Rassegna stampa 22 giugno

 

Giustizia: meno custodia cautelare… più "misure alternative"

 

Ristretti Orizzonti, 22 giugno 2009

 

Comunicato dell’Ucpi e dell’Osservatorio Carceri: meno custodia cautelare e più misure alternative, le uniche soluzioni al sovraffollamento delle carceri.

63.472 detenuti a fronte di un limite di tollerabilità di 43.568: è assoluta emergenza. Il piano carceri vale a ben poco. Uniche soluzioni: limitare il ricorso alla custodia cautelare e incentivare l’accesso alle misure alternative.

Continua a crescere la popolazione detenuta in Italia. Sono 63.472 i detenuti a fronte di un limite di tollerabilità di 43.568 unità. La drammaticità della situazione è stata in questi giorni evidenziata anche dalla polizia penitenziaria che attraverso i segretari generali delle organizzazioni sindacali ha confermato lo stato di agitazione già proclamato. La protesta fa riferimento alla debolezza della proposta governativa circa il prospettato piano-carceri per superare la piaga del sovraffollamento.

L’Ucpi ha più volte ribadito, anche di recente, che la soluzione non può essere rintracciata nella progettata costruzione di nuovi istituti penitenziari e nell’ampliamento delle strutture esistenti. Tale percorso - secondo quanto prospettato - dovrebbe concludersi nell’anno 2012. È evidente pertanto che occorre intervenire fin da subito, proprio in virtù delle difficilissime condizioni che l’intero sistema penitenziario sta vivendo. Tale contesto impone soluzioni non più rinviabili. Occorre rimuovere le cause del sovraffollamento che vanno individuate nell’uso indiscriminato delle misure cautelari custodiali e nel limitato ricorso alle misure alternative alla detenzione.

La misura cautelare carceraria viene utilizzata in maniera eccessiva mentre dovrebbe rappresentare l’eccezione, quando cioè ogni altra misura risulti assolutamente inadeguata. Così come è assolutamente necessario ricorrere più frequentemente alle misure alternative (c’è stato un calo significativo di utilizzo nell’anno 2008) sia per contenere il sovraffollamento che per abbassare il tasso di recidiva come dimostrato dalle statistiche. Tale posizione è stata sostenuta in questi giorni anche dal dott. Ionta, capo del Dap. L’Ucpi ha da tempo individuato nei due obiettivi indicati gli unici strumenti idonei a vincere il sovraffollamento e a consentire il percorso riabilitativo dei detenuti.

L’Ucpi sollecita il Governo, il Parlamento, le forze politiche a mettere all’ordine del giorno del proprio calendario dei lavori il problema del sovraffollamento e richiama la Magistratura ad applicare correttamente, secondo lo spirito della legge, la normativa in tema di misure cautelari e di misure alternative alla detenzione.

 

Il Presidente Ucpi, Avv. Prof. Oreste Dominioni

Il Responsabile dell’Osservatorio Carcere, Avv. Roberto D’Errico

Giustizia: per sovraffollamento soluzioni più rapide ed umane

di Rita Guma (presidente dell’Osservatorio sulla legalità e sui diritti onlus)

 

www.osservatoriosullalegalita.org, 22 giugno 2009

 

È stato nuovamente lanciato l’allarme sulla crescita della popolazione carceraria anche dalla polizia penitenziaria che attraverso i segretari generali delle organizzazioni sindacali ha confermato lo stato di agitazione già proclamato, con riferimento alla debolezza della proposta governativa circa il piano-carceri prospettato per superare la piaga del sovraffollamento. Attualmente i detenuti sono infatti 63.472, a fronte di un limite di tollerabilità di 43.568 unità.

Osservatorio sulla legalità e sui diritti Onlus concorda con le soluzioni indicate dall’Unione Camere Penali Italiane e dall’Osservatorio Carceri, e cioè la limitazione del ricorso alla custodia cautelare e l’incentivazione dell’accesso alle misure alternative. Concordiamo infatti anche sul fatto che l’ampliamento delle strutture esistenti e la costruzione di nuovi penitenziari siano invece soluzioni troppo lente, richiedendo anni per essere attuate.

Da sempre Osservatorio sulla legalità e sui diritti ha indicato come sbagliato l’uso della carcerazione preventiva - che viene quindi disposta per persone ancora innocenti di fronte alla legge - negli stessi luoghi in cui scontano la pena i condannati. Mentre l’Ucpi ritiene che di tale misura venga fatto un "uso eccessivo", il problema è a nostro avviso legislativo, e non riguarda la magistratura, di volta in volta tacciata di un uso troppo disinvolto dello strumento o di un uso insufficiente, a seconda dei fatti di cronaca che vedono protagoniste persone sotto inchiesta che commettono atri reati quando lasciate in libertà o che si suicidano quando preventivamente incarcerate.

E che il problema sia legislativo lo evidenzia anche la volontà dell’attuale governo di stabilire l’obbligo della carcerazione preventiva per gli indiziati di violenza sessuale, misura da noi fortemente osteggiata in quanto discriminatoria rispetto ai sospettati di altri reati e livellatrice - quando non in contrasto - rispetto ai tre presupposti che la legge (e la logica) prevedono quali condizioni per necessitare della misura cautelativa (pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di occultamento delle prove).

Per quanto riguarda invece l’incentivazione delle pene alternative - che ci vede favorevoli non per buonismo, ma perché esse, anche in virtù del fatto che tengono i piccoli criminali lontano da quelli di grosso calibro, riducono il pericolo di recidiva - si registra invece in questi giorni la posizione favorevole del dott. Ionta, direttore del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

È ovvio che la scelta di ampliare il ricorso alle misure alternative confligge con una campagna informativa che vuole criminali pericolosi solo quelli di piccolo cabotaggio e con una legislazione penale (già da anni, ma sempre di più) forte con i deboli e debole con i forti. Si spera tuttavia che l’autorevole parere proveniente dalla direzione del Dap ed il contributo dei penalisti inducano governo e parlamento a riflettere e agire di conseguenza.

Giustizia: Maisto; quando l'unica certezza è il sovraffollamento

di Paolo Ferrario

 

Avvenire, 22 giugno 2009

 

Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Francesco Maisto, ricorda che nel 2012 i detenuti saranno 96.800: più del doppio dei posti disponibili. "Alla Dozza - racconta il magistrato - le lenzuola si cambiano ogni 40 giorni".

Altro che certezza della pena! Piuttosto, siamo di fronte al tradimento dei valori costituzionali e delle regole dell’economia". È categorico, il giudice Francesco Maisto, presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna, già protagonista della lotta alle Brigate Rosse negli anni 80 e tra i più convinti sostenitori della legge Gozzini sulle pene alternative al carcere: il problema della giustizia in Italia non si risolve ripetendo, "come un mantra", che va garantita la certezza della pena. Oggi, ricorda il magistrato, l’unica certezza riguarda il sovraffollamento delle carceri.

Secondo i dati ufficiali del Ministero, la popolazione carceraria italiana aumenta di mille unità al mese e attualmente gli istituti di pena fanno segnare un tasso di sovraffollamento del 46%, che arriva al 198% in Emilia-Romagna. A fronte di una capienza regolamentare di 43.262 posti, infatti, i detenuti presenti sono 63.350: (per il 40% stranieri), con il cosiddetto "livello di guardia" posizionato a quota 63.568.

"Questo - spiega Maisto - è l’effetto della cosiddetta tolleranza zero", che ha portato all’inasprimento della giurisdizione penale. Oggi si arresta molto di più anche per reati lievi. E le carceri scoppiano".

Per cercare di sbrogliare una matassa sempre più intricata, il giudice Maisto avanza una serie di proposte al legislatore: puntare di più sulle pene alternative, ricostituire la Commissione carceri nell’ambito della Commissione giustizia di Camera e Senato, mettere i Tribunali di Sorveglianza in condizione di funzionare veramente e investire più risorse per favorire un reale reinserimento nella società dei detenuti.

"La Costituzione - ricorda Maisto - assegna alla detenzione un compito ben preciso: il recupero sociale del carcerato. Un obiettivo molto difficile da raggiungere, quando c’è gente che dorme su materassi buttati per terra e quando non si investono risorse per favorire l’applicazione delle pene alternative.

Il 65% dei detenuti è composto da emarginati sociali, ma in carcere non si sono psicologi e operatori specializzati a sufficienza per avviare percorsi di accompagnamento di queste persone". Si creano così quelli che il giudice Maisto chiama "grandi internamenti", che, stando alle stime del Ministero, dovrebbero arrivare ad ospitare 96.800 detenuti nel 2012. E questo a fronte di una disponibilità di posti di poco superiore ai 40mila.

"In questo quadro - sottolinea Maisto - non mi pare fuori luogo parlare di "pena insensata", cioè senza senso, che non risponde ai compiti costituzionali ad essa assegnati. Se pensiamo che il 32% dei circa 90mila arrestati all’anno resta in carcere non più di tre giorni, ci rendiamo conto di quanto tutto ciò sia antieconomico. In tre giorni non si può avviare alcun percorso di riabilitazione: è soltanto uno spreco di risorse.

