fronte della politica criminogena proposta dal Governo, l’Italia vive nell’ipocrisia di un welfare e di uno Stato sociale che si fonda su badanti, colf e babysitter illegali e clandestine solo perché il nostro Paese non rilascia i nullaosta per persone di cui conosce tutto: nome e residenza del datore di lavoro, nome e luogo di lavoro dell’immigrato! Delle oltre 740 mila richieste del 2007 solo 170 sono andate a buon fine, le altre aspettano ancora l’emanazione di nuovi decreti flussi. Le misure pragmatiche razionali, si scontrano con le ideologie e producono misure di una gravità e di una crudeltà inaudita.

Come delegazione radicale ci opponiamo con tutte le misure parlamentari a nostra disposizione (pregiudiziali di costituzionalità, emendamenti e ordini del giorno). A nulla varrà se poi il Governo non avrà fiducia nella sua maggioranza, ma gliela estorcerà chiamando per nome uno ad uno i suoi senatori a dire sì con lo strumento della fiducia.

Giustizia: Prc; contro il ddl, organizzeremo disobbedienza civile

 

Asca, 1 luglio 2009

 

Il Prc preannuncia l’intenzione di organizzare "la disobbedienza civile" contro quelle che considera essere "norme incostituzionali" del ddl sicurezza, su cui il governo ha posto oggi la fiducia. "Il cosiddetto pacchetto sicurezza è una legge incostituzionale, che si basa su veri e propri orrori giuridici. Dalle ‘ronde’, che demoliscono lo Stato di diritto per tutti i cittadini, al reato di immigrazione clandestina che rompe il principio di eguaglianza previsto dall’articolo 3 della Costituzione.

Reagiremo con forza contro questo pacchetto sicurezza, a partire dai territori - dice il segretario del Prc, Paolo Ferrero - organizzando la disobbedienza civile a tali norme, organizzando osservatori e nuclei di difesa legale per cittadini extracomunitari e non, denunciando l’iniquità di queste norme alla Corte costituzionale e alle corti penali internazionali, visto che tali norme ledono tutte le convenzioni internazionali firmate dall’Italia".

Giustizia: Osapp; reato clandestinità è il "punto di non ritorno"

 

Adnkronos, 1 luglio 2009

 

La situazione delle carceri italiane è all’ultimo stadio, siamo a un punto di non ritorno". È quanto afferma Leo Beneduci, segretario generale dell’Organizzazione sindacale autonoma della Polizia Penitenziaria (Osapp), che sottolinea come "il Guardasigilli rischia di passare alla storia come il più improduttivo di tutta la Repubblica sul fronte carceri e questo Governo si permette di inasprire le pene e concepire nuove fattispecie di reato, come quella rivolta alla clandestinità".

Ogni mese, aggiunge il sindacato, entrano nei cancelli delle carceri "mille detenuti attualmente che aumenteranno senz’altro con l’introduzione del reato di clandestinità. Possiamo benissimo affermare, quindi - conclude -che se passerà anche questo decreto legge Alfano e Maroni contribuiranno a mettere a repentaglio la salute, e anche la vita, di ogni agente di Polizia Penitenziaria".

Giustizia: contro stupratori affissione di foto ed elenco pubblico

 

Avvenire, 1 luglio 2009

 

La Commissione Giustizia della Camera ha approvato ieri la proposta di legge contro la violenza sessuale. Nel testo, che dovrebbe passare all’esame dell’aula il 6 luglio, è stato accolto l’emendamento che prevede addirittura la possibilità di affiggere in luoghi pubblici, compresi i mezzi di trasporto, le foto segnaletiche dei ricercati per stupro.

La discutibile proposta di modifica è stata presentata, come primo firmatario, dal capogruppo del Pdl in commissione Giustizia, Enrico Costa. E ha subito provocato le critiche dell’opposizione. "L’ennesima provocazione politica che rischia di incitare alla "caccia all’uomo" e al linciaggio", commenta per il Pd Donatella Ferranti, per la quale si tratta di "sistemi primordiali di giustizia più vicini a quelli del "Far West" che a quelli di una società moderna".

Quella del testo licenziato dalla commissione viene definita "un’ottica meramente repressiva che non valorizza le attività di prevenzione, informazione e formazione dei tanti operatori che devono intervenire nelle varie fasi delle indagini per la tutela ed il recupero delle vittime".

L’articolato prevede, inoltre, sanzioni più severe per chi si accanisce contro i bambini (fino a 20 anni di carcere) ed un risarcimento del danno "in misura del valore della casa di sua proprietà adibita ad uso comune" nel caso in cui il colpevole della violenza sessuale sia il coniuge o il convivente della vittima.

Il giudice altresì può disporre il sequestro dell’abitazione ai sensi dell’articolo 189 del Codice penale, con il trasferimento della sua proprietà a favore della vittima una volta che sia intervenuta sentenza penale di condanna. Lo prevede un emendamento a firma di Matteo Brigandì (Lega). Un emendamento di Giulia Cosenza (Pdl), poi, stabilisce l’istituzione dell’elenco pubblico e consultabile con le relative fotografie delle persone condannate per violenza sessuale, corruzione di minorenne e violenza sessuale di gruppo. Se approvato il testo, sarà un decreto legislativo del ministero dell’Interno, di concerto con il ministro della Giustizia, a stabilire le modalità di attuazione, organizzazione e pubblicità dell’elenco.

Giustizia: nelle carceri il sovraffollamento mai visto in 60 anni

di Stefano Milani

 

Il Manifesto, 1 luglio 2009

 

Nel carcere di Favignana, a Trapani, detenuti e poliziotti vivono e lavorano come talpe. Tutto è sotto terra: gli uffici, l’infermeria, le celle, i bagni. In quello di Brescia, le persone restano rinchiuse dietro le sbarre in media 22 ore al giorno. Al penitenziario romano di Regina Coeli si dorme per terra su materassi di fortuna, l’acqua calda è un optional e all’ultimo piano i rubinetti sono totalmente a secco. A fine 2008 è stato lanciato l’allarme sifilide. All’Ucciardone di Palermo i posti letto disponibili sono 378, ma i detenuti nel 2008 sono arrivati ad essere oltre in 700. In alcune celle da quattro dormono anche in 12, in grappoli di quattro letti a castello. Per dormire si fanno i turni tra il giorno e la notte. E i bagni alla turca sono spesso tappati con bottiglioni di vetro per evitare che i topi che escono dalle fognature fatiscenti invadano le celle.

