Rassegna stampa 9 aprile

 

Giustizia: strappo-sicurezza; maggioranza ko su ronde e Cie

 

Aprile on-line, 9 aprile 2009

 

Alla Camera dei deputati il doppio colpo di scena: il governo rinuncia alle ronde spostandole in un disegno di legge parallelo, poi la maggioranza viene battuta (è la seconda volta) sulla norma che prolunga i tempi di permanenza dei clandestini nei Cie grazie ai voti di 17 franchi tiratori. Continua il braccio di ferro tra la Lega e un pezzo del Pdl, Maroni invoca l’intervento di Berlusconi. Caso anche tra le opposizioni: dieci dipietristi si astengono sull’emendamento che ha affossato la norma sull’immigrazione.

Il decreto sicurezza va in frantumi. Alla Camera, in due riprese, vengono colpite duramente due norme simbolo della politica della maggioranza, e più specificatamente della Lega nord. Prima dell’apertura dei lavori, di fronte alla compatta contrarietà delle opposizioni, il governo ha deciso di spostare nel disegno di legge parallelo il provvedimento che istituisce le ronde contro cui, tra gli altri, avevano rivolto critiche sia il Consiglio superiore della magistratura che i sindacati delle forze dell’ordine. Subito dopo, un voto segreto - su due emendamenti, del Partito democratico e dell’Udc - ha affossato la norma che prolunga da due a sei mesi i tempi di permanenza degli immigrati clandestini nei Centri di identificazione ed espulsione. Il secondo evento, in particolare, ha mandato su tutte le furie i leghisti, che si erano visti riservare stesso trattamento sulla medesima norma in una votazione al Senato sul pacchetto sull’immigrazione, tanto che erano stati costretti a spostare il provvedimento in quest’altro decreto.

Alla seconda bocciatura la Lega ha abbandonato furiosa l’aula della Camera. Grande nervosismo tra i deputati del Carroccio che subito si sono radunati in Transatlantico, prima di riunirsi con i ministri e Umberto Bossi. "Questo voto è apparso come un tradimento", ha commentato Marco Reguzzoni, "almeno 20-30 deputati della maggioranza hanno votato per l’abrogazione" dell’articolo. "Quello lì ha messo la fiducia su tutto e non l’ha messa su questo decreto", ha urlato un altro deputato leghista. Il Pd si è subito dichiarato disposto a ritirare gli emendamenti e a votare a favore del decreto se fosse mantenuta la decisione di tirar via le ronde e le norme sugli immigrati.

A conti fatti, si registravano in seguito ben 17 franchi tiratori nella maggioranza, presumibilmente tutti nel Popolo della libertà. Non è la prima volta che al Carroccio si fa lo scherzo di sabotare le norme più simboliche, in una sorta di contraltare al gioco alla visibilità che tanto piace agli uomini di Bossi.

Tanto che il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha dichiarato nella conferenza stampa convocata subito dopo: "Chiederò un incontro al premier domani prima del Consiglio dei ministri per chiedere il suo impegno personale" per sostenere le norme sull’immigrazione visto che "il ministero dell’Interno è stato già battuto due volte. Non intendo più impegnare il Viminale e il ministro dell’Interno su questo tema, perché per due volte le nostre iniziative sono state smentite dal voto dei franchi tiratori. Chiederò al presidente del Consiglio di farlo lui, perché evidentemente io non riesco a farlo e lo ammetto". Maroni si è rivolto più volte a Berlusconi come "capo del Pdl", a sottolineare la natura politica dello strappo. Il ministro ha parlato poi di "indulto per il clandestini" a annunciato che dal 26 aprile ne torneranno liberi, a seguito dell’affossamento del prolungamento della permanenza, più di mille.

Il sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, è sbottato: "Chi ha votato a favore dell’emendamento ci dia il suo indirizzo, glieli mandiamo a casa i clandestini". Mantovano ha previsto "conseguenze gravissime" all’interno della maggioranza. Il segretario del Partito democratico Dario Franceschini si è compiaciuto: "Io sono stato a Lampedusa e chi come me ha visto direttamente cosa comporti una norma di quel tipo, in quali ingiuste condizioni vivano gli immigrati nei centri di permanenza, può capire l’importanza di questo voto".

Ma anche tra le file dell’opposizione si è registrato un caso: tra le file dell’Italia dei valori si sono contate dieci astensioni sul voto che ha stroncato la norme sui Cie. L’ex segretario di Rifondazione comunista Franco Giordano ha commentato: "Mentre per la prima volta gli istinti xenofobi e razzisti hanno una battuta di arresto, nel voto di Idv sull’emendamento al dl sicurezza vedo la conferma di un soggetto che altro non è se non la variante della cultura della destra".

Una bufera, insomma. Che ha oscurato l’importante avvenimento della mattinata. In conferenza dei capigruppo, il governo ha annunciato la messa da parte delle ronde. Il motivo dichiarato era l’ostruzionismo dell’opposizione, ma molti hanno indicato anche i tempi brevi per il varo del decreto e la scarsa propensione del premier a porre la fiducia anche su questo provvedimento.

Sia Maroni che il capogruppo della Lega nord Roberto Cota hanno smentito la retromarcia parlando invece di "passo laterale", il ministro Roberto Calderoli è stato più loquace spiegando il senso della decisione: "È una cosa che abbiamo fatto senza gioia, ma per senso di responsabilità. In ogni caso c’è l’impegno di Berlusconi a farle in un secondo momento". Calderoli ha detto che la richiesta di stralciare le ronde sarebbe venuta direttamente da Silvio Berlusconi, che ha addotto come motivazione la necessità di concentrarsi sul fronte abruzzese.

Il 19 marzo scorso, alla vigilia del congresso di scioglimento di Alleanza nazionale, Berlusconi aveva criticato questo provvedimento, dicendo che "noi non la sentivamo come cosa perché pensavamo che sarebbe stata presa come poi è stata presa dall’opposizione e quindi dai media, ossia come la volontà di sostituirci a Polizia e forze dell’ordine". Alla fine, l’hanno stralciato.

Giustizia: Paleologo (Asgi); da Parlamento un sussulto di dignità

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

Il giurista commenta la bocciatura del pacchetto espulsioni alla Camera. "Si doveva approvare ad ogni costo per dare copertura a posteriori alle prassi illegittime adottate a Lampedusa".

"Finalmente il Parlamento italiano ha avuto un sussulto di dignità". Così Fulvio Vassallo Paleologo - giurista specializzato sull’immigrazione e membro dell’Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) - commenta la bocciatura ieri alla Camera dell’articolo 5 della legge di conversione del decreto 11/09 che prolungava a sei mesi il limite di detenzione nei Cie degli stranieri in attesa di espulsione.

Una norma che nei giorni passati aveva suscitato forti riserve anche nel Consiglio Superiore della Magistratura. Una norma che sostiene Paleologo "si doveva approvare ad ogni costo anche per dare una copertura a posteriori alle prassi illegittime adottate nell’isola di Lampedusa, dove si trovano ancora migranti rinchiusi da gennaio in un Cie provvisorio". Un Cie che non è neppure un vero centro di identificazione e espulsione perché - sostiene il giurista - "non è stato costituito secondo le procedure indicate dall’art. 14 del Testo Unico sull’immigrazione, ma con un decreto fantasma del ministro dell’interno". Mentre i lavori per la costruzione del nuovo Cie alla vecchia base Loran sono stati bloccati dopo un esposto della Lega Ambiente che lamentava il mancato rispetto dei vincoli ambientali.

A chi obietta che la recente direttiva rimpatri approvata dal Parlamento Europeo autorizza la detenzione amministrativa degli stranieri senza documenti fino a un massimo di 18 mesi, Paleologo ricorda che quella direttiva "non impone affatto l’inasprimento della normativa italiana riguardante la detenzione amministrativa, né tantomeno la introduzione del reato di immigrazione clandestina".

