Rassegna stampa 17 giugno

 

Giustizia: in "pillole" i dati su situazione delle carceri italiane

 

Redattore Sociale - Dire, 17 giugno 2009

 

Presenze oltre 63 mila. Picco di suicidi nei primi 5 mesi del 2009: sono 28. Quasi la metà dei detenuti ha problemi di droga. Allarme sovraffollamento anche negli Opg: 1.600 internati. A rischio la riforma della sanità penitenziaria.

Dalle presenze in carcere al numero dei suicidi, dagli ospedali psichiatrici giudiziari alla riforma della sanità penitenziaria: ecco in sintesi i dati sulla situazione delle carceri italiane.

Presenze - Sono 63.574 (compresi i minorenni) i detenuti nelle carceri italiane, secondo gli ultimi dati forniti dal Ministero della Giustizia. Le statistiche, aggiornate al 4 giugno 2009, parlano di 63.044 adulti, di cui 2.757 donne e 530 minori, di cui 37 ragazze, ripartiti in 223 strutture penitenziarie. Angiolo Marroni, garante per i diritti dei detenuti della regione Lazio stigmatizza il sovraffollamento: "Un documento del Dap che io ho avuto modo di vedere, prevede 96.800 detenuti per il 2012. Si parla di costruire nuovi istituti penitenziari - commenta il garante - quando esistono strutture che sono state costruite, ma non vengono nemmeno aperte".

Secondo le stime di Ristretti Orizzonti, quasi uno su due degli oltre 63 mila detenuti (esattamente 31.232) risulta in attesa di giudizio, e ben 19.558 sono i detenuti condannati con pena residua inferiore a 3 anni, mentre quelli con pena residua inferiore a un anno sono 3.214. I detenuti con almeno un almeno un figlio sono invece 22.096. Il tasso complessivo di sovraffollamento è dunque pari al 146%, mentre il personale di polizia si ferma ad appena l’86,2% dell’organico previsto, che in altri termini vuol dire che manca all’appello il 13,8% delle forze ritenute necessarie. La regione con maggiore tasso di sovraffollamento è l’Emilia Romagna (197%), quella con più carenza di personale di polizia penitenziaria la Liguria (-31,6%).

Indulto - Secondo i dati dell’associazione Antigone, a maggio del 2006 i detenuti erano 61.392. In seguito all’indulto, approvato il 31 luglio 2006, le carceri tornano a una situazione di "affollamento fisiologico" con un numero di detenuti pari all’effettiva capienza. Era dal 1991 che non si determinava una situazione di questo tipo. I detenuti scarcerati per indulto secondo i dati del ministero della Giustizia al 29 agosto 2006 sono stati 23.426. Alla data del 14 gennaio 2007 nelle carceri italiane erano presenti 39.157 detenuti per una capienza regolamentare di 42.878 unità.

Suicidi - I primi cinque mesi del 2009 hanno fatto registrare un triste primato rispetto agli ultimi anni: sono stati 28 i casi di suicidio. Lo rende noto "Ristretti Orizzonti" il notiziario quotidiano sul carcere pubblicando i primi dati dell’anno del dossier "Morire di carcere". Dodici dei 28 casi riguardano persone straniere, dieci dei detenuti suicidi inoltre avevano un’età compresa tra i 20 e i 29 anni, nove tra i 30 e i 39. Secondo l’associazione, il dato parziale è il più elevato registrato ad oggi dal 2002, anno in cui è stato pubblicato il primo rapporto sui suicidi in carcere e va di pari passo con l’aggravamento del sovraffollamento delle carceri.

Nel 2008, sempre secondo il Dossier "Morire di carcere" i suicidi sono stati "almeno" 48 (i casi raccolti dal Dossier non rappresentano la totalità delle morti che avvengono all’interno dei penitenziari, ma solo quelle che è possibile ricostruire, in base alle notizie dei giornali, delle agenzie di stampa, dei siti internet). Dal 1990 ad oggi si sono tolti la vita 957 detenuti. Nel 2007 i suicidi tra i detenuti erano stati 45: quindi nel 2008 si sono verificati 3 casi in più, anche se per effetto della crescita della popolazione detenuta (da una media - nel 2007 - di 44.233 siamo passati a 51.167 come media del 2008) il tasso di suicidi su 10.000 detenuti è diminuito da 10,37 a 9,38. Il tasso di suicidio nella popolazione italiana è dello 0,51 ogni 10.000 abitanti, quindi in carcere i suicidi avvengono con una frequenza circa 21 volte superiore.

Tossicodipendenti - Secondo il Coordinamento nazionale degli operatori per la salute nelle carceri italiane (Co.N.O.S.C.I.), quasi la metà delle persone che scontano una condanna nei penitenziari italiani è costituita da tossicodipendenti o appartenenti all’eterogenea area dei consumi di sostanze stupefacenti, molto spesso non diagnosticati. Proprio il fatto di sottostimare il numero complessivo di pazienti, porta a ipotizzare che durante tutto il corso dell’anno ci sia un numero di ingressi di tossicodipendenti pari a circa 50 mila persone. Un fenomeno che viene registrato dagli operatori sanitari ma non dalle statistiche ufficiali. Alla data del 30 giugno 2008 c’erano 14.743 presenze con la diagnosi di tossicodipendenza, secondo i dati del ministero della Giustizia, ma il numero cresce più del doppio se si considerano tutti gli ingressi durante tutto l’anno e il turnover della popolazione carceraria. Fino ad arrivare a circa 50 mila se si considerano appunto i casi di consumatori problematici che non si dichiarano tali. Il 43% dei detenuti con problemi di droga è costituito da stranieri.

Opg - È allarme sovraffollamento e fatiscenza nei 6 Opg (ospedali psichiatrici giudiziari) italiani. Gli internati di questi centri sono passati da 1200 a 1600 nel giro di pochi mesi. La situazione più drammatica ed esplosiva è quella dell’Opg di Reggio Emilia, dove gli internati sono passati in poco tempo da 180 a 280. Molto critica è anche la condizione del centro di Montelupo Fiorentino, dove si trovano 169 internati. Agli Opg è dedicata l’inchiesta di Dario Stefano Dell’Aquila dal titolo "Se non ti importa il colore degli occhi" (Edizioni Filema 2009). Ma chi sono gli internati? Sono persone che hanno commesso un reato, che ritenuti infermi di mente vengono condannati a una misura d sicurezza. Misura prorogabile anche per sempre, senza alcuna relazione al reato commesso. In particolare il libro indaga il meccanismo della punizione incessante, del contenimento o della coercizione, pratica silenziosa che consiste nel legare una persona con problemi psichici a un letto con un buco al centro per i bisogni fisici. I dati ufficiali relativi al 2004 indicano che sono stati 515 gli episodi di coercizione e sono stati 195 gli internati che sono stati legati al letto di coercizione.

Sanità penitenziaria - La riforma della sanità penitenziaria va a rilento e rischia anzi di arenarsi. È scaduto il 14 giugno scorso il termine massimo per il passaggio di competenze dal ministero della Giustizia al Sistema sanitario nazionale e il trasferimento di responsabilità alle regioni è ancora in alto mare. Con gravi rischi per la salute di detenuti che, in questa fase di transizione, rischiano di vedere ulteriormente peggiorare le già non facili condizioni sanitarie all’interno degli istituti penitenziari. A lanciare l’allarme è il Forum nazionale per il diritto alla salute delle persone private della libertà personale. Dallo scorso 1 ottobre in ottemperanza del Dpcm del 1 aprile 2008 - ricorda il Forum - le regioni hanno assunto la piena competenza della sanità in tutti gli istituti penitenziari per adulti e minori e negli Ospedali psichiatrici giudiziari. Eppure si registrano mancanze, inadempienze e soprattutto incomprensibili ritardi nell’assegnazione delle pur scarse risorse finanziarie. Dei 157,8 milioni di euro stanziati per l’anno 2008 non si è ancora visto un solo euro - denuncia ancora il Forum. E non sono arrivati neppure quei 32 milioni licenziati dal Cipe con una delibera dello scorso 6 marzo. La ragione? Lo stanziamento è stato sì autorizzato, ma subordinato alla liquidità di cassa. Il risultato è sotto gli occhi di tutti quelli che (operatori carcerari e detenuti) nel carcere ci vivono ogni giorno: siccome sono le regioni a doversi accollare i costi della sanità penitenziaria si determina inevitabilmente una situazione a macchia di leopardo.