"Oltre il tollerabile", secondo Antigone, così come è "intollerabile la condizione di vita delle persone detenute, costrette a subire gli effetti di un sovraffollamento mai visto nella storia d’Italia", fin dai tempi dell’amnistia di Togliatti nel 1946 agli albori della Repubblica. Il sesto rapporto sulle carceri redatto e presentato ieri dall’associazione che da anni si batte per i diritti dei detenuti fotografa una situazione al limite dell’emergenza. I penitenziari scoppiano: i carcerati sono ad oggi 63.460, ben 20 mila in più rispetto alla capienza consentita. In alcune regioni il numero è quasi il doppio, come in Emilia Romagna, dove il tasso di affollamento è pari al 193%, o in Lombardia, Sicilia, Veneto e Friuli, dove raggiunge il 160%. E la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente, Antigone stima che a fine anno ci saranno 70 mila detenuti e 100 mila nel giugno del 2012, "con tassi di detenzione paragonabili ai paesi dell’est europeo".

In 19 anni i numeri, sia percentuali che assoluti, sono raddoppiati: nel 1990 erano poco più di 30 mila, nel 2008 gli ingressi in carcere sono stati 92.900, ossia 15 mila in più nel giro di dieci anni. "Eppure - sottolinea l’associazione - siamo ben lontani oggi dai 3.909 omicidi denunciati nel 1991 o dai quasi 2 milioni di furti del 1999. Sono cresciute invece le rapine". La crescita, dunque, "sta tutta nella maggiore repressione penale del consumo e del traffico di sostanze stupefacenti, nella criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno e nella punizione di quelli che non ottemperano all’obbligo di espulsione, nella maggiore severità nel trattamento dei recidivi".

A fronte di quest’ennesima anomalia tutta italiana, Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, propone tre riforme urgenti che potrebbero essere attuate per migliorare la condizione negli istituti di pena con buon senso e pragmatismo: "La riduzione dei tempi di custodia cautelare per i reati meno gravi, la rivitalizzazione delle misure alternative al carcere e la riduzione delle pene per chi commette reati di lieve entità nel campo delle tossicodipendenze", mettendo mano all’articolo 73 della legge sulle droghe, che oggi prevede un quinto comma che, a causa dell’ex Cirielli, azzera l’attenuante nei casi di recidiva. Le carceri che scoppiano sono un problema ma, avverte il presidente della Corte Costituzionale, Francesco Amirante, intervenendo ieri alla conferenza stampa, "occorre impedire che ci siano regressioni nella tutela dei diritti fondamentali con la motivazione della straordinarietà delle situazioni".

La "intollerabilità" denunciata da Antigone riguarda anche le condizioni di lavoro degli operatori penitenziari "costretti a turni massacranti" e le risorse. Un detenuto costa allo stato italiano 157 euro al giorno, ma di questa somma poco più di 3 euro sono destinati ai tre pasti giornalieri e circa 5 euro alla salute. A rischio poi è anche la salute dei detenuti. Dal 2000 al 2008, denuncia sempre Antigone, sono stati destinati 34 milioni di euro in meno alla sanità penitenziaria. Con conseguente peggioramento della salute dei detenuti: 36 su 100 soffre di disagio psichico, 1 su 2 è soggetto a trattamento con psicofarmaci, il 2,7% è affetto da Hiv. Come aumentano i suicidi, lo scorso anno 42, un terzo dei decessi complessivi.

Giustizia: Cgil; governo è assente, intervento regioni e comuni

 

Comunicato stampa, 1 luglio 2009

 

Il rapporto presentato ieri mattina dall’associazione Antigone, evidenzia, dati alla mano, la tragicità della situazione in cui versano le nostre carceri. Sono dati che gridano vendetta. 64.000 detenuti a fronte di una capienza di appena 42.000: è sicuramente il dato più allarmante del rapporto, un dato che pone le istituzione di fronte alle proprie responsabilità.

Ormai da tempo denunciamo lo stato di affollamento in cui versano le nostre carceri, cercando di far emergere come una tale situazione possa dal punto di vista igenico-sanitario creare situazioni esplosive, pericolose per la salute pubblica. Non solo. Crediamo che una tale situazione annienti di fatto ogni possibile azione rieducativa degli istituti penitenziari, aggiungendo alla pena detentiva livelli di vita al limite della disumanizzazione, inaccettabili per uno stato di diritto.

Più di 500 suicidi in 9 anni: un dato che fa accapponare la pelle. Oggi ho personalmente inviato al Ministro della Giustizia, Angelino Alfano, al presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, ed al presidente dell’Anci, Sergio Chiamparino, tre lettere. Al Ministro chiediamo di uscire dal silenzio, e dire al paese quale sia la strategia del Governo per affrontare una tale crisi.

Le risposte fin qui date, che profilano un impegno tanto effimero quanto intempestivo sul fronte dell’edilizia penitenziaria, non possono rassicurarci. Dal 2008, data del trasferimento delle competenze alle Regioni sul tema della sanità penitenziaria, le Asl attendono che i relativi fondi (oltre 300 milioni di euro per gli anni 2008 e 2009) vengano loro trasferiti: finora hanno provveduto, con difficoltà e con sforzi tutti propri, alla gestione del sistema.

Un vuoto inaccettabile e che rischia di aggravare una situazione già di per se critica. Ai presidenti Errani e Chiamparino chiediamo di agire le loro responsabilità sul tema del sovraffollamento e della crisi del sistema della sanità penitenziaria, pretendendo dal Governo e dal Ministro Alfano interventi immediati e concreti in assenza dei quali si profila un aggravarsi della situazione al limite dell’emergenza.

L’ordinamento non esclude per gli enti locali la possibilità di avviare verifiche sulla corretta compatibilità del sistema e rivendicare l’assunzione da parte del governo centrale di politiche penitenziarie che evitino il progressivo e, sembrerebbe, inarrestabile affollamento delle carceri. La legge Gozzini e l’ordinamento già prevedono forme sostitutive della detenzione. In gioco non c’è solo la tenuta del sistema, ma la difesa dei diritti inalienabili di ogni cittadino, anche di chi è momentaneamente privato della libertà personale, ma non del diritto alla saluta, alla dignità. (Vedi il comunicato e le lettere - in pdf).

 

Carlo Podda

Segretario Generale Fp Cgil Nazionale

Giustizia: riforma sanità carceraria; regioni attendono risorse

 

Agi, 1 luglio 2009

 

Confronto a Napoli sullo stato del trasferimento della sanità penitenziaria dalle competenze del Ministero della Giustizia a quelle del Servizio Sanitario Nazionale, ad un anno dall’entrata in vigore del decreto. Dodici mesi che sono stati impiegati "principalmente nella transizione amministrativa - spiega Angelo Fioritti, dell’assessorato alle Politiche per la salute dell’Emilia Romagna - si è trattato di tradurre un’organizzazione dentro un’altra.

Ad esempio, nella nostra regione abbiamo dovuto trasferire 350 contratti di lavoro, ma grossi scossoni non ce ne sono stati. In Emilia abbiamo il tasso di sovraffollamento carcerario più alto d’Italia e nell’ospedale psichiatrico giudiziario ci sono 300 internati a fronte di 130 celle disponibili". Una transizione, quella prevista dal Dpcm del 1 aprile 2008, che non è stata recepita in maniera uniforme in Italia, dal momento che le regioni a statuto speciale sono ancora con il vecchio sistema.

