Rassegna stampa 12 dicembre

 

Giustizia: Riforma Sanità penitenziaria? le risorse non bastano

 

Redattore Sociale - Dire, 12 dicembre 2009

 

Con il trasferimento delle competenze della sanità penitenziaria alla sanità pubblica (Dpcm 1 aprile 2008), i fondi sono sempre troppo pochi: 162 milioni nel 2009, 167 nel 2009. Marroni: "Problemi di strutture, personale e strumentazioni.

La salute in carcere è un diritto che non c’è: è quanto emerge dalla quinta sessione del Workshop internazionale "Cultura, salute, migrazioni", promossa dall’Inmp (Istituto nazionale per la salute, i migranti e le povertà), che si è svolta ieri a Roma. La sessione, dedicata al tema "La pena e la cura: salute in carcere", è stata l’occasione per fare il punto sulle condizioni sanitarie all’interno degli istituti penitenziari, a un anno e mezzo dal trasferimento di competenze della sanità penitenziaria alla sanità territoriale.

"Il nostro sistema carcerario è affollato di tante persone presunte innocenti - ha detto in apertura Angelo Marroni, Garante dei detenuti della regione Lazio - Solo il 37% dei detenuti, infatti, è in carcere con sentenza definitiva. All’interno di questi istituti si sviluppano malattie nuove, o si ripresentano malattie che avevamo dimenticato: l’Aids, la tubercolosi, l’epatite, il disagio psichico, ma anche i pidocchi e la scabbia".

Per quanto riguarda il trasferimento di competenze, avvenuto con il Dpcm 1 aprile 2008, "non tutte le regioni hanno avuto lo stesso comportamento: siamo quindi in presenza di una forte disomogeneità, mentre dobbiamo affrontare quotidianamente problemi di strutture, strumentazioni e personale. Per far fronte a queste problematiche, abbiamo istituito l’Osservatorio sula sanità penitenziaria, che ha il compito di seguire questo passaggio e di creare una maggiore conformità per difendere un diritto che in carcere non è scontato: il diritto a non morire".

Uno dei problemi principali che riguardano il passaggio di competenze della sanità penitenziaria alle Regioni è l’insufficienza delle risorse, messa in evidenza da Sandro Libianchi, rappresentante della regione Lazio presso la Conferenza unificata. "Lo Sato ha stanziato 157,8 milioni nel 2008, 162,8 nel 2009 e 167,8 saranno stanziati nel 2010. In altre prole, quello che spendeva il ministero è stato semplicemente spostato sule regioni. Malgrado la Corte dei Conti, nella sua relazione annuale, abbia più volte definito insufficienti e carenti le prestazioni.

Il Piano carceri - ha concluso Libianchi - è un’occasione per rivedere questi investimenti. La Finanziaria parla di 500 milioni da spendere per la costruzione di nuove carceri: le regioni chiedono che una parte di queste risorse serva a migliorare le prestazioni sanitarie nelle carceri già esistenti e chiedono anche l’istituzione di un Fondo riservato. La costruzione di nuove carceri, nella situazione odierna, non è una priorità".

Giustizia: lavoro e maternità sono "diritti fragili" per i detenuti

 

Redattore Sociale - Dire, 12 dicembre 2009

 

116 bambini sotto i 3 anni vivono dietro le sbarre con le loro mamme. Compiuto il terzo anno, arriva la separazione. La Asl RmB e l’Inmp presentano un progetto di ricerca scientifica per creare misure alternative.

Lavoro e maternità: sono due dei diritti che nelle sovraffollate carceri italiane fanno più fatica ad affermarsi. Se ne è parlato oggi a Roma, durante la quinta sessione del workshop internazionale "Cultura, salute, migrazioni", promossa dall’Inmp (Istituto nazionale per la salute, i migranti e le povertà). In un contesto di sovraffollamento e carenza strutturale.

"La popolazione carceraria cresce di circa 1.000 unità al mese - ha detto Susanna Maretti, dell’associazione Antigone - Fino al 2005, la crescita era di 1.000 unità l’anno. A fronte di questo incremento, il personale non è sufficiente, soprattutto quello dedicato al cosiddetto trattamento del detenuto: gli educatori sono uno ogni 220-230 detenuti.

Secondo l’amministrazione penitenziaria, lavorano 20 detenuti su 100, ma questo computo comprende anche coloro che lavorano 1 volta a settimana". Il vero problema però è la qualità del lavoro in carcere: "Il lavoro penitenziario è estremamente dequalificato - ha detto ancora la Marietti - Basta pensare a definizioni come scopino, spesino o scrivano, che certo non aiuteranno queste persone a reintegrarsi nella società. Manca, infine, una strategia unitaria, coerente e organica: per questo, venti giorni fa, abbiamo presentato alle istituzioni alcune proposte, tra cui la creazione nel dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria di un ufficio collettore di risorse che organizzi occasioni di lavoro".

Ma nelle carceri italiane si consumano anche drammi affettivi laceranti, di cui fanno le spese soprattutto bambini e bambine molto piccoli: sono 116, oggi, i bambini sotto i tre anni che vivono insieme alle mamme detenute. A Rebibbia, fino a pochi giorni fa erano 30. Sono bambini costretti a vivere il dramma delle sbarre prima, quello della separazione poi.

Infatti, compiuto il terzo anno di età, devono lasciare il carcere e, se la mamma non ha scontato tutta la pena, devono lasciare anche lei, per essere presi in carico da una famiglia affidataria o da un istituto. A questi bambini è dedicato i progetto che la Asl Roma B sta portando avanti insieme all’Inmp: "Un progetto - ha spiegato Irene Sarti, direttore del dipartimento Tutela della fragilità della Asl RmB - che si propone di sostanziare la richiesta di misure alternative, a partire dallo studio scientifico sulla relazione madre/bambino in situazione di detenzione, sullo sviluppo del bambino stesso in questa condizione e sul percorso di separazione al terzo anno di vita".

Giustizia: Pd; Alfano pensi a carceri, non a leggi per il premier

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

Alla luce della situazione di sovraffollamento delle carceri e dopo una visita alla casa circondariale di Firenze, i senatori del Pd Silvia Della Monica della commissione Giustizia e Achille Passoni della commissione Lavoro chiedono "un forte e concreto impegno del ministro Alfano per spostare la sua attenzione dall’unico impegno di salvare il presidente del Consiglio dai processi che lo riguardano, a un serio impegno verso una riforma organica della giustizia e per dare dignità alle persone detenute salvaguardandone i diritti fondamentali insopprimibili, garantendo al contempo la dignità e le condizioni di lavoro del personale di polizia penitenziaria e dell’area tecnico amministrativi".

Secondo i due parlamentari la situazione è determinata "da una legislazione falsamente securitaria e dai sempre maggiori tagli ai fondi". All’esito della visita alla Casa Circondariale di Firenze - riferiscono - si è potuta verificare la situazione di sovraffollamento per la presenza di 970 detenuti a fronte di una capienza pari a circa 450 di cui 110 donne e 7 bambini e una presenza di detenuti extracomunitari è vicina al 60%.