Bambini in carcere - Secondo i dati del Dipartimento di amministrazione penitenziaria riferiti al 30 giugno 2008, gli asili nido funzionanti nelle strutture carcerarie italiane sono 16. Sono 58 le detenute madri con figli che vivono con loro in istituto, quindi sono 58 i bambini minori di tre anni che trascorrono la loro vita in istituto. Il maggior numero in Lazio e Lombardia.

Giustizia: Napolitano; nelle carceri sovraffollamento e tensioni

 

Asca, 17 giugno 2009

 

"Il più sentito ringraziamento" esprime il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Corpo della polizia penitenziaria in occasione del 192° anniversario della fondazione. Nel messaggio Napolitano ricorda il difficile compito che svolgono gli agenti, impegnati alla sicurezza e alla rieducazione in una situazione spesso caratterizzata da "sovraffollamento e tensioni".

"Sono lieto di esprimere, a nome della Nazione e mio personale, il più sentito ringraziamento alle donne e agli uomini della Polizia Penitenziaria che quotidianamente, con vivo senso di appartenenza alle istituzioni democratiche della Repubblica e di adesione ai valori costituzionali, svolgono il meritorio e delicato compito di garantire la sicurezza e la legalità negli istituti e contribuiscono, nel contempo, allo svolgimento delle attività rivolte alla rieducazione e al reinserimento della popolazione detenuta.

Nel contesto particolarmente complesso della gestione carceraria - scrive Napolitano - reso ancor più problematico dal fenomeno del sovraffollamento, la generosa e altamente professionale capacità di intervento e coordinamento degli appartenenti al corpo consente di affrontare le situazioni di maggior disagio e tensione efficacemente e con modalità differenziate e flessibili che tengono conto dei diversi profili e del grado di pericolosità dei detenuti".

Il Presidente della Repubblica ricorda "l’impegno, lo spirito di servizio e la capacità organizzativa profusi nelle attività quotidiane, con turni di lavoro faticosi" e le attività di soccorso svolte nelle località dell’Abruzzo colpite dal recente sisma: il personale della Polizia Penitenziaria ha meritato la gratitudine di quelle popolazioni".

Giustizia: Alfano; 63.350 detenuti, siamo al limite di tollerabilità

 

Adnkronos, 17 giugno 2009

 

Il Guardasigilli ricorda che nelle case circondariali "la capienza regolamentare è fissata in 43.262 posti e la soglia di tollerabilità a 63.568". I detenuti stranieri sono 23.442 pari a quasi il 40% del totale. Ma il ministro annuncia: "Il ministero della Giustizia ha messo a punto un piano che sarà sottoposto a breve all’attenzione al Consiglio dei ministri".

Le carceri italiane sono al limite della capienza, ma entro il 2012 saranno realizzati 17.891 nuovi posti dietro le sbarre. Lo ha assicurato il ministro della Giustizia Angelino Alfano, intervenendo all’Arco di Costantino alla cerimonia per la Festa della polizia penitenziaria, alla presenza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e delle altre cariche istituzionali

Il dato, aggiornato al 16 giugno, parla infatti di 63.350 i detenuti, una cifra decisamente vicina alla soglia di ‘tollerabilità’ che il Guardasigilli certifica in 63.568 posti, mentre la capienza ‘regolamentarè è fissata in 43.262. Nell’ambito della popolazione carceraria evidenzia tra l’altro Alfano, è evidente la "massiccia presenza" di detenuti stranieri che sono 23.442 pari a quasi il 40% del totale. Insomma "siamo su livelli di allarme" chiosa il ministro il quale, pur ritenendo possibile con l’approssimarsi del periodo estivo "un ulteriore incremento della popolazione carceraria", ricorda che "al fine di arginare l’afflusso il governo ha intrapreso la strada degli accordi bilaterali con numerosi paesi europei e mediterranei, con i quali ha avviato una strategia complessiva finalizzata ad ottenere che i detenuti stranieri condannati a pene detentive brevi possano scontare la pena nei paesi di origine".

Alfano sottolinea quindi l’urgenza di "interventi strutturali ormai non più rinviabili". E a questo proposito annuncia che "il ministero della Giustizia ha messo a punto un piano carceri che a breve sarà sottoposto all’attenzione al Consiglio dei ministri".

Più in particolare, il piano prevede la costruzione di 48 nuovi padiglioni in strutture preesistenti, la ristrutturazione di due istituti penitenziari e la costruzione di 24 di nuove carceri, "per le quali si ricorrerà anche al contributo essenziale delle imprese private". In totale, al termine della realizzazione del piano previsto per la fine del 2012, saranno realizzati 17.891 nuovi posti nelle case circondariali.

In tale contesto, "pur nelle ristrettezze determinate dalla contingente crisi economica che non ha risparmiato la pubblica amministrazione", si renderà necessario un "reclutamento straordinario di agenti penitenziari proporzionato alle esigenze che inevitabilmente si determineranno a seguito dell’incremento delle strutture carcerarie", sottolinea Alfano riconoscendo al personale del Corpo "l’altissimo senso del dovere, lo spirito di sacrificio e l’abnegazione, con cui affrontano la loro difficile quotidianità vigilando all’interno delle strutture carcerarie con rigore ma senza calpestare la dignità umana del condannato".

Un ruolo, quello del personale penitenziario, elogiato anche dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che nel suo messaggio evidenza "il vivo senso di appartenenza alle istituzioni democratiche della Repubblica e l’adesione ai valori costituzionali" con i quali gli agenti "svolgono il meritorio e delicato compito di garantire la sicurezza e la legalità negli istituti di pena e contribuiscono allo svolgimento dell’attività rivolta alla rieducazione e al reinserimento della popolazione detenuta".

Giustizia: Alfano; questo governo non arretrerà un millimetro

 

Redattore Sociale - Dire, 17 giugno 2009

 

"Questo governo non intende arretrare di un millimetro sul fronte della sicurezza sociale e della certezza della pena". Lo assicura il ministro della Giustizia Angelino Alfano, alla celebrazione della festa del corpo di polizia penitenziaria. Il guardasigilli non sottovaluta l’emergenza sovraffollamento nelle carceri, "ma nessuno - avverte - è legittimato a illudersi che la soluzione assomigli in qualche modo agli inutili perdonismi del passato che non hanno prodotto effetti stabili e duraturi". Insomma, insiste Alfano, "il governo non fermerà la propria idea di contrastare il crimine per mancanza di posti carcerari".

La riprova, secondo Alfano, sta nella determinazione governativa sul fronte del 41 bis. A oggi, riferisce il guardasigilli, sono 616 (4 donne) i detenuti sottoposti al regime carcerario speciale, con un controllo attento che "continua ogni giorno a produrre numerosi successi investigativi". Del resto, tiene a sottolineare Alfano, "le carceri sono tra i luoghi dove possono radicalizzarsi tensioni terroristiche". Ma il governo sta già facendo di più: al Senato è "ormai in dirittura di arrivo" il ddl sicurezza che "ancor più - spiega il ministro - adegua il regime carcerario speciale all’effettivo grado di pericolosità dei detenuti che vi sono sottoposti all’unico scopo di tutelare in ogni modo la sicurezza sociale". La durata del 41 bis, ricorda Alfano, verrà alzata a 4 anni, con proroga biennale.