"Ma la colpa è del governo non delle Regioni, che erano pronte - dice Leda Colombini, presidente del Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private di libertà - nel 2008 le Regioni dovevano avere 32 milioni di euro che ancora sono bloccati. E senza aver ancora avuto soldi, devono far fronte a stipendi e tutte le spese connesse al trasferimento".

Terminata la parte più burocratica, secondo Colombini si dovrà poi affrontare la carenza cronica di personale, tra cui soprattutto psicologi, e il ritardo nella convocazione dei tavoli interistituzionali tra Ministero, Regioni ed esponenti del Servizio sanitario nazionale. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, in Italia ci sono 63mila detenuti a fronte di una capienza regolamentare di circa 43mila posti.

"Nelle carceri ci sono immensi problemi - ribadisce l’assessore alla Sanità della Regione Campania Mario Santangelo - a Poggioreale, l’istituto di pena di Napoli, ci sono 3.700 detenuti in una struttura con 1.600 posti. E poi ci sono 2 miliardi di euro del Sistema sanitario nazionale che dovrebbero andare alla Regione e che invece sono bloccati perché siamo inadempienti nel patto di affiancamento con Roma. Infine, sono andate in pensione 7mila persone ma abbiamo il blocco del turnover, e così abbiamo dovuto fare ricorso ai precari, con contratto fino al 31 dicembre. Abbiamo dovuto rinnovarli, pena la paralisi del settore, poi bisognerà vedere come fare dopo".

Giustizia: sanità; aumentano i detenuti, diminuiscono le risorse

 

Il Denaro, 1 luglio 2009

 

Quattro grandi problemi a livello nazionale e tante piccole questioni irrisolte a livello locale. A un anno dal passaggio di competenze da ministero della Giustizia a Sistema sanitario nazionale in materia di salute dei detenuti sono ancora tanti i nodi da sciogliere.

Di questo si è discusso nel corso del convegno "Salute in carcere: a che punto siamo?" organizzato dal Consiglio regionale della Campania, dalla Conferenza nazionale garanti regionali diritti dei detenuti, dal Forum per il diritto alla salute in carcere e dalla Regione Emilia Romagna.

Secondo il presidente del "Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale" Leda Colombini le maggiori responsabilità sono del Governo. Quattro al momento i problemi più pressanti, su tutti i 32 milioni di euro dovuti alle Regioni e non ancora corrisposti.

Questo ha creato una forte "disuguaglianza tra le Regioni più ricche e meglio organizzate che riescono a far fronte da sole alle spese correnti e le altre che invece offrono addirittura meno prestazioni rispetto a prima del passaggio di competenze". A questo, secondo la Colombini, si aggiungono il mancato trasferimento di competenze alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome, la carenza cronica di personale, in particolare psicologi e il ritardo nella convocazione dei tavoli interistituzionali tra ministero, Regioni ed esponenti del Sistema sanitario nazionale.

Una situazione particolarmente grave se si considera il cronico sovraffollamento delle carceri italiane. Secondo i dati del ministero della Giustizia, sono quasi 64 mila i detenuti, raddoppiati rispetto al 2007, a fronte di una capienza regolare delle strutture che è di circa 43mila posti. "Dal 2000 a oggi - ha concluso la Colombini - c’è stato un taglio del 40 per cento nella spesa per la sanità carceraria, mentre aumenta il sovraffollamento. Per questo ci sono sempre più agitazioni tra personale carcerario e detenuti".

"C’é un grave problema di spazio e vivibilità - ha detto l’assessore alla Sanità della Regione Campania Mario Santangelo - Nel carcere di Poggioreale ci sono 3.700 detenuti per 1.600 posti. Poi ci sono i 2 miliardi di euro del Sistema sanitario nazionale per la Regione Campania sospesi perché siamo inadempienti nel patto di affiancamento con Roma. In piedi anche e il problema risorse umane: 7 mila persone sono andate in pensione e con il blocco del turn-over siamo costretti a turni di straordinario e a ricorrere ai precari. Ci sono 2 mila persone con contratto in scadenza a dicembre 2009" ha concluso Santangelo. In Emilia Romagna, come in Campania, la situazione non è delle migliori.

"Abbiamo il tasso di sovraffollamento più alto d’Italia - ha spiegato l’assessore regionale alle Politiche per la Salute dell’Emilia Romagna Angelo Fioritti intervenuto al convegno - Nel solo Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia ci sono 300 internati a fronte di 130 celle disponibili". Fioritti ha spiegato che all’interno delle carceri ci sono alcune buone pratiche sulle quali bisogna investire. Un esempio è il progetto di recupero per i detenuti tossicodipendenti. "In Emilia - ha detto Fioritti - il 95 per cento dei detenuti tossici usciti per indulto ha mantenuto il progetto di recupero. Adesso - ha concluso Fioritti - dobbiamo confrontarci con l’innovazione tecnologica che può aiutarci a migliorare l’efficienza del nostro lavoro".

Nota polemica per il Garante dei detenuti della Regione Campania Adriana Tocco: "Abbiamo invitato i rappresentanti del ministero della Salute e della Giustizia, ma non hanno risposto. Spero non sia un loro segnale di disimpegno" ha concluso la Tocco.

Puglia: i detenuti sono tossicodipendenti, immigrati, poveracci

 

Redattore Sociale - Dire, 1 luglio 2009

 

Secondo il rapporto Antigone sono 4.156 i detenuti, cinque gli istituti, e la polizia penitenziaria è sotto organico di 3 mila unità. Il cappellano don Bruno: "Tossicodipendenti, immigrati, poveracci sono questi gli utenti del carcere oggi".

In Puglia sono 4.156 i detenuti distribuiti nelle poche strutture (cinque) con la polizia penitenziaria sotto organico (3mila unità). È quello che emerge dal sesto rapporto di Antigone sulle carceri italiane. Ma la situazione del sovraffollamento in Puglia sta portando a una vera e propria esplosione. Tubercolosi, Aids e malattie veneree sono minacce da sempre e la Uil Pa Penitenziari insiste sulla totale assenza di qualsiasi protocollo di profilassi a tutela della pubblica incolumità di operatori e detenuti. Per questo il sindacato della polizia penitenziaria (Sappe) nei giorni scorsi ha indetto lo sciopero della fame del personale addetto, seguito dallo sciopero bianco (l’applicazione rigida del protocollo carcerario che inasprirebbe la situazione già sull’orlo del collasso).