La struttura è apparsa in una situazione di notevole degrado per le infiltrazioni di acqua all’interno delle sezioni cui non si può porre rimedio per la carenza di fondi sui capitoli di spesa relativi. "Il passaggio alla sanità pubblica della medicina penitenziaria - proseguono - non è stato completato e ciò determina delle disfunzioni assistenziali serie anche dal punto di vista delle strutture diagnostiche e per l’assenza di un reparto ospedaliero dedicato".

Giustizia: Lega; detenuti stranieri scontino pena nei loro paesi

 

Adnkronos, 12 dicembre 2009

 

"Il carcere di Santa Bona di Venezia scoppia, così come tante altre strutture del Veneto. Il sovraffollamento viene denunciato anche dal personale e ci costringe a costi gestionali molto elevati e del tutto ingiusti". Così Federico Caner, vicepresidente del Gruppo Lega Nord in Consiglio regionale Veneto, interviene sul tema delle carceri sovraffollate.

"La soluzione non è di costruire nuove carceri - spiega l’esponente del Carroccio - L’unico rimedio efficace è quello di rimandare nei loro paesi gli stranieri extracomunitari e comunitari che affollano le carceri esistenti. I dati parlano chiaro - continua Caner - quasi il 70% dei detenuti in Veneto proviene da altri paesi.

Perciò, solo attivando accordi bilaterali con gli Stati di provenienza dei carcerati, per far sì che essi scontino la pena nei loro paesi, è possibile dare respiro alle nostre strutture e, soprattutto, garantire un netto risparmio a livello gestionale e di risorse. Non c’è bisogno di spendere ulteriore denaro né per fabbricare nuove carceri né per assumere nuovo personale. Se venisse ridotto il sovraffollamento dovuto alla presenza massiccia di stranieri, la polizia penitenziaria sarebbe sufficiente".

"Aggiungo che il Governo ha previsto dei fondi in finanziaria per la ristrutturazione delle carceri esistenti - conclude Caner - Le difficoltà maggiori, comunque, saranno risolte quando i detenuti extracomunitari saranno rispediti a casa loro".

Giustizia: Osapp; non vogliamo magistrato alla guida del Dap

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

"Anche noi siamo in balia dei magistrati, ma di questo il Governo in carica sembra proprio non voglia sentire parlare". E quanto afferma il segretario del sindacato di polizia penitenziaria Osapp, Leo Beneduci,che riferendosi all’attacco portato a segno ieri a Bonn dal Presidente del Consiglio Berlusconi all’indirizzo di certi soggetti della magistratura, sottolinea la necessità che "non sia più un magistrato a dirigere l’Amministrazione penitenziaria". Nel mirino del sindacato c’è l’attuale capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, il magistrato Franco Ionta: "dal punto di vista manageriale è inutile dirlo, ha mancato su tutta la linea. Nonostante questo pare che Ionta rimarrà ben saldo al suo posto per ancora tre anni".

Giustizia: gli interrogativi, sulla morte del 67° detenuto suicida

di Pietro Ancona

 

www.julienews.it, 12 dicembre 2009

 

L’autopsia del cadavere di Ciro Ruffo, camorrista pentito del Clan dei Casalesi, si è conclusa avvalorando la tesi del suicidio. Non so come si possa stabilire se una persona morta per strangolamento provocato da impiccagione si sia suicidata o se è stata impiccata. Da che cosa si desume? La posizione in cui è stato trovato a penzolare il cadavere era rovesciata rispetto a come doveva essere se fosse stato un suicidio: gli esperti dicono che non avrebbe dovuto avere la faccia rivolta alle sbarre.

Le macchie di sangue sul suo volto che hanno sconvolto la moglie possono essere state provocate - dicono i medici legali - dallo strangolamento. Ma potrebbero essere state provocate da percosse. Chi può escluderlo? Perché si sarebbe suicidato Ciro Ruffo dopo avere appena ottenuto il trasferimento dal carcere di Ariano Irpino a quello di Alessandria dove abita la sua famiglia? Non aveva forse comunicato alla moglie la contentezza del suo trasferimento? Perché si uccide tre ore dopo l’arrivo, senza aver visto la moglie ed i figli ai quali era legatissimo?

È circostanza assai inquietante il fatto che il detenuto era diventato collaboratore di giustizia, uno di coloro che vengono denominati impropriamente "pentiti" e che sono odiatissimi dalle cosche dalle quali si staccano. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che la camorra gli avesse ordinato di "suicidarsi. Non sarebbe né il primo caso né una ipotesi assurda, campata in aria. Se la mafia ti fa sapere che è meglio se ti togli di mezzo altrimenti sopprime tua moglie o tua figlia o tuo fratello è possibile decidere di suicidarsi.

Mi viene in mente la tragica morte dell’on. Rosario Nicoletti, segretario della Dc siciliana, uomo di governo suicidatosi nel novembre del 1984. Si gettò nella tromba delle scale dall’ottavo piano. La sua morte avviene quattro anni dopo l’assassinio di Pierasanti Mattarella alla quale era legato da un sodalizio politico tendente a liberare la Dc siciliana dalla soffocante tutela della cupola mafiosa. Quattro anni tempestosi segnati dai grandi delitti di mafia. Sono sempre stato convinto che Nicoletti sia stato indotto al suicidio da cosche che probabilmente minacciavano di uccidere persona cara della sua famiglia. Non aveva alcun motivo per togliersi di mezzo se non proteggere qualcuno.

Per questo considero verosimile e possibile come causa del suicidio del pentito Ciro Ruffo un ordine della mafia con la minaccia di farla pagare cara ad un suo familiare. Ma se questa ipotesi fosse vera mi domando perché non si sia realizzata nei cinque mesi di carcerazione ad Ariano Irpino. Perché tre ore dopo il suo trasferimento ad Alessandria?

Leggo che è il terzo caso di suicidio nel carcere di Alessandria dall’inizio di quest’anno dopo il giovane nigeriano ed un misterioso ex agente segreto. Tre casi di suicidio nello stesso edificio dovrebbero quanto meno sollevare un problema di sicurezza per i carcerati che dovrebbero essere protetti anche da se stessi.

Non sono convincenti le dichiarazioni del segretario del Sappe che difende l’onorabilità del corpo di polizia giudiziaria dai sospetti e minaccia querele a chiunque si azzardi di chiamarlo in causa. Non mi pare il migliore modo di difendere le guardie carcerarie dal momento che il corpo non è un organismo esente in tutte le sue componenti da possibili pecche e vizi. Ogni organismo può avere una o più parti malate e la migliore difesa è sempre l’apertura, la trasparenza, la disponibilità a collaborare per l’accertamento della verità.

A Genova abbiamo visto all’opera funzionari e militi della Polizia Penitenziaria abbandonarsi a torture e sevizie scioccanti verso i giovani. Dal Gom, speciale reparto della PP, sono emersi i personaggi che hanno fatto della Caserma Diaz un inferno di repressione violenta che pensavamo riservato solo ai cileni o agli argentini e che mai avremmo visto nella civile Italia! Spero che la Magistratura farà una indagine accurata sulla morte di Ciro Ruffo passando al setaccio tutti i minuti della sua ultima giornata di vita e tutte le persone con le quali è venuto in contatto.