Giustizia: Alfano; chiederò reclutamento straordinario di agenti

 

Ansa, 17 giugno 2009

 

Con l’aumento dei posti nelle carceri previsto dal piano che sarà a breve sottoposto al Consiglio dei ministri, sarà necessario "un cospicuo aumento del personale della Polizia Penitenziaria". A dirlo è stato il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, nel corso della Festa del Corpo, che si è svolta stamane alla presenza del Presidente della Repubblica e delle più alte cariche dello Stato, all’Arco di Costantino.

"Pur nelle ristrettezze determinate dalla contingente crisi economica che non ha risparmiato la pubblica amministrazione - ha affermato il guardasigilli - farò quanto è nelle mie possibilità per procedere ad un reclutamento straordinario, proporzionato alle esigenze che inevitabilmente si determineranno a seguito dell’incremento delle strutture carcerarie".

Con l’auspicio, dunque, di realizzare "migliori condizioni di lavoro per gli agenti penitenziari, il ministro si è detto "consapevole che in ciascuno di voi - ha sottolineato rivolgendosi al Corpo - è altissimo il senso del dovere, lo spirito di sacrificio e l’abnegazione con cui affrontate la vostra difficile quotidianità". I compiti della Polizia Penitenziaria sono "complessi e di altissima responsabilità", ha sottolineato Alfano, per "vigilare all’interno delle strutture carcerarie con rigore ma senza calpestare la dignità umana del condannato", "partecipare alla essenziale opera di rieducazione di tutti i detenuti" e "assicurare la massima sicurezza nei servizi di traduzione e piantonamento".

Per quanto riguarda il regime di carcere duro, ha concluso il ministro, la Polizia Penitenziaria "svolge un compito insostituibile che non è soltanto di pura e semplice vigilanza, ma anche di attenta osservazione per individuare e interrompere ogni tentativo di trasmettere illegalmente notizie da e per la struttura carceraria. Lo straordinario impegno profuso in questa attività di controllo ha prodotto e continua ogni giorno a produrre numerosi successi investigativi".

Giustizia: Sindacati Agenti; insoddisfacenti le risposte di Alfano

 

Asca, 17 giugno 2009

 

"Non possiamo che definire insoddisfacenti le risposte offerte dal Ministro alle istanze avanzate dalle rappresentanze sindacali del personale sulla grave crisi che coinvolge il sistema penitenziario italiano. Un incontro, quindi, inconcludente".

Così i Segretari Generali di Sappe, Osapp, Uil Pa Penitenziari, Fp Cgil P.P., Ussp per l’Ugl, Sinappe e Cisl Fs hanno commentato l’esito dell’incontro di ieri sera tra le organizzazioni sindacali della Polizia penitenziaria e il Ministro della, Giustizia Angelino Alfano.

"Pur volendo apprezzare alcune timide aperture di prospettiva sul versante dell’implementazione degli organici del personale, continuano a restare eluse per intero - hanno sottolineato i sindacati in una nota congiunta - tutte le altre questioni sul tappeto che hanno originato la richiesta d’incontro".

Da parte del ministro, proseguono i sindacati si è proceduto sull’unica strada ritenuta valida: quella della costruzione di nuove carceri e padiglioni che, si sottolinea, "ben che vada, produrrà risultati solo fra qualche anno". Intanto, si lamenta, nulla è emerso sull’immediato e men che meno per problemi ormai esplosivi come il sovraffollamento carcerario (63.500 le presenze accertate a ieri) che "rendendo praticamente insostenibili i carichi di lavoro per il personale. Ciò che serve, e che avevamo proposto, - si conclude - è un progetto complessivo condiviso nel quale strutturare misure di sostegno al sistema, di fatto strozzato e incapace di adempiere al proprio mandato. Neanche su questo abbiamo registrato apertura e disponibilità da parte di Alfano".

Sicilia: Garante; esposto a Strasburgo, per chiusura di 7 carceri

 

Ansa, 17 giugno 2009

 

Venerdì 19 giugno 2009 alle 11 presso la sede rappresentanza Ars di Catania (Palazzo Minoriti - Via Etnea 73, piano 1°) il Garante per i diritti fondamentali dei detenuti della Sicilia, sen. Salvo Fleres, e il dirigente dell’Ufficio del Garante, avv. Lino Buscemi, illustreranno l’esposto da loro elaborato e trasmesso al Comitato Europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti (Cpt-Strasburgo), relativamente alle condizioni delle carceri in Sicilia sotto il profilo del sovraffollamento, del trattamento dei detenuti, delle condizioni igienico-sanitarie, delle carenze di organico di personale amministrativo, di polizia penitenziaria e delle figure professionali quali mediatori culturali, psicologi e assistenti sociali. In particolare saranno evidenziati i gravissimi problemi che affliggono 7 Istituti di pena dei quali si chiede l’immediata chiusura.

Venezia: un detenuto di 38 anni è stato ritrovato morto in cella

di Giorgio Cecchetti

 

La Nuova Venezia, 17 giugno 2009

 

Un altro morto a Santa Maria Maggiore. Dopo il giovane marocchino trovato impiccato il 4 marzo scorso, questa volta è deceduto un veneziano, Rino Gerardi, 38 anni ambulante di Castello. Lo hanno trovato senza vita i due compagni con cui divideva la cella del carcere veneziano. Stava scontando una pena per traffico di sostanze stupefacenti e, stando ad una prima ricostruzione, si sarebbe ucciso inalando il gas della bomboletta che tutti i detenuti usano per farsi il caffè o la pastasciutta in cella. Il pubblico ministero Stefano Buccini ha già disposto l’autopsia, che sarà eseguita dal medico legale Silvia Tambuscio.

Senza ombra di dubbio quello del giovane extracomunitario era stato un suicidio, mentre per Gerardi questa certezza non c’è. Sono molti, infatti, i detenuti che utilizzano il gas come si trattasse di una droga, respirando il propano gelido che esce dalle bombole per stordirsi, per diventare euforici. Ma naturalmente rovina le vie respiratorie e soprattutto è pericoloso se utilizzato con un sacchetto di nylon attorno alla testa in modo che non si disperda.

E Gerardi, presumibilmente, è stato avvelenato dal gas che aveva inalato per stordirsi. Insomma, non voleva uccidersi, quindi potrebbe essere stato un incidente di percorso. Il medico legale Silvia Tambuscio dovrà stabilire se davvero è stato il gas ad ucciderlo, intanto il pubblico ministero Buccini, già domenica pomeriggio, ha interrogato i due compagni di cella e gli agenti della Polizia penitenziaria che sono intervenuti immediatamente dopo l’allarme dato da uno dei detenuti. E sono proprio queste prime testimonianze a far escludere, per il momento, l’ipotesi del suicidio.

Non aveva manifestato questa intenzione neppure poco prima di mettersi quel sacchetto in testa e aprire la bomboletta. In tre mesi è il secondo morto in un carcere che scoppia: in questi giorni i detenuti sono 325, quando al massimo le celle potrebbero ospitarne 180, siamo quasi al doppio della capienza.

Nelle celle, ormai, ci sono i letti a tre piani e c’è chi dorme col materasso gettato a terra. Inoltre, vista la carenza d’organico tra gli agenti di custodia, molte attività sono praticamente bloccate. Dunque, è doppia la pena per chi è rinchiuso a Santa Maria Maggiore: c’è la limitazione della libertà, decisa dai giudici di Tribunali e Corti, e il sovraffollamento, la promiscuità, l’assenza di diritti, imposta dalle condizioni disumane di molte carceri italiane. Per il detenuto marocchino deceduto tre mesi fa, intanto, è giunta agli sgoccioli l’inchiesta del pubblico ministero Massimo Michelozzi.