Pensiamo anche ai 3.214 detenuti che devono scontare residui di pena inferiori a un anno e che sono ancora in cella. Si tratta di persone con una pericolosità sociale bassa, che, forse, potrebbero scontare questo residuo di pena in altro modo fuori dal carcere, avviando contestualmente un percorso di reinserimento lavorativo e sociale. Ma, anche in casi come questi, dobbiamo fare i conti con una cultura diffusa profondamente contraria alle pene alternative. Che, di fatto, anche per questa ragione, non sono applicate come sarebbe opportuno e necessario".

L’allarme sul sovraffollamento delle celle, il giudice Maisto l’aveva lanciato già a primavera, ma adesso torna alla carica. Con il caldo estivo, la situazione si sta facendo ogni giorno sempre più esplosiva. "Proprio in questi giorni - dice Maisto - è giunta notizia che nel carcere bolognese Dozza le lenzuola sono cambiate ogni 40 giorni e le docce sono state razionate. In altri istituti i detenuti hanno già intrapreso azioni di lotta come lo sciopero della fame. E, si badi bene, nella maggior parte dei casi si tratta di povera gente, di quelli che io chiamo gli "avanzi della giustizia" che nulla hanno a che fare con i grandi criminali. Questi sì devono stare in carcere, non chi delinque per disperazione. Forse non tutti lo sanno, ma con la crisi sono in aumento i furti di generi alimentari. Per reprimere questi reati non servono nuove carceri. Forse basterebbe qualche mensa dei poveri in più".

Per uscire dal cortocircuito provocato dall’aumento della popolazione carceraria e dalla scarsità delle strutture, il giudice Maisto avanza, come abbiamo visto, alcune proposte di lavoro. Tra queste, appunto, la ricostituzione della Commissione carceri nell’ambito della Commissione Giustizia delle Camere. "Così - spiega- i parlamentari potrebbero finalmente toccare con mano l’entità del problema e capire l’effettiva situazione di degrado di tanti istituti di pena. Visto il sentire sociale contrario così diffuso, non mi sembra il caso di riproporre l’indulto, che è stato varato nel 2006 in forte ritardo, anche se credo qualcosa si debba pur fare. Per esempio, cominciando col fare funzionare meglio i Tribunali di sorveglianza, per porre fine a questa violazione continua dei diritti dei detenuti che, prima di tutto, sono persone. Non dimentichiamolo mai".

Giustizia: il ministero e l’arte di "fare cassa" con le ammende

di Irene Testa (Ass. Radicale "Il Detenuto Ignoto")

 

Terra, 22 giugno 2009

 

La Cassa delle Ammende è un fondo dove confluiscono i proventi dei pagamenti di ammende e multe oggetto delle sentenze penali di condanna e dove vengono depositati tutti i beni mobili ed immobili confiscati alla criminalità.

Un Decreto del Presidente della Repubblica del 30 giugno 2000, stabilisce che la gestione della Cassa delle Ammende è affidata al Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), e le finalità di questo fondo sono quelle di finanziare progetti dello stesso Dap, nonché progetti di terzi per il reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti e di aiuto economico alle loro famiglie.

Questo fondo, fino ad allora disperso nel mare magnum della burocrazia di Stato, è stato portato alla ribalta dell’opinione pubblica poi nel 2003, quando concretamente si scoprì la sua esistenza, fino allora ignorata più che ignota, e si scoprì che più di 80 milioni di euro giacevano in questo fondo inutilmente inutilizzati. Dopo tre anni dalla disposizione del Quirinale, infatti, nessun progetto del Dap o di terzi era stato finanziato.

E una situazione di poco differente la ritroviamo al giorno d’oggi, con qualche novità. Innanzitutto, in risposta ad alcune interrogazioni parlamentari e a varie iniziative intraprese dalle associazioni, tra cui un appello firmato da centinaia di operatori penitenziari, si riusciva in un primo momento a sapere che la Cassa delle Ammende non poteva funzionare perché mancava un regolamento interno che disciplinasse le modalità di presentazione e approvazione dei progetti.

Dopo un altro anno di passione si ha finalmente il regolamento, "scarno ma ingarbugliato", dal quale traspare che sarà verosimilmente lo stesso Dap ad usufruire della fetta più consistente di questo patrimonio. Di come lo si sia usato dal 2004 si sa che l’ammontare del fondo consisteva poco più di un anno fa in più di 114 milioni di euro, di cui solo 13 risultavano investiti in progetti, di cui appena 3 destinati al reinserimento socio-lavorativo dei detenuti, mentre fino a 87 milioni nel maggio 2008 erano investiti in Bot, cosa difficilmente riconducibile alle finalità della stessa amministrazione penitenziaria o a beneficio dei detenuti e delle loro famiglie.

Tutto ciò mentre nelle carceri italiane la percentuale di detenuti lavoranti è inferiore al 30 per cento, e stiamo assistendo a un vertiginoso aumento della popolazione carceraria cui equivale quasi certamente la crescita del numero di nuclei familiari che si ritrovano senza una fonte di reddito, spesso quella del capofamiglia, ad affrontare spese non indifferenti, come quelle determinate dall’assistenza legale al congiunto detenuto o dai viaggi che spesso si è costretti ad intraprendere per andarlo a visitare.

Ma se le carceri letteralmente scoppiano, per la Cassa delle Ammende si prospetta ora un nuovo impegno, quello di finanziare il piano del ministro Alfano per l’urgente costruzione di nuovi carceri. Non era certamente il fine che ci si aspettava e che non si aspettavano i detenuti e i loro familiari. Ma tant’è, e se nelle intenzioni del ministro almeno così questo denaro potrà forse servire a qualcosa, tutti gli altri soldi, quelli già spesi per costruire in passato carceri mai utilizzate, probabilmente non serviranno mai più a niente.

Giustizia: Ionta (Dap); progressiva riduzione carceri per 41-bis

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

"Progressivamente verranno ridotte le 20 strutture carcerarie che ospitano detenuti a regime di 41 bis, che saranno trasferiti in strutture idonee, per rendere i diversi istituti di pena giù omogenei nella popolazione carceraria e di conseguenza sfruttare al meglio le capacità della polizia penitenziaria". Lo ha detto il presidente nazionale del Dipartimento di amministrazione penitenziaria (Dap), Franco Ionta, alla festa regionale della polizia penitenziaria che si è svolta a Livorno.

"Si tratta di un impegno di legge - ha aggiunto Ionta - che rispetteremo non appena il provvedimento sarà definitivamente approvato dal Parlamento: concentreremo in poche strutture dedicate tutti i detenuti sottoposti al regime del 41 bis e quelli cosiddetti ad alta vigilanza". Il presidente del Dap ha poi affrontato il tema del sovraffollamento delle carceri italiane, definendo quella attuale "un’emergenza fisiologica, che quindi si protrarrà nel tempo e che dunque occorrerà gestire nel medio lungo periodo".

"Per questo - ha concluso - l’edilizia penitenziaria è solo uno dei tasselli, importante ma non l’unico, sui quali intervenire per risolvere i problemi. Serve anche un adeguamento del numero degli agenti di polizia penitenziaria, ma anche del personale dell’amministrazione penitenziaria visto che abbiamo carenza di organici di circa 5 mila agenti e mille dipendenti dell’amministrazione".

Lettere: perché è giusto dare sostegno a chi esce dal carcere

di Leandro Limoccia

 

La Repubblica, 22 giugno 2009

 

Che cosa deve fare la persona una volta che è uscita dal carcere? Che capacità di accoglienza ha la società di comprendere queste persone? Cosa devono fare le istituzioni per favorire l’integrazione delle persone detenute?

Nel rispetto delle regole e del lavoro delle forze dell’ordine, l’intreccio tra lavoro, legalità e sviluppo è la risposta che le istituzioni locali e nazionali devono saper dare al territorio e a tutti i soggetti deboli che nella nostra società vivono in condizioni di bisogno e di disoccupazione, se non di emarginazione, comprese le persone che hanno pagato il loro debito con la giustizia.

La sperimentazione del progetto "Esco Dentro" (426 ex detenuti impegnati in work experience come operatori turistici), promosso dall’assessore regionale Corrado Gabriele, durerà 6 mesi e ogni operatore, sotto la guida di tutor, riceverà una borsa lavoro di 500 euro al mese. Tale iniziativa non solo ci sembra di buon senso, ma è ritenuta giusta perché ha come centralità la dignità, il reinserimento della persona detenuta, la garanzia dell’esercizio dei diritti fondamentali.

Così come occorre dare un senso alla pena, bisogna dare contenuto al termine legalità, nell’accezione di responsabilità e corresponsabilità, dove ognuno facendo la propria parte e uscendo dalla cultura del lamento, contribuisce a togliere ossigeno alle mafie. Questo è un primo passo per favorire:

1) L’avvio della progettazione del sistema carcere-territorio, per coinvolgere tutti i soggetti nelle buone pratiche del dentro e fuori e favorire un sistema integrato in materia d’istruzione, formazione professionale e lavoro ai vari livelli istituzionali con il pieno coinvolgimento del territorio (imprenditoria, enti locali, volontariato).