Non solo. La Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’uomo sancisce il diritto a una convalida della detenzione e a un ricorso effettivo. Pratiche che non sono state rispettate a Lampedusa, dove le convalide della detenzione sono arrivate il 26 gennaio, per cittadini tunisini che erano nel Cie già da un mese. E dove i ricorsi, ad oggi, non sono accolti né dal Tar Sicilia né dal Giudice di pace di Agrigento, che si dichiarano incompetenti per difetto di giurisdizione.

Giustizia: Gonnella (Antigone); soddisfatti dopo voto di Camera

 

Ristretti Orizzonti, 9 aprile 2009

 

Patrizio Gonnella, presidente dell’Associazione Antigone, ha dichiarato: "Siamo soddisfatti del voto contrario alla estensione a sei mesi della permanenza degli immigrati irregolari nei Cie così come dello stralcio della norma sulle ronde. Va dato atto all’opposizione di aver ottenuto un risultato importante nel nome dei diritti umani e dello stato costituzionale di diritto. Giudichiamo molto negativamente chi invece si è astenuto su temi di tale delicatezza giuridica ed etica. La sicurezza è una cosa seria e non va trasformata in misero terreno di conquista elettorale".

Giustizia: vertice Berlusconi - Lega; 4 mesi nei Cie e la "fiducia"

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

C’è l’impegno di Silvio Berlusconi per risolvere il problema politico che si è aperto ieri nella maggioranza dopo che alla Camera l’opposizione ha incassato il via libera a un emendamento che ha di fatto smontato l’impianto del decreto sicurezza. Questa, a quanto si apprende da fonti di maggioranza, l’indicazione che emerge dall’incontro tra il premier e i vertici leghisti a Palazzo Chigi. Con Berlusconi ci sono tuttora in riunione i ministro Bossi, Calderoli, Maroni, Tremonti e La Russa. "Stiamo studiando - spiega uno dei partecipanti - come reintrodurre prontamente la norma cassata alla Camera. C’è il problema del Senato chiuso a Pasqua ed è ovvio che alla ripresa dei lavori bisognerà procedere con la fiducia sia alla Camera che a Palazzo Madama".

Per la Lega, spiegano ancora, si tratta di un problema "concreto e immediato: se il decreto decade - sottolineano - oltre mille clandestini verranno liberati dai Cie". Secondo quanto emerge dall’incontro tra Berlusconi e i vertici del Carroccio, i leghisti sarebbero orientati ad ammorbidire la linea portata avanti fino a ieri sulla permanenza degli immigrati nei Cie. La soluzione voluta da Maroni, che allunga la permanenza dagli attuali due a sei mesi, è stata infatti bocciata due volte: in commissione al Senato e ieri in Aula alla Camera. Secondo quanto riferisce uno dei partecipanti, la nuova norma potrebbe essere riscritta con un termine di permanenza nei Cie di quattro mesi".

Giustizia: dl-sicurezza al Senato; il Pd si astiene, Lega assente

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

La commissione Affari Costituzionali, riunitasi questa mattina, ha espresso parere positivo sui presupposti costituzionali del decreto sicurezza e contrasto alla violenza sessuale (licenziato ieri dalla Camera). Lo riferisce il senatore dell’Idv, Francesco Pardi, sottolineando che ha favore "ha votato il Pdl", mentre "Pd e Idv si sono astenuti. I senatori della Lega nord non erano presenti".

Mentre era in corso l’incontro tra Berlusconi e la delegazione della Lega a Palazzo Chigi, che "difficilmente sarà chiarificatore, oggi la Lega non ha partecipato ai lavori della commissione Affari Costituzionale di Palazzo Madama convocata per l’esame del decreto sicurezza licenziato ieri dalla Camera". Lo riferiscono le senatrici del Pd Marilena Adamo e Mariangela Bastico, che in una nota aggiungono: "Il Pd si è comportato coerentemente, astenendosi sui presupposti di necessità e urgenza e votando a favore per quelli di costituzionalità.

La Lega, visto che non si è presentata in commissione, ha evidentemente perso ogni interesse per questo decreto dopo lo stralcio della norma sulle ronde e l’approvazione dell’emendamento del Pd". Insomma, "le ronde interessano, ma non le norme contro la violenza sessuale e gli atti persecutori. Spetterà alla commissione Giustizia, la prossima settimana, verificare la possibilità di modificare i due punti critici del decreto che riguardano lo stalking e già ampiamente segnalati anche dall’autorevolissimo pronunciamento del Csm".

Giustizia: Berlusconi; chiarito con Lega, il Dl non può decadere

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

"Il ministro Maroni sta lottando contro il tempo, perché abbiamo l’assoluta necessità di non fare decadere il decreto". Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a palazzo Chigi, rassicura gli alleati della Lega e dice: "Oggi c’è stato un chiarimento- sottolinea- con la piena soddisfazione di Maroni: la maggioranza ha espresso piena condivisione della sua politica".

"Ho preso come responsabilità mia personale di accelerare i rimpatri di alcuni clandestini anche per l’amicizia personale che ho con alcuni paesi". Lo annuncia il premier, Silvio Berlusconi, in conferenza stampa a Palazzo Chigi, sottolineando che "nei prossimi giorni ci daremo da fare per anticipare i rientri che erano già in programma".

Giustizia: Soro (Pd); ancora in Decreto fermo Cie? è irricevibile

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

Reintrodurre la norma sulla detenzione dei clandestini nei Cie? Antonello Soro è categorico: "La possibilità di ripresentare in un nuovo decreto questa norma - scrive sul proprio sito il capogruppo del Pd alla Camera - viola le più elementari regole del diritto. Sarebbe irricevibile".

In realtà, sottolinea il democratico, "questa disposizione è stata bocciata nella sua sostanza ben due volte in entrambi i rami del Parlamento, prima al Senato nel disegno di legge sulla sicurezza e poi alla Camera nel decreto legge dove era stata reinserita. Confido- conclude Soro- nel ruolo di garanti esercitato dai presidenti delle Camere che un simile sfregio al diritto non avvenga".

Soro, peraltro, insiste nel considerare la norma sui clandestini "ingiusta", diretta a "mettere in carcere persone molto spesso vittime solo della burocrazia degli Stati di provenienza". È in realtà, polemizza il capogruppo del Pd, "una misura di detenzione carceraria, decisa da un’autorità amministrativa, in assenza di reato e nel totale disprezzo per le normali garanzie che qualunque democrazia liberale riserva alle persone, lontana mille miglia dall’habeas corpus". E per di più è misura "inefficace".

Soro non ha alcun dubbio: "È la legge Bossi-Fini che ha fallito, e questi tentativi di tappare le falle che si aprono ogni volta servono a ben poco". Finora del resto, ribadisce il democratico, "fare la faccia feroce non ha impedito l’approdo di clandestini sulle coste del nostro Paese, anzi il loro numero è aumentato notevolmente".

E comunque sia chiaro: "Ieri il Parlamento non ha votato nessun indulto a favore degli immigrati, anzi è vero il contrario. Grazie al nostro voto - assicura Soro - sono state approvate nuove norme, più severe, contro gli stupri e le violenze sulle donne". Anzi, contrattacca Soro, è stata la Lega che, "abbandonando i lavori parlamentari, ha rischiato di far saltare il decreto legge con il pericolo, questo reale, di vedere tornare in libertà i tanti delinquenti arrestati in questi giorni o finiti sotto processo in base a queste nuove norme".

Giustizia: La Russa; con la Lega "nessuna differenza politica"

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

"Resto del parere forte e convinto che il provvedimento ci voglia" e oggi, nel corso del vertice con la Lega nord, anche il Carroccio ha riconosciuto che su questo punto, nella maggioranza, "non c’è alcuna differenza politica". Così il ministro della Difesa Ignazio La Russa, al termine del vertice a palazzo Chigi a cui ha partecipato assieme al premier Silvio Berlusconi, il ministro Giulio Tremonti e i ministri leghisti Bossi, Calderoli e Maroni.