La situazione nelle carceri italiane è inquietante ed è ancora più grave se vista nel contesto di crescente violenza e cattiveria sociale ed istituzionale contro i poveri e i marginali. Una persona è stata lasciata morire di freddo e di fame a Roma e un’altra viene svegliata e strattonata dai vigili a Verona ed invitata a mettersi in piedi ed andarsene. Ogni giorno è un bollettino di fatti che ci allontanano dalla civiltà e questo avviene non soltanto per spinta dei politici di destra e loro emuli ma purtroppo anche delle istituzioni.

Questo è lo scenario esterno alle carceri dove la vulgata del Palazzo vuole che causa dei suicidi sia il sovraffollamento. Certo, dormire a terra in una cella puzzolente con altri dieci detenuti spinge alla disperazione ed a pensieri di morte.

Ma credo che la causa dei suicidi sia dovuta in gran parte alla pressione che viene esercitata sui detenuti magari per assicurare l’ordine e costringere al silenzio ed alla passività una popolazione di 66mila persone che, per logica, dovrebbe esplodere e ribellarsi ed invece subisce tutto anche la condizione più disumana.

Credo che i Radicali che si occupano da sempre delle carceri dovrebbero chiedere l’istituzione di una Commissione di inchiesta parlamentare per redigere un rapporto entro tempi ragionevoli. Pare che i garanti dei detenuti non siano finora riusciti ad aiutare i detenuti ed a migliorare la vivibilità delle carceri mentre il Ministro della Giustizia è distratto delle "riforme" che interessano Berlusconi che sono talmente assorbenti da non lasciargli il tempo per occuparsi di tutto il resto.

Giustizia: Ilaria Cucchi; spero in risposte rapide morte Stefano

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

Si augura "che al più presto ci siano delle risposte alle numerose domande sul perché Stefano è morto e sul perché aveva tutte quelle lesioni" Ilaria Cucchi, la sorella del giovane di 31 anni morto il 22 ottobre scorso all’ospedale Sandro Pertini di Roma.

La Cucchi era presente oggi davanti al Palazzo di Giustizia di Perugia, dove si è svolta una manifestazione per chiedere la non archiviazione del fascicolo per omicidio a carico di ignoti avanzata dal pubblico ministero Giuseppe Petrazzini per la morte di Aldo Bianzino, il falegname arrestato il 12 ottobre dell’anno scorso per la coltivazione di alcune piante di canapa indiana e morto in carcere a Perugia due giorni dopo.

"Si continuano a raccogliere testimonianze e ho l’impressione che le cose stiano andando avanti anche in maniera rapida - ha detto Ilaria Cucchi in riferimento alla vicenda del fratello - voglio fidarmi del lavoro della magistratura e voglio augurarmi che al più presto ci siano delle risposte alle nostre domande. L’unica speranza che posso avere è che rapidamente ci vengano date delle risposte. Il mio unico intento adesso è quello di dare voce a quello che è successo a Stefano".

Ilaria Cucchi ha spiegato di essere venuta a Perugia per dare il suo sostegno e il suo appoggio morale al figlio di Aldo Bianzino, Rudra, che "in questo momento - ha detto - è solo ad affrontare questa battaglia e a chiedere verità e giustizia per la morte di suo padre". "Capisco il dolore che prova e il suo enorme bisogno di avere verità e giustizia anche per poter elaborare il suo lutto - ha concluso la sorella di Stefano Cucchi - senza una spiegazione e senza dei colpevoli diventa tutto più complicato".

Giustizia: Gip si riserva, per archiviazione morte Aldo Bianzino

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

Il gip di Perugia Massimo Ricciarelli si è riservato oggi di decidere sulla richiesta di archiviazione del fascicolo per omicidio a carico di ignoti avanzata dal pubblico ministero Giuseppe Petrazzini per la morte di Aldo Bianzino, il falegname arrestato il 12 ottobre dell’anno scorso per la coltivazione di alcune piante di canapa indiana e morto nel carcere di Perugia due giorni dopo.

All’archiviazione si sono opposti i familiari di Bianzino, i genitori Giuseppe e Maura, rappresentati dall’avvocato Massimo Zaganelli, e la prima moglie, Gioia Tognolo, rappresentata dagli avvocati Cristina Di Natale e Donatella Donati. Il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo ritenendo la morte di Aldo Bianzino legata a un aneurisma cerebrale.

Per gli stessi fatti il Gup di Perugia, il 25 novembre scorso, ha rinviato a giudizio per i reati di omissione di soccorso, omissione di atti di ufficio e falso, l’agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere del capoluogo umbro la notte in cui Bianzino morì. Il processo a suo carico comincerà il 28 giugno prossimo. In particolare l’agente della penitenziaria è accusato di non avere chiamato la guardia medica nonostante le ripetute richieste di soccorso di Bianzino. L’imputato - difeso dall’avvocato Daniela Paccoi - ha sempre rivendicato la correttezza del proprio comportamento.

Durante l’udienza di stamani, durata circa mezz’ora, un centinaio di persone hanno manifestato con cartelli e bandiere davanti a palazzo di giustizia per chiedere che il fascicolo per omicidio a carico di ignoti non venga archiviato. Erano presenti anche il parlamentare radicale Emma Bonino e Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano Cucchi, il giovane arrestato per possesso di droga il 16 ottobre e morto all’ospedale Pertini di Roma dove era stato trasferito dal carcere di Regina Coeli.

Con loro anche il figlio di Aldo Bianzino, Rudra, 16 anni. "Mi aspetto giustizia e verità" ha detto il giovane parlando con i giornalisti. Rudra ha spiegato di aver appreso della storia di Stefano Cucchi al telegiornale e di aver pensato subito che si trattava di un caso simile a quello del padre. "Sono cose allucinanti che non dovrebbero succedere" ha detto il figlio di Bianzino. Tra i manifestanti il "Comitato Verità e Giustizia per Aldo", alcuni rappresentanti dei Radicali e dell’Associazione contro le mafie Libera.

Giustizia: delitto di Garlasco; Alberto è colpevole, per principio

 

www.inviatospeciale.com, 12 dicembre 2009

 

I processi si fanno nei tribunali ed i giornali dovrebbero occuparsene con discrezione e distacco. A meno che i giornalisti non posseggano prove e documenti insindacabili in grado di confortare o contraddire i fatti accertati durante il dibattimento.

Tuttavia, sia nel caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito che in quello che riguarda Alberto Stasi sono avvenute cose così stravaganti da imporre alcune riflessioni. Nell’ultima udienza per l’omicidio di Chiara Poggi, il pm Rosa Muscio ha chiesto 30 anni di prigione per l’imputato. Una pena durissima, che dovrebbe essere comminata solo quando la colpevolezza è dimostrata al di là di ogni ragionevole dubbio.

Come per la morte di Meredith Kercher, anche per Garlasco l’intero processo è basato su deduzioni "scientifiche", perché né l’arma del delitto è stata trovata, né il presunto colpevole ha confessato, né testimoni hanno potuto indicare con certezza di aver visto il sospettato in azione, né il movente è certo ed insindacabile.

Per l’accusa il ragazzo, che come decine di milioni di internauti nel mondo guardava materiale porno su internet, pretendeva dalla sua fidanzata di riprendere i loro rapporti sessuali. L’imputato ha in una occasione dichiarato: "Chiara non voleva, ma se io glielo chiedevo lo faceva".