2) Un tavolo da insediare presso la Regione Campania, con tutti i soggetti sociali e istituzionali che lavorano dentro e fuori il carcere, con la finalità di fare proposte e di realizzare azioni, per favorire l’unificazione di tutte le politiche in materia di competenza della Regione e promuovere accordi operativi fra le diverse strutture territoriali e nazionali dell’amministrazione penitenziaria.

Questa è la nuova strada da perseguire: non è mostrare indifferenza verso chi ha sbagliato, ma investire nella prevenzione. In tale maniera lo Stato spenderebbe meno denaro rispetto a quello che attualmente utilizza per la repressione. Invece l’orientamento politico attuale è quello di costruire nuove carceri, frutto di una concezione del penale che oggi punta a escludere, dimenticando del tutto il recupero e l’integrazione.

Né è possibile una concezione del carcere come luogo del rimosso e concentrato della soluzione delle nostre paure. Serve invece ripensare il carcere come luogo di opportunità prendendosi cura delle persone sin dal loro ingresso e individuare strumenti alternativi al carcere stesso, affinché la persona che vuole cambiare vita, nel rispetto delle regole.

Lombardia: mancano i soldi anche per trasferimento detenuti

di Davide Carlucci

 

La Repubblica, 22 giugno 2009

 

Stop ai trasferimenti dei detenuti dalle carceri lombarde, che ora corrono un nuovo rischio sovraffollamento. La società che si occupa dell’acquisto dei biglietti aerei e marittimi, la Seneca spa, non viene pagata da mesi e ora ha posto all’amministrazione penitenziaria un aut aut: "Per questioni contrattuali non risolte, le prenotazioni possono essere gestite solo ed esclusivamente a fronte di un pagamento contestuale all’atto della prenotazione". In caso contrario, "la richiesta non sarà presa in considerazione". La presa di posizione della società rischia di creare gravi disagi, dicono sindacati come l’Osapp.

"Era programmato per oggi un trasferimento da Opera a Messina - spiega Franco Di Dio, del Sappe - e abbiamo dovuto rinviarlo". In procura, a Milano, è arrivato un fonogramma del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria che segnala la criticità, facendo notare che la società potrebbe anche incorrere nel reato di interruzione di pubblico servizio. Ercolino Ranieri, amministratore di Seneca, però si difende: "Noi abbiamo agito in termini di legittimità contrattuale e in difesa dei nostri interessi".

E spiega che i ritardi nei pagamenti sono stati sopportati per mesi, "qui siamo ben oltre le scadenze e io ho la responsabilità della mia azienda". Se si bloccano i trasferimenti le carceri scoppiano, teme Nicolino La Bella, del Sappe, che pensa soprattutto a San Vittore. "Le difficoltà economiche si sommano alle carenze di personale e al logoramento delle auto di servizio. Non ci sono fondi nemmeno per la benzina, tanto che l’Agip non ha voluto più rinnovare la convenzione con l’amministrazione penitenziaria. Siamo passati a Q8, ma non so quanto durerà". Gloria Manzelli, direttrice del carcere, nega che siano saltati trasferimenti da San Vittore verso il Sud, come dicono i sindacalisti.

Ma è al corrente della decisione dell’azienda di chiedere il pagamento immediato delle fatture: "Valuteremo - dice - se rivolgerci ad altre ditte". Problemi simili si stanno riscontrando anche in altri istituti penitenziari, da Pavia a Torino. In tutti i casi la società Seneca teme il tracollo economico ed esige pagamenti contestuali e non a data da destinarsi. "Ma non ci sono automatismi - rassicura Ranieri - non lo faremo da un giorno all’altro". L’azienda, impedendo che un detenuto possa essere tradotto da una casa di reclusione all’altra, lascia senza alternative tutte le carceri convenzionate d’Italia. E il ministero di giustizia potrebbe chiedere ai vertici della società di risponderne. "Ma noi chiediamo anche il rispetto dei patti contrattuali", dice l’amministratore.

Toscana: situazioni più critiche nelle carceri di Pisa e Sollicciano

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Sono 4.157 i detenuti rinchiusi nelle carceri toscane a fronte di un capienza massima di 4.221 posti. I dati, aggiornati al 31 maggio scorso, sono stati forniti oggi, in occasione della festa regionale del corpo della polizia penitenziaria a Livorno, dal provveditore regionale dell’amministrazione penitenziaria Maria Pia Giuffrida che ha precisato: "Nonostante il dato rientri nella capienza tollerabile, ci sono situazioni critiche a Sollicciano, Pistoia, San Gimignano e Pisa".

La relazione di Giuffrida ha evidenziato anche altri punti critici dell’amministrazione, soprattutto per quanto riguarda le carenze d’organico. In Toscana è previsto l’impiego di 3.021 agenti di polizia penitenziaria ma, ha spiegato il Provveditore, possiamo contare solo su 2.307 unità, con una carenza del 23,6% rispetto alla pianta organica stabilita, mentre nel comparto dei ministeri la carenza supera il 35% con 414 dipendenti sui 639 previsti". Infine, la relazione di Maria Pia Giuffrida si è soffermata sui rapporti con il territorio, sottolineando quanto sia necessario "in questo delicato momento che segue il passaggio della sanità penitenziaria alla Regione, condividere scelte e criteri in ordine alla salute delle persone detenute e ai livelli di responsabilità di ciascun livello istituzionale".

"Per questo - ha concluso - abbiamo già formalmente chiesto nel novembre scorso al presidente della Regione di istituire una cabina di regia che ricomponga, in un unico tavolo, i soggetti istituzionali diversamente competenti per la materia penitenziaria proponendo un nuovo protocollo d’intesa che attualizzi quello già esistente che risale al 1990".

Emilia Romagna: i rifiuti elettronici, sono "trattati" nelle carceri

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Un’opportunità di lavoro e di reinserimento sociale per i detenuti e un’iniziativa a tutela dell’ambiente. Sono questi i due obiettivi del progetto "Raee in carcere", che sta per partire a Bologna, Forlì e Ferrara e che coinvolge i detenuti in attività di trattamento e bonifica dei rifiuti elettronici ed elettrici, quali lavastoviglie, lavatrici, computer.

Un progetto reso possibile da un’intesa tra Regione, Province, Amministrazione penitenziaria, Hera, Consorzi nazionali Raee e le agenzie di formazione professionale Techne, Cefal, Enaip. L’iniziativa verrà illustrata ai giornalisti martedì 23 giugno alle ore 11,30 a Bologna presso la sala stampa della Giunta regionale dell’Emilia Romagna (viale Aldo Moro, 52 - 12° piano). Interverranno gli assessori regionali all’ambiente e sviluppo sostenibile Lino Zanichelli, alla formazione e lavoro Giovanni Sedioli, il provveditore regionale dell’Amministrazione penitenziaria Nello Cesari e Roberto Barilli direttore generale Gruppo Hera.

Civitavecchia (Rm): detenuta di 35 anni, si è impiccata in cella

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Una detenuta italiana di 35 anni si è impiccata stamane nella sua cella in carcere. La donna, con un passato di tossicodipendenza, avrebbe dato recentemente segni di disturbi psichici. A Civitavecchia era stata trasferita la settimana scorsa dal carcere romano di Rebibbia, in vista di un successivo trasferimento in un ospedale psichiatrico giudiziario. La detenuta già in passato avrebbe tentato il suicidio, pertanto erano state adottate nei suoi confronti tutte le misure opportune: cella singola, senza oggetti che avrebbero potuta indurla ad atti di autolesionismo, sorveglianza da parte degli agenti penitenziari ogni 10 minuti. La donna - a quanto si è appreso - avrebbe approfittato del lasso di tempo che intercorreva tra un controllo da parte degli agenti e l’altro per mettere in atto l’intento suicida, utilizzando indumenti intimi annodati alle barre della cella. Mentre ciò avveniva, la madre della detenuta era in arrivo a Civitavecchia per far visita alla figlia.

Vercelli: detenuto 30enne ritrovato morto, probabile il suicidio

 

Agi, 22 giugno 2009

 

Un detenuto del carcere di Biliemme è stato trovato morto ieri mattina nella sua cella. L’uomo, un 30enne di nazionalità indiana, è deceduto durante la notte tra venerdì e sabato. Da fonti giudiziarie si apprende che con ogni probabilità si tratta di un suicidio. Il detenuto si trovava in carcere per furto.

Caserta: si suicida assistente di polizia penitenziaria, di 43 anni

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Si è tolto la vita impiccandosi nella sua camera. G.Z., 43enne assistente di polizia penitenziaria presso la Casa Circondariale di San Tammaro - Santa Maria Capua Vetere, ieri mattina ha deciso di farla finita. Ha preso un cavo elettrico e lo ha stretto intorno al collo collegando l’altro capo ad una delle finestre presenti nella stanza. Alla base del gesto pare vi sia stato un forte stato depressivo in cui il 43enne sarebbe caduto da tempo.