Tutti, sottolinea La Russa, "maggioranza e governo, sono d’accordo sull’opportunità di impedire ai mille e più clandestini di uscire dai Cie. Ora stiamo studiando come fare, magari accelerando i rimpatri". Il coordinatore del Pdl, poi, torna sulla debacle di ieri alla Camera: "Annunciare il voto segreto all’ultimo momento non mi è sembrato un colpo di fair play parlamentare. È diventata una sorta di imboscata. Comunque - conclude - la colpa è delle troppe assenze".

Giustizia: Gasparri; il "trattenimento" dei clandestini è priorità

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

"La politica per la sicurezza è il primo punto che caratterizza la coalizione che governa il paese". Lo dice il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, sottolineando che "le strategie anticrimine costituiscono una priorità nell’azione che vede impegnati congiuntamente il Pdl e la Lega".

Quindi, spiega l’esponente del Pdl, "le norme per coinvolgere volontari, provenienti dalle associazioni degli ex appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate, per migliorare il controllo del territorio e l’inasprimento delle procedure per il trattenimento nei centri appositi dei clandestini e per la loro più rapida espulsione, sono urgenti per tutta la maggioranza. Nessuno ha il monopolio su questi temi ed i cittadini hanno votato la nostra coalizione per aver risposte certe".

Per questo, prosegue Gasparri, "credo che la rapida approvazione del disegno di legge, già esaminato al Senato ed ora alla Camera, sia la risposta migliore per rassicurare i cittadini e imporre in Italia il primato della legge e dell’ordine. Dobbiamo espellere più gente perché il nostro paese non può essere l’approdo di tutte le disperazioni del pianeta. Sono certo che anche i recenti accordi con la Libia ci aiuteranno a garantire quei risultati che sono il primo punto della nostra azione politica".

Giustizia: dopo un giusto processo scontare "giusta condanna"

di Paolo Auriemma

 

www.radiocarcere.com, 9 aprile 2009

 

Dopo un giusto processo dove si sconta una giusta condanna? Per conoscere, come in concreto viene eseguita una condanna mi sono recato in visita nel carcere di Regina Coeli, insieme ad un gruppo di giovani uditori. Regina Coeli è una struttura vecchia di quattrocento anni e da oltre centocinquanta adibita a carcere. Una struttura che mostra già da questo dato iniziale la sua inadeguatezza a ricoprire la funzione.

Il Direttore, che ci accoglie con la disponibilità di chi vuole mostrare la situazione reale, si trova a fronteggiare le gravi carenze strutturali di un carcere ove le persone ristrette sono molte più del previsto. Le celle sono sovraffollate e le strutture igieniche assolutamente inadeguate, oltre che vetuste. Inoltre, il personale della Polizia Penitenziaria è numericamente insufficiente ed è costretto a svolgere turni senza badare, con abnegazione, all’orario di lavoro.

In ogni cella vediamo persone di etnie diverse che, costrette per tante ore al giorno nello stesso ambiente, vivono tutti i disagi non solo di una restrizione coatta, ma delle incomprensioni che nascono non fosse altro che per la difficoltà della lingua. La cella che si chiude - già questa sensazione angosciosa - impone, nelle lunghe ore in cui non è prevista l’ora d’aria, un ambiente angusto, sovraffollato e di difficile vivibilità, scomodo oltre quel che immaginavamo. E non può non evidenziarsi che Regina Coeli è una struttura che ospita soggetti in attesa di giudizio, quindi presunti non colpevoli.

Ci viene riferito di quante volte sia stata prevista la chiusura e la destinazione, di quello che di fatto è un monumento storico, a fini diversi da quelli di un carcere ove dovrebbero essere previsti luoghi di socializzazione e possibilità di lavoro interno.

La realtà di Regina Colei stride con l’impegno della Direzione che, con i mezzi a propria disposizione, cerca di limitare le conseguenze negative di un carcere così vecchio e inadeguato. Nessuno vuole che la pena non sia scontata anche attraverso momenti di dolore e sofferenza, perché il legislatore ha scelto che il detenuto debba patire per capire appieno la portata antisociale ed antigiuridica dei propri comportamenti e perché si determini a non commetterli più. Ma la cultura moderna, ancor più l’esperienza fondata sugli infiniti errori ed orrori che hanno costellato la storia, vogliono che l’affllittività sia circoscritta nei limiti precisi che l’ordinamento penitenziario pone come confini invalicabili e, comunque, sia strumentale al recupero dell’uomo più che del condannato.

Gli sforzi che constatiamo e la volontà che verifichiamo da parte degli operatori per affrontare i disagi si scontrano con le carenze che si appalesano a chi si avvicina con sereno interesse professionale e vuole sapere quali sono le conseguenze del proprio giudicare.

Questo divario tra la situazione di fatto che vediamo e quella che spesso si dipinge da parte di chi non è mai entrato in un carcere, che a volte lo racconta quasi come un luogo di riposo, impone severe riflessioni sul valore di una pena scontata con un surplus di sofferenza dovuta a una condizione strutturale che immaginavamo fosse migliore e su cui si dovrebbe riflettere ben di più.

Giustizia: colloqui coi Garanti; Fleres scrive al ministro Alfano

 

Ristretti Orizzonti, 9 aprile 2009

 

All’On. Angelino Alfano, Ministro della Giustizia. Oggetto: Legge 27 febbraio 2009, n. 14. Accesso dei Garanti dei diritti fondamentali dei detenuti negli Istituti di pena italiani. Circolare del Capo Dipartimento Dap n. 3618/6068 del 2.4.2009.

On. Ministro, l’approvazione della normativa di cui all’oggetto ha suscitato, come è noto, l’unanime apprezzamento e consenso dei Garanti, regionali e locali, dei diritti fondamentali dei detenuti e della stragrande maggioranza della popolazione carceraria che potrà contare su una più efficace tutela dei diritti costituzionali e maggiore attenzione alle problematiche connesse alla detenzione. Il contenuto della norma si contraddistingue per sintesi ed efficacia giuridica nonché per assoluta chiarezza sotto il profilo della interpretazione letterale. Finalmente, dopo lunghi anni, è stato riconosciuto in profondità il ruolo istituzionale dei Garanti mediante una disposizione di legge, voluta trasversalmente dal Parlamento e con il parere positivo del Governo.

È stato abbattuto un "diaframma" che rendeva difficile il rapporto carcere-società e la piena attuazione dei diritti a tutela della dignità della persona privata della libertà. Data la pregnanza, anche altamente morale e sociale, della normativa ci si aspettava, come è naturale, una coerente applicazione della medesima da parte di tutti i soggetti interessati a cominciare dal Dap.

Duole constatare che così non è stato. Infatti proprio il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, con la circolare testé emanata e datata 2.4.2009 (firmata dal Capo del Dipartimento), ha dato una interpretazione restrittiva della norma in oggetto indicata che ne sterilizza gli effetti con la conseguenza di limitare fortemente, nei fatti, le conquistate prerogative dei Garanti.

In particolare, per quanto riguarda gli incontri con i detenuti sono previste modalità estenuanti e faticose (il punto "e" della circolare ipotizza l’autorizzazione al colloquio da parte dell’Autorità giudiziaria e dei direttori degli Istituti) assolutamente non previste dalla legge. Inoltre non sembra coerente con il contenuto della norma il "divieto" di incontrare i soggetti sottoposti al regime detentivo di cui all’art. 41 bis.

È del tutto evidente che la circolare in questione, così come è stata formulata, lede fortemente i diritti dei Garanti e ne mortifica il ruolo e le competenze. Non penso affatto che questa sia la posizione del Governo e del Ministro della Giustizia in particolare.

Auspico, quindi, l’autorevole intervento della S.V., anche nell’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-programmatico, affinché la circolare, in autotutela, venga ritirata e modificata nel rispetto della volontà del Parlamento, del Governo e del ruolo dei Garanti dei diritti dei detenuti che operano in realtà territoriali assai significative del nostro Paese ed in un settore molto delicato come quello penitenziario. La ringrazio per la cortese attenzione e porgo cordiali saluti.