Inizialmente erano due le persone indagate per concorso in omicidio colposo, il comandante della Polizia penitenziaria veneziana e l’ispettore di turno quel giorno. Adesso sono diventati cinque, ai primi due si sono aggiunti altri agenti di custodia, ma sarà necessario attendere il deposito degli atti per saperne di più. Gerardi era entrato per la prima volta in carcere sette anni fa nell’ambito di un’indagine del pubblico ministero Francesco Saverio Pavone alla quale aveva collaborato anche la Dea statunitense. Il veneziano aveva avuto un ruolo marginale, ma l’operazione aveva fatto finire in manette Besnik Mukataj, un pizzaiolo che da Jesolo gestiva addirittura un traffico di droga con gli Stati Uniti, scambiando eroina e hascisc per cocaina. Altri spacciatori erano stati bloccati a Castelfranco Veneto, a Parma, a Bologna e ad Imperia.

Venezia: la direttrice; 320 detenuti... quando il massimo è 111

 

Il Gazzettino, 17 giugno 2009

 

Un carcere sempre più sovraffollato, con detenuti letteralmente stipati nelle celle: in quelle singole, ormai ci stanno in tre. Ma a complicare il tutto ci sono anche le carenze d’organico della polizia penitenziaria (meno trenta in organico). E soprattutto l’impressionante "turnover" dei detenuti: ben il 60% ci resta solo per tre giorni, con tutte le complicazioni del caso, viste anche le diverse origini e abitudini dei troppi ospiti di Santa Maria Maggiore. É un quadro drammatico, quello delineato ieri dalla stessa direttrice degli istituti penitenziari di Venezia, Gabriella Straffi. Occasione la presentazione di un’iniziativa della presidenza del Consiglio comunale, in collaborazione con l’associazione "Il Granello di senape". "Con lo stanziamento di 2mila euro abbiamo acquistato dei kit per la pulizia personale dei detenuti" ha spiegato il presidente del Consiglio comunale, Renato Boraso. Un spazzolino, un paio di saponi, un tubetto di dentifricio, una bottiglietta di shampoo.

Un piccolo segnale positivo in un quadro per il resto pieno di ombre, a cominciare dai numeri davvero impressionanti di Santa Maria Maggiore. A fronte di una capienza di 111 detenuti e ad una soglia di tollerabilità di 245 posti, ieri è stata toccata quota 320. Esattamente il doppio di quei 160 raggiunti, due anni fa, dopo l’indulto. "Siamo tornati ai livelli degli anni ‘80" ha commentato la dottoressa Straffi. E con elementi di complicazione in più. Il turnover, innanzitutto, che complica la gestione della vita carceraria.

"É un continuo via vai - ha continuato la dottoressa Straffi - E in una cella singola, già occupata da due persone, farcene strare una terza, non è affatto facile". Anche perché spesso si tratta di far conciliare culture diverse, che sono l’altro grande problema delle carceri di oggi dove gli stranieri sono sempre più numerosi. A Santa Maria Maggiore gli stranieri sono il 70%, delle più varie provenienze. "Sono diverse le lingue, ma anche le piccole abitudini quotidiane - ha sottolineato la direttrice - e questo, in degli spazi ristretti, crea problemi". Che fare? "Mi auguro che il piano carceri vada avanti. Intanto bisogna fronteggiare la situazione, come meglio si può".

E sui problemi del carcere sono intervenuti pure i cappellani di Santa Maria Maggiore esprimendo il loro dolore e manifestando la loro preoccupazione per la situazione drammatica delle carceri. "Invitiamo gli organi competenti - hanno detto - a non limitarsi soltanto ad assicurare la certezza della pena ma a garantirne l’umanità. Il sovraffollamento e la mancanza di prospettive di reinserimento, rendono il clima davvero pesante e pericoloso".

E sempre su Santa Maria Maggiore è intervenuto anche il consigliere regionale Verde, Gianfranco Bettin: "È evidente che la situazione attuale dell’istituto produce quotidiana sofferenza e crea le condizioni perché accadano tragedie - ha detto Bettin - Il carico di lavoro del personale di custodia e la condizione concreta dei detenuti tra sovraffollamento, con celle in cui non si riesce a stare tutti in piedi (4 detenuti in celle da due, 7-8-9 in quelle da quattro, e anche peggio), riduzione dell’agibilità degli spazi comuni e delle attività possibili sono tali da produrre rischi altissimi oltre che disagi dolorosi".

Viterbo: l’assistenza sanitaria nel carcere è vicina al "collasso"

 

Comunicato stampa, 17 giugno 2009

 

Dal 15 giugno 2009 medici e infermieri che operano all’interno di Mammagialla sono senza contratto perché scaduto e non ancora rinnovato.

La medicina penitenziaria è in una condizione simile, se non peggiore a quella di Civita di Bagnoregio. Importanti pezzi di essa si sono staccati e l’intero sistema rischia di franare addosso a detenuti, polizia penitenziaria, magistratura.

La Asl di Viterbo, che ha preso in carico il servizio da ottobre 2008 è oggi ancora priva di disposizioni Regionali in merito al riordino del servizio sanitario operante a Mammagialla e, evidentemente, non sa come comportarsi anche perché probabilmente non conosce il problema avendo ereditato una situazione sanitaria oggettivamente difficile e dovendo comunque garantire un livello assistenziale adeguato con risorse diametralmente inadeguate.

Lo stanziamento di 500mila euro disposto dalla Regione Lazio , insufficiente per far fronte ad una domanda di salute impegnativa, è ormai esaurito e non si ha ancora notizia alcuna di un nuovo stanziamento; il personale - quello rimasto - è sempre più demotivato e i segnali che arrivano dalla Regione - sostituzione con altro personale per niente preparato al lavorare in carcere spaventato dai detenuti e dall’ambiente - aggravano il burnout, già forte per il dovere fronteggiare con poche risorse gravi patologie di quasi settecento detenuti.

Si dirà che non vi sono fondi per assistere i Viterbesi e che dei detenuti poco importa. Bene, ricordiamoci però che la magistratura di sorveglianza ha tra i propri doveri anche quello di vigilare che il carcere non si trasformi in un luogo di degrado e di umiliazione per le persone che vi soggiornano e che determinate patologie se non curate adeguatamente presenteranno prima o poi "il conto" alla società esterna in termini di diffusione di malattie infettive o, meno drammaticamente, sotto forma di pensioni di invalidità o assegni di accompagnamento che saremo costretti a pagare tutti quanti.

Il personale infermieristico e medico del carcere di Viterbo non chiede la luna! Desidera da parte della Regione Lazio e della Asl di Viterbo certezze sul suo futuro lavorativo e non vuole che si proceda ancora come con alcuni specialisti che, dopo anni d’esperienza in ambito sanitario penitenziario, sono stati messi di fronte all’alternativa di andarsene o di accettare riduzioni del 50% del proprio onorario per le prestazioni erogate.

Oggi i medici e gli infermieri del carcere di Mammagialla, dopo anni (qualcuno addirittura più di 20) di servizio rischiano di non vedere riconosciuta la propria professionalità, basti pensare che la Regione Lazio , ma anche la Asl di Viterbo, più volte sollecitata dalla Simspe Onlus ad aprire un tavolo tecnico con chi di sanità penitenziaria ne sa abbastanza da essere riconosciuto a livello Nazionale e internazionale come esperto in questo campo, non ha mai convocato esperti Simspe Onlus al tavolo tecnico.