Il pubblico ministero da ciò ha dedotto che "questa volta Chiara si sia opposta categoricamente, scatenando la reazione violenta e feroce di Alberto Stasi. È possibile quindi che, a fronte di questo rifiuto, Stasi abbia perso il controllo ed abbia ripetutamente colpito la ragazza, l’abbia trascinata e buttata nel vano scala dello scantinato, si sia poi lavato nel bagno del piano terra e si sia quindi allontanato con la bicicletta marca "Umberto da Milano", sui pedali della quale sono state trovate contestatissime tracce biologiche. Stasi dopo l’omicidio si sarebbe, poi, liberato dell’arma e delle scarpe sporche di sangue e quindi sarebbe entrato in contatto coi carabinieri per denunciare il ritrovamento del cadavere.

Rosa Muscio ha parlato della "propensione maniacale per la pornografia e la sua ossessiva sensibilità per il tema della sessualità", come movente del delitto. Stasi "disse di aver lavorato alla tesi - ha sostenuto l’accusa - per accreditare un’immagine di sé stesso tranquillizzante come studente modello", ma aver taciuto le sue incursioni nel porno portano a capire che non "si trattava di un fatto che potesse considerarsi particolarmente riprovevole a confronto con l’uccisione di Chiara, salvo ritenere che sin dal primo momento Stasi fosse più preoccupato dell’immagine di sé e della propria rispettabilità invece che della morte della fidanzata, fatto che però già porterebbe a guardare ai sentimenti di Alberto verso Chiara in tutt’altra ottica".

Il pm, poi, aveva affermato: "Tenuto conto che non vi è traccia informatica sul suo computer portatile della presenza di un operatore che interagisce con la macchina dopo le 10.17, Stasi ha avuto tutto il tempo per commettere l’omicidio, per cancellare ogni traccia direttamente a lui riconducibile e per costruire il ritrovamento casuale del cadavere. Non esiste un’ipotesi ricostruttiva dei fatti compatibile con tutte le emergenze probatorie diversa da questa".

Tuttavia, in una perizia, si è scoperto che le indagini sul pc dell’imputato erano state fatte male e che realmente Stasi era stato al lavoro sulla macchina negli orari nei quali secondo l’accusa si sarebbe compito il delitto.

E cosa è accaduto a quel punto? Che il pm ha cambiato l’ora del delitto. Dopo la perizia informatica firmata dagli ingegneri Roberto Porta e Daniele Occhetti il pm Muscio ha sostenuto che la vittima non è morta più tra le 11 e le 11.30, ma "nella seconda metà della mattinata". Al lettore il commento della cosa.

Anche in questo processo internet, i computer ed il sesso sono gli elementi di base per determinare moventi, perversioni, valutazioni sul carattere delle persone. Se un mai dimostrato odio di Amanda Knox verso Meredith Kercher era una delle cause dell’omicidio, qui i filmini porno sarebbero la causa per uccidere selvaggiamente una ragazza.

Prove zoppicanti o discutibili sono supportate da valutazioni su carattere delle persone legate alla solita cosiddetta morale comune, secondo la quale alcune cose sono "normali" ed altre, poiché "anormali" non possono che portare a delitti o gravi trasgressioni.

Senza entrare nel merito del processo, inoltre, è inquietante cambiare la ricostruzione di un fatto durante il dibattimento e perché si è scoperto un errore gravissimo della ricerca delle prove. Se giocando a poker, alcuni dei convenuti dopo aver visto il tris di uno dovessero decidere che una doppia coppia è un punto superiore, c’è da scommettere che succederebbe di tutto.

Il presidente del Consiglio sta combattendo una battaglia durissima contro i magistrati e gli attacchi stanno lasciando il segno. L’impegno a garantire i diritti dei cittadini, per questo motivo, da parte dei giudici deve essere ancora maggiore. Non solo per la magistratura giudicante, ma anche e soprattutto per quella inquirente.

Nelle carceri italiane la maggioranza dei detenuti è in attesa di giudizio e l’opinione pubblica non riesce più a capire che la reclusione ha un fine rieducativo, non serve per "eliminare i cattivi" e toglierli di mezzo.

La percezione del senso della Giustizia rischia di diventare labile, sotto i colpi di parte del centro destra, del razzismo, dell’odio religioso, del disprezzo per chi è più debole.

I processi per omicidio vengono utilizzati da una pessima tv e da gran parte della stampa per conquistare pubblico, ma l’impatto di biciclette, modellini di case, processi televisivi travalica gli schermi e coinvolge anche i casi di malgoverno, corruzione, voto di scambio, collusione col crimine organizzato, reati finanziari.

La difesa dell’autonomia della magistratura deve prescindere dalla logica che separa innocentisti e colpevolisti così amata dai media. Ed è questo il motivo per il quale preoccupa che l’orario di un delitto cambi a seconda dei risultati della perizia sul computer dell’imputato. Perché la legge deve punire il colpevole, non un colpevole.

Giustizia: detenzione domiciliare a killer mafia, scoppia polemica

 

Adnkronos, 12 dicembre 2009

 

Lascia il carcere uno degli assassini di Graziella Campagna, la ragazza di 17 anni uccisa nel messinese il 12 dicembre del 1985 da Cosa nostra. Il Tribunale di sorveglianza di Bologna, infatti, ha accolto la richiesta del legale di Gerlando Alberti Junior, 71 anni, e ha concesso all’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di Graziella gli arresti domiciliari.

Secondo il giudice le condizioni di salute di Alberti junior sono incompatibili con la detenzione in carcere, così l’assassino della 17enne sconterà la pena nella sua casa a Falcone, in provincia di Messina.

Graziella, che faceva la stiratrice, venne rapita ed uccisa perché entrò in possesso di alcuni documenti di Alberti, allora ancora latitante, dimenticati dall’uomo nelle tasche di una giacca, lasciata in lavanderia. Il corpo della ragazza fu ritrovato alcuni giorni dopo dal fratello carabiniere. La condanna al carcere a vita per Alberti era stata confermata nel marzo 2008 dalla Corte d’assise d’appello di Messina. Proprio domani la ragazza sarà ricordata con una manifestazione a Saponara, a cui parteciperanno, tra gli altri, l’attore Beppe Fiorello, protagonista di una fiction Rai su Graziella Campagna, i senatori Gianpiero D’Alia e Giuseppe Lumia, l’europarlamentare Sonia Alfano, il presidente dell’associazione Libera, don Luigi Ciotti.

Condanna per la scarcerazione arriva proprio dal senatore dell’Unc D’Alia. "Trovo veramente singolare - dice - la decisione del magistrato di sorveglianza che, proprio in coincidenza con l’anniversario dell’assassinio di Graziella Campagna, ha concesso gli arresti domiciliari ad uno dei suoi carnefici. È una vera e propria vergogna. Chiedo al ministro Alfano di intervenire per accertare le ragioni di una decisione che offende la memoria di Graziella ed il dolore dei suoi familiari".