 

Il Garante dei diritti dei detenuti della Sicilia

On. Salvo Fleres

Giustizia: ho visto quei bambini detenuti nel carcere di Firenze

di Giuseppe Rossodivita

 

www.radiocarcere.com, 9 aprile 2009

 

I passi dell’ispettore della polizia penitenziaria ci precedono, svoltiamo a sinistra del lungo corridoio, ancora a sinistra, i soffitti sono alti, un altro corridoio, questa volta interrotto da una parete di sbarre, dal basso verso l’alto, da sinistra verso destra, sbarre. L’ispettore inserisce le chiavi nella serratura per aprire una porta in quel muro di ferro.

Voci inusuali per un carcere, persone inusuali per un carcere, attratte dal rumore delle chiavi, si fanno sentire e, venendo fuori dalle loro stanze, si fanno vedere. La luce al neon illumina i loro occhi che sono grandi; le loro voci sono sottili; le loro mani, aggrappate alle sbarre in attesa che quella porta venga aperta, arrivano alle mie ginocchia. Urla di giochi.

Sono i bambini detenuti, tutti con meno di tre anni. Carcere di Sollicciano, Firenze, Italia 2009. Entriamo, con Rita Bernardini, in visita ispettiva in uno dei nidi delle carceri italiane dove sono detenuti i bambini insieme alle loro mamme. Loro, i bambini, ovviamente non hanno colpe, se non quella della sfortuna; noi invece, come cittadini liberi, abbiamo delle responsabilità. I colori dei disegni appesi ai muri, o di un cartoncino sul quale sono incollate delle fotografie di qualche momento di serenità non fanno altro che aumentare il contrasto con un ambiente grigio, chiuso, che la buona volontà degli operatori penitenziari non potrà mai rendere adatto a dei piccoli: è un carcere, un luogo, da sempre, di espiazione delle pene.

Veniamo subito assaliti. Rita dalle mamme, alle quali spiega che, da Parlamentare Radicale, si sta occupando del problema dei nidi, con una proposta di legge che prevede delle strutture detentive non interne al carcere, sicure, ma adatte ai bambini, con personale specializzato e luoghi accoglienti ed idonei ad assicurare una permanenza a degli ospiti speciali: si perché i bambini sono tutti speciali, figli nostri o figli di altri, bianchi, neri e persino zingari.

Io mi occupo di loro: sono sei e ciascuno vuole attirare la mia attenzione, c’è chi usa come arma la proprie timidezza, altri la sfrontatezza che, da adulti, difficilmente si conserva. Non indosso "un’uniforme", che in carcere è invece "divisa", cioè divide e crea visivamente un muro tra agenti della polizia penitenziaria e detenuti, soprattutto se bambini. Siamo la novità della giornata. Le mamme piangono la loro disperazione ed i bambini, quelli che hanno in braccio, le guardano con occhi smarriti ed impauriti, mi avvicino e degli occhioni scuri che avevo già visto, sono in braccio ad una donna rom, circondati da una cascata di capelli castani, su un corpo minuto di non più di 55 centimetri vestiti di abiti logori, mi fissano, un sorriso, le braccine che si protendono nello stesso istante ed in un attimo, questa "bambina detenuta" è in braccio a me.

Mi torna in mente "Essere senza destino", di Imre Kertesz, la storia di Gyurka, un bambino che, all’apparenza, era riuscito a metabolizzare e far diventare un mondo normale, il suo unico possibile, quello dei campi di concentramento.

La visita al "carcere dei bambini" di Sollicciano si conclude, mi piego sulle ginocchia per far scendere la piccola, lei scende, ma subito dopo rialza le braccia, le dico che devo andare via ed allora alza le braccia con ancora più forza, ma devo andare via. Abbassa lo sguardo delusa, chissà quante volte sarà stata delusa dai grandi.

Attraversiamo il muro di ferro e la direttrice ci informa di un progetto, già pronto, che prevede la ristrutturazione di una vicina villetta dove le mamme ed i bambini potrebbero essere ospitati in un ambiente adatto alla loro permanenza, ma mancano i soldi, aggiunge, "stiamo cercando fondi dagli enti locali e dal ministero, da molto tempo." Proviamoci, anzi riusciamoci a trovare questi soldi, a far approvare questa legge, con i Radicali, con Radio Carcere, sarà una buona politica, sarà un buon servizio.

Lettere: i detenuti da varie carceri scrivono a Riccardo Arena

 

www.radiocarcere.com, 9 aprile 2009

 

È questo il carcere che rieduca? Cara Radiocarcere, sono 2 anni che sono detenuto, perché condannato per il reato di truffa. Ora però, dopo 2 anni di detenzione qui nel carcere Pagliarelli di Palermo e dopo 2 anni di convivenza con altri detenuti, posso dire di sentirmi veramente un altro uomo.

Infatti, durante la mia detenzione, ho imparato come commettere altri reati grazie all’apporto dei colleghi detenuti. Da uno ho imparato l’arte del borseggio, da un altro come si fa una rapina e da un altro ancora come si entra in un appartamento! Insomma, il carcere è stato davvero formativo per me e mi ha insegnato un bel po’ di lavori, lavori che mi saranno utili una volta che sarà libero! Ovviamente la mia è una provocazione, ma che vuol gridare una verità. Ovvero che troppo spesso le carceri oggi peggiorano e non migliorano i detenuti.

Anzi mi verrebbe quasi voglia di chiedere i danni ai magistrati che mi hanno obbligato a questo tipo di detenzione, e riuscire ad essere risarcito con un periodo di rieducazione vera in un college inglese! So che saprai capire il tono e i motivi di questa mia lettera. Grazie per quello che fate.

 

G., dal carcere Pagliarelli di Palermo

 

Senza denti nel carcere di Monza. Caro Arena, cominciamo col dirti che qui nel carcere di Monza l’assistenza sanitaria peggiora sempre di più. Ti diciamo solo che adesso solo per avere un Aulin dobbiamo fare una domandina scritta e poi dobbiamo aspettare giorni e giorni per avere l’autorizzazione. Della serie se uno di noi ha mal di testa il lunedì, forse gli danno l’Aulin la settimana dopo quando il mal di testa gli è passato!

Inoltre qui ci sono detenuti senza denti che stanno facendo lo sciopero della fame perché chiedono di essere nutriti con del cibo liquido. Il carcere risponde che qui non si è al ristorante… ma la verità è: come fa un detenuto senza denti a mangiare il pollo e il pane duro? Una di queste persone senza denti è Mario che sta in cella con noi. Lui ha bisogno di una dentiera ma il carcere dice che non ha soldi. Mario ha anche chiesto alla direzione di poter lavorare in modo da ripagarsi la dentiera ma gli è stato detto di no. Così Mario non solo non ha una dentiera ma non riesce neanche a ricevere per pranzo del semolino… è una cosa frustrante e triste. Cosa si può fare? Sai in effetti noi non chiediamo tanto, chiediamo solo di essere trattai da esseri umani.

 

Davide, Alex, Mario, Luigi e Peppe, dal carcere di Monza

Campania: 3.600 i detenuti di troppo; più misure alternative!

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

È la richiesta dell’associazione napoletana "Il carcere possibile": sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie insufficienti, file dei familiari nei giorni di colloquio, forte carenza di personale nei 17 istituti campani.

Più spazio per misure alternative. Questa una delle proposte avanzate dall’associazione napoletana "Il carcere possibile" in risposta alla drammatica situazione che vivono i detenuti dei 17 istituti penitenziari campani. Sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie insufficienti, disagi per le lunghe file dei familiari nei giorni di colloquio, una forte carenza di personale penitenziario, fanno degli istituti di Napoli un caso emblematico dell’emergenza carceri nazionale. I dati forniti dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria parlano chiaro: al 31 dicembre 2008, sono 3600 i detenuti in esubero in Campania.