A livello Regionale esiste un Osservatorio per la Sanità penitenziaria - mai riunitosi!- composto per la maggior parte da personale che non ha mai lavorato come Medico Penitenziario sul campo, che non ha mai trascorso una notte o un festivo dentro le mura di un carcere e che, di conseguenza, non può conoscerne i problemi reali.

Il presidente Marrazzo, impegnato con il piano di rientro, presta poca attenzione a queste denunce che una volta, quando conduceva la popolare trasmissione televisiva "Mi manda RAI 3" erano oggetto di sue scrupolose indagine giornalistiche.

Basterebbe ascoltare un pochino quello che il coordinatore sanitario del carcere di Viterbo scrive e più volte sollecita nelle sue lettere indirizzate alla Asl e alla Regione, ovvero la necessità di prevedere almeno la presenza di un infermiere per padiglione (ogni padiglione conta da un minimo di 60 ad un massimo di 300 detenuti) e di due medici per l’istituto dalle ore 07.00 alle 24.00 e un medico e un infermiere dalle 24,00 alle 7,00.

Le incombenze sanitarie dentro il carcere sono infatti numerosissime, si parte da quelle meramente cliniche che riguardano soprattutto il 30% di tossicodipendenti, i molti malati di Aids, i moltissimi detenuti affetti da patologie psichiatriche a quelle meramente amministrative come i vari nulla osta richiesti dall’autorità giudiziaria, i controlli clinici disposti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, le autorizzazioni sanitarie rilasciate ai detenuti per recarsi in causa, le numerosissime relazioni cliniche richieste dai vari magistrati.

Il medico e l’infermiere penitenziario durante la giornata tipo devono fare fronte ad almeno 50 interventi e distribuire almeno 600 terapie frazionate nell’arco delle 24 ore.

Quando poi capita un’urgenza grave il sistema entra in crisi e si paralizza!!! È verosimile che non incrementando le forze sul campo ma anzi deprimendole ulteriormente si vada verso un eccessivo ricorso all’invio a "Belcolle" congestionando il già congestionatissimo Pronto Soccorso con costi aggiuntivi di custodia e potenziali rischi per la popolazione (il reparto di Medicina Protetta - malattie Infettive dedicato ai detenuti a Belcolle infatti è sempre occupato al 100% delle potenzialità disponibili e non può dare di più anche perché serve un’area geografica che interessa tutto il Lazio). Facendo transitare la Sanità Penitenziaria dal Ministero della Giustizia a quello della Salute si voleva mettere sullo stesso piano il cittadino libero a quello ristretto, bene in linea di principio, male malissimo nell’applicazione!

I signori politici non hanno voluto ascoltare i tecnici e hanno prodotto un sistema che è arrivato a preoccupare anche il Comitato per la Prevenzione della Tortura di Bruxelles che, dopo una visita nelle carceri italiane a fine 2008, ha chiesto chiarimenti al nostro Governo sulle grave situazione sanitaria in molte carceri italiane.

In sintesi alla Regione Lazio e alla Asl di Viterbo un "ponte" per non diventare come "Civita-la città che muore", "la Medicina Penitenziaria - l’assistenza sanitaria che muore". Sarebbe un atto di responsabilità e di razionalità convocare in Regione e in Asl gli esperti del settore, quali gli appartenenti a Simspe Onlus, per cercare con loro di individuare i percorsi necessari ad arginare il crollo imminente.

 

Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria Onlus

Pisa: detenuto malato Tbc sarebbe rimasto 45 giorni in sezione

 

La Nazione, 17 giugno 2009

 

Un detenuto malato di Tbc sarebbe "rimasto 45 giorni in una sezione a regime comune" del carcere "Don Bosco" di Pisa: è quanto sostiene l’Osapp (Organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria) che, in una nota inviata al direttore della casa circondariale e al Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria a Firenze, parla anche di "grave situazione igienico-sanitaria" e di "presenza di ratti e scarafaggi" nell’istituto penitenziario.

"Il grave e ultimo episodio di tubercolosi attiva - scrive Franco Paglia, segretario provinciale dell’Osapp - riscontrato a un detenuto che ha sostato per oltre 45 giorni presso una sezione a regime comune e il ritardo, ovvero la superficialità con cui si è messa in moto la macchina della profilassi, cioè soltanto lunedì, alimenta ulteriormente il malumore e il disagio del personale", elementi che sono "di grave nocumento al buon andamento dell’istituto".

Il sindacato chiede dunque al direttore del carcere e al Provveditorato Regionale "urgenti spiegazioni", invitandoli "a porre in essere ogni iniziativa atta a ristabilire condizioni lavorative di maggior vivibilità ed a rendere più salubri gli ambienti e le postazioni lavorative del carcere".

Già in passato l’Osapp aveva denunciato una "grave situazione igienico-sanitaria" in cui verserebbe l’istituto, "per la presenza di ratti e scarafaggi". In particolare, qualche mese fa era scoppiata l’emergenza nel braccio "Terra A", dove i topi uscivano dagli scarichi e spesso si verificavano anche allagamenti, tanto che almeno dodici detenuti erano stati trasferiti nell’infermeria. In questo caso, la denuncia era arrivata da uno dei medici che per conto dell’Azienda Usl svolgono il servizio in carcere.

Dopo l’episodio della Tbc, dunque, il sindacato ribadisce ed esprime "forte dissenso e sconcerto sulla pessima considerazione della tutela della salute dei poliziotti penitenziari da parte dell’Amministrazione Penitenziaria". E chiede interventi immediati.

Ferrara: "Oltre il giardino", un corso per Operatori del Verde

 

Comunicato stampa, 17 giugno 2009

 

Si è concluso in questi giorni "Oltre il giardino", il corso che ha formato operatori del verde all’interno del penitenziario. Ora, al suo interno, ci sono 16 orti e nuovi giardini

L’hanno chiamato Oltre il giardino, con un titolo chiaro di significati e riferimenti: un corso per detenuti del carcere di Ferrara, concluso in questi giorni per formare operatori del verde, finanziato dalla Provincia e gestito dall’Enaip Ferrara. Sette mesi e 600 ore di attività, che hanno portato i detenuti a realizzare orti interni al carcere e ampliare l’area del giardino colloqui per detenuti e loro famiglie.

Un carcere con più verde. Alla fine si sono creati 16 orti con produzione biologica e un impianto di alberi da frutto e erbe officinali per 500 mq di coltivazione; e inoltre è stata triplicata l’area verde attrezzata dedicata ai momenti di incontro tra detenuti e familiari. "Per la prima volta, a Ferrara, il corso di formazione in carcere - spiega Lorenzo Schiavina di Enaip - ha offerto ai propri allievi la possibilità di acquisire una qualifica professionale riconosciuta a livello regionale".

Un test da superare per ottenere il diploma. Nel corso dei primi mesi si sono iscritti 26 detenuti (extracomunitari e italiani di molte regioni), di cui 13 ammessi all’esame finale avendo superato sia il monte ore previsto che le prove di verifica necessarie. Tutto il raccolto ottenuto è stato lasciato agli allievi ed ai compagni di cella per il consumo personale, mentre l’eccedenza è stata distribuita attraverso la mensa interna agli ospiti dell’Istituto.

Un po’ di respiro per la popolazione carceraria. "In un momento di crisi istituzionale e di sovraffollamento della popolazione carceraria - spiega Schiavina - un’attività di questa portata è molto importante. Da febbraio - sottolinea - il gruppo ha potuto operare all’esterno della struttura intra-muraria, sentendosi partecipe di un progetto concreto, tangibile e di cui ha potuto constatare i positivi risultati da protagonista. Dal prossimo mese sarà infatti fruibile per tutte le famiglie ed in particolar modo quelle con bambini, l’ampio giardino dei colloqui che sarà arredato con giochi e zone privacy individuali.