 

Omaggio e rabbia per Graziella dopo scarcerazione killer

 

Il giorno dopo la scarcerazione di uno dei suoi assassini, Graziella Campagna oggi è ricordata nella sua Saponara (Messina). La giovane è stata uccisa ferocemente dalla mafia esattamente 24 anni fa, a soli diciassette anni, con cinque colpi d’arma da fuoco perché aveva trovato un’agendina dimenticata in un capo di vestiario da Gerlando Alberti junior nella lavanderia dove lavorava la ragazza, compromettendo la latitanza del boss. Le condizioni di salute del mafioso, che stava scontando l’ergastolo per l’omicidio, sono state giudicate non compatibili con la detenzione carceraria e ieri è stato ammesso ai domiciliari.

"È una decisione sconvolgente che ci addolora profondamente", commentano i fratelli della ragazza. "È il modo più scandaloso con cui la magistratura commemora l’anniversario per l’uccisione di Graziella", aggiunge il legale della famiglia Fabio Repici. Questa ombra si è stagliata sull’incontro di questa mattina al Palasport con gli studenti delle scuole medie e superiori di Messina e provincia, alla presenza dei componenti della Commissione nazionale antimafia, il presidente dell’associazione Libera, don Ciotti, e l’avvocato Fabio Repici. Ad aprire i lavori il sindaco di Saponara, Nicola Venuto. Presenti alla manifestazione gli attori della fiction Rai "La vita rubata", Beppe Fiorello, che ha interpretato il ruolo del fratello di Graziella, Pietro, Larissa Volpentesta, ed il regista Graziano Diana. Nel pomeriggio, alle 15, don Ciotti celebrerà nella Chiesa di San Nicola a Saponara, una Messa in ricordo di Graziella. Subito dopo si terrà una fiaccolata con i boy scout della provincia di Messina, che dal Palasport intitolato a Graziella Campagna raggiungerà il cimitero.

 

Il giudice: scarcerato per gravi condizioni di salute

 

La decisione del tribunale di sorveglianza di Bologna di concedere gli arresti domiciliari a Gerlando Alberti Junior, uno dei due assassini di Graziella Campagna, è stata presa dal tribunale collegiale, formato da quattro giudici, con il parere favorevole del procuratore generale. In particolare, ha chiarito il presidente del tribunale, Francesco Maisto, il provvedimento "nasce solo da una richiesta specifica e ufficiale fatta dal carcere di Parma per le gravi condizioni di salute del detenuto. E dopo non c’è stato nessuno ricorso in Cassazione". Maisto ha sostenuto al proposito che "se la gente muore in carcere, poi si dice che il giudice sbaglia". Nessun commento dal magistrato a proposito della verifica disposta dal Guardasigilli Alfano per accertare la regolarità della decisione. "Non mi stupisce - si è limitato a dire il giudice - è nei poteri del Ministro".

 

L’avvocato: questi i motivi della decisione

 

Gerlando Alberti jr. - secondo quanto reso noto dal suo legale Antonio Scordo - ha beneficiato degli arresti domiciliari avendo giuridicamente scontato un lunghissimo periodo di detenzione per l’omicidio di Graziella Alberti.

La condanna all’ergastolo di Alberti jr. per il delitto - ha spiegato il legale - è diventata definitiva nel 2008 con la pronuncia della Cassazione. Subito dopo è stato emesso l’ordine di esecuzione della pena e l’uomo (che era stato scarcerato dopo il processo di primo grado perché la sentenza non era stata depositata nei termini stabiliti) è stato incarcerato.

Il legale di Alberti ha quindi proposto incidente di esecuzione davanti alla Procura Generale di Messina, chiedendo ed ottenendo, in base al principio del cumulo giuridico, che l’inizio dell’esecuzione della pena fosse fissato al marzo 1987, quando Alberti jr. era stato arrestato per altri reati. Giuridicamente, dunque, Alberti jr. ha scontato per l’omicidio di Graziella Campagna oltre 22 anni di reclusione. Tenuto conto anche degli sconti (45 giorni per ogni anno di detenzione) previsti dall’ordinamento penitenziario, l’omicida ha potuto beneficiare della detenzione domiciliare. È probabile, tuttavia - ha rilevato il legale di Alberti jr. - che sulla decisione del giudice della sorveglianza abbiano avuto rilievo anche l’età dell’imputato (che è ultrasettantenne) e le sue precarie condizioni di salute.

Lazio: 650mila euro per qualità vita in carcere e reinserimento

 

Adnkronos, 12 dicembre 2009

 

La Giunta della Regione Lazio ha approvato ieri una delibera presentata dall’assessore alle Politiche Sociali e delle Sicurezze Luigina Di Liegro per finanziare con 650mila euro progetti finalizzati al reinserimento sociale e professionale delle persone detenute e al miglioramento della qualità della vita all’interno delle carceri.

Il provvedimento si aggiunge a quello già approvato nella precedente Giunta del 4 dicembre che, d’intesa col Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, ha previsto ulteriori interventi nell’ambito della formazione professionale per gli operatori penitenziari e gli altri lavoratori intramurari come psicologi, sociologi, educatori e assistenti sociali.

"L’attenzione alla situazione delle nostre carceri - dichiara Di Liegro - deve essere costantemente al centro dell’agenda politica ed istituzionale, al di là degli schieramenti, per migliorare le condizioni di vita di quanti sono privati della libertà personale e quelle di lavoro degli operatori penitenziari, che quotidianamente ricoprono un ruolo così difficile e delicato. La somma di 650 mila euro approvata dalla Giunta si aggiunge allo stanziamento di 1.500.000 euro che la Regione ha previsto nel 2009 per gli interventi a sostegno delle condizioni dei detenuti e degli operatori penitenziari".

"L’assistenza nelle carceri - conclude l’assessore - è fondamentale per la nostra Regione, soprattutto alla luce dei tragici episodi riportati dalle cronache in questi ultimi giorni, perché l’obiettivo delle istituzioni coinvolte deve essere quello di tutelare in primis i diritti umani dei cittadini in stato di detenzione. È necessario, inoltre, come Regione, continuare a sostenere i detenuti anche dopo la loro permanenza in carcere, nel difficile momento del ritorno alla realtà quotidiana, favorendo forme di accompagnamento finalizzate al pieno reintegro sociale e sostenendo programmi tesi a favorire l’accesso nel mondo del lavoro".

Roma: dalla Provincia fondi per l'inclusione sociale dei detenuti

 

Dire, 12 dicembre 2009

 

Nel Lazio la popolazione carceraria è di 5.458 persone, di cui 5.020 uomini e 438 donne. Il 37% è straniero. Un bacino molto grande e complesso, quindi, di persone che si trovano in una oggettiva condizione di rischio di marginalizzazione una volta usciti dalla condizione di detenute e detenuti. È quanto si legge in una nota.

"Per questi soggetti è necessario pensare a interventi ad hoc, volti alla ricerca di soluzioni per l’inserimento o il reinserimento sia sociale sia lavorativo", lo ha detto Massimiliano Smeriglio, assessore al Lavoro e Formazione della Provincia di Roma, parlando questo pomeriggio presso il carcere di Rebibbia Femminile ad una platea di donne carcerate, per illustrare le opportunità e le possibilità lavorative dentro e fuori dal carcere che la Provincia di Roma finanzia per il loro inserimento lavorativo.