Poggioreale, con i suoi 2700 detenuti a fronte dei 1300 previsti e una popolazione costantemente in crescita, per processi troppo lunghi e programmi di recupero lenti e spesso irrealizzabili per carenza di personale, si presenta come il carcere più affollato d’Europa. Non va meglio a Secondigliano, dove i detenuti sono 1236 contro i 1079 che sarebbero previsti. Anche nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta, i livelli di ‘tollerabilità’ segnano un massimo di 547 unità, mentre i detenuti effettivi sono 878. Nemmeno Benevento fa eccezione: 394 le persone recluse, a fronte di una media prevista di 247.

"Una vera e propria emergenza - spiega Riccardo Polidoro, avvocato e responsabile della Onlus Il Carcere possibile - che abbiamo sottoposto alle Asl, alle autorità giudiziarie e agli enti locali, attraverso un esposto diffida in cui li invitiamo a vigilare sulle condizioni igienico-sanitarie degli istituti di pena. Abbiamo il dovere di verificare se le Asl ottemperano al loro obbligo di visitare due volte l’anno le carceri, per questo motivo abbiamo richiesto loro le relazioni: se non le avremo al più presto, andremo avanti e ci rivolgeremo alla Procura".

Dopo il terzo suicidio in tre mesi a Poggioreale, anche il Coordinamento delle Camere Penali del Distretto della Corte di Appello di Napoli ha proclamato lo stato d’agitazione. "Per tutto questo esistono responsabilità politiche, perché, indipendentemente dal colore politico del governo in carica, nessuno ha mai preso provvedimenti - continua -.

Si pensa a costruire nuove carcere, quando nuove strutture già ci sono, penso a quella di Reggio Calabria che esiste già da qualche anno ma non è stata mai aperta perché manca il personale, senza considerare i tempi lunghi che un’operazione del genere richiederebbe. Quello che proponiamo è una maggiore incisività delle pene alternative: non tutti i detenuti sono assassini o camorristi, quelli che hanno commesso reati minori potrebbero scontare la pena nei servizi sociali. Ipotesi che ha dalla sua parte anche la bassissima percentuale di recidiva che si riscontra nei casi in cui la pena si sconta fuori dal carcere".

"La prova che le istituzioni, in particolare gli assessorati alle Politiche sociali di regione e comune, se ne infischiano dei detenuti - prosegue l’avvocato - è che non siamo ancora riusciti a pubblicare la guida ai diritti ed ai doveri dei detenuti, che abbiamo redatto in collaborazione con il provveditorato regionale dell’Amministrazione Penitenziaria e le direzioni degli istituti della Campania". Si tratta un vademecum per regolamentare i rapporti tra reclusi e istituti di pena, ma soprattutto fornire ai detenuti ed ai loro familiari uno strumento di facile lettura, per meglio orientarsi in carcere e affrontare una detenzione consapevole dei diritti riconosciuti e delle regole da rispettare.

"La guida - sottolinea il responsabile dell’associazione, diramazione della Camera Penale di Napoli - è pronta già da due anni, ma servono i soldi per stamparla, distribuirla e tradurla in almeno 10 lingue, considerando il numero sempre più alto di stranieri presenti nelle nostre carceri". La guida, che ha una parte generale e un’appendice che riguarda i singoli istituti, rappresenterebbe un’iniziativa molto importante in Campania, andando a colmare la mancanza negli istituti di pena presenti nella regione di un regolamento interno che esiste per legge dal 1975.

Abruzzo: durante il terremoto i detenuti in trappola come topi

di Paolo Persichetti

 

Liberazione, 9 aprile 2009

 

"I reclusi erano in preda a tensioni comprensibili e si sentivano dei topi in trappola", con queste parole il presidente del consiglio Silvio Berlusconi ha spiegato le ragioni che hanno portato all’evacuazione del carcere di L’Aquila.

I toni rassicuranti apparsi nel primo comunicato diffuso dal ministero della Giustizia dopo la scossa devastante che domenica notte ha squassato l’Aquila e i paesini circostanti erano soltanto uno schermo. Che fosse un tentativo di prendere tempo per organizzare lo sfollamento del carcere, mantenendo la riservatezza per ovvie ragioni di sicurezza, dopo che il sisma aveva reso inagibile la caserma del corpo di custodia, distrutto le abitazioni di una trentina di agenti della polizia penitenziaria e danneggiato le celle dove erano ubicati i detenuti, anche se non in modo strutturale come più volte ribadito dall’amministrazione, si era capito subito. Diversi agenti erano stati inviati dalle carceri del nord per rimpiazzare i locali. Voci allarmate provenienti dallo stesso personale di custodia descrivevano una realtà molto diversa da quella dipinta nei comunicati ufficiali.

Insomma la gestione del carcere, una struttura ritenuta particolarmente "sensibile" nella mappatura degli istituti di pena italiani per la presenza di un importante reparto di massima sicurezza e di un’area riservata nella quale erano rinchiuse due prigioniere politiche, tra cui Nadia Lioce, era diventata problematica. L’ininterrotto sciame sismico (354 scosse registrate, 182 soltanto nella giornata di martedì, e una sessantina di magnitudo superiore al 3 della scala Richter) ha accresciuto col passar dei giorni le tensioni. Detenuti e personale di custodia e non tolleravano più la loro presenza sul posto.

D’altronde se la popolazione della città era stata evacuata dalle zone a rischio, non v’era nessuna altra ragione che giustificasse la permanenza all’interno dell’Istituto penitenziario dei reclusi, obbligando gli stessi agenti di custodia a correre dei rischi notevoli. I sindacati di polizia penitenziaria hanno sicuramente fatto la voce grossa. Così dopo l’ultima violenta scossa di martedì sera è partito nella notte il piano di evacuazione. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha avviato le procedure subito dopo la mezzanotte. I primi mezzi hanno lasciato il carcere delle Costarelle verso le due.

Ovviamente un piano del genere non s’improvvisa. Dal Dap con una nota ufficiale hanno fatto sapere che si è trattato della "più grande operazione di traduzione di detenuti che si ricordi", dopo quella - aggiungiamo noi - che diede avvio al "circuito dei camosci", la rete di carceri speciali voluta dal generale Dalla Chiesa.

Nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1977, in grande segretezza e con ampio spiegamento di forze e mezzi dell’Arma dei carabinieri, facendo anche largo uso di elicotteri birotore Chinook, alcune centinaia di detenuti politici furono trasferiti nelle prime carceri di massima sicurezza appena allestite, tra cui la famigerata sezione Fornelli nell’isola dell’Asinara.

Per il trasferimento dei detenuti ristretti nel carcere aquilano sono stati impiegati, secondo le cifre fornite dal ministero della Giustizia, 200 uomini, molti dei quali appartenenti al Gom (il reparto speciale della polizia penitenziaria impiegato per la custodia dei reparti di massima sicurezza e per le operazioni speciali, noto per il famigerato comportamento tenuto contro i manifestanti nella caserma di Bolzaneto, nel 2001) per un totale di 70 mezzi, di cui 40 furgoni blindati e 40 autovetture della polizia penitenziaria.

Le due donne rinchiuse nell’area riservata sono state tradotte nel carcere femminile di Rebibbia a Roma; gli 81 ristretti nella sezione 41 bis sono finiti nel reparto di massima sicurezza della casa di reclusione di Spoleto, mentre i detenuti assegnati al circuito della media sicurezza sono stati inviati nella casa circondariale di Pescara. L’intera operazione, sottolinea ancora il comunicato del ministero, "è avvenuta senza incidenti".

Tensione c’è anche nel carcere di Sulmona, dove i 464 detenuti presenti (292 nella reclusione e 172 internati nella casa lavoro) si sono rifiutati di dormire in cella e hanno trascorso la notte nei passeggi e nelle sezioni. Anche se l’istituto penitenziario non ha subito danni, tra i detenuti circola un comprensibile stato di ansia. Per questa ragione la direzione ha rafforzato i turni di sorveglianza esterna al carcere e sospeso i riposi degli agenti penitenziari in servizio. Il terremoto ha fermato anche l’udienza del maxiprocesso alla mafia tirrenica. Un imputato, detenuto in regime di 41 bis nel carcere di Avezzano, durante il collegamento in videoconferenza ha avuto un attacco di panico a causa delle scosse d’assestamento.