 

Oltre il giardino

 

Si sono concluse il 16 giugno le attività del corso di formazione per Operatore del Verde denominato "Oltre il giardino", finanziato dall’Amministrazione Provinciale di Ferrara, Assessorato alle Politiche Formative e Mondo del Lavoro e gestito da Enaip Ferrara presso la locale Casa Circondariale.

Le 600 ore di attività svolte nei sette mesi di corso hanno portato alla realizzazione di aree orticole interne e all’ampliamento del giardino colloqui dedicato ai detenuti e alle loro famiglie. Nello specifico si sono creati 16 orti con produzione biologica specifica e un impianto di alberi da frutto e erbe officinali per un totale di circa 500 mq di coltivazione; si è altresì triplicata l’area verde attrezzata dedicata ai momenti di incontro tra detenuti e familiari.

Per la prima volta a Ferrara un corso di formazione in carcere offre ai propri allievi la possibilità di acquisire una qualifica professionale riconosciuta a livello regionale: nel corso dei primi mesi si sono iscritti 26 detenuti dei quali 13 sono stati ammessi all’esame finale avendo superato sia il monte ore previsto che le prove di verifica necessarie. Provenienti da diverse nazioni extracomunitarie e da molte tra le regioni italiane, gli allievi hanno dato vita ad un gruppo affiatato di "operatori del verde" che ha visto realizzarsi giorno dopo giorno una produzione reale di prodotti orticoli.

Tutto il raccolto ottenuto viene lasciato agli allievi ed ai loro compagni di cella per il consumo personale, mentre l’eccedenza viene distribuita attraverso la mensa interna agli ospiti dell’Istituto.

Inutile la riflessione sull’importanza di un’attività di tale portata in un momento di crisi istituzionale e sovraffollamento della popolazione ristretta quale quello che si vive oggi: da febbraio il gruppo ha potuto operare all’esterno della struttura intra muraria, sentendosi partecipe di un progetto concreto, tangibile e di cui ha potuto constatare i positivi risultati da protagonista. Dal prossimo mese sarà infatti fruibile per tutte le famiglie ed in particolar modo quelle con bambini, l’ampio giardino dei colloqui che sarà arredato con giochi e zone privacy individuali.

Da sottolineare l’impegno di molti nel far sì che si raggiungessero i risultati programmati, in particolare dell’Amministrazione Penitenziaria che ha operato per garantire la sicurezza con discrezione e professionalità, aiutando il gruppo a focalizzare l’attenzione sul lavoro e sulle potenzialità produttive piuttosto che sui divieti e sulla condizione di detenuti (attualmente la popolazione ristretta a Ferrara supera le 500 unità, i disagi legati alla scarsità dell’organico di custodia sono noti a tutti, ma gli agenti si sono resi disponibili a prestare la loro collaborazione in orario extra lavorativo).

Le operazioni di manutenzione dei terreni orticoli e di raccolta dei prodotti si protrarranno per tutta l’estate grazie alla disponibilità dei docenti del corso e dei referenti dell’Az. Agricola Cevinini (che ha tutorato il percorso di stage interno) ad operare a titolo gratuito fino all’inizio di una nuova attività che si sta cantierando per il prossimo semestre e che vede l’ampliamento delle coltivazioni con trattamenti in serra oltreché in campo aperto.

 

Enaip Ferrara

Lorenzo Schiavina, Coordinatore del corso

Sulmona: troppo lavoro, agenti di carcere tornano a protestare

 

Il Centro, 17 giugno 2009

 

I carichi di lavoro eccessivi spingono a una nuova protesta gli agenti di polizia penitenziaria della Casa di Reclusione di via Lamaccio. Cgil, Uil, Sappe, Sinappe e Osapp, in una lettera inviata ai vertici dell’amministrazione penitenziaria e della casa circondariale, segnalano i disagi a cui vanno incontro gli agenti. In particolare, si evidenziano orari di lavoro estenuanti, che il terremoto ha finito per peggiorare. Visto che a Sulmona vengono trasferiti i detenuti dell’Aquila (dopo il terremoto) e quelli di Avezzano (l’istituto è chiuso da mesi per lavori).

La Casa di Reclusione di Sulmona ospita 460 detenuti, settanta dei quali ergastolani, quaranta in regime di massima sicurezza, 120 in assistenza psichiatrica e 130 tossicodipendenti. "Nel ribadire che lo stato di agitazione persiste", affermano i sindacati in una nota, "annunciamo una serie di iniziative democratiche e pacifiche, con manifestazioni pubbliche davanti alle sedi dell’amministrazione penitenziaria, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione di questo istituto, anche in relazione alla sicurezza nei confronti del personale che si trova a operare in situazione di rischio continuo".

I sindacalisti lamentano problemi soprattutto per gli straordinari. "Ore di straordinario che, anche se verranno pagate, andranno a incidere sul monte ore previsto per il normale finanziamento del servizio dell’istituto", sostengono i sindacalisti, "con il risultato che la direzione, su disposizione del Provveditorato, ha disposto un azzeramento delle prestazioni di lavoro straordinario su turni e servizi, senza interpellarci".

Teramo: sempre meno agenti e i turni durano anche di 10 ore

 

Il Centro, 17 giugno 2009

 

Il Sinappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria, torna a denunciare la carenza di personale nel carcere di Castrogno. Una situazione che, secondo il sindacato, si è ulteriormente aggravata in questi giorni. "Da questa settimana", scrive in una nota il segretario regionale Giampiero Cordoni , "i colleghi arrivati in appoggio dall’Aquila devono rientrare in sede per il G8.

La conseguenza sarà devastante per carichi di lavoro, sicurezza e garanzia dei diritti del personale interno. Da diversi giorni i turni di servizio sono di 10 ore. Con alcuni piantonamenti in ospedale e il piano ferie iniziato, da diversi giorni sono presenti nelle sezioni solo due colleghi dalle 8 alle 20. Dalle 20 ne resta uno sino alle 8 del giorno dopo. L’istituto pullula di detenuti con gravi problemi fisici tali da obbligare il personale ad una serie di sforzi indicibili". Secondo il Sinappe "la cronica carenza di organico di questo istituto, sommata ad una organizzazione del lavoro devastante e alla mancanza di volontà di utilizzare tutte le risorse disponibili in modo funzionale, porterà il personale ad un accumulo di stress e tensioni pericolose.

Da giorni vengono richiamati in servizio colleghi che sono di riposo, siamo sicuri che anche le ferie estive subiranno delle limitazioni, certamente per chi opera nelle sezioni detentive e che sono la parte più debole". Il sindacato ricorda "che sono mesi che proponiamo una manifestazione di protesta che abbia una risonanza a livello nazionale. Appelli che sono tutti caduti nel vuoto".

Modena: corso dell’Aiab su "agricoltura sociale e detenzione"

 

La Gazzetta di Modena, 17 giugno 2009

 

"Il ruolo dell’agricoltura nell’inclusione sociale e lavorativa dei detenuti" è il titolo di un corso organizzato da Aiab nell’ambito del progetto "Agricoltura sociale e detenzione: un percorso di futuro" finanziato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Il corso, che si terrà giovedì e venerdì presso la Cooperativa Sociale Rinatura di Marzaglia nei è rivolto ad operatori delle cooperative agricole e sociali, operatori aziende agricole, operatori sociali, giovani agronomi e tecnologi alimentari, dirigenti e operatori territoriali Aiab e degli altri partner, associazioni a vario titolo che risiedono nelle Regioni del Centro/Nord.