Lanciano (Ch): detenuto nigeriano 32enne, è morto per infarto 

 

Il Centro, 22 giugno 2009

 

Charles Omofowan, di 32 anni, cittadino nigeriano, è deceduto nel carcere di Lanciano il 14 giugno 2009. Sembra sia morto per infarto. I detenuti, a seguito del suo decesso, hanno scritto una lettera di protesta al Magistrato di Sorveglianza.

Benevento: detenuto palestinese di 73 anni ucciso da un infarto 

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

È deceduto questa notte nella Casa Circondariale di Benevento Khalid Husayn di 73 anni, coinvolto nel 1985 nel dirottamento di una nave da crociera italiana, l’Achille Lauro, al largo delle coste egiziane di Bur Said. L’uomo è stato trovato cadavere questa mattina, intorno alle 6, nella sua cella dagli agenti della Polizia Penitenziaria.

A causare la morte, secondo quanto riferisce la direzione del carcere e il medico del 118 giunto sul posto, un arresto cardio-circolatorio. Si attende ora l’arrivo del medico legale per ulteriori accertamenti. Conosciuto in Italia con il nome di Kaled Abdul Rahim, di nascita yemenita, Khalid Husayn era stato trasferito nel carcere di Benevento nell’agosto del 2008 e stava scontando la condanna in una sezione di "Alta Sicurezza 2" riservata ai terroristi di matrice islamica (ex regime elevato indice di vigilanza fino a un mese fa, quando il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha rivisto in toto il sistema).

La condanna all’ergastolo per il dirottamento dell’Achille Lauro gli era stata inflitta in contumacia dal tribunale di Genova nel 1987. Arrestato in Grecia nel 1991 per traffico d’armi, era stato estradato cinque anno dopo in Italia, dove è stato detenuto per 13 anni in diversi penitenziari italiani.

Secondo l’accusa Khalid Husayn non aveva preso parte all’azione terroristica sull’Achille Lauro, ma aveva tenuto contatti con il commando palestinese e si era occupato dei dettagli logistici dell’ operazione, compiendo anche sopralluoghi a bordo della nave.

In una lettera del maggio scorso, l’uomo parlava positivamente della struttura beneventana: "Starò qui per poco tempo, per un processo. Mi hanno messo in una cella isolata, vicino all’infermeria, comunque riesco pregare con i miei paesani e esco con loro al passeggio. Da quello che vedo le guardie qui sono educate e ci rispettano".

Bologna: "ponte aereo", per svuotare il carcere sovraffollato

di Alessandro Cori

 

La Repubblica, 22 giugno 2009

 

Cercasi aerei per trasferire il prima possibile i detenuti del carcere della Dozza, ormai pieno all’ inverosimile. La richiesta potrebbe suonare più o meno così. "I voli per spostare i detenuti non li abbiamo ancora trovati, ma tramite agenzia stiamo cercando la compagnia che ce li fornisca al miglior prezzo e alle migliori condizioni".

L’ appello arriva direttamente dal provveditore regionale per le carceri, Nello Cesari.

I trasferimenti "oltremare" per smaltire la grave situazione di sovraffollamento alla Dozza richiederebbero almeno tre aerei (vuoti) per le isole. "Saranno probabilmente meno di 100 detenuti a partire da Bologna e saranno i definitivi. È un sistema utilizzato già più volte in passato - spiega Cesari - due mesi fa abbiamo organizzato un trasferimento insieme al carcere di Milano, ma coni voli di linea riuscivamo a trasportare al massimo 5 o 6 detenuti, accompagnati da una decina di agenti.

Questa volta non saranno voli militari, né si faranno viaggiare i detenuti coi passeggeri comuni - dice il numero uno del sistema carceri regionali - ma la compagnia ci dovrebbe fornire i suoi aerei. È la scelta più conveniente, anche rispetto al traghetto. Non va dimenticato che ci saranno anche le scorte e questo è forse il mezzo più adatto alla situazione".

A fronte di una capienza di 450 persone e una tolleranza estesa a 700, sono 1.150 i detenuti attualmente presenti alla Dozza come conferma lo stesso Cesari. Numeri che rendono palese la situazione d’ emergenza con cui si trova a combattere da tempo il carcere bolognese. Sulla destinazione dei voli Cesari preferisce non dire nulla: "I detenuti saranno inviati nei capoluoghi di Cagliari e Palermo, e da lì smistati nelle varie carceri".

La maggiore disponibilità sembra essere in Sardegna, altri posti saranno disponibili nei penitenziari in siciliani. Anche sulla data e sul periodo del trasferimento c’ è il massimo riserbo: "Ancora i voli non li abbiamo trovati, ma soprattutto, per motivi di sicurezza, non possiamo dare una data precisa. Appena riceveremo l’ offerta migliore organizzeremo la partenza - conclude Cesari - bisogna trovare anche l’ aeroporto, prevedere, se ci sono, gli scali e organizzare la vigilanza. Non credo che riusciremo a cavarcela con meno di 15-20 mila euro".

Trieste: il direttore; il carcere è al collasso, la legalità è a rischio

 

Il Piccolo, 22 giugno 2009

 

Celebrare per una volta la Festa della Repubblica all’interno delle carceri, "vere cartine di tornasole dell’efficienza dello Stato". È la provocazione lanciata ieri dal direttore del Coroneo, Enrico Sbriglia, in occasione della festa della Polizia penitenziaria. Un modo per richiamare l’attenzione delle massime autorità del Paese sulle difficili condizioni di vita all’interno delle Case Circondariali che, da luoghi simbolo della legalità, rischiano di diventare spazi di disperazione e frustrazione, e non soltanto per i detenuti.

"Il sistema penitenziario è vicino al collasso - ha commentato Sbriglia -. E se le carceri dovessero arrivare al tracollo, proprio quella sicurezza così spesso invocata dimostrerebbe di essere una sicurezza da straccioni. Servono quindi reali, effettive, ingenti risorse che si traducano in mezzi e strumenti, ma soprattutto in rinforzi di personale.

In caso contrario - ha osservato ancora il direttore del Coroneo - il rischio è che il sistema non regga più, con conseguenze che non voglio neanche immaginare. Mi verrebbe quasi da dire che saremmo davanti a una sorta di vendetta dell’anarchia e del disordine nei confronti di coloro che invocano legge e ordine".

Contro gli organici ridotti all’osso ha puntato il dito anche il comandante del reparto della Polizia penitenziaria di Trieste, Antonio Marrone. "Le unità mediamente a disposizione sono 120, a fronte di un organico previsto di 160: una carenza quindi del 25% - ha osservato Marrone -. Di contro, continua a salire il numero di detenuti, attualmente 251 a fronte di una capienza regolamentare di 160 e di una tollerabilità di 190.

Numeri che ci costringono a sistemare in una stessa cella anche 10 persone, utilizzando materassi stesi a terra. Un sovraffollamento reso ancor più complicato dalla presenza di un alto numero di detenuti stranieri - mediamente coesistono oltre 30 nazionalità - con culture e abitudini di vita profondamente diverse". Di qui, anche secondo Marrone, la necessità di supportare in maniera più adeguata il lavoro degli agenti di polizia penitenziaria.

Persone che "nonostante le risorse limitate, riescono a far fronte ai tanti compiti istituzionali e ai conseguenti carichi di lavoro". Un lavoro che, nei primi sei mesi del 2009, ha portato a 402 immatricolazioni di nuovi detenuti e 354 scarcerazioni, per un totale di 756 movimenti, all’effettuazione di 304 notifiche domiciliari di atti giudiziari e all’invio di 13 informative di reato alla Procura.

Foggia: i detenuti si appellano al ministro; "viviamo come topi"

 

La Gazzetta del Mezzogiorno, 22 giugno 2009

 

Le cifre disegnano il quadro, le lettere dei carcerati raccontano la situazione drammatica che viene riassunta in una parola: sovraffollamento. Le cifre: nel carcere di Foggia, dove dovrebbero essere detenute 390 persone con una situazione di tolleranza che non dovrebbe superare le 500 unità, i reclusi sono quasi 750. Il che significa che in celle di pochi metri quadri nate per ospitare 2 o 3 persone, ce ne sono almeno il doppio. E la polizia penitenziaria (meno di 350 unità) è insufficiente a fronte di una popolazione carceraria così numerosa, tant’è che spesso un solo agente deve occuparsi di sezioni dove sono rinchiusi fino a 80 detenuti.

Ma sono le numerose lettere giunte alla "Gazzetta" a raccontare come si vive nella struttura al rione Casermette nata nel 1978. "Sono un detenuto del carcere di Foggia" che si firma "i discriminati" "scrivo questa lettera nella speranza che oltre al ministro si possa scuotere anche l’opinione pubblica per quello che riguarda l’invivibilità delle carceri. Chiediamo l’aiuto dell’opinione pubblica non per uscire dal carcere, ma per vivere in maniera più dignitosa. In celle costruite per due o tre persone, ci obbligano a stare in cinque o sei.