Modena: Sappe; agente aggredito, il carcere è una polveriera

 

La Gazzetta di Modena, 9 aprile 2009

 

Quelli del sindacato lo avevano più volte annunciato: quella del carcere di Sant’Anna è una situazione limite: sovraffollamento, carenza di personale, un agente di polizia penitenziaria per ogni ottanta detenuti. Insomma una polveriera pronta ad esplodere.

Ci sono già avvisaglie, prove, per così dire, di accensione di miccia. Nei giorni scorsi un poliziotto penitenziario è stato aggredito. Un detenuto extracomunitario lo ha affrontato, aggredendolo con calci e pugni. Una aggressione violenta al termine della quale l’agente è dovuto ricorrere alle cure del personale medico sanitario.

È stato dunque ferito ma non in modo grave. E questo, a detta del Sappe (Sindacato autonomo polizia penitenziaria) sarebbe il secondo episodio di aggressione avvenuto al Sant’Anna nel giro di pochi giorni. "Le condizioni lavorative estreme per il gran numero di detenuti presenti presso la Casa Circondariale di Modena, i più volte denunciati turni massacranti, l’eccesivo carico di lavoro e di responsabilità a cui viene quotidianamente posto il personale di polizia penitenziaria e l’ulteriore aggressione, rendono ormai l’istituto modenese come una polveriera - dice il sindacato in una nota - situazione a dir poco insostenibile, come testimonia l’ennesima aggressione perpetrata in danno di un assistente di Polizia Penitenziaria ad opera di detenuto extracomunitario, riluttante nel rispettare le regole e le normative vigenti.

Sono proprio loro, i detenuti extracomunitari a porsi in contrasto costante con le regole penitenziarie, poco interessati perseguire benefici vista la loro lontananza dal paese d’origine". "Come sindacato - continua la nota - stiamo sollevando la questione intercedendo con le massime Autorità locali e nazionali, amministrative e politiche.

Da più parti ci garantiscono interventi, ma ad oggi dobbiamo registrare l’ennesimo episodio di violenza patito da un nostro collega. L’assistente aggredito stava svolgendo il proprio lavoro con estrema professionalità; evidentemente ciò non basta per certe categorie di detenuti. Il Sappe, da lungo tempo ed a gran voce, chiede l’invio al più presto di almeno quindici-venti unità".

Gorgona: polizia penitenziaria e detenuti a lezione di… rifiuti!

 

Il Tirreno, 9 aprile 2009

 

Forse non si ritroveranno nella stessa aula da compagni di banco. Dovranno però impegnarsi all’unisono per raggiungere lo stesso obiettivo: gestire integralmente i rifiuti prodotti sull’isola.

Stiamo parlando della polizia penitenziaria e dei detenuti della casa di reclusione di Gorgona, piccola oasi naturalistica dell’Arcipelago Toscano a 37 km da Livorno. Grazie ad un progetto di Aamps, l’azienda che raccoglie i rifiuti nel territorio comunale livornese, agenti e carcerati saranno appositamente formati per realizzare con estrema cura la raccolta differenziata e conferire correttamente i vari rifiuti quotidianamente generati.

Le lezioni, coordinate dall’ing. Amedeo Todaro e realizzate sul posto dal personale aziendale, inizieranno mercoledì 14 aprile e termineranno martedì 19 maggio. 11 sessioni per 45 ore in totale, ritenute sufficienti per infondere le nozioni di base e, soprattutto, favorire concretamente l’avvio del progetto.

"Ci attendiamo da subito dei buoni risultati - spiega Filippo Di Rocca, presidente di Aamps. Le disponibilità e l’entusiasmo già registrate sul posto ci inducono a pensare che dovremo moltiplicare i nostri sforzi per mettere Gorgona e i suoi abitanti nelle condizioni di operare al meglio. Ci soddisfa particolarmente l’essere riusciti ad entrare a far parte di un gruppo di lavoro ben più ampio, costituito da soggetti istituzionali e non coordinati dal Comune di Livorno e dalla Circoscrizione 2, intenzionati a favorire la più ampia fruizione possibile di Gorgona nel massimo rispetto dell’ambiente e degli impegni della casa di reclusione".

Carlo Mazzerbo è il direttore del carcere: "Uomini e natura sono in Gorgona le due facce della stessa medaglia. Valorizzare i primi e salvaguardare la seconda significa consolidare un contesto sociale con caratteristiche uniche in Italia. In tal senso, mi piacerebbe che l’isola diventasse ancor più un laboratorio di idee e progetti. Il sostegno dell’amministrazione comunale e la collaborazione di azienda come Aamps - conclude Mazzerbo - sono tasselli di un mosaico di pregio che stiamo costruendo tutti insieme".

Avellino: progetto sulla legalità; studenti incontrano i detenuti

 

La Città di Salerno, 9 aprile 2009

 

Gli studenti visitano i detenuti di Sant’Angelo dei Lombardi. Nell’ambito del progetto di formazione ed educazione alla legalità, sicurezza e giustizia sociale, gli studenti delle scuole medie aderenti al piano di lavoro, hanno reso visita ai coetanei rinchiusi nella Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi. Un’osservazione sul campo per conoscere la dura realtà delle carceri minorili e prendere le distanze dai fenomeni delinquenziali.

Archiviata la prima parte dedicata alla teoria, con incontri durante i quali esperti in materia hanno incontrato gli allievi per affrontare le problematiche connesse all’illegalità, ora si passa alla pratica. Ieri alle 9,30 gli allievi della scuola media inferiore "Carducci-Trezza" sono stati chiamati ad un incontro confronto con i detenuti dalla Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi, in provincia di Avellino, dove i relatori, Sante Massimo Lamonaca, Massimiliano Forgione, Vincenzo Tedeschi e Antonio Cimmino, hanno trattato l’argomento "Dipendenza e nuove dipendenze: prevenire per non punire".

Giovedì 16 aprile, sempre alle 9,30, spetterà invece agli studenti della scuola media "Giovanni XXIII" recarsi a Sant’Angelo dei Lombardi, mentre il giovedì successivo toccherà a quelli della scuola media "Balzico". L’ultima parte del progetto, prevista per il mese di maggio, riguarda un incontro teorico e proiezione di un video, per ogni scuola, tenuto dall’ingegnere Mario Corso, sul tema "pedofilia e criminalità informatica: il web oscuro". "Scopo di tale progetto - afferma il giudice del tribunale di sorveglianza di Salerno, Lamonaca - è quello di avviare un percorso di sensibilizzazione nei confronti di tale tematiche e di favorire lo sviluppo di altri progetti che possano, nel tempo, contribuire a radicare nei giovani il bisogno ed il rispetto della legalità.

Porto Azzurro: detenuti e studenti aiutano bambini Indonesia

 

Il Tirreno, 9 aprile 2009

 

È il momento di dimostrare che "solidarietà" non è una parola vuota. Il momento, cioè, di dare un contributo - attraverso l’Unicef - ai bambini "violati" dell’Indonesia nei confronti dei quali i detenuti del carcere di Porto Azzurro intendono devolvere il ricavato delle loro cartoline. Gli otto disegni, realizzati dai detenuti e dagli studenti dello scientifico Foresi, e tradotti in cartoline sono in distribuzione proprio in questi giorni.

Sono il frutto di un lungo lavoro e di una grande sinergia tra l’istituto carcerario, la scuola, l’Unicef e la Cooperativa San Girolamo che ha finanziato il progetto, in gran parte sostenuto dagli stessi detenuti che per realizzarlo hanno deciso di autotassarsi. Dieci euro il costo della collezione completa. Una piccola spesa, verrebbe da dire, per un grande sogno: affiancare l’Unicef per aiutare chi è meno fortunato e, insieme, favorire il percorso di crescita e reinserimento sociale di chi sta scontando al San Girolamo la propria pena.