Il corso, organizzato in collaborazione con il Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria), riguarderà gli aspetti normativi, storici e sociali legati all’attività agricola interna ed esterna agli istituti penitenziari di interesse di detenuti ed ex detenuti. L’obiettivo del corso è far conoscere e stimolare un dibattito fra chi opera e si interessa della pratiche di agricoltura sociale per promuovere e favorire processi di inclusione socio - lavorativa per persone soggette alla restrizione della libertà in aziende agricole private e/o cooperative. Tra le finalità del corso c’è anche la conoscenza delle opportunità, dei problemi e dei benefici della formazione e del lavoro per i detenuti in esecuzione penale e a fine pena nelle attività agricole e di trasformazione.

Reggio Emilia: dall’Opg alle scene, con "Orlando innamorato"

 

La Gazzetta di Reggio, 17 giugno 2009

 

Si intitola "Sulle ali della follia", l’opera messa in scena dal laboratorio teatrale dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio con la regia di Monica Franzoni in sala polivalenti a San Polo. L’evento è stato organizzato dal Comune in collaborazione con Legambiente Val d’Enza ed è stato un successo di pubblico.

Punto di riferimento dello spettacolo è la storia dell’Orlando innamorato, che diventa matto per amore e va sulla luna per riprendere il senno. Gli attori in scena sono sei invece di otto perché due non hanno avuto il permesso di uscire, per questo motivo con loro recita anche Monica Franzoni. Leggono la loro parte perché è difficile ricordare tutto a memoria e, secondo copione, girano continuamente come se fossero nell’ora d’aria.

Nel testo della commedia sono raccolte le storie di chi è arrivato all’Opg dopo aver perso la testa per amore, o per uso di sostanze, o per non aver saputo contare fino a dieci ed essersi lasciato vincere dalla rabbia. Durante lo spettacolo, non ci sono guardie carcerarie: i detenuti sono stati accompagnati dai volontari che li seguono. L’occasione è anche quella di raccontare, ognuno, la propria storia. "Dentro all’Opg non sono tutti come noi, molti non si alzano mai da letto per anni - racconta un detenuto - Un ragazzo che non era mai uscito dalla camera, un giorno è sceso nel prato e si è messo a correre come un matto!". Il 7 luglio replica dello spettacolo al centro Malaguzzi, di Reggio.

Voghera (Pv): detenuti-pittori... e con l’Auser l’arte dal carcere

 

La Provincia Pavese, 17 giugno 2009

 

Buon successo di critica per i quadri dei detenuti-pittori della Casa Circondariale di Voghera. Nell’ambito della Festa di Libertà, organizzata all’Auser dallo Spi Cgil vogherese si è svolto un concorso di pittura riservato ai reclusi della struttura carceraria della città, indetto in collaborazione con il comitato soci Coop di Voghera. Quattro sono stati i pittori in gara per otto opere esposte (Caminiti, Palumbo, Bruzzaniti e Mele). La giuria ha comunque voluto esprimere un giudizio sui pittori piuttosto che sui singoli quadri. Il migliore è stato giudicato un lavoro per espressività e impegno; il secondo posto ha premiato la fantasia e la sensibilità dei colori. Buone anche le opere per la forza delle immagini e per il contrasto dei colori, e per i giochi di luci ed ombre. Gli organizzatori provvederanno a consegnare il premio direttamente agli artisti.

Immigrazione: rifugiati; rapporto Onu smonta i luoghi comuni

di Vittorio Longhi

 

La Repubblica, 17 giugno 2009

 

Una lezione di solidarietà e di rispetto del diritto d’asilo arriva dai Paesi in via di sviluppo. Il Pakistan, la Siria, l’Iran, la Germania, la Giordania, il Ciad, la Tanzania e il Kenya ospitano l’80 per cento dei rifugiati e degli sfollati nel mondo. Lo rivela il rapporto statistico annuale dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), pubblicato oggi a Ginevra.

L’agenzia delle Nazioni Unite sottolinea "la sproporzionata pressione" che grava su quei Paesi, anche perché molte persone sono in esilio da anni, senza la prospettiva di una soluzione. Si tratta di donne e di uomini che scappano dall’Afghanistan, dall’Iraq e dalla Somalia, ma anche dal Sudan, dalla Colombia e dal Congo. Luoghi di guerra o in cui la violazione dei diritti umani è sistematica, quotidiana e indiscriminata.

Il rapporto smentisce di fatto i luoghi comuni sulla presunta invasione dei richiedenti asilo nei Paesi industrializzati. A cominciare dall’Italia, che oggi li respinge sommariamente in Libia, ma che in realtà conta uno scarso 9 per cento delle domande sul totale e appena lo 0,5 per cento dei rifugiati nel mondo (meno di un decimo della Germania e meno di un terzo della Francia).

Diminuiscono i ritorni. L’Unhcr ha contato nel mondo 42 milioni di persone costrette alla fuga alla fine del 2008, considerando il brusco rallentamento dei rimpatri e la maggior durata dei conflitti, che si traduce poi in forme di esilio prolungato. Il numero totale comprende 16 milioni di rifugiati e richiedenti asilo e 26 milioni di sfollati all’interno del proprio paese. "Nel 2009 abbiamo già assistito a un consistente movimento forzato di popolazioni, principalmente in Pakistan, Sri Lanka e Somalia", ha dichiarato l’Alto Commissario António Guterres. "Sono diverse le situazioni di popolazioni sradicate da ormai molto tempo: in Colombia, Iraq, Repubblica Democratica del Congo e Somalia. Ciascuno di questi conflitti ha generato, inoltre, rifugiati che hanno oltrepassato le frontiere".

L’altro dato significativo riguarda il numero dei ritorni, pari a due milioni nel 2008, un numero inferiore rispetto all’anno precedente del 17 per cento per i rifugiati e del 34 per cento per gli sfollati. Il rimpatrio, tradizionalmente la soluzione durevole più diffusa per i rifugiati, ha raggiunto il secondo livello più basso negli ultimi quindici anni.

Contro i pregiudizi. Il rapporto dell’Alto Commissariato precede di pochi giorni la giornata mondiale del rifugiato, che in Italia sarà celebrata il 19 giugno con la tradizionale assegnazione del premio "Per mare, al coraggio di chi salva vite umane", istituito dall’Unhcr e dalla Guardia Costiera. Quest’anno una menzione speciale sarà data all’armatore e al comandante della nave turca Pinar, che il 16 aprile soccorse 142 migranti a sud di Lampedusa. In altri Paesi, come il Regno Unito, si celebra invece la settimana del rifugiato.

Da ben 12 anni varie associazioni in difesa dei diritti umani si attivano per promuovere il rispetto del diritto d’asilo nella pubblica opinione e per contrastare i pregiudizi nei confronti di questi e di altri migranti. "L’ignoranza pubblica è diffusa - scriveva ieri il quotidiano The Guardian - perché un quarto degli inglesi, stando a una recente indagine della Croce Rossa, crede che il paese riceva ogni anno più di 100 mila domande d’asilo, mentre la cifra reale dell’anno scorso non raggiunge 31 mila". Più o meno come in Italia e molto meno che in Francia, Canada e Stati Uniti.

Immigrazione: il "pacchetto sicurezza" viola i diritti dell’infanzia

 

www.unimondo.org, 17 giugno 2009

 

"Quel testo presenta alcune palesi violazioni dei diritti dell’infanzia" - dichiara Raffaele Salinari, presidente della Federazione internazionale Terre des Hommes - "prima fra tutte l’impossibilità della registrazione all’anagrafe dei figli dei migranti che non avranno nome né cittadinanza". Per bloccare questa norma - che va contro il diritto fondamentale per ogni bambino di avere un nome e ricevere protezione, Terre des Hommes ha lanciato un appello online al mondo politico e alla società civile per la modifica del cosiddetto "pacchetto sicurezza" (Disegno di legge sulla Sicurezza) prima della sua approvazione definitiva al Senato.