"Negli ultimi anni la legge ex Cirielli ha accentuato il problema della recidiva colpendo i più disgraziati che, usciti dal carcere, non vedono via d’uscita e ricadono nel circuito microcriminale; la Fini-Giovanardi, poi, ha indifferenziato uso e spaccio di droghe leggere o pesanti, prevedendo da 6 a 20 anni di reclusione" spiega don Raffaele Bruno, il cappellano del carcere Borgo San Nicola di Lecce. "Se a questo si aggiunge il reato di clandestinità, di fatto si sta criminalizzando il disagio sociale". "Il sovraffollamento non è dovuto all’incremento di reati - spiega don Raffaele - è dovuto invece a una serie di norme che intercettano ormai il disagio solo penalmente. Se si taglia sul welfare, il disagio non può che avere una valenza penale. Tossicodipendenti, immigrati, poveracci sono questi gli utenti del carcere oggi".

La privazione è purtroppo a 360 gradi: ne soffrono i detenuti che non riescono a svolgere neanche le normali attività e ne soffre il personale, peraltro sempre più ridotto. "Il detenuto - continua il cappellano del carcere di Lecce - vive 24 ore su 24 in cella senza alcuna attività. Io stesso in alcuni reparti non faccio messa da mesi". Soprattutto, questo non è più il tempo per organizzare delle risposte estemporanee. "Bisogna dare delle risposte subito, oggi, perché al di là del discorso sicurezza la cosa più tragica è l’aspetto trattamentale che metta nelle condizioni i soggetti di avviare un percorso serio. Quest’anno c’è stato anche un notevole taglio alle finanze delle carceri e i materiali tutti, anche quelli medici e igienici, sono ridotti. A Lecce il rischio è che manchi anche l’acqua in estate perché i detenuti sono più del doppio!".

Catania: ispettore Polizia Penitenziaria spara ed uccide collega

 

La Sicilia, 1 luglio 2009

 

Un ispettore della Polizia Penitenziaria, Mauro Falcone, 39 anni, originario di Piazza Armerina, ha ucciso un collega, Davide Aiello, 32 anni, con numerosi colpi d’arma da fuoco. Il delitto è avvenuto la notte scorsa nella caserma attigua al carcere di massima sicurezza di Bicocca.

Secondo quanto si è appreso, l’uomo è entrato in una stanza dove c’erano più agenti di polizia penitenziaria e ha esploso l’intero caricatore della sua pistola d’ordinanza contro la vittima, che è morta sul colpo. Poi si è seduto e ha atteso in silenzio l’arrivo della polizia, che lo ha arrestato.

Dalle prime indagini non è emerso un movente, neppure personale. Sembra che l’ispettore da tempo soffrisse di crisi depressive e fosse stato anche sospeso dal servizio. Sull’episodio indaga la Procura della Repubblica di Catania.

D’Agata: "un delitto di ordinaria follia". Un delitto di ordinaria follia": così il procuratore di Catania, Vincenzo D’Agata, ha definito l’omicidio avvenuto la notte scorsa nel carcere di massima sicurezza di Bicocca dove un ispettore di polizia penitenziaria ha ucciso, senza motivo apparente, un collega con 15 colpi di pistola. "Allo stato non emergono contrasti tra l’omicida e la vittima - spiega il magistrato - ma emerge la personalità dell’ispettore che in passato aveva sofferto di crisi depressive, tanto che per un periodo gli era stata tolta la pistola d’ordinanza. Bisognerà vedere come mai gli è stata restituita". Per il procuratore capo di Catania "la tragedia sembra sia da inquadrare come un delitto di ordinaria follia" e ritiene di "potere escludere al momento altre ipotesi".

L’agghiacciante racconto di un testimone. Prima di fare esplodere la sua follia omicida è stato notato da un collega in una cella, al buio, a pregare in ginocchio con la Bibbia in mano. L’episodio è stato ricostruito dalla polizia e confermato da fonti qualificate della Procura. Falcone aveva finito il suo turno di lavoro a mezzanotte, ma si era intrattenuto con i colleghi per un’ora e mezza. Poi è andato a prendere un caffè con un agente; all’improvviso, come se si fosse ricordato di avere qualcosa da fare è tornato indietro, ha incontrato Aiello contro il quale ha sparato l’intero caricatore della pistola d’ordinanza. Poi si è seduto e ha pronunciato delle frasi senza senso come "Satana" e "il male assoluto". In passato all’ispettore che soffriva di violente crisi depressive una commissione medica aveva vietato l’uso della pistola, che gli era stata successivamente restituita.

 

Sappe: non è un caso, i problemi sono tanti

 

"La tragedia di oggi? Credo, come è normale, che si cercheranno le motivazioni nella vita personale del collega che ha sparato, ma io sono convinto che si tratti di un vero e proprio campanello d’allarme". Calogero Navarra, segretario regionale del Sappe (Sindacato autonomo di Polizia Penitenziaria), racconta le preoccupazioni e le tensioni di una categoria, le difficoltà di un mestiere difficile, di una quotidianità drammatica. Che è esplosa un’altra volta, oggi, con l’uccisione di un agente della polizia penitenziaria per mano di un collega.

"Io non posso entrare nello specifico della realtà del carcere di Bicocca - dice Navarra - ma posso certamente descrivere le carenze del sistema. A cominciare dalle strutture inefficienti e precarie. Per finire con una carenza di organico che rende il nostro lavoro ogni giorno più difficile".

Sovraffollamento. Da questo, ecco venir fuori tutti gli altri problemi. Tensioni tra i detenuti, e tra questi e gli agenti. E, ancora tra gli agenti e i loro superiori. In una pentola in ebollizione che sono le carceri italiane, e siciliane in particolare.

"Noi - spiega Navarra - dobbiamo garantire il controllo e anche il trattamento dei detenuti, cioè il dialogo con loro. Ma alle difficoltà che si possono immaginare, negli ultimi tempi si è aggiunta una forte componente di extracomunitari con i quali il dialogo, per ovvie ragioni, è ancora più difficile". Navarra racconta di una vita carceraria vissuta sul filo del dramma, della tragedia dietro l’angolo. Che può esplodere per il più futile dei motivi. "La privazione delle sigarette, ad esempio, spesso crea risse furibonde".

Risse difficili da controllare con un organico non sufficiente: "Il numero degli agenti è quello previsto nel 2001. Ma, nel frattempo, ci sono state attribuite nuove mansioni. A questo si aggiunge il fatto che in questi anni molti colleghi sono andati in quiescenza. Siamo sempre di meno, e spesso siamo oggetto di aggressioni".

La descrizione di Navarra si sposta dall’ambito "professionale" a quello umano, individuale, per tratteggiare l’immagine di un lavoro a volte difficile da sopportare: "Noi siamo pur sempre uomini. E i problemi non finiscono e non cominciano solo nel carcere. A volte ci sono pensieri legati alla vita familiare, che ciascuno di noi si sforza di tenere fuori dall’orario di lavoro, ma le condizioni nelle quali ci troviamo a lavorare, di certo non aiutano a stare tranquilli".

Difficoltà per ottenere congedi ordinari, riposi settimanali, l’agente di polizia penitenziaria, secondo Navarra, è sottoposto a stress enormi: "Ci troviamo a fare due, tre posti di servizio. Quando montiamo in sezione a volte dobbiamo controllare 75 reclusi. E non sto parlando di carceri come l’Ucciardone, ad esempio, dove la situazione è ancora più pesante".