Non resta, ora, che procedere alla distribuzione "per la quale - spiega il direttore del carcere, Carlo Mazzerbo - confidiamo nella disponibilità delle attività commerciali e delle imprese turistiche del territorio". Canali di commercializzazione ideali potrebbero essere negozi, alberghi e ristoranti "ma anche gli enti pubblici - aggiunge la rappresentante provinciale dell’Unicef, Paola Bachini - potrebbero aiutarci acquistando dei pacchetti di cartoline".

Una disponibilità, in questo senso, già espressa dall’assessore alla pubblica istruzione di Portoferraio, Cosetta Pellegrini, e dal presidente dell’Unione dei Comuni, Danilo Alessi. "Inoltre andremo ad organizzare dei banchetti - aggiunge Domenico Zottola, educatore nella cittadella carceraria e a capo della cooperativa San Giacomo - nelle località a più alta frequentazione di turisti per vendere le cartoline".

Ferrara: forum del teatro-carcere, il teatro è strumento sociale

 

La Nuova Ferrara, 9 aprile 2009

 

Negli Istituti penitenziari per adulti dell’Emilia-Romagna esiste un arcipelago fatto di 9 realtà teatrali diverse tra loro, di riconosciuto valore artistico e sociale. C’è chi intende il teatro nella sua valenza riabilitativa, in stretto collegamento con le attività trattamentali.

C’è chi privilegia percorsi e contenuti artistici. Si tratta di esperienze che hanno saputo realizzare, in questi anni, uno spazio di creatività e riflessione nella struttura carceraria, facendosi opportunità concreta di riscatto e crescita per i detenuti, strumento di comunicazione e mediazione tra il carcere e la sua comunità territoriale.

Ieri un Forum all’avanguardia ha riunito a Ferrara, per la prima volta queste realtà di teatro sociale, in una giornata di conoscenza delle esperienze di teatro in carcere e di confronto con gli operatori della Giustizia e degli enti locali. Il "Forum Teatro e Carcere in Emilia-Romagna" si è tenuto nel Teatro Julio Cortazar, a Pontelagoscuro.

Lo hanno promosso il Comune di Ferrara, il Centro Servizi per il Volontariato e il Teatro Nucleo, col patrocinio della Regione Emilia-Romagna e dell’Università di Bologna, Dipartimento Musica e Spettacolo. L’iniziativa si colloca in un progetto regionale, che nasce dalla valutazione dell’impatto positivo del teatro/carcere in termini di benessere e di responsabilizzazione, sia da parte dei detenuti che della società esterna.

Una quarantina gli spettacoli realizzati in questi anni, una trentina dei quali presentati a pubblico esterno, che hanno coinvolto un centinaio di detenuti. A Bologna, Castelfranco Emilia, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Parma, Rimini, società civile e società reclusa si sono incontrate, condividendo un insieme diversificato di occasioni teatrali e incrociando sguardi inediti fra scena e platea.

L’obiettivo è consolidare l’agire in rete di operatori e gruppi teatrali, enti locali, istituzioni della Giustizia, società civile, per garantire la continuità delle esperienze di teatro/carcere, nella prospettiva di una possibile integrazione sociale a fine pena. La sezione del Forum dedicata a "Teatro e Giustizia", è stata un’occasione per conoscere le realtà carcerarie presenti nella regione.

La sessione pomeridiana su "Teatro, Carcere, Territorio", ha visto la presentazione della mappatura delle esperienze di teatro/carcere in Emilia-Romagna e la tavola rotonda tra i rappresentanti di Enti locali, penitenziari, Università e Teatro. Il Forum si è chiuso con la presentazione dello spettacolo "Il Cantico degli Yahoo", esperimento di teatro alla Dozza, a cura di Teatro del Pratello, coop sociale, con attori detenuti della sezione penale casa circondariale di Bologna.

Bologna: Avvocato di strada; su Cazzola e le residenze "facili"

 

Comunicato stampa, 9 aprile 2009

 

Alfredo Cazzola: "Ho notizie certe che centinaia, se non migliaia di persone, hanno ottenuto la residenza a Bologna senza avere le condizioni per ottenerla. È stata concessa, anche attraverso organizzazioni di avvocati, dalla nostra amministrazione".

Ieri 8 aprile il candidato sindaco Cazzola ha rilasciato delle dichiarazioni sulle residenze "facili" che il Comune di Bologna negli ultimi anni avrebbe concesso alle persone senza dimora. Sono parole pesanti, che meritano alcune considerazioni. Nelle sue dichiarazioni Cazzola sostiene di avere notizie che "centinaia se non migliaia di persone hanno ottenuto la residenza a Bologna senza avere le condizioni per ottenerla".

Il dato è evidentemente falso e le "notizie certe" si riveleranno per quello che sono e cioè chiacchiere da bar. Risulta solo all’aspirante Sindaco, infatti, che qualcuno a Bologna abbia ottenuto la residenza senza averne diritto. Se però questo fosse avvenuto, e Cazzola ne fosse a conoscenza come dichiara, il suo dovere è quello di fare nomi e cognomi delle persone che avrebbero violato la legge e di quelli che li hanno aiutati a farlo.

È però fin troppo facile prevedere che questi nomi non arriveranno. Trovarli comporterebbe uno sforzo di fantasia eccessivo anche per chi ha dimostrato di esserne molto dotato. Sostiene poi Cazzola che la residenza sarebbe stata concessa anche attraverso organizzazioni di avvocati, che avrebbero quindi concorso a realizzare il fatto illecito di far ottenere la residenza a chi non ne aveva diritto.

Signor Cazzola lo ripetiamo: le chiediamo di fare nomi e cognomi anche di avvocati o organizzazioni che avrebbero commesso illiceità, perché un candidato sindaco non può essere né ambiguo né reticente. Se questi nomi non arriveranno dovremo pensare che c’è un candidato che si diverte a prendersela con chi non può difendersi e a denunciare reati inesistenti pur di farsi un po’ di pubblicità.

Ma la cosa davvero preoccupante delle dichiarazioni di Cazzola in tema di residenza è l’ignoranza che dimostra rispetto alla legge vigente, cosa ancor più grave per chi vuole fare il sindaco di una città come Bologna. È proprio il sindaco, infatti, il responsabile dell’anagrafe nella sua qualità di Ufficiale di Governo. Secondo la legge attuale, il Sindaco non ha nessuna discrezionalità nel concedere la residenza, che era e rimane diritto soggettivo non sottoposto a condizioni come il possesso di una casa o l’esistenza di un lavoro. Le uniche condizioni previste dalla legge sono la volontà di risiedere in un luogo e l’effettiva presenza in quel luogo.

Le attuali regole naturalmente non valgono solo a Bologna ma in tutto il territorio nazionale e tutti i comuni devono dare la residenza a quei cittadini che, per un motivo o per l’altro, finiscono in strada e vengono quindi cancellati dalle liste anagrafiche. Lo sa bene l’altro candidato sindaco Giorgio Guazzaloca, che nel suo precedente mandato perse una causa perché non aveva concesso la residenza ad un cittadino italiano che viveva in un dormitorio. Ho seguito io quella causa ed è stato il Tribunale di Bologna a ribadire ciò che la legge prevede e che l’aspirante sindaco ignora. E allora signor Cazzola, nel grande complotto della "residenza facile", insieme a loschi clochard, avvocati azzeccagarbugli e amministratori disonesti, avanza un posto anche per il Tribunale di Bologna?

 

Io penso che chi si trova in difficoltà vada aiutato

 

Aggiungo così di seguito, ad esclusivo beneficio dell’aspirante sindaco, un breve compendio commentato e facilmente comprensibile delle norme esistenti in materia di residenza.

"Appare pacifico, in dottrina e in giurisprudenza, che qualsiasi attività tesa a limitare la concessione della residenza sia in palese contrasto con la normativa vigente (art. 43 codice civile, Legge 24.12.1954 n. 1228, D.P.R. 30.05.1989 n. 223 e Raccomandazioni Istat).