Il carcere di Foggia porta una capienza di 330 detenuti, mentre attualmente ne siamo 750: lascio a voi immaginare il caos. Per questo stimatissimi italiani chiediamo il vostro aiuto: il primo luglio, in accordo con tutte le carceri italiane, noi detenuti e i nostri familiari faremo uno sciopero pacifico. Ricordatevi che pure noi siamo essere umani, non fateci vivere più come le bestie".

C’è anche chi ha tentato di togliersi la vita in cella, venendo salvato dalla polizia penitenziaria. Lo racconta in questa lettera alla redazione ("credo che questa mia missiva non meriterà la vostra attenzione e tanto meno la pubblicazione: in caso contrario chiedo che vengano indicare solo le mie iniziali, R.M.") un detenuto.

"Nei giorni scorsi ho tentato il suicidio in carcere: il fallimento del mio gesto ha raddoppiato in me il senso della disperazione, impedendomi di valutare correttamente l’infermo intorno a me. Avrei voluto andarmene con il silenzio e l’indifferenza: la filosofia di queste mie parole è la metafora del volto oscuro della questione carceraria con il suo vergognoso sovraffollamento. Il limite della sopportazione appartiene alla condizione umana e io sono arrivato ben oltre".

A chiedere l’intervento delle istituzioni è anche un detenuto ai domiciliari che presto tornerà in cella. "Scrivo alla "Gazzetta" questa lettera perché sono molto arrabbiato: nei giorno scorsi sul vostro giornale ho letto dei problemi di sovraffollamento nel carcere di Foggia. Scrivo per far sapere che sono vicino a tutti i detenuti, visto che nelle carceri si vive una vita indecente e di gravissimi disagi. Non si vive bene perché in celle di 2 persone, ce ne stanno 4 o 5. Il problema del super affollamento dipende anche dal fatto che non sempre vengono riconosciuti i diritti del detenuto da parte dei magistrati: non concedono i domiciliari, non ti fanno andare in affidamento lavorativo.

Io sono detenuto da un anno e mezzo, da 5 mesi ai domiciliari: non riesco ad avere l’affidamento lavorativo e so che tra qualche mese, con la condanna che diverrà definitiva, tornerò di nuovo dentro. Tra le difficoltà della vita in cella, c’è anche quella di vivere 24 ore su 24 con persone di etnia diversa, con usanze molto diverse dalle nostre. Al ministro vorrei dire di prendere provvedimenti seri: il carcere non deve essere un luogo dove ci si finisce di rovinare, ma di recupero. Ma con questo sovraffollamento non si recupera proprio nessuno. Invece di costruire nuove carceri, che comporterà tempi lunghi, si può ricorrere alle misure alternative alla detenzione in cella".

Messina: Opg; altri 100 internati in arrivo ma manca il personale

 

Comunicato Sappe, 22 giugno 2009

 

Viene riferito a questa segreteria regionale, da parte di quella locale di Barcellona Pozzo di Gotto, un possibile e ulteriore forte disagio per il personale che opera presso l’Opg di Barcellona Pozzo di Gotto, oltre a quello che in questo momento lo stesso sta vivendo.

Sembra che qualche mese or sono è stata effettuata una visita da parte del Dottor Consolo Santi funzionario generale dell’amministrazione penitenziaria centrale di Roma unitamente al Dottor Faramo Provveditore Regionale di Palermo.

La visita, per quanto viene riferito era finalizzata per l’ulteriore designazione di altri 100 internati su quelli 270 attuali presenti, con una eventuale totalità di internati complessiva da gestire di 370 utenti.

La domanda che viene posta a questa Segreteria Regionale è questa: Con quale personale di polizia personale si intenderà gestire l’utenza di cui sopra se con l’attuale non si riesce a garantire l’attività attuale? Risulta inimmaginabile pensare l’apertura di altro reparto con lo stesso personale.

La segreteria locale del Sappe rappresenta inoltre che con riferimento alla pianta organica del 2001 sebbene risulta che il personale sia in esubero di circa venti unità, viene dimenticato oggi che 14 unità di quel distaccamento sono andati in quiescenza negli ultimi 24 mesi; ulteriori 8 unità negli ultimi 12 mesi risultano essere in aspettativa per patologie di natura psichica.

L’utenza è aumentata del 26% rispetto a quella gestita quando era stato stabilito l’organico, a tal punto da contenere utenti con disagi psichiatrici in stanza con sette internati con letti a castello. La percentuale degli episodi etereo-autolesionistici degli internati negli ultimi 4 mesi è aumentata del 12% a causa della sospensione delle attività ludiche e ricreative.

A quanto sopra esposto viene sottolineato inoltre che il personale di polizia penitenziaria ,quotidianamente, dall’oggi per domani viene utilizzato per le esigenze della casa Circondariale di Messina, inducendo quello in servizio all’Opg a sopperire durante le otto ore lavorative due, tre (e quando è sfortunato anche quattro) posti di servizio. Come la mettiamo con la garanzia nella sicurezza del personale medesimo?

La segnalazione di allerta da parte della segreteria locale di Barcellona Pozzo di Gotto non può essere sottaciuta in quanto così come fatta, viene determinata quale preventiva di allarme, al fine evitare che possano sorgere, all’atto dell’eventuale esecuzione di assegnazione di internati problematiche da non sottovalutare anche in considerazione che il personale che espleta attività di servizio presso l’Opg di Barcellona Pozo di Gotto e di elevata età anagrafica.

 

Segreteria Sappe Sicilia

Livorno: ci sono 130 detenuti di troppo, ma mancano 50 agenti

 

Il Tirreno, 22 giugno 2009

 

Festa in grande stile quest’anno per il 192º della fondazione della Polizia Penitenziaria. Livorno è stata infatti scelta come sede regionale per commemorare l’evento e, dunque, ieri mattina, sono arrivate delegazioni da tutta la Toscana con il provveditore Maria Pia Giuffrida che ha accolto, insieme ad Anna Carmineo, direttore del carcere delle Sughere di Livorno, il capo dipartimento nazionale, Franco Ionta, già capo del pool antiterrorismo. È stato proprio Ionta a fare il punto della situazione sul sistema carcerario italiano.

"Tutti sanno che a fronte di un aumento di detenuti ed un sovraffollamento dei nostri istituti c’è una grave carenza di personale e ci sono problemi di strutture. Ma tutti devono sapere che questa che appare una emergenza, è in realtà il trend cui dovremo abituarci in un paese come il nostro. Dove, dunque, è necessario aumentare il personale e realizzare nuovi istituti".

Anna Carmineo, al proposito ricorda che il carcere che dirige va avanti tra grandi difficoltà. "Abbiamo razionalizzato tutto quello che era possibile - spiega - ma abbiamo ben 397 detenuti contro i 265 che è il limite di accoglienza previsto. Inoltre ci mancano almeno 50 agenti in organico. Questo significa - ammette il direttore - che qualche situazione può non essere presidiata, a discapito della sicurezza".

Venezia: direttrice; il rischio che scoppi una rivolta dei detenuti

di Giorgio Cecchetti

 

La Nuova di Venezia, 22 giugno 2009

 

"Le condizioni di vita nelle carceri, a causa del sovraffollamento e del taglio dei finanziamenti, rischiano di far degenerare la situazione, rischiano di far scoppiare manifestazioni di rabbia e di violenza da parte dei detenuti".

Sono parole della direttrice delle carceri veneziane Gabriella Straffi, che ieri ha parlato in chiesa a Santo Stefano in occasione della festa per il patrono della Polizia penitenziaria (San Basilide) davanti a decine di agenti di custodia, alla presidente della Corte d’appello Manuela Romei Pasetti, al procuratore della Repubblica Vittorio Borraccetti e a tutte le numerose autorità civili e militari. A Santa Maria Maggiore, che potrebbe ospitare 111 detenuti e avrebbe una capienza massima di 245, in questi giorni ci sono ben 326 ospiti, di cui il 62 per cento stranieri di ben 35 diverse nazionalità. "A questa situazione di sovraffollamento - ha continuato Straffi - si aggiunge il taglio dei finanziamenti dello Stato che mette addirittura a repentaglio le condizioni igienico sanitarie in cui vivono i detenuti".

Ma non è solo Santa Maria Maggiore a soffrire, la direttrice ha spiegato che accade in tutti i penitenziari del Veneto, tanto che la nostra regione è la seconda dopo l’Emilia Romagna per tasso di sovraffollamento e una delle prime anche per le vistose carenze d’organico tra la Polizia penitenziaria. Nonostante questa situazione, però, e soprattutto grazie alla professionalità e allo spirito di sacrificio degli agenti penitenziari in servizio a Venezia - ha concluso - le attività di rieducazione in favore dei detenuti sono aumentate, soprattutto le opportunità di lavoro continuano ad essere presenti.

Quindi, Gabriella Straffi ha chiarito che nei prossimi giorni sarà attuata una decisione presa a Roma già un anno fa, quella di affidare a due direzioni diverse le due carceri veneziane, lei rimarrà a dirigere quello femminile della Giudecca, mentre a Santa Maria Maggiore arriva da Udine e Gorizia Irene Iannucci. Prima aveva celebrato la messa il vicario del patriarca, il vescovo Beniaminio Pizziol, il quale aveva ricordato che se la certezza della pena, l’espiazione degli errori è un principio che va tenuto presente, è necessaria - anche perché è la stessa Costituzione a citarla - la rieducazione e il recupero di chi ha commesso i reati.