Detenuti che chiedono sigarette, che apprendono notizie tragiche dall’esterno, che chiedono di essere spostati dalla propria cella. E, in alcuni casi, anche cose molto più gravi: "L’altro giorno - racconta Navarra - un mio collega è entrato in una cella e ha salvato un detenuto che s’era appena impiccato. Vi lascio immaginare la scena. E quanto fegato ci voglia per sopportare certe immagini, come quelle dei carcerati che si tagliano le vene".

Una polveriera, le carceri siciliane. Dove l’esplosione, tragica, come quella di oggi al carcere di Bicocca, è sempre dietro l’angolo. "Comprendere cosa significhi convivere ogni giorno con queste situazioni - conclude Navarra - non è semplice. E il dramma può arrivare da un momento all’altro. Come è successo a Catania. Adesso tutti cercheranno motivazioni personali nel gesto del collega. Ma chi fa questo lavoro, sa bene cosa significa vivere sul filo, ogni giorno".

 

Osapp: Caro Ministro… siamo allo sbando

 

"L’accaduto può essere considerato l’ennesimo episodio, questa volta di una gravità assoluta, che va ad aggiungersi a quelli da noi denunciati in questi ultimi mesi, e che non c’entra assolutamente nulla con il sovraffollamento. Episodio che segnala lo stato di abbandono in cui versa il Corpo di Polizia Penitenziaria". Lo sottolinea, dopo il tragico episodio di Catania, Leo Beneduci, segretario del sindacato di Polizia Penitenziaria Osapp, secondo il quale "stress o non stress è assurdo, infatti, che dopo quello che succede non si smobiliti nessuno per dare l’allarme, e s’intervenga solo il mattino successivo" e "più assurdo il fatto che l’ispettore in questione aveva più volte dato segni di squilibrio psichico, e per questo segnalato più volte alla Commissione Medica Ospedaliera per i controlli di rito".

Per questo, l’Osapp rivolge 4 domande al ministro della Giustizia Angelino Alfano: "perché indugia ancora nel prendere provvedimenti urgenti e quanto mai necessari sul fronte delle carceri? Dove sono i progetti, le riforme che lei ha promesso? Perché lascia al completo sbando il personale del Corpo della sua Polizia? Perché a fronte della disponibilità di tutte le organizzazioni sindacali per un progetto condiviso lei sembra come non ascoltare?".

 

Uil: una tragedia su cui "occorre riflettere"

 

"L’immane tragedia di Catania impone una profonda riflessione a tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno responsabilità gestionali nell’ambito del sistema penitenziario. Nel più assoluto sconcerto e nel vivo sgomento per l’assurda morte di un collega vogliamo stringerci intorno alla famiglia della vittima e al personale di Catania Bicocca. Da quanto ci è dato sapere l’insano gesto dell’Ispettore di Polizia Penitenziaria che ha colpito a morte il collega è da attribuirsi ad un gesto di pura follia, tant’è che lo stesso ha svolto servizio pomeridiano senza dare alcun segno che potesse far presagire all’omicidio"

Eugenio Sarno Segretario Generale della Uil Penitenziari è profondamente colpito da quanto accaduto a Catania nella scorsa notte "la tragica scomparsa di Davide Aiello ripropone drammaticamente la necessità di qui presidi psicologici per il personale penitenziario già proposti dall’ex Capo del Dap Ettore Ferrara. Pur non volendo strumentalizzare - chiude Sarno - un drammatico episodio di cronaca quotidiana è inevitabile richiamare le condizioni di lavoro dei Poliziotti penitenziari e le gravi criticità che investono l’intero sistema penitenziario. Fattori, questi, che incidono notevolmente sull’equilibrio psicofisico di chi quotidianamente è costretto a misurarsi con il dolore la disperazione, in condizioni di lavoro assolutamente penalizzanti che ingenerano stress e tensioni non sempre gestibili".

Reggio Calabria: il carcere è fatiscente, la protesta dei detenuti

 

Ansa, 1 luglio 2009

 

Le precarie condizioni igienico sanitarie cui verserebbe la Casa circondariale reggina, hanno indotto i detenuti ad avviare una civile manifestazione di protesta. Da qualche giorno, infatti, i carcerati rifiutano i pasti che vengono forniti dalla mensa e rinunciano alle ore d’aria giornaliere.

La protesta è volta a sensibilizzare l’Amministrazione carceraria e i rappresentanti politici di ogni livello, affinché vengano stanziate le necessarie risorse economiche occorrenti per realizzare i lavori di restauro all’interno della struttura penitenziaria. Le carceri di via San Pietro entrarono in funzione nel 1932, quindi rispecchia i canoni dell’edilizia penitenziaria dell’epoca. Nel corso degli anni, lo stabilimento è stato sottoposto ad interventi di adeguamento e di manutenzione ordinaria. La capienza ottimale è di 157 detenuti, quella tollerabile di 244.

Parma: i sindacati di Polizia Penitenziaria; situazione è difficile

 

La Repubblica, 1 luglio 2009

 

Lettera dei sindacati sulle difficili condizioni in cui versa la Casa Circondariale di via Burla.

"Da tempo le scriventi OO.SS. sono in stato di agitazione per denunciare tutta una serie di inadempienze da parte della Direzioni degli II.PP. di Parma che dimostra di non avere interesse alcuno ad instaurare delle corrette relazioni sindacali.

Tale circostanza ha avuto conferma durante l’incontro del 23 u.s., tenutosi a seguito di numerosissime richieste e solleciti, non solo da parte delle OO.SS., la prima delle quali inoltrata nel lontano mese di novembre dello scorso anno. Già questo potrebbe bastare per fotografare la situazione ma, come se non fosse sufficiente, nel corso dell’incontro su citato il Direttore Di Gregorio ha definitivamente buttato giù la maschera facendoci capire di non potere, nella maniera più assoluta, tener fede agli impegni dallo stesso sottoscritti il 27 maggio 2008. Si rammenta che tale firma giunse a seguito di una strenua lotta da parte delle OO.SS. tutte, le quali, coinvolgendo tutti i livelli decisionali dell’Amministrazione Penitenziaria, riuscirono a portare a casa un accordo che dall’avvento del Dottor Di Gregorio (e cioè dal lontano 1997) non si era mai riuscito a raggiungere.