Con le Circolari n. 8 del 29 maggio 1995 e n.2 del 15 gennaio 1997 il Ministero dell’Interno ha condannato come contrari alla legge e lesivi dei diritti dei cittadini i comportamenti adottati da alcune amministrazioni comunali che, nell’esaminare le richieste di iscrizione anagrafica, avevano chiesto una documentazione comprovante lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio comunale, ovvero la disponibilità di un’abitazione, oppure avevano proceduto all’accertamento dell’eventuale esistenza di precedenti penali a carico del richiedente l’iscrizione.

Infatti nella Circolare 29 maggio 1995, n. 8 si legge che "non può essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell’alloggio, quale ad esempio un fabbricato privo di licenza di abitabilità ovvero non conforme alle prescrizioni urbanistiche, grotte, alloggi in roulotte". Ciò perché lo scopo della legislazione anagrafica è documentare la situazione di fatto: tale funzione non può essere condizionata da preoccupazioni di ordine pubblico o di incolumità pubblica rispetto alle quali dovranno essere individuati strumenti specifici.

Negare la residenza implica l’impossibilità per l’individuo di godere dei diritti della personalità che trovano il loro fondamento nella Costituzione. Chi è sprovvisto di residenza non può ottenere il rilascio della carta d’identità, il rinnovo della patente; non può esercitare i diritti politici, i diritti sociali ed economici: non può rivolgersi ai servizi sociali.

Paradossalmente proprio le fasce sociali di emarginazione estrema che maggiormente necessitano di assistenza non possono accedere ai servizi offerti dallo Stato. In particolare l’assenza di una residenza impedisce il godimento di un diritto fondamentale come il diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost.

Infatti nel nostro Paese le prestazioni sanitarie sono erogate dalle Ausl e dai vari presidi sanitari diffusi sul territorio nazionale in base alla residenzialità degli utenti. Ne deriva allora che un senza fissa dimora cui è stata negata la residenza non può iscriversi al Ssn e non ha un medico di base cui rivolgersi per attore la prescrizione di un farmaco o di una visita specialistica. Un senza fissa dimora tossicodipendente o alcoolista sprovvisto di residenza non può rivolgersi ai Sert e usufruire dei trattamenti di cura e riabilitazione offerti a tutti gli altri cittadini. Chi non ha residenza è un cittadino invisibile e tale resterà finché non la ottiene".

 

Antonio Mumolo

Presidente Associazione Avvocato di strada Onlus

Immigrazione: a Bologna gli operatori del Cie "vanno a scuola"

 

Redattore Sociale - Dire, 9 aprile 2009

 

Parte il 15 aprile per chi lavora nei Centri di Bologna e Modena ed è "il primo del genere in Italia" secondo gli organizzatori. Un centinaio i partecipanti. Si parlerà di diritto di asilo e vittime di tratta.

Gli operatori del Cie vanno a scuola di immigrazione. Per gli agenti di polizia, i medici, gli avvocati, gli psicologi dei centri di identificazione ed espulsione di Bologna e Modena - in totale un centinaio di persone - parte infatti un corso di formazione su diritto di asilo e protezione delle vittime di tratta. "È la prima iniziativa del genere nei Cei italiani - spiega la garante dei detenuti del comune di Bologna Desi Bruno -: si tratta di sei lezioni con esperti sugli aspetti normativi, sociologici e psicologici dell’immigrazione".

Il corso, organizzato insieme alla prefettura e alla provincia (che attraverso l’Istituzione Minguzzi ha contribuito con 4 mila euro), si terrà dal 15 aprile al 27 maggio all’interno del Cie di via Mattei. "È un riconoscimento per chi lavora tutti i giorni in questa struttura", commenta la direttrice Anna Maria Lombardo, mentre per Sergio Lo Giudice, presidente della commissione Politiche sociali del comune, il corso "è un altro passo avanti nel tentativo di aprire le porte del centro all’esterno: un percorso che la giunta ha avviato fin dall’inizio del suo mandato, favorendo ad esempio le visite della garante dei detenuti". In quest’ottica l’assessore alle Politiche per l’integrazione Elisabetta Calari annuncia una nuova visita in via Mattei per il prossimo 16 aprile.

L’annuncio del corso arriva all’indomani del no al prolungamento a 6 mesi della permanenza nei Cie. "Una notizia - commenta Desi Bruno - che alleggerisce e rassicura tutti quelli che lavorano nel centro di Bologna". Circa un mese fa la garante aveva denunciato la tensione all’interno della struttura di via Mattei, dove l’idea di una permanenza prolungata aveva portato anche ad atti di autolesionismo. Ora la situazione cambia di nuovo, ma i problemi non sono risolti.

"Nei Cie vive comunque un’umanità dolente - spiega Lo Giudice - che si trova reclusa a causa di una pessima legge sull’immigrazione: la detenzione potrebbe essere evitata". Nonostante questo, continua il consigliere, "la situazione in via Mattei è diversa da quella degli altri Cei italiani: abbiamo sempre lavorato per la riduzione del danno, cercando di salvaguardare i diritti e la dignità delle persone". Anche il corso per gli operatori andrebbe quindi in questa direzione.

A marzo 2009 il centro di Bologna ospitava 85 persone, 50 uomini e 35 donne. La "riduzione del danno", per queste persone, avviene soprattutto attraverso lo sportello informativo legale aperto all’interno del Cie. Qui i migranti possono trovare assistenza per richiedere asilo, e le donne vittime di tratta possono richiedere il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale. Nel 2008, secondo la relazione diffusa oggi, 350 persone trattenute nel Cie si sono rivolte allo sportello.

Fra queste si è registrata una nutrita presenza di donne provenienti dal mondo della prostituzione. Dai dati diffusi sono soprattutto asiatiche e africane ad aver avviato l’iter per il permesso di soggiorno: in totale si parla di 28 donne. Sono 26 invece i richiedenti asilo rilasciati e 15 ricorsi contro i provvedimenti di espulsione, 4 dei quali accolti.

Francia: in Centri detenzione temporanea, trattamenti indegni

 

Apcom, 9 aprile 2009

 

Un voluminoso e dettagliato rapporto di 250 pagine punta il dito contro il sistema penitenziario francese e in particolare sui luoghi di detenzione temporanea. Jean-Marie Delarue, nuovo Supervisore generale dei "luoghi dove le persone vengono private della libertà" (prigioni, commissariati, ospedali psichiatrici) denuncia le numerose violazioni della dignità umana e dell’intimità delle persone in nome di una presunta "sicurezza".

"Cinquantacinquemila donne vengono fermate ogni anno e tutte vengono profondamente umiliate", subendo trattamenti che "non sono degni della Francia del 2009". Delarue - riportano oggi numerosi organi di stampa francesi - porta anche ad esempio l’evidente vetustà e la mancanza di pulizia nei locali dei commissariati dove "la privacy e l’intimità delle persone vengono calpestate".

Nel rapporto si rileva inoltre l’assenza di scorte per trasportare rapidamente i detenuti in ospedale, la presenza costante di sorveglianza anche nei gabinetti medici, l’assenza di medicinali nei commissariati. Nelle carceri, poi, la sovrappopolazione è causa di numerosi problemi: violenza, racket e minacce sono onnipresenti e i tentativi di suicidio si sono moltiplicati: "Siamo in una situazione pessima e grave" conclude Delarue, che assieme alla sua squadra ha compiuto 52 visite in diverse strutture detentive nel 2008.

Germania: detenuto sequestra e violenta psicologa del carcere

 

Ansa, 9 aprile 2009

 

Per alcune ore un pericoloso detenuto nel carcere di Straubing, in Baviera, ha tenuto in ostaggio e violentato una psicoterapeuta. La vicenda si è conclusa all’alba, quando il detenuto, condannato all’ergastolo per un omicidio a sfondo sessuale, ha liberato la donna. La vittima è una psicologa di 49 anni ed è stata tenuta prigioniera per sette ore sotto la minaccia di un coltello. L’uomo, che oggi ha 51 anni, aveva ucciso una venticinquenne, e ha trascorso già 30 anni in carcere.

 

 

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