Lo stesso messaggio ha lanciato da Roma il direttore del Dap Franco Ionta con la sua relazione letta in chiesa da un agente: ha sottolineato la difficile situazione che le carceri stanno attraversando anche perché dei 45 mila agenti che dovrebbero essere in organico sono in realtà in servizio soltanto in 40 mila.

 

Mancano i soldi anche per il sapone

 

Diversi i segnali che dimostrano che la situazione all’interno delle carceri, anche in quello di Santa Maria Maggiore, sta diventando sempre più difficile. In tre mesi due detenuti morti: il primo, il 4 marzo scorso, si è suicidato con una coperta agganciata ad una finestra: era un giovane maricchino. Il 15 giugno, invece, i due compagni di cella hanno trovato morto Rino Gerardi, un 38enne veneziano. Ancora non è chiaro se si sia trattato di un suicidio oppure di un incidente occorsogli mentre cercava di stordirsi con il gas della bomboletta utilizzata solitamente per farsi caffè e pastasciutta in cella. Nei giorni scorsi, inoltre, la Caritas e altre associazioni di volontariato si sono mobilitate per raccogliere e far entrare a Santa Maria Maggiore stracci e detersivi per le pulizie generali, sapone e dentifrici per i detenuti, perché la Direzione aveva ormai terminato i finanziamenti per acquistarli.

Roma: da provincia 60mila euro per corsi formazione detenuti

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Sessanta mila euro dall’amministrazione provinciale per progetti di reinserimento sociale e professionale rivolti alla popolazione carceraria degli istituti penali del territorio. L’iniziativa è stata presentata questa mattina a Palazzo Valentini dall’assessore provinciale alla Scuola Paola Rita Stella e dal garante regionale dei diritti dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Tre i progetti che saranno finanziati dalla Provincia di Roma nella Casa circondariale di Velletri, nel complesso penitenziario di Civitavecchia e nell’istituto penale per minori Casal del Marmo, dove a luglio partirà un corso di alfabetizzazione rivolto ai minori stranieri ospiti della struttura che si concluderà a settembre.

Lanciano (Ch): i detenuti "educano" i cani del canile municipale

 

Adnkronos, 22 giugno 2009

 

I detenuti "educano" i cani da canile. Tre realtà socialmente utili si sono unite per un fine comune: l’associazione culturale pescarese Centro Cinofilo La Madonnina, il carcere e il canile municipale di Lanciano stanno portando a conclusione la prima fase del progetto "Vai a casa, Lassie!", iniziata lo scorso febbraio grazie alla donazione di due coniugi di Roma che hanno sposato l’iniziativa.

Il progetto prevede un percorso di recupero comportamentale dei cani del canile municipale di Lanciano, diretto da Adele Saltarella, per mano delle educatrici del centro cinofilo Valentina Irmici e Marianne Osund e un gruppo selezionato di circa dieci ospiti della casa circondariale. "Quando si adotta un cane da un canile - spiega il presidente del centro cinofilo, Luisa Di Biagio - non sempre lo si trova educato, ossia abituato a stare dentro casa, a non sporcare, a non mordere.

Nel Nord Europa è ormai consuetudine preparare i cani con una base di educazione; in Italia questa buona prassi non è ancora attuata in maniera diffusa, ma alcuni canili, soprattutto nelle grandi città, offrono consulenza per chi abbia bisogno di consigli per accogliere un cane. La nostra stessa associazione prevede questo supporto, tra i suoi servizi, ma non sempre è sufficiente. Questo progetto è un modello sperimentale che intende permettere agli ospiti della casa circondariale di fare concretamente qualcosa di utile per la società e apprendere ed applicare, attraverso specifica formazione, l’importanza delle regole e il valore della responsabilità".

A seguito di un corso di formazione condotto dalle due educatrici del centro cinofilo all’interno del carcere e iniziato a febbraio, infatti, i detenuti sono stati preparati ad educare cani in maniera gentile, basandosi cioè sul rinforzo positivo e la gratificazione e non sulla coercizione e sulle punizioni. Si sono prestati a fare da controparte per la fase pratica Rivarco Lanfranco, Nikita e Falpalà, ossia cani-lavoratori già addestrati e certificati dal Centro (rispettivamente un levriero whippet, un labrador retriever e un piccolo levriero italiano). A giugno il corso di formazione è terminato e si è proceduto all’educazione di due meticci del canile di Lanciano: Fifa e Ruga. Ruga è stata la prima a recepire le buone regole, ed è già potenzialmente adottabile.

Reggio C.: il nuovo carcere da finire ed il vecchio da risistemare

 

www.strill.it, 22 giugno 2009

 

Il Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con provvedimento del Dr. Ionta, Commissario per l’emergenza carceri italiane, ha divulgato, attraverso una nota illustrativa, il piano programmatico da eseguire nei prossimi anni con l’elenco delle nuove infrastrutture penitenziarie da realizzare e gli interventi da effettuare per aumentare la capienza delle strutture già esistenti.

In questo programma è stato previsto, tra l’altro, il completamento del carcere di Arghillà di Reggio Calabria, con un ampliamento della capienza carceraria di ulteriori 150 posti che, unitamente ai 250 previsti, dovrà contenere una popolazione carceraria di 400 unità, con un investimento complessivo di €. 21.500.000,00 e prevedendo l’ultimazione dei lavori entro il termine fissato a dicembre 2012.

Considerando valida la proposta del Commissario, tuttavia avanziamo qualche riserva sui tempi di realizzazione, ma ancora di più sul riparto della popolazione carceraria che probabilmente non tiene conto (oppure ha già deciso?), sul futuro dell’esistente carcere di San Pietro di Reggio Calabria. Valutando i tempi di consegna previsti, sarebbe opportuno intervenire nel frattempo sulle strutture obsolete dell’attuale carcere di San Pietro che versano in condizione drammatiche.

Le condizioni igienico-sanitario e la sovraffollata presenza carceraria pongono in una situazione di estremo disagio i detenuti ed i tanti operatori amministrativi e di polizia penitenziaria che ivi operano.

Non può reggere, infatti, senza gli opportuni ed immediati interventi questa struttura che, riteniamo, anche quando sarà completato il carcere di Arghillà, continuerà ad avere una funzione indispensabile nella politica penitenziaria del nostro Paese. Lo stabilimento carcerario di San Pietro è collegato con un apposito tunnel, dotato di idonei e costosi sistemi di sicurezza, all’aula bunker del Tribunale di Reggio Calabria che, a sua volta, è abilitata ad accogliere i grandi processi di mafia. Riteniamo che la priorità assegnata dal programma ministeriale al completamento del carcere di Arghillà sia un fatto ineludibile ed utile.

Così come è altresì importante effettuare gli opportuni interventi migliorativi nel penitenziario di via San Pietro, struttura con una notevole utilità sociale per l’economia della città di Reggio Calabria, non solo per la presenza della polizia penitenziaria, ma anche, per la sicurezza della gestione carceraria dei detenuti più pericolosi e per il corretto utilizzo della strutture realizzate ed oggi perfettamente funzionali al servizio dell’Amministrazione Giudiziaria.

Vi è da evidenziare che, fino ad oggi, i parziali interventi di recupero della Casa Circondariale di San Pietro sono stati effettuati in economia attraverso il servizio M.O.F. (Manutenzione Ordinaria Fabbricati), ovvero, previo l’utilizzo dei detenuti operai lavoranti che ha permesso all’Amministrazione locale notevoli risparmi e ottimi risultati, come ad esempio la realizzazione del reparto T- nuovi giunti-, ottenendo ottimi risultati sia sotto il profilo strutturale che operativo così come evidenziato personalmente dal tecnico inviato dal Ministero che ha effettuato il relativo sopralluogo e la perizia tecnica.

Per abbattere i costi, sarebbe opportuno prendere in seria considerazione la proposta di realizzare i lavori di restauro dei grandi padiglioni del carcere di via San Pietro in economia, nel pieno rispetto del Dpr 230/2000, utilizzando il locale servizio Mof ben diretto dalla locale casa circondariale. L’obiettivo di tenere in vita e migliorare il carcere di San Pietro ben si concilia con i programmi operativi messi in cantiere dall’Amministrazione Penitenziaria, per una corretta gestione delle strutture esistenti e per una definizione veloce degli iter burocratici al fine di realizzare i nuovi penitenziari.

 

On. Giovanni Nucera

Consigliere Regionale della Calabria

Modena: Camera Penale; aiutate i detenuti della Casa di lavoro

 

La Gazzetta di Modena, 22 giugno 2009

 

Gli avvocati penalisti della camera penale di Modena "Carlo Alberto Perroux" si schierano dalla parte degli internati della casa di lavoro di Saliceta e chiedono interventi immediati per migliorare le loro condizioni di vita. Come noto, nei giorni scorsi gli ospiti della Casa di lavoro avevano inviato una petizione-appello per denunciare lo stato di disagio in cui sono costretti a vivere: 116 gli internati a fronte di una capienza prevista di 60.