Le scriventi OO.SS., quindi, non hanno potuto che rompere il tavolo delle trattative, confermare lo stato di agitazione e calendarizzare tutta una serie di iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulle precarie condizioni lavorative del personale di polizia penitenziaria di Parma. Se a tutto ciò aggiungiamo che:

entro fine anno riapriranno ulteriori 5 reparti senza alcuna implementazione dell’organico di polizia penitenziaria;

gli effetti della smilitarizzazione del 90 (che in altri carceri ha avuto come conseguenza quella di agire da unico collante tra i vari ruoli, dall’agente fino al commissario Comandante), non si sono mai fatti sentire presso gli II.PP. di Parma tanto che, ancora oggi, gli agenti di Parma oltre ad un lavoro già "difficile" e stressante, sono continuamente sollecitati dai superiori gerarchici (i quali a loro volta subiscono continue pressioni ad esercitare un controllo stringente sul personale sottoposto) ad evadere anche una serie di incombenze che data l’atavica carenza di personale risultano essere, assolutamente ed umanamente, non più attuabili e/o non di loro stretta competenza in quanto affidate in origine ad altra unità lavorativa (fino a quando gli strumenti del giudizio di fine anno e del rapporto disciplinare resteranno come spade di Damocle a pendere continuamente sulla testa dei lavoratori affinché gli stessi eseguano pedissequamente anche disposizioni di servizio non più attuabili?);

i poliziotti penitenziari sono spesso costretti a lavorare in posti di servizio insalubri, in alcuni casi, ai limiti della decenza (si registrano infiltrazioni d’acqua, inesistenza di dispositivi per la lotta al fumo passivo, mancanza di una capillare climatizzazione di tutti i luoghi di lavoro, ecc.) e, per quanto riguarda il Nucleo Traduzione e Piantonamenti costantemente sottoscorta anche nel trasporto di detenuti 41 bis;

parti rilevanti dello stipendio non vengono riconosciute con regolarità (aspettiamo ancora il pagamento di straordinari, incentivi, servizio passivo, anticipo missioni);

tali problematiche sono sistematicamente nascoste al fine di mostrare insistentemente di sapersi porre come modello da emulare (su alcuni organi di stampa si è giocato persino su una presunta unità d’intenti tra Direttore ed OO.SS., unità d’intenti evidentemente ed assolutamente inesistente visto quanto in premessa),

crediamo si possa affermare, senza tema di smentita, che in mancanza di una repentina ed urgentissima inversione di rotta, il sistema potrebbe, da un momento all’altro, implodere con il rischio di provocare serie ed incontrollabili ripercussioni sulla sicurezza interna e/o del territorio di riferimento".

Palmi: la Polizia Penitenziaria denuncia "condizioni disastrose"

 

Ansa, 1 luglio 2009

 

La Polizia penitenziaria di Palmi denuncia "le disastrose condizioni di lavoro" presso la Casa Circondariale di Palmi. La protesta è sorta al fine di rivendicare alcuni diritti fondamentali, come "il diritto alle ferie e turni di lavoro sostenibili". I turni di lavoro, infatti, secondo quanto riferiscono gli interessati, raggiungono addirittura le 12 ore consecutive. Una conseguenza questa, causata dal fatto che le unità in servizio, nella Casa Circondariale, sono 110 a fronte di 240 detenuti. Da qui le condizioni di "massima insicurezza" in cui versa la struttura. Dopo l’astensione al servizio mensa, del 22 giugno scorso, il corpo di Polizia in servizio, ha organizzato una manifestazione di protesta davanti al Palazzo di Giustizia di Palmi, il 26 giugno, in occasione della Festa Provinciale del Corpo. La situazione di "massima insicurezza" rischia, dunque, di degenerare, se nessuno si preoccuperà di dare risposte adeguate ai lavoratori.

Empoli: il carcere femminile senza detenute in attesa dei trans

 

La Nazione, 1 luglio 2009

 

La casa Circondariale Femminile di Empoli è da qualche giorno senza più recluse (ultimamente erano poche, non più di 3, trasferite in altri istituti toscani). Il "Sappe", Sindacato autonomo di polizia penitenziaria, spiega che si tratta di un provvedimento del Provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria (Prap) per consentire il completamento dei lavori per la riconversione del penitenziario.

La nuova Casa Circondariale potrebbe essere pronta per settembre, secondo la tabella del Provveditorato: il progetto era ed è quello di trasferirvi i detenuti transessuali, molti dei quali si trovano a Sollicciano in situazione difficile. Ad oggi, la maggioranza del personale di polizia penitenziaria in servizio a Empoli sta usufruendo di un periodo di ferie. Ed ora, quello che il "Sappe" rivendica è la mancata convocazione del "Prap" al momento di decidere di inviare in missione in altre sedi personale di polizia in servizio a Empoli.

In una lettera datata 23 giugno del vicesegretario regionale del "Sappe", Francesco Falchi, indirizzata alla dottoressa Maria Pia Giuffrida, Provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria, si trova scritto: "Risulterebbe che il Prap della Toscana ha inoltrato dei provvedimenti di missione per la Casa Circondariale di Livorno indirizzati a due unità del Corpo in forza alla casa circondariale di Empoli. Al Sappe - prosegue - non risultano comunicazioni preventive o successive che ci rendano partecipi di tali azioni e dobbiamo rammaricarci di questo. Ricordiamo di come sia importante, se non addirittura indispensabile, il coinvolgimento delle organizzazioni sindacali in tali attività che si ripercuotono con notevole impatto sulla sfera personale e familiare dei dipendenti, radicati nel territorio in questo caso empolese".

Si sono mossi, dopo aver saputo della temporanea chiusura della casa circondariale di Empoli, anche i sindacati Cgil Funzione Pubblica e Uil Pubblica Amministrazione. Gianluca Majeli del Comparto Ministeri Fp Cgil Firenze ha scritto alla dottoressa Giuffrida: "Richiediamo una convocazione urgente, come previsto dalle norme contrattuali, al fine di aprire il confronto sulle problematiche relative e sulle ricadute sul personale".

"Si ha notizia che al personale rimasto è stato già chiesto di recarsi in missione ad altra sede - scrive Mauro Lai, coordinatore regionale della Uil-Pa - e considerato che i criteri di mobilità del personale sono oggetto di confronto fra le parti, si chiede di conoscere le motivazioni che hanno indotto a tale provvedimento avendo inevitabili riflessi sul personale operante tutto sia comparto sicurezza che quello dal comparto Ministeri". Anche in questo caso c’è la richiesta di un incontro urgente.

Gorgona: due giorni di musica, dibattiti, workshop e concerti

 

In Toscana, 1 luglio 2009

 

Sarà un fine settimana molto particolare per i detenuti del carcere che si trova sulla Gorgona, isola di rara bellezza situata di fronte alla città di Livorno a nord dell’isola d’Elba.

Sabato 4 e domenica 5 luglio si svolgono infatti proprio all’interno della casa di reclusione le due giornate di "Gorgona Wave", evento organizzato da Italia Wave Love Festival grazie alla collaborazione del Direttore del penitenziario Dott. Carlo Alberto Mazzerbo e del gruppo bolognese dei Mariposa. Saranno due giorni di musica, dibattiti, workshop e concerti: a partire dalle 15.30 di sabato, i componenti dei Mariposa incontreranno i detenuti per un confronto sul tema della musica e del musicista, creatività ed espressione dentro e fuori dal carcere; a seguire la band si esibirà in concerto. La mattina successiva i musicisti si confronteranno con alcuni detenuti sul terreno propriamente musicale: vere prove per una "Special band" che si esibirà nel pomeriggio di domenica 5 luglio.