"L’investimento della Provincia di Roma per l’anno 2009/2010 in azioni di inclusione sociale rivolte specificatamente a immigrati, rom, persone soggette a restrizioni giudiziarie ed ex detenuti è di un milione e duecento mila euro, a cui vanno aggiunti due milioni e settecento mila euro destinati all’inserimento di donne nel mercato del lavoro. Inoltre, sono già in fase di progettazione corsi per il nuovo anno - ha proseguito l’assessore -. Abbiamo ad esempio impegnato 150 mila euro per le donne vittime di tratta e di sfruttamento di lavoro irregolare a cui sono destinati corsi di formazione con sostegno al reddito professionalizzante per l’informatica di base, la creazione di impresa e l’auto imprenditorialità".

"Altri fondi sono stati investiti su progetti legati alla formazione tecnica per la manutenzione di impianti solari o per operai edili - ha concluso Smeriglio - Come Provincia cerchiamo di garantire la sostenibilità e la qualità dello sviluppo e, nel contempo, la tenuta sociale delle comunità territoriali; combattere fenomeni di devianza e favorire percorsi di reinserimento sociale. Ricollocare nella società soggetti deboli e a rischio è uno strumento fondamentale per perseguire questi obiettivi".

Genova: per direttore carcere nuove accuse violenze sessuali

 

Agi, 12 dicembre 2009

 

Nuove accuse per il direttore, attualmente sospeso dal servizio, del carcere femminile di Genova Pontedecimo Giuseppe Comparone, accusato da una detenuta marocchina di 28 anni di averle concesso dei favori in cambio di prestazioni sessuali.

Un’altra detenuta ha mosso delle accuse di tenore simile al direttore Comparone. Per questo i pubblici ministeri Alessandro Bogliolo e Vittorio Ranieri Miniati, che indagano sul caso e contestano al dirigente di polizia penitenziaria i reati di violenza sessuale, concussione e falso, hanno chiesto al gip Adriana Petri di sentire la donna in incidente probatorio. La data deve essere ancora fissata.

Giuseppe Comparone è accusato di avere concesso immeritatamente ad una detenuta i benefici dell’articolo 21, ovvero il permesso di lavorare all’esterno del carcere nei giorni festivi, pretendendo in cambio dalla donna favori sessuali. La donna sostiene che in almeno tre occasioni Comparone l’avrebbe costretta a consumare rapporti sessuali minacciandola di toglierle i privilegi che le aveva concesso senza bisogno di alcuna richiesta.

I rapporti sessuali si sarebbero consumati nell’abitazione del direttore interna al carcere e nel suo ufficio. Comparone sostiene invece che la denuncia da parte della ventottenne marocchina sia motivata dalla sua volontà, conseguente ad alcune gravi defezioni disciplinari, di togliere i privilegi alla marocchina. La donna, dopo l’apertura del fascicolo, è stata trasferita e rinchiusa nel carcere di Monza dove sta scontando una pena di 3 anni e 8 mesi per violenza su minore. Ora la posizione del direttore del carcere potrebbe complicarsi ulteriormente.

Treviso: il carcere scoppia; detenuti in rivolta, venti denunciati

di Fiammetta Cupellaro

 

La Tribuna di Treviso, 12 dicembre 2009

 

I carcerati lanciano stracci e giornali bruciati. Venti denunciati. Il motivo della protesta: il sovraffollamento e le condizioni sanitarie.

Detenuti in rivolta al carcere di Santa Bona. Due ore di tensione ieri mattina all’istituto penitenziario trevigiano. Un gruppo di ospiti della sezione giudiziaria ha dato vita ad una sommossa portando al livello massimo lo stato di allarme. Richiamati dal turno di riposo gli agenti della polizia penitenziaria, mentre una ventina di detenuti sono stati denunciati alla magistratura. Di quanto è avvenuto ieri a Treviso è già stato avvertito sia il prefetto che il Ministero di Grazia e Giustizia.

Che ieri non fosse una giornata come tutte le altre era nell’aria, già dalla mattina. Giovedì infatti, un portavoce dei detenuti aveva confermato di aver ottenuto dal direttore del Santa Bona, Francesco Massimo, il via libera per dare vita ad iniziative di protesta contro il sovraffollamento. Un problema sentito anche nell’istituto di pena trevigiano che ospita 320 detenuti. Un record negativo visto che ne può contenere circa la metà. Così, come è già avvenuto in altre carceri italiane, anche al Santa Bona i detenuti avrebbero dovuto far sentire la loro protesta e la loro rabbia, sbattendo con le pentole contro le sbarre delle celle. Ma le cose sono andare diversamente.

Poco dopo le 11, quando la protesta era in pieno svolgimento, dalle celle della "sezione giudiziaria" i detenuti hanno cominciato a dare alle fiamme giornali e stracci lanciandoli nei corridoi. Immediatamente è scattata la procedura di massimo allarme, prevista solo quando è in corso un tentativo di rivolta.

Innanzitutto i "blindati", ossia le porte che ricoprono le sbarre delle celle, sono state chiuse per evitare il lancio di ulteriori oggetti in fiamme. Sono stati momenti di tensione. Il rischio era che il fumo impregnasse l’aria creando problemi alla respirazione sia per i detenuti che il personale. Tutte le finestre della sezione sono state spalancate, mentre gli agenti della polizia penitenziaria accorrevano nella "sezione giudiziaria".

Intervenuto anche il direttore del carcere Francesco Massimo. I venti detenuti identificati come i promotori della protesta sono stati denunciati. Sommossa domata, rimane comunque irrisolto il problema del sovraffollamento del Santa Bona.

Verona: Consiglio comunale ha nominato il Garante dei detenuti

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

Alla seconda votazione, con 37 voti a favore, il Consiglio comunale ha nominato ieri sera Margherita Forestan Garante dei diritti delle persone private della libertà personale.

Coniugata e residente a Verona, Forestan è consulente editoriale della Mondadori Editore, società nella quale ha lavorato per 40 anni ricoprendo tra gli altri l’incarico di direttore editoriale e poi di direttore responsabile del settore libri per bambini e ragazzi. Ha avviato la collana "Lo scaffale multiculturale", opere destinate al pubblico adulto e di ragazzi con saggi, manuali, testi narrativi, cd e corsi di formazione per la scuola, per favorire il processo di integrazione di immigrati e diversamente abili.

Come volontaria nel campo sociale, dal 1999 in collaborazione con il mondo della pediatria ha avviato l’operazione nazionale Nati per Leggere, per lo sviluppo della capacità affettive-cognitive in età infantile attraverso la lettura a voce alta. Dal 2001 al 2004 in collaborazione con Glaxo Smith Kleine ho seguito la nascita di oltre 1.000 biblioteche nei reparti pediatrici degli ospedali italiani.

Dal 2005 al 2009 per i detenuti del carcere di Verona, in collaborazione con il Ctp Carducci, ha sviluppato 4 edizioni del concorso "Evasioni poetiche". Nel 2008-2009 sempre per i detenuti, in collaborazione con la Onlus "La Libellula" ha sviluppato un corso di studio lavoro legato al mondo della comunicazione. In accordo con la direzione del carcere ha realizzato un primo nucleo di biblioteca per i detenuti del carcere dell’isola della Gorgona.