In più sono state sospese le licenze per lavorare all’esterno. Giovedì il presidente della camera penale Luca Scaglione e il collega Luca Lugari, della commissione per i rapporti con le carceri hanno svolto una visita alla casa di lavoro constatando la gravità della situazione, comprese le precarie condizioni igienico sanitarie. "Una condizione - spiegano - che non permette alcun’attività di trattamento e di recupero degli internati come previsto dalla Costituzione. La camera penale auspica che l’ufficio di sorveglianza reintroduca le licenze lavorative e che siano attuate misure per dare loro condizioni di vita dignitose".

Ravenna: i Radicali; il carcere è una bomba e sta per scoppiare

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Il carcere di Ravenna è "una bomba che sta esplodendo". Ci sono solo quattro guardie carcerarie a turno "stanche e spossate dai continui rientri e dagli straordinari", alcuni detenuti "dormono per terra" e non hanno a disposizione i servizi igienici, i controlli medici e psichiatrici sono "assolutamente insufficienti". L’elenco di Cesare Sama, coordinatore e responsabile politico di Ravenna Radicale, fotografa una situazione insostenibile per il carcere. La Casa Circondariale, scrive nella sua lista nera, "ha celle di sette metri quadrati con tre letti a castello, non ci sono né riscaldamento né aria condizionata. Senza contare il sovraffollamento: "Ci sono 165-170 detenuti invece dei 67 che potrebbero essere ospitati, 80 in più del limite massimo previsto nel caso di un eccezionale sovraffollamento".

Visto che il problema non è tutto ravennate e che non sarà di agile risoluzione, Sama fa anche una proposta. Cioè un presidio costante di solidarietà nei confronti dei detenuti e delle guardie carcerarie. Un presidio "per chiedere il rispetto del limite massimo previsto, cioè 90 detenuti. E anche per dare più risorse alle guardie e contro la galera facile".

Salerno: sventato il tentativo di fuga dal carcere, di un romeno

 

Agi, 22 giugno 2009

 

Sventato questa mattina intorno alle 10 il tentativo di fuga dal carcere di Salerno di un detenuto romeno durante la fruizione dell’"ora d’aria". L’uomo, B.V. di 46 anni, ha cercato di eludere il controllo del personale di Polizia Penitenziaria ed ha tentato una fuga arrampicandosi sulla recinzione dei cortili "passeggi".

Operazione fallita per l’immediato intervento del personale di sorveglianza che è riuscito a bloccare il fuggitivo a pochi metri dalla cinta. A darne notizia è un comunicato della Uil P.A. a firma del segretario provinciale Lorenzo Longobardi. "Qualora ce ne fosse stato bisogno, questa è un’ulteriore prova della elevata professionalità del personale di Polizia in servizio presso la Casa Circondariale di Fuorni - dice Longobardi -.

Nonostante la notevole carenza di organico e un sistema a dir poco scarno e inadeguato di apparecchiature tecnologiche a supporto della sorveglianza, il personale è riuscito a scongiurare il peggio impedendo al detenuto di portare a termina il proprio disegno". Nella nota la Uil di Salerno muove comunque anche all’Amministrazione Penitenziaria: "Veniamo chiamati ad assicurare un servizio arduo e delicato.

Ci ritroviamo a gestire una situazione a Salerno prossima all’implosione, per il notevole sovraffollamento aggravato dalla calura di stagione. La precarietà degli spazi alimenta le tensioni interne e l’aggressività dei detenuti. Il personale è allo stremo delle forze, demotivato e sfiduciato. Anche quest’anno il piano ferie ridotto all’osso non contribuirà al recupero psico-fisico. Di ciò vorremmo che l’amministrazione ne abbia pieno conto".

A oggi sono 432 i detenuti presenti a Salerno a fronte di una capienza pari a circa 250, dice la Uil P.A. "Qui siamo alla frontiera del diritto, della dignità e della civiltà - dice il segretario provinciale della sigla sindacale -. Le condizioni di detenzione rasentano l’inciviltà. Gli operatori penitenziari lavorano in ambienti poco sicuri e vivono sulla propria pelle le contrizioni dei diritti soggettivi". Per la Uil per superare le criticità in atto "occorre implementare urgentemente gli organici".

Trieste: con disegno e teatro… per "vivere emozioni in libertà"

di Linda Dorigo

 

Il Piccolo, 22 giugno 2009

 

"L’amore per la vita e la pazienza sono i fiori della nostra libertà". A dirlo un gruppo di detenuti della Casa Circondariale coinvolti nel progetto "Dei-tenuti, per non trattenere le emozioni e i vissuti". L’atelier espressivo, che si è concluso ieri dopo cinque mesi, è stato curato dall’Associazione "Studio Openspace", da "Gest-Arts" ed è stato sostenuto dalla Regione e fortemente voluto dalla direzione e dall’area educazione del carcere.

Diretto dal regista Manuel Fanni Canelles e dalla psicologa Arianne Fonda, il laboratorio ha permesso ai partecipanti, italiani e stranieri, di divenire protagonisti di un pensiero e di affrontare nodi emozionali legati al disagio della detenzione, trasferendo il linguaggio emozionale al gesto e alla parola. "L’idea di costituire un gruppo - spiega la psicoterapeuta Arianne - ha incontrato qualche difficoltà legata al fatto che il mercoledì, giorno stabilito per i laboratori, è anche quello dei colloqui, tuttavia vi hanno preso parte una decina di persone e ci sono già tante richieste per l’anno prossimo".

L’obiettivo del progetto è stato raggiunto: si è venuto a creare uno spazio capace di trasmettere ai detenuti la tranquillità necessaria per esprimere senza censure il proprio disagio, le paure, le emozioni e i vissuti personali, liberandosi così dai fantasmi interiori. Attraverso la mediazione dell’arte infatti sono state esplorate le storie personali: a partire dal disegno, si è passati poi al racconto e al teatro; per ogni persona è stata creata una cartella al cui interno sono stati inseriti gli elaborati, dando così la possibilità di considerare l’attività creativa del singolo nella sua interezza, seguendone i cambiamenti, le tematiche ricorrenti, i periodi di crisi e i progressi ottenuti.

Haci per esempio è turco, dopo quattro anni e cinque mesi di detenzione, oggi è libero di far ritorno a casa e riabbracciare i due figli. L’esperienza gli è stata di grande aiuto, adesso sente una nuova energia dentro di sé: "Ho lasciato i miei figli che erano alti così - racconta indicando con il braccio verso terra - chissà come saranno ora...".

Antonio è originario di Napoli e il laboratorio gli è piaciuto molto: "Una volta a settimana - commenta - è anche troppo poco. Ti lasci dietro quello che sei qua dentro, il perché, e conosci nuove persone facendo cose che magari non avevi ancora fatto".

Vincenzo invece è triestino, è in attesa di appello e si racconta con grande consapevolezza del proprio passato da tossicodipendente, entusiasta dei risultati ottenuti: "Non avevo mai partecipato prima a questo genere di laboratori, all’inizio ero titubante, pensavo si trattasse di psicologia e invece, piano piano, sono stato capace di esprimermi anche con un mezzo a cui non ero abituato quale il disegno a mano libera. Quando mi hanno chiesto di disegnare un ricordo di mia madre per esempio l’ho raffigurato con un mattarello. Qui abbiamo una grande fortuna - conclude -, l’Ispettore aiuta sempre chi di noi ha più bisogno".

E l’Ispettore Superiore, responsabile dell’area sicurezza della Scuola Carceraria, Romolo Incarnato, si sofferma nell’illustrare l’offerta formativa: "I detenuti possono seguire i corsi di italiano per stranieri, inglese e informatica, oltre a conseguire l’attestato di terza media e quinta elementare. Ogni giorno un’ottantina di detenuti usufruisce delle possibilità educative e ricreative messe a disposizione dalla struttura carceraria".

Grazie al livello di fiducia raggiunto, i partecipanti hanno inoltre permesso l’utilizzo del mezzo audiovisivo e l’inserimento di un corpo estraneo come la macchina da presa. In questo modo, grazie al regista Vladimir Senin, è stato anche possibile riprendere il lavoro teatrale e le testimonianze degli stessi partecipanti.

"È stato un grande arricchimento - commenta il regista Manuel Fanni Canelles - perché inaspettato: era la prima volta nell’ambiente carcerario e l’etichetta che connota un luogo come questo si è frantumata quasi subito. I partecipanti sono diventati uno specchio tra il dentro e il fuori, hanno permesso di riflettere su diversi concetti come quello della libertà, e ci hanno fatto trovare molte virtù, come la pazienza e la speranza, che all’esterno sono piuttosto rare". Dello stesso parere anche la direttrice dell’Area pedagogica Anna Buonuomo: "È stato il primo laboratorio di questo tipo a Trieste ed è stato un successo. Quelle ore che hanno trascorso nei laboratori sono valse come fossero state ore spese fuori".