Da sempre Italia Wave Love Festival, la cui 23esima edizione si svolgerà tra poco a Livorno, dal 16 al 19 Luglio, si è contraddistinto non soltanto per una programmazione artistica di qualità, ma per un’attenzione costante verso tematiche di tipo sociale, ambientale, di solidarietà, le stesse sottolineate da Michael Lang, organizzatore di Woodstock Festival ed ospite di Italia Wave il prossimo 19 Luglio c he ha accettato l’invito della kermesse toscana "apprezzando gli sforzi del festival verso le responsabilità sociali", le stesse che hanno rafforzato da ormai quattro anno la partnership con la Ong Action Aid.

È in quest’ottica che è nata "Gorgona Wave", iniziativa che punta ad essere un appuntamento fisso, costante, solido, colmo di significati: uno sguardo speciale sulla realtà, quanto la musica stessa.

Immigrazione: Fini; il respingimento a volte condanna a morte

di Caterina Pasolini

 

La Repubblica, 1 luglio 2009

 

"Sarebbe immorale dire subito sei clandestino, ti rimando al tuo Paese. Sarebbe come condannare quella persona a morte, in alcuni casi. È infatti assolutamente indispensabile distinguere chi chiede asilo politico. I rifugiati non possono essere automaticamente equiparati al clandestino perché così si farebbe venir meno la dignità della persona umana".

A dirlo non è un esponente dell’opposizione ma il presidente della Camera e leader di An Gianfranco Fini durante un forum del giornale spagnolo El Mundo nel quale parla di dignità, di valore, di essere umani che "prima sono uomini e poi immigrati, prima viene la dignità della persona e poi la condizione di legalità o meno".

Parole importanti, frasi che pesano e che suonano come una dura critica al ddl sicurezza che oggi arriva al vaglio del Senato e si appresta nel giro di una settimana ad entrare in vigore, fortemente voluto dal governo e dal ministro Maroni. Parole, quelle di Fini, che provocano qualche imbarazzo nella maggioranza, nessun commento dal Pdl e Lega mentre un plauso arriva dal Pd. Perché le sue frasi sembrano contestare proprio i pilastri del pacchetto sicurezza, e soprattutto il nuovo reato di immigrazione clandestina. Ma la maggioranza non pare disposta a cambiare rotta, anzi, sembra proprio che verrà posta la fiducia, come accadde alla Camera, per accorciare i tempi ed evitare la discussione dei 160 emendamenti proposti.

Tutto questo, nonostante le critiche dalle opposizioni, dalle organizzazioni sociali e religiose contrarie sia alla creazione del reato di immigrazione clandestina che all’introduzione delle ronde contenute nel decreto. Critiche che si trasformano anche in gesti concreti. Ieri l’Arci ha infatti annunciato un’azione di disobbedienza civile e di protesta. Porte aperte per l’accoglienza degli immigrati contro il pacchetto sicurezza che definisce simile alle leggi razziali.

"Il disegno di legge - afferma infatti Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci - introduce un sistema di apartheid e per questo va considerato una legge razziale. Sarà lo status di immigrato a determinare il godimento o meno del diritto. Cittadini che vivono nello stesso paese non saranno tutti uguali di fronte alla legge né godranno delle stesse garanzie".

E mentre l’Arci invita i cittadini alla disobbedienza civile, arrivano le parole di Fini che pensa ad una politica dell’immigrazione "che si basi su due pilastri": da una parte aiutare i paesi poveri a progredire e dall’altra cercare "di assorbire con parità di diritti e doveri tutti gli stranieri di cui abbiamo drammaticamente bisogno", dice parlando delle badanti che assistono gli anziani che col nuovo ddl si troverebbero fuorilegge dalle tempie grigie. Sottolinea anche la necessità di fare un "rigoroso controllo nazionale" per verificare "la sussistenza dei requisiti per chiedere asilo politico". Il presidente della Camera ha citato anche il caso di alcune norme contenute inizialmente nel ddl sicurezza all’esame del senato che obbligavano i medici a denunciare i clandestini: "è necessario distinguere tra immigrazione regolare e clandestina. Tuttavia anche per gli irregolari vale il principio base della nostra cultura, prima sono uomini e poi immigrati. Non è accettabile che venga messa in secondo piano la dignità della persona rispetto alla condizione di legalità o meno del proprio status".

Immigrazione: sanzioni più severe, per chi assume "irregolari"

di Valerio Stroppa

 

Italia Oggi, 1 luglio 2009

 

Sanzioni pecuniarie più efficaci e obbligo di sostenere i costi di rimpatrio per i datori di lavoro che assumono extracomunitari il cui soggiorno è irregolare. Non solo. Il titolare o il subappaltatore responsabili della violazione del divieto dovranno corrispondere ogni retribuzione arretrata ai dipendenti irregolari, versare tutte le imposte e i contributi previdenziali che sarebbero state dovute in caso di assunzione legale del cittadino e, se del caso, pagare i costi di trasferimento delle somme spettanti al paese in cui l’extracomunitario assunto illegalmente ha fatto ritorno o è stato rimpatriato. È quanto prevede la direttiva 2009/52/Ce del 18 giugno 2009, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue di ieri, con la quale le istituzioni comunitarie hanno dettato le norme comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli stati membri nei confronti dei datori di lavoro che violano il divieto di impiegare cittadini extracomunitari il cui soggiorno è irregolare. I paesi membri dovranno recepire la direttiva entro il 20 luglio 2011.

Ai sensi della direttiva, le singole legislazioni nazionali obbligheranno i datori di lavoro a chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di essere assunto, possieda e presenti un permesso di soggiorno valido, o un’altra autorizzazione equivalente; copia di tali documenti andrà detenuta per un periodo pari ad almeno l’intera durata dell’impiego (anche a fini di un’eventuale ispezione), mentre entro un preciso termine, demandato alla legislazione nazionale, i datori di lavoro dovranno informare le autorità competenti dell’assunzione di un cittadino di un paese terzo.

Qualora il datore di lavoro sia una persona fisica e l’impiego sia a fini privati, è prevista la possibilità di una procedura di notifica semplificata. Le sanzioni finanziarie per le violazioni, che saranno stabilite dai governi nazionali, dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Le multe aumenteranno a seconda del numero di cittadini di paesi terzi assunti illegalmente e vi andranno sommati anche i costi di rimpatrio dei lavoratori. Come detto, ai lavoratori andranno comunque riconosciuti gli emolumenti arretrati per l’opera svolta e il compenso sarà considerato pari almeno ai salari minimi previsti per legge, dai contratti collettivi o dalla prassi consolidata.