Diversi aspetti del disegno di legge sulla sicurezza sono stati fortemente criticati da numerose associazioni laiche e cattoliche del nostro paese per le diverse misure - come l’introduzione del "reato di clandestinità" - che sono non solo lesive dei diritti dei migranti ma che - come la denuncia sanitaria degli irregolari - comportano di fatto una minor sicurezza per tutta la società. Dopo aver visto respinte diverse misure durante il voto in prima lettura al Senato, il governo ha deciso di sottoporlo all’approvazione alla Camera blindandolo con voto di fiducia: una misura, anche questa, che ha sollevato numerose critiche da parte delle associazioni della società civile. Il "pacchetto sicurezza" sarà discusso al Senato tra il 23 e 25 giugno - riporta Melting Pot.

"Se verrà definitivamente approvato al Senato senza modifiche - afferma Terre des Hommes - una norma del pacchetto sicurezza renderà impossibile per i genitori migranti irregolari l’iscrizione all’anagrafe dei propri figli dopo la nascita. Questo perché dovranno presentare insieme ai loro documenti il permesso di soggiorno" Tra le immediate conseguenze di questo provvedimento l’associazione sottolinea che "le mamme non vorranno più partorire in ospedale, i bimbi nati in casa non potranno avere un documento d’identità, saranno invisibili agli occhi del mondo, ma c’è da scommettere che non lo saranno per trafficanti e criminali".

Per i bambini nati in ospedale si potranno aprire procedimenti per la dichiarazione dello stato d’abbandono del neonato poiché i genitori sono impossibilitati a riconoscerlo. Questi bambini potranno essere separati dai loro genitori, in violazione del diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia ed è prevedibile che aumentino i casi di parti in ambienti non sicuri dal punto di vista sanitario, con gravi rischi per la salute delle madri e dei bambini. "Questo è in palese contrasto con la Convenzione Onu dei Diritti dell’Infanzia del 1989, resa esecutiva in Italia nel 1991, e con la nostra Costituzione che proteggono l’infanzia e la maternità" - denuncia Terre des Hommes.

Per questo l’associazione chiede con forza al Parlamento di modificare il testo in discussione "in modo tale da ristabilire l’aderenza delle nostre leggi ai principi internazionali e della nostra Costituzione". L’associazione che alle forze politiche di presentare, entro il termine ultimo del 18 giugno, emendamenti specifici al testo in approvazione e alle associazioni e ai singoli di firmare l’appello online e di farlo girare tra gli amici.

Immigrazione: Alfano; l’accordo con la Libia è "soddisfacente"

 

Redattore Sociale - Dire, 17 giugno 2009

 

L’accordo con la Libia per contenere in partenza i flussi di clandestini "sta già garantendo risultati soddisfacenti". Lo dice il guardasigilli Angelino Alfano, alla celebrazione della festa della polizia penitenziaria: se rapportate all’anno scorso, le cifre sugli sbarchi di clandestini- osserva infatti il ministro della Giustizia- forniscono "una prospettiva incoraggiante".

Alfano offre alcuni dati: "La sola procura di Agrigento, che ha nel suo territorio Lampedusa, nel 2008 aveva iscritto nel registro degli indagati 24.876 persone note per reati connessi alla presenza clandestina di stranieri nel territorio dello Stato. Al 30 maggio 2009 per gli stessi fatti sono state iscritte 4.806 persone note". Ecco, tira le somme il ministro, "questi numeri, confortanti anche sul piano dell’impatto della prossima entrata in vigore della norma che punisce l’immigrazione clandestina, rassegnano un quadro, tutto sommato, tranquillizzante sulla possibile futura incidenza nella popolazione carceraria di stranieri extracomunitari".

Immigrazione: ricorso contro divieto visite al Cie per assessori

 

Adnkronos, 17 giugno 2009

 

L’assessore al bilancio della regione Lazio Luigi Nieri e le associazioni Antigone e Progetto diritti, assistiti dall’avvocato Arturo Salerni, hanno presentano ricorso al Tar del Lazio "contro il provvedimento della prefettura di Roma e la circolare del ministero dell’Interno con cui si impedisce ai consiglieri regionali l’accesso ai Centri di identificazione ed espulsione".

Lo annunciano in una nota l’assessore Nieri, il presidente di Progetto diritti Mario Angelelli e il presidente di Antigone Patrizio Gonnella. "Impedire ai consiglieri regionali, a differenza di quanto avviene nelle carceri, la possibilità diretta di accesso significa - si legge nella nota congiunta - evitare una forma penetrante di controllo pubblico su istituti in cui si trovano persone private della libertà, anche se non hanno commesso alcun reato. Abbiamo anche sollevato la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni che istituiscono i Centri, in relazione alla mancanza di trasparenza".

Stati Uniti: niente "carcere duro" a ex detenuti di Guantanamo

 

La Stampa, 17 giugno 2009

 

Ad attendere i tre tunisini (o forse cinque) che da Guantanamo verranno in Italia, è già pronta una cella. Forse nel carcere di Voghera. O in quello di Parma. Di sicuro non li attende il trattamento dei mafiosi, il "41 bis", ma qualcosa di simile. Lo chiamano "AS2" e sta per "Alta sicurezza, secondo livello". Non è mica chiaro, però, per quanto tempo ci resteranno. Già, perché sta per materializzarsi il peggior incubo del ministro Bobo Maroni. Ovvero che i tre finiscano a spasso per l’Italia. Il ministro Franco Frattini, che pure appoggia questa soluzione, è già corso ai ripari: "Ci sarà un periodo prima dell’ingresso in Italia - ha spiegato - per avvertire i Paesi Schengen che stanno arrivando certe persone. Se un Paese è contrario, accenderemo una bandierina nel sistema Schengen e quella persona non potrà andare in quel determinato Paese".

I tre presunti terroristi - Riadh Nasri, Moez Fezzani e Abdul bin Mohammed bin Ourgy - troveranno in Italia un mandato di cattura emesso dalla procura di Milano. "Dei tre soggetti in questione - spiega il giudice Stefano D’Ambruoso, milanese, che per uno scherzo del destino è chi ha indagato su questi presunti terroristi e ora si trova al ministero della Giustizia ad occuparsi di questioni internazionali - due hanno pendenze penali a Milano e una volta arrivati in Italia, per misura cautelare, dovrebbero essere arrestati. Non c’è quindi una pericolosità perché devono essere assicurati alla giustizia e affrontare un processo". I due detenuti in questione sono stati oggetto anche di una richiesta di estradizione. Il terzo, no. Non cambierà però il trattamento. La procura intende portarli a processo tutti e tre.

C’è però un problema giuridico che la procura ha già fatto presente al ministero della Giustizia e ne era stato informato anche il Viminale: una volta che questi tre metteranno piede in un carcere italiano, e avranno un avvocato difensore, si comincerà a considerare se non hanno scontato già abbastanza custodia cautelare. Dipende dal tipo di imputazioni e dalle informazioni che verranno dagli States: quando sono stati arrestati, dove, in che contesto. Spiega un pm milanese che chiede l’anonimato: "È ovvio che se l’estradizione avviene dopo la scadenza dei termini, il giudice non può fare altro che scarcerarli e rinviarli a processo. A piede libero, a quel punto".

La procedura potrebbe ancora più complicarsi se anziché estradarli in Italia, secondo le regole del trattato bilaterale di assistenza giudiziaria, gli Stati Uniti si limitassero a scarcerarli ed espellerli, mettendoli su un aereo italiano. Unica cosa sicura, è il mandato di cattura internazionale emesso da Milano nel 2007 a carico di Moez Fezzani e Riadh Nasri. I fatti di cui sono accusati risalgono a un periodo tra il 1997 e il 2001, quando non era ancora entrato in vigore l’articolo 270 bis del codice penale che punisce il reato di terrorismo internazionale. Gli altri coimputati o sono stati condannati, o sono ancora sotto processo.

 

 

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