Monza: biblioteca del carcere nel sistema "Brianza Biblioteche"

di Sarah Valtolina

 

www.ilcittadinomb.it, 12 dicembre 2009

 

Una biblioteca virtuale con un milione di volumi a disposizione dei detenuti di Sanquirico. Tanti sono infatti i titoli a cui potranno accedere a partire dal prossimo gennaio, da quando la biblioteca del carcere sarà inserita all’interno del sistema Brianza Biblioteche, che raggruppa trentacinque biblioteche sul territorio. Un progetto pilota, il primo di questo genere che viene avviato in Italia. Un’opportunità incredibile per i detenuti, che potranno avvicinarsi a una scelta di titoli più che centuplicata. Il patrimonio della biblioteca di via Sanquirico, inaugurata nel 2007, ammonta a 7.000 volumi.

"La lettura è uno svago molto diffuso in cella, ma la biblioteca del carcere è ancora troppo sottoutilizzata - spiega Amelia Brambilla, responsabile dal 2006 della biblioteca -. Tanto per cominciare dovremmo ricatalogare tutti i volumi, per poterli davvero inserire nel sistema interbibliotecario". Da gennaio, infatti, i volumi provenienti dall’esterno potranno essere letti dai detenuti, ma i testi appartenenti alla biblioteca del carcere non potranno uscire.

"E questo è un vero peccato dal momento che gli scaffali di via Sanquirico ospitano la più vasta raccolta di testi in lingua straniera presente in Brianza. Molte biblioteche hanno in catalogo libri per l’infanzia scritti in lingua straniera, ma nulla più. In carcere invece si trovano romanzi, raccolte di poesie e libri di religione scritti in arabo, albanese e rumeno, le tre lingue straniere maggiormente parlate all’interno del carcere", aggiunge Brambilla. E tra i libri stranieri il più gettonato è certamente il Corano, richiesto in continuazione e molto spesso mai restituito.

A scalare la classifica degli interessi letterari tra i detenuti sono le poesie d’amore, seguite dai libri sulla mafia e la camorra (Gomorra di Roberto Saviano è stato un successo anche tra i reclusi), i codici penali (forse per cercare scappatoie sfuggite all’avvocato o per una difesa fai da te) e i libri fotografici sugli animali. Dal 2007 al 2009 la biblioteca ha registrato 1.247 visite, i libri prestati sono stati 2.274, mentre i detenuti hanno trascorso nella sala 1.689 ore consultando riviste e volumi.

"Ora abbiamo proposto un corso per bibliotecario a cui hanno partecipato una quindicina di detenuti. Tra questi ne sceglieremo uno che si occuperà della biblioteca, facilitando quindi l’accesso, reso adesso difficoltoso dalla mancanza di personale - aggiunge Amelia -. Questo è un grande progetto e abbiamo un anno di tempo per dimostrare la sua validità, e mi auguro davvero che i detenuti per primi sfruttino a pieno questa opportunità".

Brindisi: iraniano, arrestato perché clandestino, tenta il suicidio

 

www.senzacolonne.it, 12 dicembre 2009

 

Il lenzuolo attorno al collo, annodato alla testata del letto a castello dove sta trascorrendo giorni da detenuto. Le ginocchia chinate e nessun gemito, solo il desiderio di morire. Abdollahie Parviz, 46 anni, era disperato. Era stato arrestato giorni addietro, reo di aver compiuto un viaggio lungo giorni al fianco della sua compagna di vita, 43 anni, e ai figli minori a cui voleva regalare un’altra vita.

Dall’Iran in Italia nel bagagliaio di un’auto. La clandestinità ha fatto scattare le manette. Ma più che la cella, divisa con altre due persone tra cui un connazionale, lo torturava il terrore di non poter mai più riabbracciare i suoi cari. Ha cercato di farla finita, sperando che quella striscia di stoffa gli togliesse dolcemente il respiro: al porto di Brindisi aveva dovuto risvegliarsi dal sogno di un futuro migliore per sé, per la moglie e per i ragazzi a cui era stata data un’altra destinazione, in attesa di rimpatrio. Lo hanno salvato i compagni di reclusione. Sta bene, adesso, Abdollahie. È reo d’essere uno straniero senza permesso di soggiorno, colpevole di aver varcato i confini italiani con uno stratagemma che non ha funzionato.

Sarà forse processato anche per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e una volta libero, allora sarà rimpatriato. Rimandato a casa, nella stessa terra da cui è fuggito a gambe levate, non potendone più sopportare gli orrori. Gli iraniani non sempre sono rifugiati politici, lo status viene riconosciuto a volte sì e a volte no. Dipende dalle circostanze. Nel cofano della vettura, tra i bagagli, c’erano degli uomini avvinghiati, quella sera. I controlli al porto ne consentirono la scoperta.

Padova: "Nessuno tocchi Caino"; il 17-18 congresso nel carcere

 

Il Velino, 12 dicembre 2009

 

Il IV Congresso di Nessuno tocchi Caino si svolgerà il 17 (inizio alle ore 14) e 18 dicembre 2009 in un luogo particolare: la Casa di Reclusione di Padova. Per la prima volta un congresso - non solo di un’associazione Radicale, ma in assoluto - avrà come teatro dei propri lavori un penitenziario.

La scelta è caduta a ragione sulla Casa di Reclusione di Padova, perché proprio nel generalmente disastrato pianeta carcerario italiano negli ultimi anni si è manifestata una realtà particolarmente viva e attenta alle questioni del carcere, della pena e della risocializzazione dei detenuti. Ne è esempio e dimostrazione l’esperienza di "Ristretti Orizzonti", l’associazione di detenuti e di volontari che da anni assicura un’opera straordinaria di informazione, riflessione e proposta sul tema della detenzione e che, anche per questo, ha deciso di collaborare con Nessuno tocchi Caino alla buona riuscita del Congresso.

Il Congresso si terrà esattamente nei giorni del secondo anniversario dello straordinario successo all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sulla Moratoria Universale delle esecuzioni capitali e avrà all’ordine del giorno il rilancio della campagna per la Moratoria: un rilancio assolutamente necessario per evitare che sia dissipato quel risultato di grande rilievo umano e civile per il mondo intero. Si discuterà, tra l’altro, dell’abolizione dei "segreti di Stato" sulla pena di morte - che sono anche causa diretta di un maggior numero di esecuzioni - e dell’organizzazione di eventi politici, parlamentari e pubblici in Paesi che ancora praticano la pena di morte perché sia accolta l’indicazione dell’Onu, a partire dall’Africa dove negli ultimi due anni sono stati compiuti passi significativi verso l’abolizione della pena di morte.

Dal momento che questo appuntamento avrà luogo in Italia, nel corso del dibattito non si potrà fare l’economia di una questione così drammaticamente attuale come lo stato delle carceri. Non a caso il titolo del Congresso sarà "Basta omicidi, suicidi e segreti di Stato": un titolo che racchiude la volontà di attirare l’attenzione non solo sulla pena di morte nel mondo, ma anche sulle decine e quasi quotidiane morti che ogni anno, in Italia, si verificano tra i detenuti. Morti a volte sospette, spesso oscure, e che - anche quando dovute a suicidio - non possono essere slegate dalla condizione di sofferenza in cui versano le nostre carceri e dal loro profilo, di fatto, incostituzionale. Le assise di Nessuno tocchi Caino saranno dunque un’occasione per discutere anche delle proposte di riforma volte a governare l’emergenza carceri e a superarla.