Inoltre, il datore di lavoro dovrà versare tutte le imposte e i contributi previdenziali, così come avverrebbe per un regolare dipendente assunto. Per favorire tali misure, impone la direttiva, gli stati membri dovranno adottare meccanismi volti a garantire i diritti degli extracomunitari: da un lato consentendo loro di presentare domanda e ottenere l’esecuzione di una sentenza nei confronti del datore di lavoro per ogni retribuzione arretrata, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato; oppure, ove previsto dalle leggi statali, i lavoratori potranno chiedere all’autorità competente dello stato membro di avviare le procedure di recupero delle retribuzioni arretrate senza presentare domanda. Infine, i datori di lavoro che assumono lavoratori clandestini saranno soggetti ad altre misure punitive.

Tra queste: esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni comunitarie (compresi i fondi Ue) fino a cinque anni; esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici per un periodo fino a cinque anni; rimborso delle sovvenzioni o aiuti pubblici concessi al datore di lavoro nei 12 mesi prima della constatazione dell’assunzione illegale; chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione o, nei casi più gravi, ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio. Naturalmente il datore di lavoro dovrà rispondere della sua condotta anche in sede penale.

Droghe: Radicali; il consumo aumenta grazie al proibizionismo

di Donatella Poretti e Giulio Manfredi

 

Agenzia Radicale, 1 luglio 2009

 

Dopo aver ascoltato la conferenza stampa tenuta oggi dal sottosegretario Carlo Giovanardi al fine di presentare l’annuale relazione del governo sulle tossicodipendenze (1), Donatella Poretti (senatrice radicali/PD) e Giulio Manfredi (vice-presidente Comitato nazionale Radicali Italiani) hanno dichiarato:

Giovanardi ha detto che è in corso in tutto mondo una vera e propria "guerra alla droga", che il narcotraffico alimenta il terrorismo, che sempre più estese zone dell’Amazzonia vengono disboscate per far posto alle piantagioni di coca; poi, venendo all’Italia, ha comunicato che sono in aumento i consumi di eroina, cocaina, cannabis, allucinogeni. Dopo simili affermazioni, una persona dotata della diligenza del buon padre di famiglia dovrebbe porsi un’unica domanda: a cosa servono le politiche proibizioniste finora adottate in tutto il mondo, Italia compresa? Giovanardi, naturalmente, non se le è posta, altrimenti avrebbe dovuto dimettersi seduta stante.

Si è barcamenato, aiutato dal Prof. Serpelloni, a rispondere alle domande dei giornalisti, cavandosela spesso troppo a buon mercato. Quando gli è stato chiesto di intervenire per colmare la disparità di trattamenti esistente fra regione e regione (soprattutto fra il Centro-Nord e il Sud del Paese) se l’è cavata dicendo che ogni regione ha il monopolio dell’assistenza sanitaria; nessun giornalista presente gli ha ricordato che esistono i Livelli essenziali di assistenza (Lea), vale a dire le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, in tutta Italia. I Lea sono stati introdotti con un Decreto del 2001 del governo Berlusconi. Rispetto, in particolare, ai servizi per le tossicodipendenze, sono ancora pienamente vigenti le disposizioni del Dpr 309/90 e del relativo decreto di attuazione (Dm 444/90). Il nostro voto finale all’alunno Giovanardi è questo: bocciato sia in proibizionismo sia in legislazione sanitaria!

Droghe: sempre di più i minori finiscono in carcere, per spaccio

 

Ansa, 1 luglio 2009

 

E" lo spaccio di sostanze stupefacenti a portare in carcere un sempre più" consistente numero di minori. Lo evidenzia la Relazione Annuale sullo Stato delle Tossicodipendenze in Italia, presentata oggi dal senatore Giovanardi. Secondo i dati, in un solo anno, dal 2007 al 2008, i minori arrestati per spaccio sono aumentati del 38%. Sono quasi tutti maschi, età media 17 anni, e quasi uno su due è straniero. Per quanto riguarda la popolazione generale (15-64 anni), nel 2008 sono finite in carcere 30.528 persone tossicodipendenti (+25,3% rispetto al 2007). E aumentano gli extracomunitari arrestati per spaccio e traffico di sostanze, soprattutto al nord Italia, molti di loro - è stato spiegato oggi nel corso della conferenza stampa di presentazione dei dati - non sono tossicodipendenti.

Mondo: ecco cosa succede, quando si "privatizza" la sicurezza

 

Internazionale, 1 luglio 2009

 

Quando la sicurezza viene lasciata nelle mani dei privati, il risultato può essere un aumento o una diminuzione dell’efficienza. Anche il primo caso può avere conseguenze paradossali.

Amira Hass racconta cosa succede al posto di blocco di Shàar Efraim, a sud di Tulkarem, gestito dalla compagnia di sicurezza privata israeliana Modi in Ezrahi. A fare le spese dell’aumento dell’efficienza sono i lavoratori palestinesi ai quali, dopo ore di fila per entrare e uscire da Israele, vengono tolti i generi alimentari che portano con sé, a causa di non meglio precisati "rischi per la salute e la sicurezza".

"La compagnia impedisce ai lavoratori palestinesi di passare il posto di blocco con bottiglie d’acqua o altre bevande e con cibo preparato a casa", scrive Amira Hass su Hàaretz. "Anche la quantità di ogni singolo prodotto è strettamente controllata. Sono concessi solo due fette di formaggio, cinque pite (il pane arabo), una bottiglia o una lattina, un paio di cucchiai di zucchero e dieci olive".

"I palestinesi sono allora costretti a sopravvivere per tutta la giornata lavorativa, che può durare anche dodici ore, con i pochi alimenti concessi, oppure devono comprare i prodotti nei negozi israeliani, molto più costosi". "E presto altri posti di blocco saranno gestiti da compagnie private", conclude Amira Hass, "imponendo ulteriori limitazioni alla vita dei palestinesi".

In altri contesti, una minore efficienza delle compagnie di sicurezza private può dare risultati altrettanto negativi. Scrive l’Independent che in Gran Bretagna le carceri gestite dalle compagnie private funzionano peggio di quelle gestite dallo stato.

"I dati sul funzionamento di 132 carceri in Inghilterra e nel Galles contraddicono le affermazioni del governo a favore dei penitenziari privati. I risultati rivelano infatti che la privatizzazione delle carceri sta abbassando gli standard di vita degli 83mila detenuti nel paese".

Le proteste da parte dei detenuti rinchiusi nelle carceri private sono il doppio di quelle provenienti dalle prigioni di stato. Nelle valutazioni di gradimento, la differenza è del 10 per cento a favore delle prigioni pubbliche.

"Inoltre è aumentata la rivalità tra il settore pubblico e quello privato, impedendo la condivisione di buone pratiche e informazioni". L’Independent conclude che "il rendimento delle carceri private dimostra che affidarsi a imprese esterne non è economicamente conveniente e non crea vantaggi per nessuno". Forse la sicurezza privata non è ancora un buon investimento.

 

 

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