Reggio C.: il successo per "Karakolo-fool", nel carcere di Locri

 

www.strill.it, 22 giugno 2009

 

Grande successo presso la Casa Circondariale di Locri per lo spettacolo dal titolo "Karakolo-fool" che ha visto la presenza in istituto di alcuni dei migliori musicisti di musica popolare della provincia di Reggio Calabria. Al concerto - spettacolo hanno preso parte in qualità di spettatori entusiasti circa novanta detenuti della Casa Circondariale di Locri che hanno assistito con passione e interesse all’ora e mezza di musica e teatro, partecipando attivamente col battito delle mani a ritmo di musica.

È stata notevole la capacità di coinvolgere il pubblico dei musicisti che l’assessore provinciale Attilio Tucci ha presentato al carcere di Locri. Durante lo spettacolo sono stati presentati pezzi musicali della migliore tradizione popolare del Sud Italia, quali "Mulinarella", "Jocu di la palombella", la Tarantella della seduzione, "Malarazza", la Tarantella Nova e tanti altri che sono stati così tanto graditi che il pubblico presente ha chiesto alla fine il bis.

Presenti il Comandante della Polizia Penitenziaria di Locri Domenico Paino e il Direttore della Casa Circondariale di Locri Patrizia Delfino che alla fine dello spettacolo ha ringraziato l’assessore provinciale Tucci, da sempre attento alle richieste di coloro che vivono il disagio della carcerazione e che da anni porta avanti un ottimo lavoro di rete con l’Amministrazione Penitenziaria, ha elogiato i cantori, musicisti e attori intervenuti per la manifestazione di alto profilo artistico e ha ricordato il contributo del personale di Polizia Penitenziaria che, con la sua presenza vigile e silenziosa, permette la realizzazione di queste attività che realizzano il principio del trattamento rieducativo negli istituti di pena, invitando alla riflessione personale i detenuti.

L’evento realizzato si inserisce nell’insieme di manifestazioni dal titolo "Estate senza barriere" che la Direzione della Casa Circondariale di Locri sta portando avanti e continuerà a realizzare nel periodo estivo in collaborazione con l’assessorato alla Formazione professionale, allo sport e alle politiche sociali della Provincia di Reggio Calabria, con artisti calabresi e non, e con tutti coloro che, come i Karakolo - fool, hanno voluto donare alcune ore di piacevole intrattenimento ai detenuti del carcere di Locri.

Tale iniziativa è la dimostrazione concreta che basta solo un po’ di buona volontà per fare rete fra le istituzioni e collaborare insieme al sostegno verso fasce deboli, proponendo e realizzando azioni strutturate in campo ricreativo, sportivo e formativo.

A breve saranno proposte ulteriori iniziative di carattere culturale per i detenuti grazie alla collaborazione sia delle istituzioni locali sia di artisti che, con grande senso di umanità e disponibilità, hanno già dato il proprio assenso alla proposta di cimentarsi in spettacoli e percorsi formativi e di confronto con i detenuti della Casa Circondariale di Locri.

Lodi: quando la musica aiuta ad aprire gli orizzonti del carcere

 

Il Cittadino, 22 giugno 2009

 

Danzano uno vicino all’altro, detenuti e giovani del territorio. E all’interno del cortile del carcere è un diluvio di applausi e urla d’incoraggiamento. È questo uno dei momenti più belli dell’iniziativa promossa dalla direzione della Casa circondariale di Lodi, che si è tenuta venerdì sera nella struttura di via Cagnola.

Nell’ambito di una serie di eventi culturali, sportivi e musicali che animeranno l’estate in carcere, la manifestazione ha visto la partecipazione di un gran numero di persone. "Questa è una serata particolare per tanti motivi, si apre così un ciclo di eventi all’interno della Casa circondariale con al centro il tema della musica. Diversi detenuti hanno fatto un corso di hip hop e break dance e si esibiranno davanti a tutti.

Ci sono le famiglie, ci sono tanti bambini e i giovani della scuola di ballo "Il Ramo"" ha introdotto la direttrice della Casa circondariale di Lodi, Stefania Mussio. Nonostante un cielo plumbeo che minacciava pioggia (e in effetti qualche goccia è caduta), le casse hanno cominciato ad emettere vibrazioni e sulla scena si sono esibiti i ballerini della scuola "Il Ramo": una formazione di giovani che si sono mossi a passi di danza, su un quadrilatero allestito per l’occasione.

E mentre in molti già approfittavano per assaggiare i manicaretti preparati dai detenuti e guardavano le loro opere di decoupage esposte, ecco che cominciava a salire l’attesa per la performance degli stessi detenuti di via Cagnola. Dopo aver infatti seguito un corso di hip hop e break dance, con un maestro del noto gruppo "0371 crew", hanno cominciato a muoversi a ritmo e hanno messo in mostra le proprie abilità acrobatiche e atletiche. Prima si sono esibiti tutti insieme, una decina in tutto, quindi uno ad uno hanno saltato e ballato raccogliendo l’entusiasmo dei presenti.

In chiusura alcuni componenti dello "0371 crew", con il referente del corso promosso per i detenuti, hanno dimostrato tutte le loro abilità, con acrobazie e volteggi da esperti, davanti a molti ospiti e ai famigliari dei detenuti. E la direttrice dalla Casa circondariale, Mussio ha ringraziato i protagonisti della manifestazione, perché "questo ha permesso a molte persone di esprimere tanti talenti" ha commentato. Infine il cortile del carcere si è trasformato in una pista da ballo, con detenuti e giovani che si sono mossi al ritmo della musica, gli uni vicino agli altri, tra gli applausi del folto pubblico.

Immigrazione: esposto a Commissione europea, contro l’Italia

 

Redattore Sociale - Dire, 22 giugno 2009

 

Presentato da un gruppo di associazioni italiane e straniere. Chiede la condanna del nostro paese e lo stop di ulteriori respingimenti. Asgi: "Violate le norme comunitarie". Annunciato un esposto anche alla procura di Roma.

Associazioni italiane e straniere unite contro i respingimenti. Un pool composto da diverse realtà che operano nell’ambito di immigrazione e diritti umani ha sottoscritto e presentato un esposto alla Commissione europea, al Comitato Onu per i diritti umani e al Commissario per i diritti umani presso il Consiglio d’Europa perché intervengano contro l’Italia. L’iniziativa è stata presentata oggi dall’Asgi, associazione studi giuridici sull’immigrazione, capofila del gruppo.

Attraverso questa iniziativa le associazioni si appellano alle istituzioni internazionali ed europee perché condannino l’Italia e richiedano alle autorità del nostro paese di non procedere a ulteriori respingimenti. Nell’esposto viene inoltre richiesto alla Commissione europea di intraprendere una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per violazione delle norme comunitarie in materia di protezione internazionale. "L’idea è nata coinvolgendo molte delle associazioni che partecipano al Tavolo asilo permanente e che collaborano regolarmente su questi temi" spiega Gianfranco Schiavone, membro del consiglio nazionale dell’Asgi.

Scegliendo la formula dell’esposto, i firmatari di fatto obbligano la Commissione a valutare quanto segnalato e a trarre le proprie conclusioni: "La nostra è una richiesta mossa non da fini politici, ma prettamente da valutazioni in materia di diritto. Oltre alla violazione del principio di non respingimento ci sono infatti molte altre norme che sono state violate dal governo italiano - spiega l’esperto -, come quelle sul soccorso in mare e sui respingimenti alle frontiere". Le associazioni annunciano inoltre l’intenzione di procedere anche attraverso i canali nazionali, presentando un ulteriore esposto alla procura di Roma. "Pensiamo anche di rendere pubblici i testi delle nostre segnalazioni perché vogliamo sviluppare un ampio dibattito sulla questione" conclude Schiavone.

Le associazioni italiane firmatarie dell’esposto alla Commissione europea sono il Servizio rifugiati dei Gesuiti, la Comunità di Sant’Egidio, il Consiglio Italiano per i Rifugiati, l’Arci, l’Asgi, Libera, la Federazione delle Chiese evangeliche, la Casa dei diritti sociali di Roma, l’associazione Senza Confine, i Giuristi Democratici, il Gruppo Abele, Progetto Diritti. Le associazioni estere che hanno firmato l’esposto sono il Gisti, l’Anafe, l’Euro-Mediterranean Human Rights Network, il Jesuit Refugee Service Europe, Migreurop e Flare network.

Brasile: i cellulari arrivano nel carcere, trasportati con l’aquilone

 

Ansa, 22 giugno 2009

 

Ci avevano già provato con i piccioni viaggiatori e con un elicottero telecomandato. Stavolta alcuni complici di boss rinchiusi nel carcere di Tremembè, in periferia di San Paolo, hanno provato a far entrare nel penitenziario alcuni telefonini con un aquilone. Due giovani sono stati arrestati oggi dalla polizia per aver cercato di far arrivare l"aquilone sopra il carcere da un palazzo nei pressi del penitenziario. I giovani hanno confessato di aver ricevuto 300 real (poco più di 100 euro). Nei mesi scorsi, analoghi tentativi con piccioni viaggiatori e persino un elicottero teleguidato sono andati a vuoto per la vigilanza degli agenti carcerari.

 

 

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