Insieme ai dirigenti di Nessuno tocchi Caino Marco Pannella (Presidente), Sergio D’Elia (Segretario) ed Elisabetta Zamparutti (Tesoriera), numerosi rappresentanti delle istituzioni e personalità di spicco del mondo della politica, dell’associazionismo, della cultura, dell’impresa e della società civile saranno presenti ai lavori del Congresso con interventi, relazioni o per un semplice saluto. Tra questi, Salvatore Pirruccio, Direttore della Casa di Reclusione di; Flavio Zanonato, Sindaco di Padova; Carlo Alberto Tesserin, Vice Presidente del Consiglio Regionale del Veneto; Marcello Bortolato, Magistrato di Sorveglianza di Padova; Emma Bonino, Vicepresidente del Senato; le deputate del Pd Olga D’Antona e Sabina Rossa; la deputata radicale Rita Bernardini, membro della Commissione Giustizia; l’on. Massimo Calearo Ciman (del Gruppo misto); il Sottosegretario Antonio Buonfiglio, socio fondatore di Nessuno tocchi Caino; il fotografo Oliviero Toscani e il direttore generale della Nazionale Cantanti Gianluca Pecchini; Sebastiano Ardita, capo della Direzione generale Detenuti e Trattamento del Dap; Eugenio Sarno, Segretario Uil Penitenziaria; Don Sandro Spriano, Cappellano di Rebibbia; l’animatrice di "Ristretti Orizzonti" Ornella Favero; Luigi Manconi, Presidente di "A Buon Diritto"; Mario Staderini, Segretario di Radicali Italiani; Franco Corleone, Garante dei detenuti di Firenze; Angiolo Marroni, Garante dei detenuti del Lazio; Christine Weise, Presidente di Amnesty Italia; Tiziana Galtieri della Unione Buddhista Italiana; Sergio Segio del Gruppo Abele; Riccardo Arena, conduttore di "Radio Carcere" su Radio radicale; Giovanni Falcone, padre di Angelo, il giovane italiano detenuto per due anni in India e recentemente assolto dall’accusa di traffico di stupefacenti; e molti altri ancora.

Uno spazio del Congresso sarà dedicato all’opera di risocializzazione dei detenuti in cui sono impegnati gli imprenditori veneti, con la presenza di Luigi Rossi Luciani (Presidente parco scientifico-tecnologico Galileo, già Presidente di Confindustria Veneto), Stefano Perale (Direttore di Confindustria Belluno), Francesco Peghin (Presidente di Confindustria di Padova), Roberto Caccin (Direttore Logistica Morellato Spa).

Roma: Pd; stasera un dibattito, sulla criminalità e la sicurezza

 

Adnkronos, 12 dicembre 2009

 

La lotta alla criminalità organizzata e la sicurezza dei cittadini, con le proposte del Pd, saranno stasera al centro del dibattito organizzato ad Anguillara Sabazia, dalle ore 17, nella sede Pd di via A. Toscanini 1. Interverranno il senatore Luigi De Sena, vicepresidente della Commissione Antimafia, ex vice capo della polizia e direttore della Criminalpol, e Angiolo Marroni, Garante dei detenuti della Regione Lazio. Coordina l’iniziativa il consigliere del Pd della Provincia di Roma Emiliano Minnucci.

In occasione della mobilitazione nazionale del Pd di oggi e domani, sono previste iniziative anche nei circoli Pd del comprensorio "Lago di Bracciano", per discutere di temi di interesse nazionale: dal Piano casa della Regione Lazio alla privatizzazione dell’acqua.

Afghanistan: sciopero della fame in principale carcere del paese

 

Ansa, 12 dicembre 2009

 

Decine di detenuti del carcere di Pul-i-Charkhi, alla periferia di Kabul, hanno cominciato ieri uno sciopero della fame a tempo indeterminato a sostegno di richieste per migliorare le condizioni di vita quotidiane. Lo scrive l’agenzia di stampa afghana Pajhwok Fra le principali richieste, ha indicato un responsabile della polizia, vi sono il miglioramento della qualità del cibo e dell’assistenza sanitaria e la possibilità di telefonare ai parenti e di comparire in tribunale non con la divisa da detenuto, ma in abiti civili.

La protesta a Pul-i-Charkhi, che ospita circa 4.500 persone e dove si trova un terzo di tutta la popolazione carceraria afghana, è cominciata quando almeno 50 detenuti si sono rifiutati di consumare il pranzo e poi la cena. Al riguardo il generale Abdul Baqi Behsudi ha indicato che sono già cominciate le trattative per giungere ad una composizione della protesta, anche se ha avvertito che le autorità esamineranno le richieste una per una e non le accetteranno indiscriminatamente.

Non è la prima volta che Pul-i-Charkhi, che fu costruita ne 1975 e dove sono rinchiusi anche esponenti talebani, è al centro di proteste. In una occasione una decina di detenuti si sono cuciti la bocca durante un ammutinamento. Sanguinose rivolte sono avvenute nel 2006 e nel 2008 conclusesi con la morte di numerosi reclusi ed il ferimento di decine di altri.

Tunisia: si teme per salute di giornalista dissidente incarcerato

 

Associated Press, 12 dicembre 2009

 

Notizie contraddittorie circolavano oggi sulle condizioni di salute di Taoufik Ben Brik, giornalista e oppositore dichiarato del presidente Zine el Abidine Ben Ali, rinchiuso nel carcere di Siliana, a più di 130 chilometri da Tunisi. Alla "grande preoccupazione" manifestata dal Partito democratico progressista (Pdp), formazione dell’opposizione guidata da Maya Jribi, le autorità tunisine hanno risposto che il giornalista è in condizioni "normali" se non "soddisfacenti".

Arrestato a fine ottobre e condannato in prima istanza a fine novembre dopo la denuncia di una donna d’affari tunisina che ha raccontato di essere stata aggredita e insultata nel corso di un incidente stradale. Il giornalista, autore di articoli critici verso la censura del regime di Ben Ali, ha respinto con forza le accuse, a suo avviso del tutto infondate, dicendosi "vittima di una trappola" della polizia politica.

Taoufik Ben Brik è affetto da una "malattia rara che necessita di cure specifiche urgenti", recita un comunicato del Pdp trasmesso all’Associated Press che denuncia, inoltre, che ai membri della famiglia del giornalista è vietato recargli visita e ai suoi avvocati di preparare la difesa per il processo di appello.

La direzione generale delle prigioni, che dipende dal ministero della Giustizia, ha definito queste notizie "erronee". In una nota ha precisato che "lo stato di salute dell’interessato è normale", se non "soddisfacente" e non necessita di nessun ricovero ospedaliero". Nei giorni scorsi sono state numerose le prese di posizione a favore di Ben Brik, sia da parte di organizzazioni per la difesa dei diritti umani che di giornalisti.

 

 

Segnala questa pagina ad un amico

Per invio materiali e informazioni sul notiziario
Ufficio Stampa - Centro Studi di Ristretti Orizzonti
Via Citolo da Perugia n° 35 - 35138 - Padova
Tel. e fax 049.8712059 - Cell: 349.0788637
E-mail: redazione@ristretti.it
 

 

Precedente Home Su Successiva